Generosità, autodisciplina e la pazienza di non essere infastidito dal male

La pace mentale e le sue cause

Cos’è una mente felice? È uno stato mentale rilassato, soddisfatto, che ha un’ampia prospettiva di lungo termine e che non è molto disturbato da nulla. Questo porta a uno stato mentale più efficiente, in grado di discriminare come affrontare i problemi in modo efficace vedendo tutto più chiaramente.

La pace della mente non è semplicemente uno stato di non pensare. Anche se non pensare fornisce un certo senso di rilassamento, non è nulla di speciale. Anche un coniglio, dopo essere stato nutrito, si rilasserà e quasi si siederà nella postura Vairochana in sette parti. Tuttavia, un coniglio è facilmente disturbato. Pertanto, non pensare ai problemi non è una soluzione.

D'altra parte, accumulare beni materiali ha i suoi limiti. Anche se dovessimo possedere tutti gli oggetti materiali del mondo, non saremmo comunque soddisfatti. Vorremmo ancora di più. Un'altra limitazione degli oggetti materiali è che quando moriamo, perdiamo tutto ciò che abbiamo raccolto durante la nostra vita. Quindi, è meglio sviluppare un senso di soddisfazione fin dall'inizio per quanto riguarda l'accumulo di cose materiali. Ma con qualcosa che non ha tali limitazioni, come lo sviluppo mentale, non dobbiamo mai accontentarci di quello che abbiamo, ma continuare a svilupparci ulteriormente fino a raggiungere l'illuminazione.

Se sperimentiamo un trauma grave, non dovremmo lasciare che ci impedisca di continuare a lavorare sullo sviluppo di noi stessi. Quando analizziamo ciò che abbiamo vissuto, possiamo vedere che è stato il risultato delle nostre potenzialità karmiche. Mentre riflettiamo sulla sofferenza condizionata, vediamo che finché continueremo a rinascere nel samsara a causa della nostra ignoranza e delle emozioni disturbanti, che sono i veri nemici, continueremo a sperimentare eventi traumatici. Siamo davvero fortunati di sperimentare una grande sofferenza sulla base di una vita umana, piuttosto che in uno degli altri regni.

Come spiegò Geshe Potowa, "Nulla è sorprendente del fatto che abbiamo sofferenza. Dopo tutto, siamo nati con emozioni disturbanti, essendo nati da esse."

Generosità lungimirante

Per svilupparci ulteriormente, dobbiamo adottare ed espandere i sei atteggiamenti lungimiranti. La generosità, la prima delle sei, viene sottolineata in tutte le religioni. Nel Buddhismo, ci sono tre tipi:

  • Fornire aiuti materiali 
  • Offrire il Dharma 
  • Offrire la libertà dalla paura.

La generosità è la volontà di dare – di dare, ad esempio, oggetti materiali. Non è solo l'assenza di avarizia, ma anche la consapevolezza dei benefici del dare e dei difetti dell'afferrare. Shravaka e pratyekabuddha hanno sviluppato generosità, ma senza l'ampia consapevolezza che hanno i bodhisattva.

Questi tre tipi di generosità sono praticati principalmente da tre tipi di persone. Dare sostegno materiale è principalmente la pratica dei laici, mentre dare insegnamenti di Dharma è principalmente la pratica della comunità monastica. Per i laici con più potere e ricchezza, la loro principale forma di generosità è salvare vite, per esempio comprando animali destinati al macello.

Possiamo anche essere generosi con il nostro corpo, per esempio, donando i nostri organi quando moriamo. Anche da vivi, possiamo donare un rene o una cornea, e non solo ai nostri parenti. Allo stesso tempo, quando offriamo qualcosa, dovremmo conoscere lo scopo e l'oggetto appropriato da dare e il tempo per darlo. Pertanto, non offriremmo la cena a un monaco o una suora – hanno voti di non mangiare dopo pranzo – o cibo oleoso per una persona che ha l’epatite. In altre parole, è importante non dare ciò che potrebbe danneggiare gli altri, come armi o veleno. In alcuni casi, naturalmente, il veleno può funzionare come medicina per un malato, come con il veleno del serpente. Allo stesso modo, è improprio vendere terreni che saranno utilizzati per gli allevamenti industriali di animali da macello, pollame, pesci eccetera.

Se fosse possibile donare il nostro cervello a qualcuno che può beneficiare di più gli altri, allora andrebbe bene. Questo funziona, tuttavia, solo se abbiamo raggiunto la fase in cui il cervello o l'intero corpo può essere dato, e non causa sofferenza mentale o fa diminuire il nostro bodhichitta. Ma se non siamo in quella fase, possiamo non pensare a tali straordinari atti di generosità.

Dare insegnamenti di Dharma non è limitato solo a quando ci si siede su un trono, ma include inoltre il dare buoni consigli alle persone, e educare gli altri in qualsiasi tipo di scuola, ma con una motivazione pura. Nel consigliare o insegnare agli altri, ad esempio sulla gentilezza e la responsabilità, è essenziale che noi stessi incarniamo queste qualità. Questo fa una forte impressione.

Preparare e pubblicare libri è anche un aspetto importante della generosità di offrire il Dharma. Ma quando insegniamo il Dharma a qualcuno, dobbiamo assicurarci che ciò che insegniamo sia rilevante e si adatti alla sua disposizione. Un maestro buddista insegnò ad un re che tutti i fenomeni sono vacui, cosa che il re fraintese come un'accusa che egli stesso non era nulla. Prendendolo come una sfida alla sua autorità, fece decapitare questo maestro per tradimento!

Offrire la libertà dalla paura include liberare coloro che sono stati ingiustamente imprigionati, salvare specie in via di estinzione, sostenere Amnesty International, lavorare per fermare la pena capitale, unirsi ai movimenti di pace, stabilire zone dove non si caccia e santuari marini, e sostenere gruppi per i diritti umani. Essere vegetariani, per compassione per la vita dell'essere senziente e non solo per la nostra salute, è una generosa pratica di non-violenza. Lavorare come medico, infermiere o assistente sociale in una casa di cura per anziani, o una scuola per ciechi o disabili, è anche una pratica di generosità. Possiamo aiutare a curare i pazienti che muoiono di AIDS o di cancro, e così via, e sostenere i soccorsi per le vittime di terremoti, carestie e inondazioni.

Tuttavia, tutti questi atti di generosità dipendono dalla motivazione. Se doniamo con orgoglio, o con un senso di competizione, allora tutta la forza positiva, il "merito", costruito è completamente sprecato. Allo stesso modo, se diamo solo agli amici e alla famiglia, e mai ai nemici o a quelli che non ci piacciono, allora il nostro movente è ovviamente di parte e improprio. Se dovessimo dare il Dharma o salvare vite solo allo scopo di volere ringraziamenti, riconoscimenti o essere ripagati, sarebbe sbagliato. Se desideriamo la fama, come voler vincere il Premio Nobel, allora la nostra pratica di generosità è totalmente sprecata. Se diamo qualcosa di piccolo con la speranza di ricevere qualcosa di più grande in cambio, abbiamo solo la mente di un uomo d'affari. Anche se diamo con la speranza che il risultato karmico sarà la nostra ricchezza e prosperità nelle vite future, questo è un altro esempio di avere un secondo fine.

Quando doniamo, dovremmo dedicare non solo l'oggetto ma anche i frutti della donazione a beneficio futuro di tutti gli esseri limitati. Dovremmo dare senza alcuna aspettativa di un buon risultato. Donare rispettando il destinatario, senza guardarlo come un essere inferiore o superiore a noi stessi. Quando si dà a qualcuno che pensa di essere speciale, considerate che noi stessi pensiamo di essere speciali. Con assoluta gioia, date ai dieci tipi di destinatari della nostra generosità: amici, estranei, nemici, quelli con buone qualità, quelli con difetti, quelli più nobili, più inferiori o uguali a noi, quelli che sono felici, e quelli che stanno soffrendo.

Quando diamo ai nostri nemici o a quelli che non ci piacciono, dovremmo farlo senza ostilità, ma con speciale benevolenza; quando doniamo ad amici e parenti, senza attaccamento; quando facciamo un’offerta agli estranei, senza indifferenza; quando diamo a quelli con buone qualità, senza invidia, quando doniamo a quelli che sono inferiori a noi, senza guardarli dall’alto in basso, e così via. Dovremmo dare a ciascuno con un atteggiamento appropriato.

In breve, precediamo qualsiasi atto di generosità con una motivazione altruistica, manteniamo un atteggiamento altruistico durante l'atto e lo completiamo dedicando la forza positiva. Facciamo tutto questo tenendo presente la mancanza di un'esistenza auto-stabilita del donatore, del destinatario e dell'oggetto donato.

Possiamo stabilire la nostra motivazione altruistica ogni mattina, soprattutto se impostare la nostra motivazione è difficile prima di fare ogni azione. Pensiamo, "Oggi, renderò la mia vita significativa," e poi durante il giorno cerchiamo di ricordare, mantenere e rimanere consapevoli del nostro atteggiamento altruistico.  Di notte, ripassiamo e gioiamo delle cose positive e altruistiche che abbiamo fatto durante il giorno, e rimpiangiamo e cerchiamo di non ripetere quelle negative ed egoiste che si sono verificate.

Autodisciplina etica lungimirante

L’autodisciplina etica è la mente che ci impedisce di generare l’atteggiamento che reca danno agli altri e ci evita di impegnarci in azioni che effettivamente creano danni agli altri. Al contrario, è la mente che ci fa impegnare in azioni positive che aiutano gli altri. In questo modo, evitiamo di adottare un atteggiamento egoista. Questo non significa che non perseguiamo i nostri obiettivi. Evitare di avere un atteggiamento egoista serve ad avanzare il nostro obiettivo di raggiungere l’illuminazione.

Ci sono tre tipi di autodisciplina etica, che comprendono l'intera pratica dei bodhisattva:

  • l’autodisciplina etica di evitare il comportamento distruttivo
  • l’autodisciplina etica di impegnarsi in azioni costruttive
  • l’autodisciplina etica di aiutare gli altri.

L’ordine di questi tre è ben definito. Come bodhisattva, pratichiamo l’autodisciplina etica di aiutare tutti gli altri a raggiungere i loro scopi. Per aiutare tutti gli esseri a fare questo, abbiamo bisogno di sviluppare il più possibile le nostre facoltà e capacità; semplicemente avere una buona motivazione non è sufficiente. Possiamo aiutare gli altri a raggiungere una felicità temporanea, quella di una rinascita umana, nonché la felicità definitiva della liberazione e l’illuminazione. Ma per aiutarli a raggiungere questi obiettivi, abbiamo bisogno di conoscere il modo per farlo. Questo non vuol dire conoscere il lignaggio e la storia di questi insegnamenti; dobbiamo conoscere il processo secondo la nostra stessa esperienza nel praticare i metodi. Lo facciamo sviluppando buone qualità che non abbiamo ancora sviluppato e rafforzando quelle che abbiamo già sviluppato. Questa è l’autodisciplina etica di impegnarsi in azioni costruttive.

Per fare questo, dobbiamo liberarci delle qualità negative che abbiamo già sviluppato e non sviluppare quelle che non abbiamo sviluppato. Questa è l'autodisciplina etica di astenersi da comportamenti distruttivi.

Nel suo Trattato in Quattrocento Versi, Aryadeva affermò:

(VIII.15) Innanzitutto, allontanati da azioni che non meritano [di essere compiute]

Questo si riferisce ad azioni che sorgono come risultato delle nostre emozioni disturbanti. Pertanto, innanzitutto dobbiamo evitare di pensare, parlare ed agire sotto l’influenza di emozioni disturbanti. Questa è l’autodisciplina etica di evitare il comportamento distruttivo. Sulla base di questo, allora abbiamo bisogno di sviluppare i fattori opponenti che contrasteranno e rimuoveranno le emozioni disturbanti – i tre addestramenti superiori. Svilupparli richiede l’autodisciplina etica di impegnarsi in azioni costruttive. Poi per aiutare gli altri, dobbiamo conoscere i loro bisogni e come aiutarli: cosa hanno bisogno di adottare e di cosa devono sbarazzarsi. Per conoscere questo, abbiamo bisogno di sviluppare la consapevolezza discriminante per poter impiegare l’autodisciplina etica di aiutare gli altri.

L’autodisciplina etica di evitare i comportamenti distruttivi

L’autodisciplina etica di evitare i comportamenti distruttivi implica prendere e mantenere i voti pratimoksha (di liberazione individuale), i voti del bodhisattva e quelli tantrici. Sia i voti pratimoksha sia quelli del bodhisattva condividono il voto di abbandonare le azioni distruttive. Senza i voti pratimoksha, non smetteremmo di praticare le dieci azioni distruttive. Per i laici, ci sono i voti pratimoksha di un giorno e i voti upasaka o upasika che durano tutta la vita. Per i monaci, ci sono i voti da novizio e quelli per l’ordinazione piena.

Possiamo vedere l'importanza dei voti di Pratimoksha considerando i grandi maestri buddhisti che li hanno tenuti. Per esempio, tra i Cinque Maestri Sakya, i Tre Maestri Bianchi [Sachen Kunga Nyingpo, Sonam Tsemo e Dragpa Gyaltsen] erano laici con i cinque voti upasaka, ma i Due Maestri Rossi [Chogyal Phagpa e Sakya Pandita] erano bhikshu (monaci pieni). Marpa, Milarepa e Rechungpa erano laici, ma Gampopa e il Primo Karmapa, d'altra parte, erano monaci. A Nalanda in India, c'erano probabilmente alcuni studenti laici, anche se la maggior parte degli studenti erano monaci. Nagarjuna, Aryadeva, i discepoli intimi del Buddha e così via erano tutti monaci. Shantarakshita e Kamalashila erano anch'essi monaci, e Dromtonpa era un upasaka celibe.

Sostenere il Dharma significa salvaguardare il Tripitaka e i suoi contenuti. Il modo più pieno e completo per farlo è come un monaco/monaca pienamente ordinato. Come minimo devi essere un laico che protegge tutti i voti upasaka o upasika. In entrambi i casi, devi essere qualcuno che protegge tutti e tre i set di voti: quelli pratimoksha, del bodhisattva, e del tantra.

Con la pratica del Dharma, abbiamo l’obiettivo della liberazione dalla sofferenza e prendiamo rifugio nel nirvana. Per ottenere il nirvana, la liberazione, dobbiamo superare tutte le nostre emozioni disturbanti. Sono il nostro vero nemico. Per sbarazzarci delle nostre emozioni disturbanti, abbiamo bisogno di questi tre set di voti – pratimoksha, bodhisattva, e tantra – i quali hanno tutti come obiettivo l’eliminazione delle emozioni disturbanti. Dobbiamo comprendere come le azioni distruttive che facciamo sorgano dalle nostre emozioni disturbanti, e quando capiamo questo, possiamo almeno evitare le dieci azioni distruttive.

L’autodisciplina etica di impegnarsi in azioni costruttive

L’autodisciplina etica di impegnarsi in azioni costruttive implica accumulare le due reti (due collezioni) di forza positiva (merito) e consapevolezza profonda (saggezza). Ciò significa sviluppare metodo e saggezza. Il metodo implica lo sviluppo di amore e compassione, la saggezza una comprensione della vacuità e anche dell’impermanenza. Quanto alle emozioni disturbanti da eliminare, alcune sorgono concettualmente in base a una visione distorta e alcune sorgono automaticamente senza una tale visione.

Quelle che sorgono in base a una visione distorta includono l’afferrarsi a un sé statico, senza parti, che esiste in modo indipendente; una mentalità estrema; mantenere una mentalità illusa come suprema e una mentalità di considerare una moralità o condotta ignorante come suprema. Esse sorgono inoltre sulla base della consapevolezza discriminante incorretta. Sono in un certo senso più forti di quelle non basate su una visione distorta – siccome c’è un certo grado di certezza e convinzione in esse – dato che pensiamo siano basate sulla ragione. 

Esistono antidoti per quelli con o senza visioni, alcuni che riducono le emozioni disturbanti e altri che li eliminano completamente. Ad esempio, l’amore e la compassione riducono la rabbia. Quando notiamo i difetti negli oggetti che concettualizziamo essere così belli, vedere la loro bruttezza riduce il desiderio e così via. Ma non funziona così per le emozioni disturbanti basate su una visione distorta. Per contrastarle, abbiamo bisogno di una visione corretta con una modalità di conoscenza che è esattamente opposta verso lo stesso oggetto. L'avversario che elimina completamente le nostre emozioni disturbanti è l'assorbimento totale non concettuale (equilibrio meditativo) sulla vacuità. Vedere le cose diversamente – per esempio vedere ciò che consideriamo bello come brutto – è qualcosa che possiamo applicare solo durante una fase successiva di realizzazione della meditazione (post-meditazione). Di per sé, non è sufficiente. Abbiamo bisogno della profonda consapevolezza della vacuità nella fase di assorbimento totale.

La meditazione, quindi, è una delle pratiche essenziali dell'autodisciplina etica di impegnarsi in atti costruttivi. La meditazione è un metodo per abituarci ad uno stato mentale benefico attraverso lo sforzo. Ottenere uno stato mentale benefico non avverrà naturalmente senza sforzo. Nel contesto in cui abbiamo discusso, questo stato benefico si riferisce all'ottenere una visione corretta, con assorbimento meditativo non concettuale sulla vacuità.

Ci sono due modi per disciplinare la nostra mente indisciplinata per generare questo stato benefico di una corretta comprensione della vacuità. Una è ottenere la piena convinzione nella verità della visione corretta; l'altra si basa sulla presunzione che sia vera. Ma presumere che sia vera non è sufficiente. Solo attraverso un esame e un'analisi approfonditi la nostra comprensione e convinzione in essa non può essere influenzata. Una volta che otteniamo la convinzione ferma, possiamo allora concentrarci esclusivamente sulla visione corretta.

Ma come descriviamo la mente che cerchiamo di manifestare nell'assorbimento meditativo sulla corretta visione della vacuità, specialmente in termini di mente di chiara luce? Finché non raggiungiamo gli stadi avanzati, dobbiamo lasciare che i libri siano i nostri insegnanti per questo. Possiamo accedere solo agli "insegnamenti del Dharma della realizzazione" (rtogs-bstan) dopo aver fatto affidamento sugli "insegnamenti del Dharma scritturale" (lung-bstan) nel Tripitaka.

La scuola Sakya spiega la chiara luce in termini del “continuum causale che è il fondamento alaya per tutto” (kun-gzhi rgyu’i rgyud, il continuum causale perenne del fondamento che racchiude tutto).

[Il continuum causale alaya è un “fattore essenziale per Uno Così Andato (de-gshegs snying-po, scr. Tathagatagarbha; letteralmente, “grembo per un Tathagata”), un fattore della natura di Buddha. Si riferisce alla mente di chiara luce; e quando non manifesta, dà origine a tutte le apparenze impure. Come tale, è la base da purificare.]

Kyentse Wangchug nella trasmissione lobshay (slob-bshad, spiegazione per discepoli avanzati) degli insegnamenti lamdre (il sentiero e i suoi risultati), afferma che questo continuum causale dell’alaya è un fenomeno convenzionale superficialmente vero che è sia un fenomeno influenzato (condizionato, non statico), sia un modo di essere consapevoli di qualcosa. La chiara luce come un oggetto è molto difficile da raggiungere e, essendo oltre le parole e i concetti, non si manifesta mai come un “oggetto”. Siccome il continuum causale che è il fondamento alaya per tutto si manifesta come la mente di chiara luce quando si manifesta lo stato di chiara luce, e in questo stato dà origine ad apparenze pure, non è qualcosa che può essere trasformato e utilizzato come un sentiero.

Mangto Ludrub Gyatso, che, come Kyentse Wangchug, era anche un discepolo di Tsharchen Losel Gyatso, spiegò che questo continuum causale dell’alaya è un fenomeno definitivo, e si riferì ad esso come un fondamento definitivo che racchiude tutto (mthar-thug-gi kun-gzhi) siccome è fondamentalmente la fonte di tutte le apparenze, pure e impure.

Il maestro Nyingma Longchen Rabjampa, nel suo Tesoro che soddisfa tutti i desideri (Yid-bzhin mdzod) considerò la mente di chiara luce, riferendosi ad essa come consapevolezza pura, rigpa (rig-pa), come definitiva, e quando è offuscata da macchie temporanee, come convenzionale. Nella tradizione di Guhyasamaja, la mente di chiara luce è considerata come la verità più profonda e il corpo illusorio come convenzionale. Pertanto, ci sono qui tre modi diversi in cui il termine "definitivo" o "più profondo" è usato in riferimento alla mente di chiara luce; e alcuni maestri indiani e tibetani non danno una spiegazione conclusiva di quest’ultima.

Pertanto, sebbene dobbiamo mantenere una visione pura di tali grandi persone, abbiamo bisogno di esaminare quello che insegnano. In altre parole, abbiamo bisogno del supporto dei quattro affidamenti (ston-pa bzhi):

  • Non affidarti alla persona, ma ai suoi insegnamenti
  • Non affidarti alle sue parole, ma ai loro significati
  • Non affidarti ai loro significati interpretabili, ma ai loro significati definitivi
  • Non affidarti alla coscienza ordinaria, ma alla consapevolezza profonda.

È difficile praticare la meditazione nella società, non a causa della società stessa, ma a causa della nostra mancanza di familiarità con la meditazione. Dopo tutto, i grandi praticanti esperti sono in grado di meditare perfettamente bene mentre vivono nella società e sono in grado di ottenere nuove intuizioni mentre praticano [in contesti urbani]. Ma per quelli di noi che non sono ancora a quel livello, abbiamo bisogno di circostanze appropriate e favorevoli per sviluppare l'autodisciplina etica di impegnarsi in atti positivi come la meditazione profonda. Dobbiamo salvaguardare i nostri sensi, in modo da non incontrare oggetti che fanno sorgere le nostre emozioni disturbanti. Pertanto, si consiglia di meditare in isolamento.

Avere un atteggiamento premuroso (bag-yod) di essere attenti non significa rinunciare o limitare la nostra libertà. Abbiamo bisogno di un atteggiamento premuroso verso noi stessi per prenderci cura e stare attenti, proprio come quando siamo malati. Pertanto, esercitare l'autodisciplina non è una restrizione inutile. Proprio come quando siamo malati, ci asteniamo da alcuni alimenti e così via, allo stesso modo, applichiamo l'autodisciplina vedendo i benefici a lungo e a breve termine. L'autodisciplina etica non è qualcosa imposta esternamente, piuttosto comprendiamone i motivi ed esercitiamola noi stessi.

Per esercitare l'autodisciplina etica, abbiamo bisogno di mantenere la nostra presa mentale su di essa con la consapevolezza (dran-pa, presenza mentale) di non mollarla, e dobbiamo sapere cosa adottare e cosa scartare. Abbiamo anche bisogno del potere della vigilanza (shes-bzhin) per vedere se le azioni del nostro corpo, della parola e della mente sono appropriate o meno. Per fare questo, dovremmo pensare di essere praticanti buddhisti e di voler distruggere le nostre emozioni disturbanti. Con questa risoluzione, Possiamo allora sviluppare la presenza mentale e la vigilanza; altrimenti, quando agiamo male, ce ne renderemo conto solo dopo e ce ne vergogneremo.

Abbiamo bisogno di essere moderati con il cibo, poiché mangiare in eccesso offusca la mente. Inoltre, naturalmente, se mangiamo troppo, ingrasseremo e dovremo portarci appresso tutto questo peso in eccesso! Così, abbiamo bisogno di autodisciplina. È utile impegnarsi in qualche pratica di yoga, ma non se dormiamo fino a tardi. È meglio usare la mattina presto per la pratica, quando la mente è lucida. Naturalmente, per alzarci presto, dobbiamo smettere di stare alzati fino a tardi!

Nella sua Antologia di Argomenti Speciali di Conoscenza (mNgon-pa chos kun-las btus pa, scr. Abhidharma-samuccaya), Asanga classificò il sonno come un fattore variabile: può essere costruttivo o distruttivo a seconda della motivazione. Possiamo andare a letto con una motivazione positiva, magari pensando: "Domani mi alzerò presto e farò le prostrazioni." Nel tantra, possiamo fare certe pratiche nei nostri sogni attraverso la forza della nostra motivazione o la forza dei venti-energia sottili. Ma per essere in grado di mantenere la chiara luce dei sogni, dobbiamo prima riconoscere il sogno come un sogno. Se riusciamo a riconoscere la chiara luce dei sogni, saremo in grado di identificare più facilmente la chiara luce al momento della morte.

Poi nella nostra pratica quotidiana, compresi i nostri sogni, possiamo trasformare tutto in una pratica costruttiva. Possiamo offrire il nostro cibo e le nostre bevande ai Tre Gioielli, dare i nostri avanzi come regali agli insetti, e il nostro sputo e urina come offerte per i fantasmi preta. Per rendere la nostra vita significativa, la cosa più importante è mantenere la consapevolezza della bodhicitta e della vacuità. Tutte le scritture sono testimoni di questo punto. Tutto questo è l'autodisciplina etica di impegnarsi in atti costruttivi.

L’autodisciplina etica di aiutare gli altri

Per quanto riguarda l'autodisciplina etica di aiutare gli altri, ci sono undici modi per farlo. Esistono molte fonti scritturali per questo punto, tra cui Impegnarsi nella condotta del Bodhisattva e Compendio degli allenamenti (bSlab-Btus, scr. Shikshasamuccaya) entrambi di Shantideva, e il Capitolo di Autodisciplina Etica degli Stadi del Bodhisattva (Byang-sa, scr. Bodhisattvabhumi) di Asanga. Tutte contengono molti versi citabili. Ora sto guardando la lista degli undici nel Lam-rim del Quinto Dalai Lama, Istruzioni guida di Manjushri (Jam-dpal zhal-lung). Gli undici modi sono:

  1. In generale, aiutare coloro che soffrono, proteggere le loro case, i loro beni, fornire assistenza medica ai malati, occhiali a quelli con scarsa vista, protesi e sedie a rotelle per i disabili, e così via.
  2. Insegnare alle persone abilità costruttive per ottenere un giusto sostentamento, e non, per esempio, per la gestione di un allevamento di pollame.
  3. Offrire doni materiali e inviti, ad esempio per cenare insieme.
  4. Aiutare coloro che hanno paura di animali selvaggi.
  5. Aiutare e consolare quelli che sono tormentati dalla sfortuna, come coloro che sono separati dai loro genitori, coloro che hanno perso i propri cari, o che sono stati derubati. Inoltre, aiuta chi si lamenta molto. Il cuoco di Atisha, Ame Jangchub, una volta si lamentò con Dromtonpa dicendo: "Devo cucinare tutto il tempo. Non ho tempo per esercitarmi," e così Dromtonpa rispose, "Devo tradurre tutto il tempo." Dromtonpa continuò dicendo che mentre Atisha era vivo, la migliore pratica, tuttavia, era di servirlo. In questo modo, incoraggiò Ame Jangchub. 
  6. Fornire cibo e bevande a chi ne ha bisogno e dare aiuto materiale e Dharma ai bisognosi. Non dire loro, ovviamente, di imbrogliare gli altri per fare soldi.
  7. Dare consigli a coloro che cercano il nostro sostegno, in modo che possano prendersi cura di loro stessi. Questo comporta l'utilizzo dei quattro modi per avvicinare gli altri a noi.
  8. Se gli altri sono scoraggiati per la loro pratica costruttiva, condividi la loro preoccupazione e aiutali a rimuovere il loro scoraggiamento.
  9. Apprezzare le buone qualità degli altri, anche se hanno molti difetti. Questo li incoraggia a sviluppare ulteriormente le loro buone qualità.
  10. Punire coloro che vogliono intenzionalmente fare del male in modo da aiutarli [a non farlo più], ed essere più severi quando necessario.
  11. Ricorrere ad atti miracolosi, se è utile e ne siamo in grado, anche se forse ora tutto quello che potremmo fare è alcuni trucchi di magia!

In breve, l'autodisciplina etica di aiutare gli altri è quella di beneficiarli in base alle loro situazioni, disposizioni e così via.

Pazienza lungimirante

La pazienza lungimirante di cui abbiamo bisogno è descritta nel modo migliore da Shantideva nel suo testo Impegnarsi nella condotta del bodhisattva. Lui spiega che ce ne sono di tre tipi:

  • La pazienza di non essere disturbati dal male
  • La pazienza di accettare facilmente la sofferenza
  • La pazienza di sopportare le difficoltà quando si pratica il Dharma.

La pazienza di non essere disturbati dal male

Descrivendo la pazienza, Shantideva scrisse:

(V.13) Dove posso trovare la pelle per coprire con la pelle tutta la superficie della terra? Ma con la pelle solo sulle suole delle mie scarpe, è come aver coperto l'intera superficie terrestre.
(V.14) Allo stesso modo, anche se è impossibile per me scongiurare eventi esterni, se proteggessi la mia mente, che bisogno c’è di proteggersi da qualunque altra cosa?

In altre parole, la pazienza non eliminerà tutti i nemici e i piantagrane, ma piuttosto è lo stato d'animo che elimina la rabbia e ci mantiene calmi di fronte alle avversità. Così come rivestire i nostri piedi di pelle equivarrebbe a pavimentare il mondo intero di cuoio, allo stesso modo, se proteggiamo le nostre menti grazie alla pazienza, non saremo disturbati da alcun danno o da coloro che causano danni.

Shantideva dà molti metodi per sviluppare la pazienza di non essere disturbato dal male. Per esempio, lui scrisse:

(VI.87) Anche se il vostro nemico non ha alcuna gioia, che cosa c'è in questo da gioire per voi? Il semplice desiderio nella tua mente non diventerà la causa di (alcun) danno per lui.

La pazienza è libera dalla rabbia anche quando il danno è fatto a noi o ai nostri parenti. Se i nostri nemici prosperano, di solito siamo infelici, e se soffrono, siamo felici. Per i nostri amici e parenti, è il contrario; di solito siamo felici quando prosperano e soffriamo quando sono tristi. Ma la nostra felicità per la sofferenza del nemico è cibo per la nostra rabbia; e, come effetto della rabbia, siamo noi che diventiamo infelici e soffriamo.

Shantideva parlò del bisogno della compassione verso coloro che sono arrabbiati:

(VI.37) Quando le persone addirittura uccidono anche loro stesse perché sono sotto il potere delle emozioni disturbanti, come può essere che non causino danno ai corpi degli altri?
(VI.38) Quando non riesco nemmeno a provare compassione, di tanto in tanto, per quelli come lui che, con le emozioni disturbanti insorte, procederebbero a cose come uccidersi, almeno non mi arrabbierò (con loro).

Altre persone ci fanno del male perché sono sotto il potere della rabbia. Se sono estremamente arrabbiati, possono anche farsi del male. Le persone arrabbiate perseguitano persino i membri più deboli della propria famiglia. Queste persone devono essere oggetto della nostra compassione, non della nostra rabbia. Dovremmo anche renderci conto che facciamo esattamente lo stesso quando siamo arrabbiati. L'autocontrollo è della massima importanza. Dobbiamo sapere che quando le persone sono in preda alla rabbia, si comportano come dei pazzi e sono impotenti.

Inoltre, quando ci arrabbiamo, ci arrabbiamo con l'oggetto sbagliato. Shantideva ha spiegato:

(VI.41) Avendo messo da parte l'attuale (causa del mio dolore), un bastone o simili, se mi arrabbio con la persona che l'ha brandito, beh, in effetti, è stato istigato dalla rabbia, quindi è secondario (anche). Sarebbe più appropriato arrabbiarsi con la sua rabbia.
(VI.43) Sia la sua arma che il mio corpo sono le cause della mia sofferenza. Poiché egli ha estratto un'arma e io un corpo, verso il quale dovrei infuriarmi?

Se qualcuno ci colpisce con un'arma come un bastone lungo e pesante, considera questo: quando un bastone lungo viene usato per battere una pietra, la pietra non prova dolore. Ma se il nostro corpo viene colpito con un bastone lungo, sperimentiamo dolore e sofferenza. Dal momento che abbiamo fornito il corpo e l'altra persona il bastone lungo, sia noi che loro siamo ugualmente responsabili del nostro dolore e della nostra sofferenza.

Inoltre, perché non ci arrabbiamo con il bastone lungo che ci fa male? Diciamo che è perché il bastone lungo viene usato dalla persona. Ma la persona è anche controllata dalle emozioni disturbanti. Tuttavia, ci arrabbiamo ancora con la persona piuttosto che con l'arma o l'emozione disturbante.

Shantideva spiegò anche:

(VI.39) (Inoltre) Se agire violentemente verso gli altri fosse la natura funzionale delle persone infantili, sarebbe ancora inappropriato arrabbiarsi con loro, perché sarebbe come arrabbiarsi con il fuoco quando la sua natura funzionale è quella di bruciare.
(VI.40) E anche se questo difetto fosse temporaneo, e gli esseri limitati fossero adorabili per natura, beh, sarebbe comunque inopportuno arrabbiarsi [con loro], poiché sarebbe come arrabbiarsi con il cielo per il fumo (pungente) che stava salendo (in esso).

Se pensiamo che la natura umana sia qualcosa che non cambierà mai, allora quando qualcuno si comporta male in linea con la sua natura, perché arrabbiarsi? È come arrabbiarsi con il fuoco perché scotta. E se agire male è solo qualcosa di temporaneo, perché arrabbiarsi con le persone che agiscono male, dal momento che non è nella loro natura?

Non c'è motivo di arrabbiarsi con quelli che danneggiano la nostra fama. Shantideva ha sottolineato:

(VI.90) La lode e la fama, (queste) dimostrazioni di rispetto, non porteranno forza karmica positiva, non porteranno una lunga vita, non daranno forza fisica, né libertà dalla malattia; non daranno nemmeno piacere fisico.

Se gli altri non ci hanno direttamente danneggiato fisicamente, ma stanno cercando di distruggere la nostra fama e il nostro status, non c'è bisogno di arrabbiarsi. Dobbiamo capire che le parole di lode e di fama sono solo parole vuote. Se diventiamo famosi e non riusciamo ad avere il controllo su noi stessi, ci sentiremo chissà chi. Dromtonpa disse che anche se la popolazione mondiale ci mettesse in cima alle loro teste, dovremmo comunque rimanere umili.

Nell'allenamento mentale Lojong, è considerato buono essere diffamati, perché attraverso questo possiamo capire i nostri difetti; altrimenti, quando siamo lodati, diventiamo semplicemente arroganti. Il nome e la fama sono ostacoli alla pratica del Dharma in quanto portano a distrazioni. Così, se un nemico danneggia la nostra fama, in effetti sono gentili e ci stanno davvero aiutando.

Quando i nemici cercano di farci del male, normalmente ci arrabbiamo, ma grazie a loro possiamo praticare la pazienza. Il Buddha, i buoni amici e gli animali domestici ben educati non ci offrono tali opportunità di praticare la pazienza. Possiamo solo praticare la pazienza con gli animali cattivi! Anche i nostri lama non ci danno questo tipo di opportunità di praticare. Pertanto, dovremmo essere grati ai nostri nemici.

Shantideva aggiunse:

(VI.109) Supponiamo che io abbia detto, "Ma lui non aveva alcuna intenzione che io realizzassi la pazienza, quindi questo nemico non è qualcuno da onorare." Ebbene, com'è che il sacro Dharma è onorato come adatto ad essere una causa per attualizzarlo?

Potremmo controbattere questa posizione dicendo che i nostri nemici vogliono farci del male, piuttosto che aiutarci. Però non stiamo considerando come la terza nobile verità o la liberazione può aiutarci. Anche la liberazione non vuole aiutarci, quindi perché ci rifugiamo in essa? Quando soffriamo, la vera cessazione non ha assolutamente motivo di aiutarci. Ma la vera cessazione è importante perché è utile e di beneficio. La stessa cosa vale con un nemico.

Potremmo anche controbattere che la vera cessazione non ha un motivo per farci del male, ma non è la stessa cosa con un nemico; quindi, pensiamo che con un nemico sia giusto vendicarsi. Ma è proprio perché hanno la motivazione di farci del male che queste persone sono chiamate "nemici" e ci permettono di praticare la pazienza.

Se cerchiamo di vendicarci, questo non ci aiuterà mai a superare la sofferenza. Nel Supplemento ai (“Versi Radice di Nagarjuna sul) Madhyamaka” (dBu-ma-la ‘jug pa, scr. Madhyamaka-avatara), Chandrakirti affermò: 

(III.4) Quando qualcuno ti ha fatto del male, se tu provi risentimento, il tuo risentimento annulla ciò che è già stato fatto? Pertanto, il risentimento non serve a nulla qui in questa vita, e porta avversità anche nel mondo oltre.

Quando siamo arrabbiati con un nemico, il danno che abbiamo già sperimentato non è affatto eliminato. Infatti, se ci arrabbiamo quando il danno è già stato fatto, ciò non distrugge la sofferenza, ma questo crea ancora più sofferenza fino al punto in cui non possiamo nemmeno mangiare o dormire. Soffriamo di più, e siamo noi i responsabili di quella sofferenza che sperimentiamo. Se pratichiamo la pazienza, d'altra parte, questo diventa una causa per la pace della mente.

In breve, quando siamo felici, pensate che è il risultato delle nostre azioni costruttive passate e auguratevi che sia la causa della felicità di tutti gli altri, in quanto questo distruggerà l'arroganza. Quando soffriamo, pensate: "Con questo, possa io asciugare tutti gli oceani di sofferenza degli altri."

Avendo ricevuto questi insegnamenti, è importante gioire. Come scrisse Geshe Chekawa alla conclusione dell’Addestramento mentale in Sette Punti (Blo-sbyong don-bdun-ma):

Io richiesi le istruzioni per domare il mio aggrapparsi al sé. Ora, anche se muoio, non ho alcun rimpianto.

Allo stesso modo, dovremmo pensare: "Ho ricevuto tutte le istruzioni per liberarmi dall'egoismo; quindi, anche se muoio, sono soddisfatto di aver ricevuto tutto ciò di cui ho bisogno."

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