Elaborazione dei primi tre voti del bodhisattva

Quando prendiamo i voti del bodhisattva promettiamo di astenerci da due serie di azioni. Sebbene siano di solito indicate come voti del bodhisattva radice e secondari nelle nostre lingue occidentali, questi non sono i termini reali nelle lingue originali. Esistono diciotto azioni che, se commesse, agiscono da "caduta radice". "Caduta radice" significa perdere i voti del bodhisattva: è chiamata "caduta" perché ci conduce verso il basso nel nostro sviluppo spirituale e ostacola la nostra crescita di buone qualità. La parola "radice", indica che questa è una radice da eliminare: vogliamo eradicare ciò che ci potrebbe far cadere. Per questo si chiama così, secondo i commentari. In breve, in occidente noi li chiamiamo voti radice del bodhisattva anche se prendiamo il voto di evitare le diciotto cadute radice.

Poi ci sono quarantasei tipi di "comportamenti difettosi" (traducendo letteralmente il termine), di solito chiamati "voti secondari del bodhisattva". Se trasgrediamo uno dei voti radice del bodhisattva con tutti i fattori necessari, perdiamo i voti dal nostro continuum mentale. Non l’ho espresso molto bene in inglese ma forse ho reso l'idea. Ci sono quattro aspetti che, se sono presenti nel nostro atteggiamento quando trasgrediamo uno di questi voti radice, ci fanno perdere tutti i voti dal nostro continuum mentale tranne nel caso di due eccezioni. Le eccezioni sono due voti in cui non si ha nemmeno bisogno di averli tutti e quattro completi: se li si trasgredisce, si perdono i voti. Anche se i quattro fattori sono completi nelle altre azioni scorrette, non si perdono i voti del bodhisattva: questa è la differenza.

Prima ho menzionato che prendiamo i voti del bodhisattva per tutte le nostre vite fino all' illuminazione. Diciamo che li abbiamo presi in una vita passata e non ancora in questa; abbiamo tutti questi fattori completi; se avessimo preso i voti in questa vita e se questi fattori fossero stati completi, avremmo perso i voti dal nostro continuum mentale. Quindi diciamo che questi fattori sono completi prima di prenderli in questa vita: in tal caso, non perdiamo i voti del bodhisattva. Ma prenderli ora per la prima volta in questa vita rafforzerà i voti che abbiamo preso nelle vite precedenti.

Vediamo ora quali sono queste cadute radice: i cosiddetti "voti radice del bodhisattva". Anche se ci sono molti commenti e spiegazioni leggermente diverse nella loro enfasi, seguiremo il commentario di Tsongkhapa. Esistono diverse tradizioni di voti bodhisattva, derivanti da diversi sutra del Buddha, quindi quelli che i tibetani seguono da una delle tradizioni indiane proviene da un sutra (ora non ricordo il nome del sutra), tuttavia le tradizioni cinesi e quelle che derivano da esse hanno una serie diversa di voti bodhisattva, che derivano da un altro sutra; proprio come le tradizioni dei voti monastici vinaya che sono seguite nelle tradizioni tibetane e cinesi sono leggermente diverse. Sebbene nel Theravada e probabilmente anche in altre tradizioni Hinayana si affermi che esistono i bodhisattva, che prima di diventare buddha si è bodhisattva, non è un percorso che molti di noi seguiranno; e non ho mai sentito parlare di una versione Theravada dei voti del bodhisattva che tali bodhisattva avrebbero preso. Certamente anche nel Theravada ci sono le storie delle vite passate del Buddha.

I diciotto voti radice del bodhisattva sono diciotto azioni negative che causerebbero una caduta radice se li violassimo con tutti i fattori completi. Con ciascuno di questi, dobbiamo capire molte cose che sono state stabilite, che sono specificate, in termini di ciò che in realtà significa.

Il primo è un'azione negativa che vogliamo evitare e da cui promettiamo di astenerci e consiste nel lodare noi stessi e/o sminuire gli altri. La persona a cui ci rivolgiamo in tal modo deve essere qualcuno in una posizione inferiore a noi. E la nostra motivazione è, da un lato, il desiderio e l'avidità di riceverne profitto materiale, lode, amore, rispetto e così via e, dall'altra, gelosia nei suoi confronti. Non importa se quello che diciamo nel lodare noi stessi e sminuire l'altro sia vero o falso.

Quindi, in sostanza, cerchiamo di ottenere qualcosa da qualcuno a noi inferiore, che sia denaro o qualsiasi altra cosa, affermando di essere i migliori e che tutti gli altri non sono alla nostra altezza. Un esempio potrebbe essere uno psicologo desideroso di avere clienti, che pubblicizza sé stesso "Sono uno psicologo buddhista interessato solo a aiutare gli altri e tutti quelli non buddhisti sono solo alla ricerca di denaro". Tuttavia la motivazione reale è quella di ottenere più clienti per sé. “Sono il miglior insegnante, il più importante, gli altri non sono bravi come me" quando tutto ciò che voglio è ottenere più studenti. Sfortunatamente, il nostro intero sistema di democrazia e di elezioni si basa su questo principio di elogiare sé stessi e sminuire gli avversari alle elezioni per ottenere voti e potere. Questo è il motivo per cui questo intero aspetto della democrazia e delle elezioni è molto difficile da mettere in pratica per i tibetani, perché chiunque dica: “Sono il miglior candidato e l'altro non va bene. Vota per me!”automaticamente i tibetani non si fiderebbero di una persona simile perché sta violando, sta andando contro i voti del bodhisattva. La maggior parte dei tibetani sarebbe molto umile: "Oh non sono molto qualificato, davvero non so come farlo": sarebbero molto umili e naturalmente nessuno voterebbe per loro. L'intero sistema delle votazioni per le elezioni democratiche è molto difficile da comprendere per i tibetani.

Tuttavia, se pensiamo in termini di sentiero del bodhisattva, è molto importante con questi voti capire come – se facciamo ciò che diciamo di non fare–ciò danneggerebbe la nostra capacità di aiutare gli altri. Bisogna capire in che modo ciò danneggerebbe la nostra capacità di aiutare gli altri, analizzandolo, pensandoci. Se dovessimo incontrare qualcuno che dice: "Io sono il migliore e tutti gli altri non sono buoni!" ci fideremmo davvero di lui? Non lo so, forse molti occidentali lo farebbero: il nostro intero sistema pubblicitario si basa su questo, non è così? "Questo è il miglior sapone per lavare i tuoi vestiti; tutti gli altri non vanno bene. Compra questo!"Ma se analizziamo più in profondità, vogliono solo i nostri soldi. Pensiamoci molto bene, se vogliamo pubblicizzarci: "Sono il miglior bodhisattva, sono il migliore per aiutarti. Risolverò tutti i tuoi problemi. Vieni da me, nessun altro è buono come me". Anche se ciò potrebbe essere vero, ciò indica una motivazione molto materialistica se si basa sul voler solo ottenere più studenti. Dobbiamo prestarci attenzione.

Dicendo che il Buddhismo è migliore di tutti gli altri percorsi spirituali; che gli altri non sono buoni, rompiamo questo voto? Che ne pensate?

Dipende dalla nostra motivazione.

Questo è molto vero, ma quale potrebbe essere una motivazione adeguata per farlo?

Essere di beneficio per gli altri.

Non sarebbe ingenuo? Il percorso buddhista è il migliore per tutti in questo momento? Se consideriamo ciò che afferma Sua Santità il Dalai Lama sulle altre religioni, lui dice che tutto ciò che puoi dire – e questo è in risposta alla teoria che c’è una verità, una vera religione – è che il Buddhismo è il migliore per lui senza sostenere che debba essere il migliore per tutti. Ogni tradizione parla del proprio obiettivo spirituale: il Cristianesimo non afferma che se segui il cammino cristiano raggiungerai l'illuminazione buddhista, bensì si raggiungerà l'obiettivo cristiano, quindi non c'è motivo di contestarlo. Per dirla in modo semplice, se preghi per andare nel paradiso buddhista, andrai nel paradiso buddhista; se preghi per andare nel paradiso cristiano andrai nel paradiso cristiano. Se preghi per andare nel paradiso buddhista non finirai in quello cristiano. Diversi percorsi spirituali possono essere più adatti agli altri in questo particolare momento. Quindi Sua Santità è sempre molto, molto rispettoso delle altre tradizioni spirituali e l'unica cosa che dice sulla tradizione buddhista è che, ovviamente, è la migliore per raggiungere l'obiettivo buddhista della liberazione e dell'illuminazione, nel modo definito dal Buddhismo.

(1) Lodare se stessi e/o sminuire gli altri

Questo è il primo voto, evitare di lodare sé stessi e sminuire gli altri motivati da desiderio e avidità da una parte e gelosia dall'altra. Naturalmente questo è abbastanza difficile da mettere in pratica se vogliamo fare affari. Come facciamo pubblicità? Penso che usare pubblicità negativa per dire quanto siano cattivi gli altri prodotti, non sia certamente conforme al voto. Se lodiamo noi stessi – quanto è meraviglioso il nostro prodotto, meglio di ogni altra cosa, anche questo probabilmente non è conforme a questo voto. Come facciamo quindi pubblicità? Qual è la nostra motivazione? Guadagnare molto oppure offrire il nostro prodotto ad altri affinché sia di beneficio e aiuto per loro? Quindi è molto importante quello che avete detto, che tutto dipende davvero dalla motivazione.

Molti uomini d'affari hanno problemi con questi voti e sul come fare affari in base all'etica buddhista. Non è facile se il nostro unico obiettivo è il profitto. Penso che un buon esempio sia il sistema medico americano: negli ultimi decenni l'intero sistema sanitario americano si è orientato verso strutture sanitarie a scopo di lucro. Gli ospedali sono di proprietà di gruppi che detengono azioni negli ospedali e l'idea è di dare sempre maggiori profitti agli azionisti. Vogliono guadagnare il più possibile dai pazienti, tenendoli il minor tempo possibile in ospedale, in modo da far entrare più pazienti – non vogliono che qualcuno solo occupi un letto. L'intero orientamento sembra essere lontano dall’offrire un trattamento adeguato ai pazienti, così spesso la qualità diminuisce.Quindi, se il nostro motivo nell'aiutare gli altri è solo trarne profitto sembra sempre che la qualità di tale aiuto diminuisca, per questo è molto importante che, se seguiamo il sentiero del bodhisattva, non lo facciamo per ottenere qualcosa per noi a spese di altri praticanti, maestri, ecc.

(2) Non condividere insegnamenti di Dharma o ricchezza

Il secondo voto del bodhisattva, l’azione negativa che promettiamo di evitare, consiste nel non condividere gli insegnamenti di Dharma o la nostra ricchezza con una motivazione di attaccamento e avarizia. Potremmo essere gelosi dei nostri appunti di Dharma, del nostro computer, dei nostri file senza volerli condividere con gli altri e trovando ogni sorta di scuse. "Se ti presto il mio libro, lo macchierai di caffè quindi non te lo dò".  Potremmo essere attaccati e non condividere il denaro con gli altri dicendo: "Non puoi frequentare questo corso di Dharma perché non hai i soldi per pagarlo", così in un certo senso teniamo gli insegnamenti di Dharma per noi senza condividere con gli altri le nostre possibilità finanziarie per frequentare il corso.

Potremmo anche essere molto attaccati al nostro tempo e non condividerlo con gli altri per aiutarli. Per esempio, ci sono alcune persone molto attaccate ai loro fine settimana: "Questo è il mio giorno libero, non chiedermi aiuto”, capita spesso. Ho questo progetto di sito web e a volte ci sono vari aspetti che devono essere curati in termini di volontari e persone che lavorano sul sito. E a volte le persone dicono: "Non chiedermi di fare nulla durante il fine settimana: questo è il mio momento sacro". Non è proprio un comportamento da bodhisattva; se qualcuno ha bisogno del nostro aiuto – e non stiamo parlando di qualcuno che abusa costantemente del tempo dell'altra persona – ma se qualcuno ha davvero bisogno del nostro aiuto, allora che sia giorno, notte, fine settimana o altro, dovremmo aiutar lo. Se nostro figlio piange o cade dal letto non diciamo: "Ti tiro su domani mattina, scusa ma ora è tempo che io dorma". Se decidiamo di aiutare l'altra persona non dovremmo lamentarci sempre. Dal punto di vista del comportamento del bodhisattva, dovremmo essere molto felici quando gli altri vogliono e ci chiedono aiuto. Questo è ciò che pratichiamo per essere capaci di aiutare tutti in ogni momento come un buddha. Quindi se qualcuno vuole davvero il nostro aiuto è meraviglioso: se qualcuno vuole imparare qualcosa da noi, condividere i nostri appunti di Dharma o qualsiasi altra cosa, allora dovremmo essere molto felici di poterli condividere, se sono sinceri, ovviamente e se questi insegnamenti sono appropriati per loro. A volte le persone potrebbero essere un po strane nel motivare ciò che stanno chiedendo.

Una volta durante il periodo degli hippy, quando stavo traducendo per Serkong Rinpoche, il mio maestro, un hippy molto fumato venne per vedere Serkong Rinpoche e gli disse: “Mi piacerebbe imparare i sei yoga di Naropa: per favore, insegnameli”. Rinpoche prese il ragazzo molto sul serio e disse: “Ottimo che tu voglia studiare questo, è un'aspirazione meravigliosa. Tuttavia, per poterlo fare prima devi studiare e mettere in pratica questo e quello, attraversare un intero processo e lavorarci sopra”. Non fu avaro rispetto al Dharma nel non insegnare a quel ragazzo i sei yoga di Naropa: naturalmente il ragazzo non era pronto per questo. Tuttavia lo guidò in un modo che, alla fine, sarebbe giunto a questo insegnamento di Dharma, il che fu il modo appropriato di affrontare la situazione.

Ricordate il principio generale di cui ho parlato prima: un bodhisattva di livello inferiore non cerca di fare le pratiche di un bodhisattva più altamente sviluppato quando non ne è capace. Quindi, se qualcuno ci chiede aiuto e non siamo in grado di darlo, non dobbiamo far finta di fare più di quanto siamo in grado, dicendo: "Vorrei poterlo fare, ma davvero non sono qualificato": se lo dici a un tibetano capirà che sei solo umile, che in realtà sei qualificato e stai solo dicendo: "Oh no, non sono qualificato, non posso farlo" e così insisterà. Ma poi devi davvero insistere "No, non sono solo umile, davvero non sono qualificato per farlo".

Vi farò un esempio. All'Istituto Lama Tzong Khapa, un centro buddhista in Italia, si tiene il Master Program, un programma di studio di sei anni per laici e monaci relativo ai principali argomenti del curriculum monastico. Un ghesce ha insegnato il primo argomento di questo corso ma poi, quando arrivò il momento di iniziare il secondo argomento, Madhyamaka, egli disse: "Non sono qualificato per insegnarlo" e naturalmente tutti insistettero perché lo facesse ugualmente, pensando che fosse solo modesto, ma lui disse "No, davvero non sono qualificato"; hanno controllato con i suoi compagni di classe e i suoi insegnanti e veramente non era qualificato; questo non era il suo punto di forza anche se era un ghesce. Tuttavia offrì di rimanere e di assistere un ghesce qualificato qualora l’avessero trovato. Così l'Istituto trovò un ghesce che accettò di insegnare e l’altro rimase per assistere. Quest’ultimo non ha trasgredito il suo voto di bodhisattva non condividendo gli insegnamenti di Dharma; in realtà ha seguito l’addestramento di bodhicitta d’aspirazione, non fingendo di avere qualità che non ha.

Quindi, se qualcuno ci chiede di insegnare il Dharma o di condividere i nostri appunti, possiamo dire: "Puoi prendere i miei appunti, ma non sono granché" o "Non sono chiari", o "La mia comprensione non è così buona". Sii onesto e se non capisci qualcosa dì: “Non capisco, non posso spiegartelo”. Anche rispetto al non condividere il nostro tempo, ecc. dobbiamo usare la nostra consapevolezza discriminante. Parte dell'allenamento del bodhisattva è sapere quando riposare in modo da avere abbastanza forza per poter continuare ad aiutare gli altri. In questi casi si dice: "Mi piacerebbe aiutarti ma sono davvero, davvero esausto. Ho bisogno di riposarmi. Proprio non posso".

È anche difficile quando molte persone chiedono il nostro aiuto allo stesso tempo e non possiamo moltiplicarci in mille forme diverse per aiutare tutti contemporaneamente: non siamo già dei buddha. Non posso aiutare tutti in una volta, allo stesso tempo. In questi casi, sfortunatamente, dobbiamo scegliere; tuttavia a cosa diamo la priorità? Sua Santità il DalaiLama ha dato alcune linee guida a questo riguardo: “Considera l’ambito in cui sei più qualificato per aiutare e quello dove non ci sono così tanti altri che stanno facendo la stessa cosa, e considera quella la tua priorità principale. Se ci sono altre persone che sono in grado di farlo bene come te, raccomandale. Rivolgi la tua attenzione su ciò che puoi fare solo tu”. Vi farò un mio esempio, se qualcuno viene da me dicendomi che vuole imparare il tibetano, visto che ci sono molte altre persone che insegnano il tibetano e ci sono molte altre cose che posso insegnare che non così tante persone insegnano, allora rispondo indicando e raccomandando qualche altro insegnante di tibetano, specialmente per i principianti.

Un altro criterio per scegliere la priorità consiste nel legame con l’altra persona, se è molto speciale e se è ricettiva. Vi faccio un esempio molto bello: Sua Santità il Dalai Lama ha avuto dei precettori e ora abbiamo la reincarnazione del precettore senior, Ling Rinpoche e la reincarnazione del cosiddetto assistente precettore, il mio insegnante, Serkong Rinpoche. Questo titolo di Serkong Rinpoche non era in realtà "assistente precettore", era "partner principale del dibattito", ma non è necessario entrare in tutti questi dettagli: era un insegnante di Sua Santità. I due sono nati ad un anno di distanza l’uno dall’altro. Da piccoli, penso che avessero tre e quattro anni, Sua Santità diede loro la prima lezione leggendo l’alfabeto tibetano. Ovviamente Sua Santità non fu il loro insegnante di alfabeto e di lettura. Tuttavia, in virtù di questa relazione molto speciale che aveva con i suoi insegnanti, quando fu trovata la loro reincarnazione fu lui a impartire loro la prima lezione.

Il mio amico Alan Turner aveva un legame molto stretto con Serkong Rinpoche. Alan non ha mai realmente imparato il tibetano, ma Serkong Rinpoche gli diede una prima lezione per piantare i semi della lingua tibetana. Ovviamente non lo fece con altre persone, come Sua Santità non diede lezioni di lingua tibetana ad altre persone, solo ai suoi insegnanti con cui aveva avuto una relazione così stretta. Quindi diamo la priorità in questo modo. Qual è il bisogno speciale? Se insegno a questa persona quanto potrà lei beneficiare gli altri? In termini di come passiamo il nostro tempo, abbiamo una connessione molto stretta? Quella persona è davvero ricettiva nei miei confronti? O, più in generale, cosa sono più qualificato a fare e non ci sono così tante altre persone che lo fanno? Per altre richieste sul nostro tempo potremmo provare a fare qualcosa e dare dei suggerimenti. Non ci arrabbiamo mandando via le persone: questo è contro il comportamento dei bodhisattva.

È molto interessante, ho posto questa domanda a Ringu Tulku – un grandissimo maestro kagyu – eha detto che un ulteriore fattore che potremmo considerare, visto che siamo ancora esseri samsarici e non siamo dei Buddha, in termini di come dare la priorità al nostro tempo, è anche fare ciò che ci piace. Questa motivazione leggermente egoistica è positiva perché ci aiuta ad avere più forza ed entusiasmo.E va bene purché non sia la nostra considerazione principale.

Ci sono diversi fattori che possiamo prendere in considerazione per come impiegare il nostro tempo per aiutare gli altri, facendo cose a beneficio degli altri.

Dobbiamo considerare: sono in grado di mantenerlo, sono in grado di fare questo? Se prendiamo i voti del bodhisattva, sono in grado di farlo? Posso mantenerli o no? Così eviteremo di lodare noi stessi e sminuire gli altri a causa dell'attaccamento e dell'avidità per il guadagno e la gelosia degli altri; dobbiamo evitare di non condividere gli insegnamenti di Dharma, la nostra ricchezza, i nostri beni, il nostro tempo o altro, a causa di attaccamento e avarizia.

Se non condividiamo gli insegnamenti di Dharma per altre motivazioni, come pigrizia o rabbia "Non mi piaci, quindi non ti aiuterò o non condividerò qualcosa con te", evitare questo è uno dei voti secondari del bodhisattva, non è un voto radice. Perché uno è un voto radice e l'altro un voto secondario? Perché come bodhisattva dobbiamo essere disposti a dare a tutti, non solo a tenerlo per noi; se abbiamo attaccamento e siamo avari, significa che non vogliamo condividere e questo è davvero contro l'obiettivo del bodhisattva. L’essere troppo pigri è solo una mentalità completamente diversa: vorremmo aiutare, ma siamo troppo pigri per farlo.

(3) Non ascoltare le scuse altrui o colpire gli altri

Il terzo voto del bodhisattva consiste nell’evitare di non ascoltare le scuse degli altri o colpire gli altri. Ci sono due aspetti qui: il primo è non ascoltare le scuse degli altri o il colpirli, ed entrambi sono motivati dalla rabbia. Quindi il primo si riferisce alle occasioni in cui urliamo o picchiamo qualcuno, per esempio nostro figlio monello che ci supplica perdono o qualcun altro, come nostra moglie, che ci implora di fermarci e noi rifiutiamo. L'altro consiste semplicemente nel colpire o picchiare qualcuno. È un voto di bodhisattva secondario evitare di rifiutare le scuse degli altri dopo l’evento, quando proviamo rancore. Ci sonodue casi: qualcuno ci chiede scusa e di smettere di urlare quando stiamo urlando contro di loro, colpendoli o essendo molto cattivi con loro per rabbia. In quel momento siamo dei bodhisattva, anche se siamo arrabbiati. Se l’altra persona ci chiede scusa e di smetterla dovremmo farlo, perdonarla e accettare le sue scuse. Anche se il perdono è un concetto molto strano, non è vero? Non penso sia proprio così– in realtà non c’è una parola in tibetano per "perdono". Fondamentalmente, smetti di essere arrabbiato e di colpirla. "Perdono" suggerisce che sia in nostro potere separare l'altra persona dalle conseguenze karmiche; non è buddhista. È semplicemente una questione di smettere di essere arrabbiato con me, di urlare contro di me, di picchiarmi o di respingermi– quando lo stiamo davvero facendo.

Il voto secondario è in termini del dopo: siamo ancora arrabbiati o risentiti e poi, più tardi, se ci dicono "Mi dispiace" non accettiamo le scuse o non lasciamo andare il nostro rancore e la nostra rabbia. Penso che la differenza qui sia tra avere una forte rabbia che ci motiva a commettere un'azione distruttiva, come urlare, colpire o fare qualcosa di negativo nei loro confronti e l'altra situazione è provare rancore – essere arrabbiati dentro anche se non mettiamo in pratica questa rabbia. Okay?

Se vogliamo aiutare gli altri, anche se temporaneamente ci arrabbiamo, dobbiamo smettere di provare avversione o rancore. L'altro aspetto di questo voto è quello di evitare di colpire gli altri per rabbia; potrebbero esserci casi in cui colpire qualcuno potrebbe essere necessario e utile, ma non deve essere dettato dalla rabbia. Un esempio: in India per far camminare il tuo bufalo d'acqua potresti doverlo colpire sulla schiena; se gli dici semplicemente "Per favore, vai laggiù", lui probabilmente non capirà. Questo colpire il bufalo non è dettato dalla rabbia. Il bufalo d'acqua è un animale che si trova ovunque in India e Nepal, è molto grande, molto più grande di una mucca; è nero, ha le corna e produce latte molto ricco. Forse nonhai un bufalo, non sai nemmeno che animale sia, la maggior parte di noi non ha bufali d'acqua, nemmeno un cavallo o un cammello da dover colpire per far sì che camminino. Ma a volte persino con un bambino molto monello, se correper strada e c'è il pericolo che venga investito, dobbiamo usare mezzi abbastanza violenti per far sì che non vada in strada, anche se non lo si fa con rabbia. Quindi, ancora una volta, l'effetto delle varie azioni è molto influenzato dalla motivazione; qui la motivazione è rabbia o danno: vogliamo ferire l'altra persona e se in quel momento la persona dicesse: "Per favore, non farlo, per favore, fermati" e noi rifiutiamo, allora questo trasgredisce questo voto. Questo è il terzo voto del bodhisattva.

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