Voti secondari del bodhisattva

Introduzione

I voti secondari del bodhisattva consistono nell'astenersi da quarantasei azioni errate (nyes-byas). Queste azioni errate sono divise in sette gruppi, ognuno dei quali è nocivo al nostro addestramento nei sei atteggiamenti lungimiranti (pha-rol-tu phyin-pa, sct. paramita, perfezioni) e al nostro essere di beneficio agli altri.

I sei atteggiamenti lungimiranti sono:

  1. generosità,
  2. autodisciplina etica,
  3. tolleranza paziente (pazienza),
  4. perseveranza gioiosa (entusiasmo positivo),
  5. stabilità mentale (concentrazione),
  6. consapevolezza discriminante (saggezza).

Nonostante le azioni errate siano contrarie ed ostacolino il nostro progresso verso l'illuminazione, commetterle, anche con i quattro fattori vincolanti (kun-dkris bzhi) al completo, non costituisce una perdita dei nostri voti del bodhisattva. Tuttavia, quanto meno questi fattori sono completi, tanto minore sarà il danno che infliggiamo al nostro sviluppo spirituale lungo il sentiero del bodhisattva. Se ci capita di commettere alcuna di queste azioni errate, riconosciamo il nostro errore ed applichiamo i poteri opponenti, come nel caso dei voti radice del bodhisattva.

Ci sono molti dettagli da imparare riguardo a queste quarantasei azioni, con molte eccezioni in cui non c'è mancanza nel commetterle. In generale, comunque, il danno al nostro sviluppo degli atteggiamenti lungimiranti e al beneficio che possiamo arrecare ad altri dipende dalla motivazione sottostante le nostre azioni errate. Se questa motivazione è uno stato mentale disturbato, come l'attaccamento, la rabbia, la cattiveria o l'orgoglio, il danno è molto maggiore che nel caso in cui essa è uno stato mentale non disturbato, sebbene nocivo, come l'indifferenza, la pigrizia o la dimenticanza. Con l'indifferenza, ci mancano fede o rispetto adeguati verso l'addestramento sufficienti a farci prendere la briga di impegnarci. Con la pigrizia, ignoriamo la nostra pratica perché troviamo che sia più piacevole o più facile non fare nulla. Quando ci manca la consapevolezza, ci dimentichiamo completamente dei nostri impegni ad aiutare gli altri. Per molte delle quarantasei azioni, non siamo in difetto se siamo intenzionati a eliminarle dal nostro comportamento nel tempo, ma al momento attuale le nostre emozioni e i nostri atteggiamenti disturbanti sono ancora troppo forti per poter esercitare il necessario autocontrollo.

Questa presentazione segue quella data dal maestro Ghelug del quindicesimo secolo Tsongkhapa in Una spiegazione della disciplina etica dei bodhisattva: il sentiero principaleper l'illuminazione (Byang-chub sems-dpa'i tshul-khrims-kyi rnam-bshad byang-chub gzhung-lam).

Sette azioni errate nocive all'addestramento nella generosità lungimirante

La generosità (sbyin-pa, sct. dana) è definita come l'atteggiamento di essere disposto a donare. Essa include la propensione a donare oggetti materiali, protezione da situazioni pericolose e insegnamenti.

Delle sette azioni errate che influenzano negativamente il nostro sviluppo della generosità, due sono nocive allo sviluppo della nostra propensione a donare oggetti materiali, due sono nocive alla nostra propensione ad offrire protezione da situazioni pericolose, due implicano il non offrire le circostanze affinché altri possano coltivare e praticare la generosità e una nuoce al nostro sviluppo della generosità del dare insegnamenti.

Due azioni errate nocive allo sviluppo della propensione a donare oggetti materiali

(1) Non compiere offerte al Triplice Gioiello attraverso le tre porte del nostro corpo, parola e mente

Siccome siamo di cattivo umore, per esempio se c'è qualcosa che ci irrita, o per pigrizia, indifferenza o semplicemente perché ce ne dimentichiamo, trascurare di fare offerte ai Buddha, Dharma e Sangha, tre volte ogni giorno e tre volte ogni notte, o almeno prostrarsi con il nostro corpo, un elogio con la nostra parola e il ricordare le loro buone qualità con la nostra mente e il nostro cuore. Se non possiamo neppure essere abbastanza generosi da fare con gioia queste offerte ai Tre Gioielli del Rifugio ogni giorno e ogni notte, come potremo mai perfezionare la nostra propensione a donare qualsiasi cosa a qualsiasi persona?

(2) Seguire la nostra mente desiderosa

Spinti da grande desiderio, da attaccamento o per non sapersi accontentare, indulgere in uno qualsiasi dei cinque tipi di oggetti sensoriali desiderabili – vedute, suoni, fragranze, gusti o sensazioni tattili. Per esempio, per attaccamento verso sapori deliziosi, mangiucchiamo un po' del dolce nel frigorifero anche se non abbiamo fame. Questo è nocivo alla nostra lotta contro l'avarizia. Presto ci troviamo ad accaparrarci il dolce e persino a nasconderlo in fondo al frigo, per non doverlo condividere con nessuno. Se vogliamo veramente superare questa cattiva abitudine ma non riusciamo ancora a controllarla perché il nostro attaccamento al cibo è così forte, allora non siamo in difetto se prendiamo un pezzo di dolce. Tuttavia, cercheremo di aumentare il nostro autocontrollo prendendo pezzi più piccoli e non troppo spesso.

Due azioni errate nocive allo sviluppo della propensione ad offrire protezione da situazioni pericolose

(3) Non portare rispetto verso gli anziani

Gli oggetti di quest'azione includono i nostri genitori, maestri, coloro che hanno qualità eccellenti e, in generale, qualsiasi persona che abbia maggiore anzianità o semplicemente sia più vecchia di noi. Quando manchiamo di offrire loro il nostro posto a sedere in autobus, di andarli a prendere all'aeroporto, di aiutarli a portare i loro bagagli e così via, a causa di orgoglio, rabbia, cattiveria, pigrizia, indifferenza o dimenticanza, li abbandoniamo in una situazione pericolosa e preoccupante difficile da affrontare.

(4) Non rispondere a coloro che ci pongono domande

Per orgoglio, rabbia, cattiveria, pigrizia, indifferenza o dimenticanza, non rispondere volentieri a domande che altri ci hanno posto con sincerità. Ignorandoli, li lasciamo nel dubbio con nessuno a cui rivolgersi – anche questa una posizione pericolosa e priva di sicurezza.

Come esempio del livello di dettaglio che si trova nel commentario di Tsongkhapa riguardo a questi voti, andiamo a vedere le eccezioni in cui non c'è mancanza nel rimanere in silenzio o nel posporre la nostra risposta. Prendendo noi stessi come base per questa azione, non abbiamo bisogno di dare una risposta se siamo troppo malati per farlo o se la persona che ci pone la domanda ci ha svegliato di proposito nel cuore della notte. A meno che non si tratti di un'emergenza, non c'è mancanza nel dire all'altra persona di aspettare finché non ci sentiamo meglio o fino al mattino dopo.

Ci sono eccezioni in funzione dell'occasione, per esempio se qualcuno ci interrompe con una domanda mentre stiamo dando insegnamenti ad altri, tenendo una lezione, conducendo una cerimonia, pronunciando parole di conforto per qualcuno, ascoltando una lezione oppure un discorso. Possiamo educatamente dire loro di tenersi la domanda per più tardi.

Certe situazioni, necessariamente, richiedono il silenzio o il posticipare una risposta. Per esempio, se rispondessimo in dettaglio ad una domanda sull'inferno durante una lezione pubblica sul Buddhismo tenuta in occidente, potremmo scoraggiare molte persone, creando un ostacolo al loro interesse per il Dharma. Il silenzio è preferibile al rispondere alla domanda di qualcuno, per esempio nel caso di una domanda sulla nostra origine etnica da parte di una persona intollerante: con la nostra risposta faremmo sì che quella persona ci disprezzi e quindi non sia ricettiva al nostro aiuto. Il silenzio è anche preferibile nel caso in cui potrebbe far sì che altre persone interrompano il loro comportamento distruttivo e quindi portarle verso un atteggiamento più costruttivo – per esempio quando persone con una dipendenza psicologica nei nostri confronti ci chiedono di rispondere a ogni domanda relativa alla loro vita e noi vogliamo insegnare loro a prendere decisioni e risolvere le loro faccende per conto proprio.

Inoltre, se siamo in un ritiro di meditazione con la regola del silenzio e qualcuno ci pone una domanda, non è necessario parlare. Infine, è meglio concludere una sessione di domande e risposte alla fine di un insegnamento nel caso in cui, andando avanti mentre il pubblico è stanco ed è molto tardi, causeremmo risentimento e rabbia nei nostri confronti.

Due azioni errate del non creare le circostanze affinché altri possano coltivare e praticare la generosità

(5) Non accettare inviti come ospite

Se rifiutiamo un invito per una visita o un pasto a causa di orgoglio, rabbia, cattiveria, pigrizia o indifferenza, priviamo l'altra persona di un'opportunità per accumulare forza positiva (bsod-nams, sct. punya, potenziale positivo, merito) che deriva dall'offrire ospitalità. A meno che non ci sia una buona ragione per rifiutare, accettiamo, non importa quanto sia modesta la casa in cui siamo invitati.

(6) Non accettare doni materiali

Per le stesse ragioni come nel caso precedente.

Un'azione errata nociva allo sviluppo della generosità del dare insegnamenti

(7) Non donare il Dharma a coloro che vogliono imparare

Qui la motivazione per rifiutarsi di insegnare sul Buddhismo, prestare i nostri libri di Dharma ad altri, condividere i nostri appunti, e così via, è rabbia, cattiveria, gelosia per il fatto che l'altra persona potrebbe alla fine superarci, pigrizia o indifferenza. Nel caso del secondo voto radice del bodhisattva, rifiutiamo per attaccamento o avarizia.

Nove azioni errate nocive all'addestramento nell'autodisciplina etica lungimirante

L'autodisciplina etica (tshul-khrims, sct. shila) è l'atteggiamento dell'astenersi da azioni negative. Include anche la disciplina dell'impegnarsi in azioni positive e dell'aiutare altri.

Delle nove azioni errate che intralciano lo sviluppo della nostra autodisciplina etica, quattro riguardano situazioni in cui il nostro principale interesse sono gli altri, tre riguardano la nostra situazione personale e due riguardano sia noi stessi che gli altri.

Quattro azioni errate relative a situazioni in cui il nostro principale interesse sono gli altri

(1) Ignorare coloro che hanno un'etica devastata

Se, per rabbia, cattiveria, pigrizia, indifferenza o dimenticanza, ignoriamo, trascuriamo o sminuiamo coloro che hanno infranto i loro voti o addirittura commesso crimini efferati, indeboliamo la nostra autodisciplina etica dell'impegnarci in azioni positive e dell'aiutare gli altri. Queste persone hanno particolarmente bisogno del nostro interesse e della nostra attenzione, poiché hanno accumulato le cause per sofferenza e infelicità presenti e future. Senza alcun moralismo o sdegno morale, cerchiamo di aiutarli, per esempio insegnando meditazione a carcerati che mostrino interesse.

(2) Non osservare addestramenti morali per il bene della fede altrui

Il Buddha ha proibito molte azioni che, benché non siano per loro natura distruttive, sono nocive al nostro progresso spirituale – per esempio, che persone laiche oppure con voti monastici bevano alcool, o che persone con voti monastici condividano una stanza con una persona del sesso opposto. Astenersi da questo comportamento è un addestramento condiviso in ugual modo dai praticanti Hinayana e dai bodhisattva. Se, come bodhisattva in erba, ignoriamo questi divieti per mancanza di rispetto o di fede negli insegnamenti etici del Buddha oppure perché la nostra pigrizia ci impedisce di esercitare autocontrollo, facciamo sì che coloro che vedono il nostro comportamento perdano la loro fede e la loro ammirazione per i buddhisti e il Buddhismo. Quindi, riguardo all'effetto che il nostro comportamento può avere sugli altri, ci asteniamo, per esempio, dall'assumere droghe leggere.

(3) Avere una mente ristretta per quanto riguarda il benessere altrui

Il Buddha ha dato molte regole minori per coloro che hanno preso i voti monastici, in modo che possano addestrare il loro comportamento, per esempio avere sempre con sé i propri tre set di vesti monastiche quando dormono. A volte, tuttavia, le necessità altrui possono venire prima della necessità di osservare questa regola minore, per esempio se qualcuno si ammala e abbiamo bisogno di passare la notte a prenderci cura di questa persona. Se, per rabbia o cattiveria verso questa persona, o semplicemente per la pigrizia di non voler passare la notte svegli, rifiutiamo dicendo che non abbiamo con noi i nostri tre set di vesti monastiche, commettiamo questa azione errata. Essere fanaticamente rigidi per quanto riguarda le regole ostacola il nostro sviluppo equilibrato dell'autodisciplina etica.

(4) Non commettere un'azione distruttiva quando l'amore e la compassione lo rendono necessario

Occasionalmente, possono sorgere situazioni estreme in cui il benessere altrui è seriamente in pericolo e non restano altre alternative per prevenire una tragedia che commettere una delle sette azioni distruttive del corpo o della parola. Queste sette azioni sono il togliere una vita, il prendere quello che non ci è stato dato, l'indulgere in una condotta sessuale inappropriata, mentire, parlare in maniera da creare divisioni, usare un linguaggio aspro e crudele, oppure parlare a vanvera. Se commettiamo una di queste azioni senza che ci sia alcuna azione disturbante, come la rabbia, il desiderio o l'ingenuità riguardo a causa ed effetto, ma siamo invece motivati soltanto dal desiderio di prevenire la sofferenza altrui – essendo interamente disposti a sobbarcarci qualsiasi conseguenza negativa ne possa derivare, persino dolori infernali – allora non danneggiamo la nostra autodisciplina etica lungimirante. In effetti, accumuliamo addirittura una quantità incredibile di forza positiva che accelera il nostro percorso spirituale.

Rifiutarsi di commettere queste azioni distruttive laddove questo sia necessario è, tuttavia, una mancanza solo nel caso in cui abbiamo preso e mantenuto puramente i voti del bodhisattva. La nostra reticenza a scambiare la nostra felicità con il benessere altrui ostacola il perfezionamento della nostra autodisciplina etica volta ad aiutare sempre gli altri. Non c'è mancanza se abbiamo solamente una compassione superficiale e non possediamo voti del bodhisattva o ci addestriamo nel comportamento da essi indicato. Siamo consapevoli che siccome la nostra compassione è ancora debole ed instabile, la sofferenza risultante che deriverebbe dalle nostre azioni distruttive ci farebbe facilmente avere risentimento per la condotta del bodhisattva. Potremmo addirittura abbandonare del tutto il sentiero dell'impegnarci per aiutare gli altri. Come con l'indicazione che i bodhisattva con un livello basso di sviluppo creano soltanto un danno a loro stessi e alla loro capacità di aiutare altri se si addentrano in pratiche dei bodhisattva di livello superiore – per esempio dare in pasto la propria carne ad una tigre affamata – è meglio essere prudenti e trattenersi [dal farlo].

Poiché può esserci confusione riguardo a quali circostanze richiedono una tale azione di un bodhisattva, vediamo degli esempi presi dalla letteratura dei commentari. Bisogna ricordare che queste sono azioni da adottare in extremis quando tutte le altre misure adottate non possono alleviare o prevenire la sofferenza altrui. Come bodhisattva in erba, siamo disposti a togliere la vita a qualcuno che sta per compiere un omicidio di massa. Non esitiamo a confiscare medicine che siano intese a portare sollievo in un paese lacerato dalla guerra e che qualcuno vorrebbe vendere sul mercato nero, oppure rimuovere un fondo di beneficenza da un amministratore che lo stia dissipando o gestendo malamente. Siamo disposti, se siamo uomini, ad avere un rapporto sessuale con la moglie di qualcun altro – o con una donna non sposata i cui genitori le vietino [di avere rapporti], o qualsiasi altro partner sessuale inappropriato – se la donna ha un grande desiderio di sviluppare bodhicitta ma è sopraffatta dal desiderio sessuale nei nostri confronti e, nel caso contrario in cui dovesse morire senza aver avuto un rapporto sessuale con noi, ci porterebbe istintivamente rancore anche nelle vite future. Come risultato, essa sarebbe estremamente ostile nei confronti dei bodhisattva e del loro sentiero.

La disponibilità di un bodhisattva a commettere azioni sessuali inappropriate quando tutto il resto non è di beneficio per prevenire che qualcuno sviluppi un atteggiamento estremamente negativo nei confronti del sentiero spirituale dell'altruismo solleva un punto importante che le coppie sposate che sono sul sentiero del bodhisattva devono tenere in considerazione. A volte una coppia inizia ad impegnarsi nel Dharma e uno di loro, per esempio la donna, volendo mantenere il celibato, interrompe ogni relazione sessuale con il proprio marito mentre lui non è dello stesso avviso. Lui potrebbe ancora avere un attaccamento nei confronti del sesso e prendere la decisione della moglie come un rifiuto personale. In certi casi, il fanatismo e la mancanza di sensibilità della moglie potrebbero spingere il marito a gettare la colpa della propria frustrazione ed infelicità sul Dharma. Egli potrebbe abbandonare il matrimonio e voltare le spalle al Buddhismo con amaro risentimento. Se non c'è altro modo per evitare questa reazione ostile nei confronti del sentiero spirituale e la moglie ha preso i voti del bodhisattva, farebbe bene a valutare la propria compassione e chiedersi se sarebbe sufficientemente forte da avere occasionalmente un rapporto sessuale con il proprio marito senza che questo danneggi la sua capacità di aiutare altri. Questo è molto rilevante in termini dei voti tantrici che riguardano una condotta casta.

Come bodhisattva in erba, siamo disposti a mentire quando questo salverebbe la vita altrui oppure impedirebbe che altri venissero torturati e mutilati. Non abbiamo esitazione a parlare in maniera da creare divisioni per separare i nostri figli dalla cattiva influenza di un gruppo di amici che incoraggia in loro atteggiamenti e comportamenti negativi – oppure separare discepoli da maestri che li traggono in inganno. Non ci asteniamo dall'usare un linguaggio rude per scuotere i nostri figli da comportamenti negativi, come il non fare i compiti, nel caso in cui essi non sentano ragioni. E se altri, interessati al Buddhismo, sono totalmente dipendenti da chiacchiericcio, bevute, feste, canti, balli o fare scherzi o raccontare storie violente, allora siamo disposti ad aggregarci al gruppo nel caso in cui un nostro rifiuto porterebbe queste persone a pensare che i bodhisattva, o i buddhisti in genere, non si divertono mai e che quindi il sentiero spirituale non sia per loro.

Tre azioni errate relative alla nostra situazione personale

(5) Guadagnarci da vivere mediante sostentamento errato

Il sostentamento errato avviene con mezzi disonesti o equivoci, principalmente di cinque tipi principali: (a) falsità o ipocrisia, (b) lusinga o adottare parole suadenti per ingannare altri, (c) ricatto, estorsione o giocare sui sensi di colpa altrui, (d) chiedere tangenti o fare delle multe per infrazioni immaginarie, infine (e) dare tangenti a qualcuno per ottenere qualcosa di più grande in cambio. Ricorriamo a questi mezzi per una completa mancanza di senso di dignità morale personale o riserbo.

(6) Essere eccitati e perderci in alcune attività frivole

Poiché non sappiamo accontentarci, oppure siamo irrequieti, annoiati o iperattivi, e desiderosi di qualche divertimento, il perderci in distrazioni frivole – come il girovagare in un centro commerciale, fare zapping da un canale televisivo all'altro, fare giochi al computer e così via. Ne siamo completamente assorbiti e perdiamo il controllo. Se intraprendiamo queste attività insieme ad altri per calmare la loro rabbia o sollevarli dalla loro depressione, per aiutarli se sono dipendenti da queste attività o per guadagnare la loro fiducia se sospettiamo che ci siano ostili, oppure per rafforzare una vecchia amicizia, allora non creiamo danno al nostro addestramento etico del disciplinarci ad agire in maniera positiva ed aiutare gli altri. Tuttavia, se ci perdiamo in queste attività perché pensiamo che non abbiamo di meglio da fare, stiamo ingannando noi stessi. C'è sempre qualcosa di meglio che possiamo fare. Ciononostante, a volte abbiamo bisogno di una pausa per rinnovare il nostro entusiasmo e le nostre energie quando siamo stanchi o depressi. Non c'è mancanza in questo, nella misura in cui ci diamo dei limiti ragionevoli.

(7) Essere intenzionati solamente a vagare nel samsara

Molti sutra spiegano che i bodhisattva preferiscono restare nel samsara piuttosto che raggiungere la liberazione. Se prendiamo alla lettera questo insegnamento, la mancanza che commettiamo è che non ci impegniamo per superare le nostre emozioni e i nostri atteggiamenti disturbanti e per raggiungere la liberazione, ma semplicemente ci teniamo le nostre delusioni e con esse lavoriamo per aiutare gli altri. Questo è diverso dal diciottesimo voto radice del bodhisattva dell'abbandonare bodhicitta, con cui decidiamo di smettere del tutto di cercare di ottenere la liberazione e l'illuminazione. Qui, stiamo soltanto considerando poco importante e non necessario il liberarci da emozioni distruttive, cosa che indebolisce fortemente la nostra autodisciplina etica. Sebbene nel sentiero del bodhisattva, soprattutto quando esso implica la pratica di anuttarayoga tantra, trasformiamo e usiamo l'energia del desiderio per accrescere il nostro progresso spirituale, questo non significa dare mano libera ai nostri desideri e non impegnarci a liberarci di loro.

Due azioni errate relative sia a noi stessi che agli altri

(8) Non liberarci da un comportamento che ci crea cattiva reputazione

Immaginiamo che ci piaccia mangiare la carne. Se siamo in compagnia di buddhisti vegetariani e insistiamo a mangiare una bistecca, sollecitiamo la loro critica e la loro mancanza di rispetto. Essi non prenderanno sul serio le nostre parole sul Dharma e spargeranno voci su di noi, facendo sì che anche altri non siano ricettivi al nostro aiuto. Come bodhisattva in erba, non eliminare questo comportamento è una grande mancanza.

(9) Non correggere gli altri quando agiscono sotto l'influenza di emozioni ed atteggiamenti disturbanti

Se siamo in una posizione di responsabilità in un ufficio, una scuola, un monastero o una casa e, per attaccamento verso certi membri di questa comunità oppure per il desiderio di venire apprezzati, evitiamo di rimproverare o punire coloro che, con emozioni ed atteggiamenti disturbanti, hanno un comportamento problematico, danneggiamo la disciplina e il senso morale dell'intera comunità.

Quattro azioni errate nocive all'addestramento nella tolleranza paziente lungimirante

La tolleranza paziente (bzod-pa, sct. kshanti) è la disponibilità a confrontarsi, senza rabbia, con coloro che fanno del male, con le avversità che si incontrano praticando il Dharma e con le nostre sofferenze.

(1) Abbandonare i quattro addestramenti positivi

Questi addestramenti consistono nel non vendicarsi quando veniamo: (a) insultati verbalmente o criticati, (b) resi oggetto della rabbia altrui, (c) picchiati o (d) umiliati. Poiché l'addestrarci a non vendicarsi in queste quattro situazioni difficili agisce da causa per lo sviluppo della nostra pazienza, se accantoniamo [questi addestramenti], danneggiamo il nostro sviluppo di questo tratto positivo.

(2) Ignorare coloro che sono arrabbiati con noi

Quando altri sono arrabbiati con noi e ci portano rancore, se non facciamo nulla a questo proposito e non cerchiamo di alleviare la loro rabbia, per orgoglio, cattiveria, gelosia, pigrizia, indifferenza o perché non ci importa, stiamo ostacolando la nostra perfezione della pazienza perché consentiamo che l'opposto della pazienza, cioè la rabbia, continui senza tregua. Per evitare questa mancanza, ci scusiamo, sia che abbiamo offeso o fatto un torto a qualcuno oppure no.

(3) Rifiutarsi di accettare le scuse altrui

La terza caduta radice del bodhisattva è il non ascoltare le scuse altrui quando chiedono perdono nel momento in cui siamo arrabbiati con loro. Qui, non accettiamo le loro scuse a seguito dell'occasione in cui ci siamo arrabbiati, mentre stiamo portando rancore.

(4) Indulgere nella rabbia

Una volta che ci siamo arrabbiati in una certa situazione, agiamo in maniera contraria allo sviluppo della nostra tolleranza paziente se indulgiamo nella rabbia, portando rancore e senza applicare alcuna forza opponente per neutralizzarla. Se applichiamo queste forze, come la meditazione sull'amore per gli oggetti della nostra rabbia, ma non abbiamo successo, allora non c'è mancanza. Poiché ci stiamo almeno provando, non indeboliamo la nostra pratica della pazienza.

Tre azioni errate nocive all'addestramento nella perseveranza gioiosa lungimirante

La perseveranza gioiosa (brtson-grus sct. virya, entusiasmo positivo), significa avere gioia nel fare ciò che è costruttivo.

(1) Riunire una cerchia di discepoli spinti dal desiderio di venerazione e rispetto

Quando raduniamo una cerchia di amici, ammiratori o discepoli, oppure quando decidiamo di sposarci e di vivere con qualcuno, se la nostra motivazione è il desiderio che altri ci portino rispetto, ci diano amore ed affetto, ci coprano di regali, ci servano, ci massaggino la schiena e svolgano i nostri compiti quotidiani, perdiamo l'entusiasmo per fare qualsiasi cosa per conto nostro, per esempio aiutare gli altri. Siamo attratti da un comportamento inferiore, cioè dal dire agli altri cosa devono fare per noi.

(2) Non fare nulla per pigrizia, e così via

Se cediamo alla pigrizia, all'indifferenza, all'apatia e ad altri umori in cui non abbiamo voglia di fare nulla, se non siamo interessanti a nulla, oppure siamo dipendenti dal dormire molto a lungo, restando a letto tutto il giorno, facendo pisolini oppure oziando senza fare nulla, creiamo un'assuefazione a questo stato e perdiamo tutto l'entusiasmo per aiutare altri. Ovviamente ci riposiamo se siamo stanchi o esausti, ma comunque è una grave mancanza viziarci e diventare dei rammolliti.

(3) Limitarsi a passare il tempo con storie futili, per attaccamento

Il terzo ostacolo che frena la crescita del nostro entusiasmo ad aiutare gli altri è il perdere tempo in maniera insignificante. Questo si riferisce a raccontare, ascoltare, leggere, guardare la TV oppure al cinema o su internet delle storie riguardanti sesso, violenza, celebrità, intrighi politici e così via.

Tre azioni errate nocive all'addestramento nella stabilità mentale lungimirante

La stabilità mentale (bsam-gtan, sct. dhyana, concentrazione) è uno stato mentale che non abbandona il suo equilibrio o il suo punto focale a causa di emozioni disturbanti, eccitazione della mente o torpore mentale.

(1) Non cercare i mezzi per sviluppare la concentrazione di assorbimento

Se, per orgoglio, cattiveria, pigrizia o indifferenza, non frequentiamo gli insegnamenti su come stabilizzare la nostra mente nella concentrazione di assorbimento (ting-nge-'dzin, sct. samadhi) quando vengono dati da un maestro, come riusciremo mai a coltivare o sviluppare la nostra stabilità mentale? Se siamo malati o abbiamo il sospetto che le istruzioni non siano corrette oppure abbiamo già raggiunto lo stato di perfetta concentrazione, non abbiamo bisogno di andare.

(2) Non liberarci degli ostacoli che ci impediscono di raggiungere la stabilità mentale

Quando pratichiamo la meditazione per raggiungere la concentrazione di assorbimento, incontriamo cinque ostacoli principali. Se cediamo e non cerchiamo di eliminarli, danneggiamo lo sviluppo della nostra stabilità mentale. Se cerchiamo di rimuoverli, ma non abbiamo ancora avuto successo, non c'è mancanza. I cinque ostacoli sono: (a) l'intenzione di inseguire uno qualsiasi dei cinque tipi di oggetti dei sensi desiderabili, (b) pensieri di cattiveria, (c) annebbiamento mentale e sonnolenza (d) eccitazione della mente e rimpianti, infine (e) indecisione vacillante o dubbi.

(3) Considerare il gusto della beatitudine derivante dalla stabilità mentale come il suo vantaggio principale

Normalmente, blocchiamo una gran parte della nostra energia in forma di nervosismo, preoccupazioni, indecisione, pensieri di ardente desiderio o di rancore e così via, oppure la schiacciamo con il torpore e la sonnolenza. Man mano che ci concentriamo e la nostra mente avanza in un progressivo stato di assorbimento, quantità sempre maggiori di questa energia vengono rilasciate. Percepiamo ciò come uno stato di beatitudine fisica e mentale. Maggiore questa beatitudine, maggiore il progresso nell'assorbimento. Per questo motivo, nell'anuttarayoga tantra, generiamo e utilizziamo stati mentali di beatitudine ancora più intensi di quelli che possiamo generare dalla sola perfetta concentrazione, in modo da raggiungere l'attività mentale più sottile della chiara luce ed assorbirla nella comprensione della vacuità. Se sviluppiamo attaccamento verso il gusto della beatitudine che otteniamo ad ogni stato dello sviluppo della stabilità mentale, che sia connessa con la pratica del tantra oppure no, e consideriamo il piacere che otteniamo da questa beatitudine come l'obiettivo principale della nostra pratica, ostacoliamo seriamente il nostro sviluppo della stabilità mentale lungimirante.

Otto azioni errate nocive all'addestramento nella consapevolezza discriminante lungimirante

La consapevolezza discriminante (shes-rab, sct. prajna, saggezza) è il fattore mentale che discrimina con certezza tra ciò che è corretto e ciò che incorretto, tra ciò che è appropriato e ciò che è inappropriato, tra ciò che è benefico e ciò che è dannoso e così via.

(1) Abbandonare il veicolo shravaka (ascoltatori)

La sesta caduta radice del bodhisattva è l'affermare che gli insegnamenti testuali del veicolo degli shravaka non siano le parole di Buddha, mentre la quattordicesima caduta è il sostenere che le istruzioni contenute in essi non siano efficaci per eliminare l'attaccamento e così via. La tredicesima è il dire ad un bodhisattva che abbia preso i voti pratimoksha (della liberazione individuale), laici o monastici, i quali sono parte degli insegnamenti del veicolo shravaka, che come bodhisattva non ci sia bisogno di mantenere questi voti. Affinché quest'ultima caduta sia completa, il bodhisattva che ascolta queste parole deve effettivamente abbandonare i propri voti pratimoksha. Nel caso presente, l'azione errata consiste semplicemente nel pensare o dire ad altri che per i bodhisattva non c'è bisogno di ascoltare gli insegnamenti del veicolo shravaka – in particolare quelli che riguardano le regole della disciplina dei voti pratimoksha – o di sostenerli come validi o di esercitarsi in essi. Non c'è bisogno che nessuno effettivamente abbandoni i propri voti.

Studiando e mantenendo le regole di disciplina a cui abbiamo fatto voto, aumentiamo la nostra capacità di discernere quali tipi di comportamento siano da adottare e quali da abbandonare. Negando la necessità di esercitarci nei voti pratimoksha, indeboliamo il nostro sviluppo della consapevolezza discriminante. Inoltre discriminiamo in maniera erronea gli insegnamenti shravaka come essenziali solo per gli shravaka e privi di valore per i bodhisattva.

(2) Sforzarsi di seguirli mentre abbiamo i nostri metodi personali

Se impieghiamo tutti i nostri sforzi per studiare e sostenere soltanto i nostri voti pratimoksha, trascurando in questo modo lo studio e la pratica dei vasti insegnamenti dei bodhisattva sulla compassione e la saggezza, indeboliamo anche la nostra consapevolezza discriminante. Quando ci impegniamo con gli insegnamenti del veicolo shravaka, allo stesso tempo lo facciamo anche con quelli del veicolo dei bodhisattva.

(3) Impegnarsi a studiare testi non-buddhisti quando non è necessario farlo

Secondo i commentari, i testi non-buddhisti in questo caso si riferiscono a testi di logica e di grammatica. Possiamo senza dubbio includere anche libri per imparare lingue straniere o qualsiasi altra materia del moderno curriculum educativo, come la matematica, le scienze, la psicologia e la filosofia. La mancanza qui consiste nell'impiegare tutti i nostri sforzi nello studio di queste materie e di trascurare i nostri studi e la nostra pratica Mahayana, finché alla fine ce ne dimentichiamo del tutto. Se siamo estremamente intelligenti, capaci di apprendere velocemente nuove cose, abbiamo una solida e fondata comprensione degli insegnamenti Mahayana basata sulla logica e sulla ragione e inoltre siamo capaci di tenere a mente questi insegnamenti per molto tempo, allora non c'è mancanza nello studio di testi non-buddhisti, nella misura in cui manteniamo ogni giorno anche i nostri studi e la nostra pratica Mahayana.

Studenti non tibetani di Buddhismo che vogliono apprendere la lingua tibetana faranno bene a tenere a mente questa linea guida. Se sono capaci di apprendere nuove lingue facilmente e velocemente, hanno già un solido fondamento nel Buddhismo e sufficiente tempo a disposizione per studiare sia la lingua tibetana che il Dharma, allora essi possono ricevere molto beneficio dall'apprendere il tibetano. Possono usarlo come strumento per approfondire i loro studi. Tuttavia, se hanno difficoltà con la lingua, hanno solo poco tempo ed energia a disposizione e non hanno ancora una comprensione approfondita del Buddhismo oppure una pratica di meditazione quotidiana stabile, allora essi danneggerebbero e ostacolerebbero il proprio sviluppo spirituale studiando il tibetano. E' importante discriminare le nostre priorità.

(4) Anche se si è capaci di impegnarsi a studiarli, prendere un'infatuazione per essi

Anche se abbiamo la capacità di studiare materiale non-buddhista, come per esempio la lingua tibetana, con tutte le riserve menzionate precedentemente, se ci infatuiamo di questa materia, potremmo abbandonare la nostra pratica spirituale e concentrarci totalmente su questa materia meno vitale. Conoscere a fondo il tibetano o la matematica non ci porterà alla liberazione dalle nostre emozioni e atteggiamenti disturbanti, né dai problemi e dalla sofferenza cui essi danno origine. Non ci darà la capacità di aiutare gli altri nella maniera più completa possibile. Soltanto la perfezione della bodhicitta e degli atteggiamenti lungimiranti, particolarmente la consapevolezza discriminante della vacuità, possono portarci a questo obiettivo. Dunque, per stare in guardia contro possibili infatuazioni per materie non-buddhiste – che possono certamente essere utili da apprendere, ma che non sono la materia principale su cui concentrarsi – le studiamo in maniera sobria, mantenendo una giusta prospettiva. In questo modo, discriminiamo correttamente cosa è essenziale e ci tuteliamo dal venir trascinati via da tematiche meno vitali.

(5) Abbandonare il veicolo Mahayana

La sesta caduta radice del bodhisattva è l'affermare che i testi Mahayana non siano le parole di Buddha. In questo caso, accettiamo in generale che siano autentici, ma ne critichiamo certi aspetti, specificamente quei testi che riguardano le azioni vaste al di là di ogni immaginazione e gli insegnamenti inconcepibilmente profondi della vacuità. I primi includono le narrazioni di Buddha capaci di moltiplicarsi in maniera incalcolabile per aiutare contemporaneamente infiniti esseri in una miriade di mondi, mentre i secondi includono le raccolte di versi concisi e succinti estremamente difficili da decifrare. Degeneriamo la nostra consapevolezza discriminante ripudiandoli con una qualsiasi di queste quattro affermazioni: (a) che il loro contenuto sia inferiore – sono pure sciocchezze, (b) che il loro modo di esprimersi sia inferiore – sono scritti male e non hanno senso, (c) che i loro autori siano inferiori – non sono le parole di un Buddha illuminato, oppure (d) che il loro scopo sia inferiore – non sono di beneficio a nessuno. Discriminando in maniera errata in questo modo, con una mente chiusa e in maniera irruenta, danneggiamo la nostra abilità a discriminare correttamente qualsiasi cosa.

Quando veniamo confrontati con insegnamenti o testi che non comprendiamo, manteniamo una mente aperta. Pensiamo che anche se non possiamo apprezzarli o comprenderli in questo momento, i Buddha e i bodhisattva altamente realizzati comprendono le loro parole e, tramite la realizzazione del loro significato, beneficiano altri in infiniti modi. In questo modo, sviluppiamo la ferma decisione (mos-pa) di cercare di comprenderli in futuro. Non c'è mancanza se non abbiamo questa ferma decisione, fintanto che non sminuiamo e non denigriamo gli insegnamenti. Come minimo manteniamo un atteggiamento equanime, ammettendo di non comprenderli.

(6) Lodare sé stessi e/o sminuire gli altri

La prima caduta radice del bodhisattva è fare questo motivati dal desiderio di guadagno o gelosia. Qui la motivazione è orgoglio, presunzione, superbia o rabbia. Queste motivazioni sorgono quando discriminiamo erroneamente noi stessi come migliori degli altri.

(7) Non andare nell'interesse del Dharma

La seconda caduta radice del bodhisattva è il non dare il Dharma a causa di attaccamento ed avarizia. In questo caso, la mancanza è il non insegnare, guidare rituali buddhisti, presenziare a cerimonie buddhiste o ascoltare discorsi a causa di orgoglio, rabbia, cattiveria, pigrizia o indifferenza. Con una tale motivazione, non discriminiamo correttamente cosa valga la pena fare. Non c'è mancanza, tuttavia, se non andiamo perché pensiamo di non essere un insegnante o perché siamo troppo malati o perché sospettiamo che gli insegnamenti che ascolteremmo o impartiremmo non siano corretti o perché sappiamo che il pubblico li ha già ascoltati svariate volte e li conosce già oppure li abbiamo ricevuti in abbondanza e li abbiamo completamente compresi ed appresi a fondo e quindi non abbiamo bisogno di ascoltarli di nuovo, oppure siamo già assorbiti e concentrati su questi insegnamenti e quindi non abbiamo bisogno che ci vengano ricordati oppure sono al di là della nostra portata e quindi ascoltarli ci creerebbe soltanto confusione. Inoltre, se i nostri maestri fossero dispiaciuti qualora andassimo – per esempio nel caso ci abbiano detto di fare qualcos'altro – certamente non andremmo.

(8) Affidarsi al linguaggio per deridere un maestro

Indeboliamo la nostra capacità di discernere correttamente quando giudichiamo un maestro spirituale dal suo linguaggio. Rifiutiamo e ridicolizziamo coloro che parlano con un forte accento, facendo molti errori grammaticali, anche se quello che dicono è corretto, e invece inseguiamo coloro che parlano in maniera elegante, ma dicendo sciocchezze totali.

Dodici azioni errate che sono in contraddizione con il lavorare per il beneficio altrui

(1) Non aiutare coloro che sono in stato di bisogno

Per rabbia, cattiveria, pigrizia o indifferenza, non andare ad assistere alcuno degli otto tipi di persone bisognose di aiuto: (a) prendendo una decisione riguardo a qualcosa di positivo, per esempio in una riunione, (b) viaggiando, (c) aiutando chi sta imparando una lingua straniera che già conosciamo, (d) svolgendo qualche incarico che non abbia difetti morali, (e) facendo la guardia ad una casa, un tempio e ai loro beni, (f) interrompendo una lite o una discussione, (g) celebrando un'occasione, per esempio un matrimonio, oppure (h) lavorando in beneficenza. Rifiutarsi di farlo, tuttavia, non danneggia il nostro impegno ad aiutare gli altri qualora siamo malati, da parte nostra abbiamo già promesso il nostro aiuto altrove, mandiamo qualcun altro che sia in grado di prestare aiuto, siamo impegnati in qualche compito positivo più urgente o non abbiamo le competenze per prestare aiuto. Inoltre non c'è mancanza se il compito è nocivo per gli altri, in contraddizione con il Dharma oppure irragionevole, oppure se le persone che ci richiedono assistenza sono capaci di trovare aiuto altrove oppure possono affidarsi a qualcuno che trovi aiuto per loro conto.

(2) Trascurare di aiutare gli ammalati

Per rabbia, cattiveria, pigrizia o indifferenza.

(3) Non alleviare la sofferenza

Sempre per gli stessi motivi. Sette tipi di persone in difficoltà hanno bisogno di speciale attenzione: (a) i ciechi, (b) i sordi, (c) i menomati e gli storpi, (d) i viaggiatori stanchi, (e) coloro che soffrono di uno dei cinque ostacoli alla stabilità mentale, (f) coloro che sono male intenzionati e hanno forti pregiudizi, e (g) coloro che sono caduti in disgrazia da posizioni di alto rango.

(4) Non insegnare agli sconsiderati in una maniera tale che si accordi al loro carattere

Persone sconsiderate (bag-med) sono coloro che non si interessano alla legge di causa ed effetto comportamentale e, di conseguenza, il cui comportamento causerà loro sofferenza e problemi in questa vita e in quelle future. Non possiamo aiutare queste persone se siamo indignati in maniera moralistica e abbiamo un atteggiamento di disapprovazione. Per raggiungere queste persone, dobbiamo agire con destrezza e adattare la nostra strategia per rispondere alle loro situazioni specifiche. Per esempio, se il nostro vicino di casa è un cacciatore appassionato, non gli andiamo a fare una predica sdegnata dicendogli che brucerà all'inferno. Questa persona probabilmente non vorrà mai più avere nulla a che fare con noi. Piuttosto, ci conquistiamo l'amicizia del nostro vicino elogiando quale buon servizio egli faccia alla sua famiglia e ai suoi amici offrendo loro della carne di cacciagione. Una volta che si sia aperto al nostro consiglio, gradualmente gli consigliamo maniere migliori per rilassarsi e rendere gli altri felici senza togliere la vita altrui.

(5) Non ricambiare l'aiuto ricevuto

Non voler aiutare gli altri in cambio dell'aiuto che loro ci hanno dato, oppure non ricordarsene o neanche pensare di ricambiare alcunché. Non c'è mancanza, tuttavia, se cerchiamo di ricambiare l'aiuto, per esempio nei confronti di qualcuno che sta riparando la sua macchina, ma non abbiamo le necessarie conoscenze o capacità oppure siamo troppo deboli. Inoltre, se coloro che ci hanno aiutato non vogliono ricevere nulla in cambio, non li obblighiamo ad accettare la nostra offerta.

(6) Non alleviare il dolore mentale altrui

Per cattiveria, pigrizia o indifferenza, se manchiamo di dare conforto a coloro che hanno perso una persona cara, denaro o beni di valore, commettiamo una mancanza. Coloro che sono sconvolti o depressi hanno bisogno del nostro affetto sincero, della nostra partecipazione e della nostra comprensione, ma non certo della nostra pietà.

(7) Non dare a coloro che sono bisognosi di elemosine

Per rabbia, cattiveria, pigrizia o indifferenza. Se è per avarizia, allora è una caduta radice.

(8) Non prendersi cura dei bisogni della nostra cerchia sociale

E' una grave mancanza trascurare, per cattiveria, pigrizia o indifferenza, la nostra cerchia di parenti, amici, colleghi, impiegati, discepoli e così via, specialmente se siamo impegnati in un'attività sociale che aiuti gli altri. Dobbiamo prenderci cura delle loro necessità fisiche e del loro benessere spirituale. Come possiamo pensare di aiutare tutti gli esseri senzienti se ignoriamo le necessità di coloro che ci stanno più vicino?

(9) Non andare incontro alle preferenze altrui

Fintanto che quello che gli altri si aspettano da noi o quello che piace loro non sia dannoso per loro stessi o per altri, è una mancanza non accettare. Ciascuno di noi fa le cose in maniera diversa o ha i suoi gusti. Se non facciamo onore a ciò, per cattiveria, pigrizia o indifferenza, oppure iniziamo discussioni insignificanti riguardo a questioni come il dove mangiare, o se manchiamo di sensibilità per le loro preferenze e creiamo loro fastidio o risentimento quando chiediamo il menù.

(10) Non elogiare i talenti e le buone qualità altrui

Se manchiamo di lodare gli altri quando hanno fatto bene qualcosa o di unirci all'elogio fatto da altri, per rabbia, cattiveria, indifferenza o pigrizia, indeboliamo il nostro interesse e il nostro entusiasmo per il fatto che essi continuino a migliorarsi. Se altri sono in imbarazzo nel venire elogiati, sia privatamente che in pubblico, oppure potrebbero sviluppare orgoglio e vanità se elogiati direttamente, teniamo a freno le nostre parole.

(11) Non applicare una punizione se le circostanze lo richiedono

Per aiutare gli altri, è importante punirli qualora si comportino in maniera indisciplinata. Se manchiamo di farlo, perché ciò ci crea problemi emotivi, oppure per pigrizia, indifferenza o disinteresse, danneggiamo la nostra capacità di essere delle guide efficaci.

(12) Non fare uso di tecniche come poteri extrafisici o l'abilità nel fare incantesimi

Certe situazioni richiedono l'uso di metodi speciali per aiutare gli altri, per esempio l'uso di poteri extrafisici (rdzu-'phrul). Se possediamo questi mezzi, ma non li usiamo quando sarebbe appropriato ed utile farlo, danneggiamo la nostra capacità di essere d'aiuto. Cerchiamo di usare qualsiasi talento, abilità o conseguimento che abbiamo per beneficiare altri.

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