Le guerre sante nel Buddhismo e nell'Islam

Spesso quando la gente pensa al concetto musulmano di jihad o guerra santa, associa ad essa la connotazione negativa di una giusta campagna di distruzione vendicativa in nome di Dio per convertire con la forza. Potrebbe riconoscere che il Cristianesimo ha avuto un equivalente con le crociate, ma di solito non vede nel Buddhismo qualcosa di simile: dopotutto, dice, il Buddhismo è una religione di pace e non ha il termine tecnico guerra santa. Un attento esame dei testi buddhisti, tuttavia, in particolare della letteratura sul tantra di Kalachakra, rivela livelli di battaglia sia esterni che interni che potrebbero essere facilmente chiamati "guerre sante". Uno studio imparziale dell'Islam rivela lo stesso. In entrambe le religioni, i leader possono sfruttare le dimensioni esterne di guerra santa per guadagno politico, economico o personale, usandolo per incitare le loro truppe in battaglia. Esempi storici riguardanti l'Islam sono ben noti; ma non bisogna essere utopici rispetto al Buddhismo e pensare che sia stato immune da questo fenomeno. Tuttavia, in entrambe le religioni, l'enfasi principale è sulla battaglia spirituale interna contro la propria ignoranza e i modi distruttivi.

Immagini militari nel Buddhismo

Buddha Shakyamuni nacque nella casta guerriera indiana e usò spesso immagini militari per descrivere il viaggio spirituale. Lui fu colui che trionfa, che sconfisse le forze demoniache (mara) dell'inconsapevolezza, delle visioni distorte, delle emozioni disturbanti e del comportamento compulsivo karmico. Il maestro buddhista indiano Shantideva dell'VIII secolo d.C. impiegò ripetutamente la metafora della guerra in Impegnarsi nella condotta del bodhisattva: i veri nemici da sconfiggere sono le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti nascosti nella mente. I tibetani traducono il termine sanscrito arhat, essere liberato, come distruttore del nemico, qualcuno che ha distrutto i nemici interni. Da questi esempi, sembrerebbe che nel Buddhismo la chiamata a una "guerra santa" sia puramente una questione spirituale interiore. Il Tantra di Kalachakra, tuttavia, rivela un'ulteriore dimensione esterna.

La leggenda di Shambhala

Secondo la tradizione, Buddha insegnò il Tantra di Kalachakra ad Andhra, nell'India meridionale, nell'880 a.C. al re in visita di Shambhala, Suchandra e al suo seguito. Il re Suchandra riportò gli insegnamenti nella sua terra settentrionale, dove da allora sono fioriti. Shambhala non è una terra pura buddhista bensì un regno umano ove tutte le condizioni sono favorevoli alla pratica di Kalachakra. Sebbene un luogo reale sulla terra possa rappresentarlo, Sua Santità il XIV Dalai Lama spiega che Shambhala esiste solo come regno spirituale. Nonostante la letteratura tradizionale descriva viaggi fisici a Shambala, l'unico modo per raggiungerlo è attraverso un'intensa pratica di meditazione di Kalachakra.

Sette generazioni dopo Suchandra, nel 176 a.C., il re Manjushri Yashas riunì i capi religiosi di Shambhala, in particolare i saggi brahmini, per dare loro predizioni e un avvertimento. Dopo ottocento anni, vale a dire nel 624 d.C., sarebbe sorta una religione non-indica alla Mecca. A causa della mancanza di unità tra i brahmini e del lassismo nel seguire correttamente le ingiunzioni delle scritture vediche, molti accetteranno questa religione, in un lontano futuro, quando i suoi leader minacceranno un'invasione. Per prevenire questo pericolo, Manjushri Yashas unì il popolo di Shambhala in un'unica "casta vajra" conferendo loro il potere di Kalachakra. Con il suo atto, il re divenne il primo Kalki – il primo detentore della casta. Compose quindi Il tantra abbreviato di Kalachakra, una versione del Tantra di Kalachakra attualmente esistente.

Gli invasori non indici

Poiché la fondazione dell'Islam risale al 622 d.C., due anni prima della data predetta di Kalachakra, la maggior parte degli studiosi identifica la religione non-indica con quella fede. Descrizioni della religione in vari passaggi nei testi di Kalachakra sul massacro del bestiame compiuto mentre si recita il nome del suo dio, circoncisione, donne velate e preghiera cinque volte al giorno di fronte alla sua terra santa rafforzano la loro conclusione.

Il termine sanscrito per non-indico qui è mleccha (tib. lalo), che significa qualcuno che parla incomprensibilmente in una lingua non sanscrita. Indù e buddhisti lo hanno applicato a tutti gli invasori stranieri dell'India del nord, a cominciare dai macedoni e dai greci al tempo di Alessandro Magno. L'altro principale termine sanscrito usato è tayi, che deriva dal termine persiano per arabi usato, ad esempio, in riferimento agli invasori arabi dell'Iran nella metà del VII secolo d.C.

Il primo Kalki descrisse ulteriormente la futura religione non-indica come una serie di otto grandi maestri: Adamo, Noè, Abramo, Mosè, Gesù, Mani, Muhammad e Mahdi. Maometto si recherà a Baghdad nella terra della Mecca. Questo passaggio aiuta a identificare gli invasori all'interno della comunità islamica.

  • Maometto visse tra il 570 e il 632 d.C. in Arabia. Baghdad, tuttavia, fu costruita solo nel 762 d.C. come capitale del califfato arabo abbaside (750-1258 d.C.).
  • Mani era un persiano del III secolo che fondò una religione eclettica, il Manicheismo, che come la precedente religione iraniana Zoroastrismo, enfatizzava una lotta tra le forze del bene e del male. All'interno dell'Islam, sarebbe stato accettato forse come profeta – anche se non è chiaro se lo sia mai stato – solo dall'eretica setta islamica manichea a cui appartenevano alcuni funzionari della prima corte abbaside di Baghdad. I califfi abbasidi perseguitarono gravemente i suoi seguaci.
  • Studiosi buddhisti dell'attuale Afghanistan e del subcontinente indiano lavorarono a Baghdad durante l'ultima parte dell'VIII secolo d.C., traducendo in arabo testi sanscriti.
  • Mahdi sarà un futuro sovrano (iman), discendente di Maometto, che condurrà i fedeli a Gerusalemme, ripristinerà la legge e l'ordine coranico e unirà i seguaci dell'Islam in un unico stato politico prima dell'apocalisse che porrà fine al mondo. È l'equivalente islamico del messia. Il concetto di Mahdi divenne prominente solo durante il primo periodo abbaside, con tre pretendenti al titolo: un califfo, un rivale alla Mecca e un martire, nel cui nome fu condotta una ribellione anti-abbaside. Il concetto completo di Mahdi come messia, tuttavia, non apparve fino alla fine del IX secolo d.C.
  • L'elenco dei profeti sciiti ismailiti è lo stesso di quello trovato in Kalachakra, tranne Mani. Gli ismailiti sono l'unica setta islamica che afferma Mahdi come profeta.
  • Gli sciiti ismailiti erano la setta ufficiale dell'Islam seguita a Multan (l'attuale Sindh settentrionale, Pakistan) durante la seconda metà del X secolo. Multan era un alleato dell'impero fatimide di Ismail incentrato in Egitto che sfidava gli Abbasidi per la supremazia sul mondo islamico.

Da questa evidenza, possiamo ipotizzare che la descrizione di Kalachakra degli invasori non indiani si riferisse agli ismailiti di Multan alla fine del decimo secolo d.C., mescolata con alcuni aspetti dei musulmani manicheisti della fine dell'ottavo secolo. I compilatori di questa descrizione sarebbero stati probabilmente maestri buddhisti che vivevano sotto il dominio dell'Hindu Shahi nell'Afghanistan orientale e Oddiyana (Swat Valley, l'attuale Pakistan nord-occidentale). I monasteri buddhisti nella regione di Kabul in Afghanistan, come Subahar, avevano motivi architettonici simili a quelli del mandala di Kalachakra. Oddiyana era una delle regioni principali in cui si sviluppò il tantra buddhista. Inoltre, Oddiyana ebbe stretti contatti con il Kashmir, dove prosperarono sia il tantra buddhista che quello indù shaivita. Un importante percorso di pellegrinaggio buddhista collegava i due. Così, dobbiamo considerare le relazioni buddhiste-musulmane nell’Afghanistan orientale, Oddiyana e Kashmir durante il periodo abbaside per capire il contesto degli insegnamenti su storia e guerre sante.

La profezia di una guerra apocalittica

Il primo Kalki predisse che i seguaci della religione non-indica avrebbero un giorno governato l'India e, dalla capitale Delhi, il loro re Krinmati avrebbe tentato la conquista di Shambhala nel 2424 d.C. I commentari suggeriscono che Krinmati sarà riconosciuto come il messia Mahdi. Il venticinquesimo Kalki, Raudrachakrin, invaderà quindi l'India e sconfiggerà i non indici in una grande guerra. La sua vittoria segnerà la fine del kaliyuga – “l'era delle controversie”, durante la quale la pratica del Dharma degenererà. Successivamente, seguirà una nuova era d'oro in cui fioriranno gli insegnamenti, specialmente quelli di Kalachakra.

L'idea di una guerra tra le forze del bene e del male, che si conclude con una battaglia apocalittica guidata da un messia, apparve per la prima volta nello Zoroastrismo, fondato nel VI secolo a.C., diversi decenni prima della nascita d Buddha e nell'Ebraismo tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C. Successivamente, si fece strada nel primo Cristianesimo e nel Manicheismo, e successivamente nell'Islam.

Una variazione del tema apocalittico apparve anche nell'Induismo, nel Purana di Vishnu, datato all'incirca IV secolo d.C.: riferisce che alla fine del kaliyuga, Vishnu apparirà nella sua incarnazione finale come Kalki, prendendo vita nel villaggio di Shambhala come figlio del brahmino Vishnu Yashas. Sconfiggerà i non-indici del tempo seguaci di un percorso di distruzione e risveglierà le menti della gente. Successivamente, in linea con il concetto indiano di tempo ciclico, seguirà una nuova era d'oro, piuttosto che un giudizio finale e la fine del mondo come nelle versioni non indiche del tema. È difficile stabilire se il racconto del Purana di Vishnu derivi da influenze straniere e si adatti alla mentalità indiana, o se sia a sé stante.

In linea con gli abili mezzi di insegnamento del Buddha che utilizzava termini e concetti familiari al suo pubblico, il Tantra di Kalachakra usa anche i nomi e le immagini del Purana di Vishnu. Il suo pubblico inteso, dopo tutto, era principalmente costituito da brahmini istruiti. I nomi inclusi non sono solo Shambhala, Kalki, kaliyuga e una variante di Vishnu Yashas, Manjushri Yashas, ma anche lo stesso termine mleccha per i non indiani intenzionati alla distruzione. Nella versione di Kalachakra, tuttavia, la guerra ha un significato simbolico.

Il significato simbolico della guerra

Nel Tantra abbreviato di Kalachakra, Manjushri Yashas spiega che il combattimento con i non-indiani della Mecca non è una vera guerra, poiché la vera battaglia è dentro il corpo. Il commentatore Gelugpa del XV secolo Kedrub Je afferma che le parole di Manjushri Yashas non suggeriscono una vera campagna per uccidere i seguaci della religione non-indica. L'intenzione del primo Kalki nel descrivere i dettagli della guerra era quella di fornire una metafora per la battaglia interiore di profonda e beata consapevolezza del vuoto contro l'inconsapevolezza e il comportamento distruttivo.

Manjushri Yashas enumera chiaramente il simbolismo nascosto. Raudrachakrin rappresenta la "mente-vajra", vale a dire la mente di chiara luce più sottile; Shambhala rappresenta lo stato di grande felicità in cui dimora la mente-vajra. Essere un Kalki significa che la mente-vajra ha il livello perfetto di consapevolezza profonda, ovvero di vacuità che sorge e beatitudine simultanee. I due generali di Raudrachakrin, Rudra e Hanuman, rappresentano i due tipi di supporto della consapevolezza profonda, quello dei pratyekabuddha e degli shravaka. I dodici dèi indù che aiutano a vincere la guerra rappresentano la cessazione dei dodici anelli del sorgere dipendente e dei dodici movimenti quotidiani dei respiri karmici: sia gli anelli che i movimenti descrivono il meccanismo che perpetua il samsara. Le quattro divisioni dell'esercito di Raudrachakrin rappresentano i livelli più puri delle quattro attitudini incommensurabili di amore, compassione, gioia e uguaglianza. Le forze non indiche che Raudrachakrin e le sue truppe sconfiggono rappresentano le menti delle forze karmiche negative, assistite da odio, malizia, risentimento e pregiudizio; la vittoria su di loro è il raggiungimento del sentiero verso la liberazione e l'illuminazione.

Il metodo didattico buddhista

Nonostante i disconoscimenti testuali in merito alla chiamata a una vera guerra santa, qui l'implicazione che l'Islam sia una religione crudele, caratterizzata da odio, malvagità e comportamento distruttivo, può essere facilmente usata come prova per sostenere che il Buddhismo sia anti-musulmano. Sebbene alcuni buddhisti del passato possano in effetti aver avuto questo pregiudizio e alcuni buddhisti di oggi possano avere una visione settaria, si può anche trarre una conclusione diversa alla luce di uno dei metodi didattici buddhisti Mahayana.

Ad esempio, i testi Mahayana presentano alcuni punti caratterizzanti il Buddhismo Hinayana, come lo sforzarsi egoisticamente per la propria liberazione, senza voler aiutare gli altri. Dopotutto, l'obiettivo dichiarato dei praticanti Hinayana è l'autoliberazione, non l'illuminazione per il bene di tutti. Sebbene tale descrizione dell'Hinayana abbia portato a pregiudizi, uno studio oggettivo delle scuole Hinayana, come quella Theravada, rivela il ruolo preminente della meditazione sull'amore e sulla compassione. Si potrebbe concludere che il Mahayana era semplicemente ignorante rispetto agli insegnamenti Hinayana reali. In alternativa, si potrebbe riconoscere che il Mahayana usa qui il metodo della logica buddhista del prendere posizione in merito alle loro assurde conclusioni al fine di aiutare le persone a evitare opinioni estremiste. L'intenzione di questo metodo prasangika è di mettere in guardia i praticanti per evitare l'estremo dell'egoismo.

La stessa analisi si applica alle presentazioni Mahayana delle sei scuole di filosofie indù e giainiste medievali, come anche a ciascuna delle presentazioni delle tradizioni buddhiste tibetane sulle opinioni reciproche e su quelle della nativa tradizione tibetana Bon. Nessuna di queste presentazioni fornisce una rappresentazione accurata. Ognuno esagera e distorce alcune caratteristiche degli altri per illustrare vari punti. Lo stesso vale per le affermazioni di Kalachakra sulla crudeltà dell'Islam e sulla sua potenziale minaccia. Sebbene gli insegnanti buddhisti possano affermare che il metodo prasangika di usare l'Islam per illustrare il pericolo spirituale sia un mezzo abile, si potrebbe anche sostenere che è gravemente privo di diplomazia, specialmente nei tempi moderni.

L'uso dell'Islam per rappresentare forze minacciose distruttive, tuttavia, è comprensibile quando esaminato nel contesto del primo periodo abbaside nella regione di Kabul nell'Afghanistan orientale.

Relazioni buddhiste-islamiche durante il periodo abbaside

All'inizio del periodo, gli Abbasidi governarono la Bactria (nel nord dell'Afghanistan), dove permisero a buddhisti, indù e zoroastriani locali di mantenere le loro religioni se avessero pagato una tassa. Furono molti, tuttavia, ad accettare volontariamente l'Islam, specialmente tra i proprietari terrieri e le classi urbane istruite: la sua alta cultura era più accessibile della loro e potevano evitare di pagare le tasse pesanti. I turchi Shahi, alleati dei tibetani, governavano Kabul, dove il Buddhismo e l'Induismo prosperavano. I sovrani e i leader spirituali buddhisti avrebbero potuto facilmente preoccuparsi che un fenomeno come la conversione per convenienza sarebbe potuto accadere lì.

I turchi Shahi governarono la regione fino all'870 d.C., perdendone il controllo solo tra l'815 e l'819. Durante quei quattro anni, il califfo abbaside al-Ma'mun invase Kabul e costrinse lo shah al potere a sottomettersi a lui e accettare l'Islam. Per rappresentare la sua sottomissione, il Kabul Shah donò al califfo una statua d'oro del Buddha del monastero di Subahar. In segno del trionfo dell'Islam, il califfo al-Ma'mun mandò l'enorme statua con il suo trono d'argento e la corona ingioiellata alla Mecca e furono esposti alla Kaaba per due anni. In tal modo, il califfo dimostrava la sua autorità per governare l'intero mondo islamico dopo aver sconfitto suo fratello in una guerra civile; ciononostante non costrinse tutti i buddhisti di Kabul a convertirsi né distrusse i loro monasteri e nemmeno, come idolo, la statua del Buddha che il Kabul Shah gli aveva donato, mandandola invece alla Mecca come bottino. Dopo che l'esercito abbaside si ritirò per combattere i movimenti per l'autonomia in altre parti dell’impero, i monasteri buddhisti si ripresero rapidamente.

Fu breve anche il periodo successivo in cui la regione di Kabul passò sotto il dominio islamico, tra l'870 e l'879 d.C. Fu conquistata dai sovrani Saffaridi di uno stato militare autonomo, ricordato per la sua durezza e la distruzione delle culture locali. I conquistatori rimandarono molti "idoli" buddhisti come trofei di guerra al califfo abbaside. Quando i successori dei turchi shahi, gli indù shahi, ripresero la regione, il Buddhismo e i monasteri ripresero ancora una volta il loro splendore precedente.

I Ghaznavidi turchi conquistarono l'Afghanistan orientale dagli indù Shahi nel 976 d.C., senza distruggere i monasteri buddhisti. Come vassalli degli Abbasidi, anche i Ghaznavidi erano seguaci rigorosi dell'Islam sunnita e, sebbene tollerassero il Buddhismo e l'Induismo nell'Afghanistan orientale, il loro secondo sovrano, Mahmud di Ghazni, lanciò una campagna contro i rivali abbasidi, lo stato ismailita di Multan. Mahmud conquistò Multan nel 1008 d.C., guidando gli indù Shahi da Gandhara e Oddiyana lungo la strada. Gli indù Shahi si erano alleati con Multan. Ovunque conquistasse, Mahmud saccheggiò la ricchezza dai templi indù e dai monasteri buddhisti e consolidò il suo potere.

Dopo questa vittoria a Multan e guidato senza dubbio dall'avidità di maggiori terre e ricchezze, Mahmud si spinse con la sua invasione più a est. Conquistò l'attuale Punjab indiano, noto a quei tempi come "Delhi". Tuttavia, quando le truppe ghaznavidi si spinsero verso nord, da Delhi alle pendici del Kashmir, inseguendo i resti degli indù Shahi nel 1015 o 1021, a seconda delle fonti, furono sconfitte presumibilmente con l'uso di mantra. Questo fu il primo attacco al Kashmir tentato da un esercito musulmano. La descrizione di Kalachakra della futura invasione e sconfitta delle forze non indiane a Delhi è molto probabilmente, quindi, una fusione della minaccia multanese agli Abbasidi e Ghaznavidi con la minaccia ghaznavide al Kashmir.

Correlazione tra profezie e storia

Le previsioni storiche del primo Kalki, quindi, si adattano chiaramente a questi tempi, ma modellano gli eventi per illustrare insegnamenti. Tuttavia, come sottolineato da Buton, commentatore Sakya del XIII secolo, rispetto alla presentazione della storia di Kalachakra "scrutinare gli eventi storici del passato non ha senso". Kedrub Je spiega che la guerra profetizzata tra Shambhala e le forze non indiche non è semplicemente una metafora senza riferimento a una realtà storica futura. Se così fosse, allora quando il Tantra di Kalachakra applica analogie interne per pianeti e costellazioni, ne conseguirebbe l'assurda conclusione che i corpi celesti esistono solo come metafore e non hanno alcun riferimento esterno.

Kedrub Je mette anche in guardia, tuttavia, dal prendere letteralmente la profezia di Kalachakra secondo cui la religione non-indica si diffonderà in tutti e dodici i continenti e gli insegnamenti di Raudrachakrin la sconfiggeranno anche allora. La profezia non riguarda le genti specifiche non-indiche descritte in precedenza, le loro credenze o pratiche religiose. Il nome mleccha qui si riferisce semplicemente a forze e credenze non dharmiche che contraddicono gli insegnamenti del Buddha.

Pertanto, la profezia è che forze distruttive nemiche della pratica spirituale – e non specificamente un esercito musulmano – attaccheranno in futuro e sarà necessaria una "guerra santa" esterna contro di loro. Il messaggio implicito è che, se i metodi pacifici falliscono e si deve combattere una guerra santa, la lotta dovrà sempre basarsi sui principi buddhisti di compassione e profonda consapevolezza della realtà. Ciò è vero, nonostante in pratica questa linea guida sia estremamente difficile da seguire per addestrare soldati che non sono bodhisattva. Tuttavia, se la guerra fosse guidata dai principi non-indici di odio, malvagità, risentimento e pregiudizio, le generazioni future non vedranno alcuna differenza tra i modi dei loro antenati e quelli delle forze non-indiche. Di conseguenza, adotteranno facilmente i modi non indici.

Il concetto islamico di jihad

È uno dei modi degli invasori il concetto islamico di jihad? In tal caso, Kalachakra descrive accuratamente la jihad o usa l'invasione non-indica di Shambhala semplicemente per rappresentare un estremo da evitare? Per evitare fraintendimenti interreligiosi, è importante indagare su queste domande.

La parola araba jihad significa lotta in cui bisogna sopportare sofferenze e difficoltà, come la fame e la sete durante il Ramadan, il mese sacro del digiuno. Coloro che si impegnano in questa lotta sono i mujaheddin. Ricorda l’insegnamento buddhista sulla pazienza per i bodhisattva di sopportare le difficoltà nel seguire il sentiero verso l'illuminazione.

La divisione sunnita dell'Islam delinea cinque tipi di jihad:

  1. La jihad militare è una campagna difensiva contro aggressori che cercano di danneggiare l'Islam. Non è un attacco offensivo per convertire all'Islam con la forza.
  2. La jihad delle risorse comporta un sostegno finanziario e materiale per poveri e bisognosi.
  3. La jihad del lavoro sostiene onestamente se stessi e la propria famiglia.
  4. La jihad dello studio è acquisire conoscenza.
  5. La jihad contro sé stessi è una lotta interna per vincere desideri e pensieri contrari agli insegnamenti musulmani.

Le divisioni sciite dell'Islam enfatizzano il primo tipo di jihad, equiparando un attacco a uno stato islamico a un attacco alla fede islamica. Molti sciiti accettano anche il quinto tipo, la jihad spirituale interna.

Somiglianze tra Buddhismo e Islam

La presentazione di Kalachakra della mitica guerra di Shambhala e la discussione islamica sulla jihad mostrano notevoli somiglianze. Sia le guerre sante buddhiste che quelle islamiche sono tattiche difensive per fermare gli attacchi da parte di forze esterne ostili e mai campagne offensive per guadagnare convertiti. Entrambe hanno livelli spirituali di significato interiore, in cui la battaglia è contro pensieri negativi ed emozioni distruttive. Entrambe devono essere condotte sulla base di principi etici, non di pregiudizio e odio. Quindi, nel presentare l'invasione non-indica di Shambhala come puramente negativa, la letteratura di Kalachakra in realtà sta travisando il concetto di jihad nel modo prasangika di portarlo al suo estremo logico per illustrare una posizione da evitare.

Inoltre, proprio come molti leader hanno distorto e sfruttato il concetto di jihad per potere e guadagno, lo stesso è accaduto con Shambhala e la discussione sulla guerra contro le forze straniere distruttive. Agvan Dorjiev, l'assistente precettore mongolo-buriato-russo del XIII Dalai Lama della fine del XIX secolo, proclamò che la Russia era Shambhala e lo zar un Kalki. In questo modo, cercò di convincere il XIII Dalai Lama ad allinearsi con la Russia contro il "mleccha" britannico nella lotta per il controllo dell'Asia centrale.

I mongoli hanno tradizionalmente identificato sia il re Suchandra di Shambhala che Chinggis Khan come incarnazioni di Vajrapani. Combattere per Shambhala, quindi, significa combattere per la gloria di Chinggis Khan e per la Mongolia. Così, Sukhe Batur – leader della rivoluzione comunista mongola del 1921 contro il governo estremamente duro del barone von Ungern-Sternberg, appoggiato da Russia e Giappone – ispirò le sue truppe con il resoconto di Kalachakra della guerra che pone fine al kaliyuga. Promise loro di rinascere come guerrieri del re di Shambhala, nonostante non vi fosse alcuna base testuale per questo nella letteratura di Kalachakra. Durante l'occupazione giapponese della Mongolia interna negli anni '30, i feudatari giapponesi, a loro volta, cercarono di ottenere la fedeltà mongola e il suo sostegno militare attraverso una campagna di propaganda secondo cui il Giappone era Shambhala.

In sintesi

Proprio come i critici del Buddhismo possono concentrarsi sugli abusi del livello esterno della battaglia spirituale di Kalachakra ignorandone il livello interno, il che sarebbe ingiusto per il Buddhismo nel suo insieme – lo stesso vale per i critici anti-musulmani della jihad. I consigli nei tantra buddhisti riguardo al maestro spirituale possono giovare qui: quasi ogni maestro spirituale ha una miscela di buone qualità e difetti. Sebbene un discepolo non debba negare le qualità negative di un insegnante, soffermarsi su di esse provocherà solo rabbia e depressione. Se, invece, un discepolo si concentra sulle qualità positive del maestro, otterrà ispirazione per seguire il sentiero spirituale.

Lo stesso si può dire degli insegnamenti buddhisti e islamici riguardanti le guerre sante: entrambe le religioni hanno visto gli abusi delle battaglie esterne quando forze distruttive minacciavano la pratica religiosa. Senza negare o soffermarsi su questi abusi, si può trarre ispirazione concentrandosi sui benefici di una guerra santa interiore in entrambe le religioni.

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