Rinuncia ed egoismo vs altruismo

Introduzione generale e panoramica

Gli insegnamenti sono infiniti nella loro estensione e sono rivolti a esseri di innumerevoli tipi di predisposizioni che possono essere tutti inclusi in tre veicoli mentali: hinayana, sutra mahayana e tantra mahayana. Questi veicoli mentali e gli insegnamenti che li riguardano furono preservati in Tibet e, all'interno dei lignaggi trasmessi in Tibet, possiamo distinguere tra le tradizioni della traduzione precedente e successiva: Nyingma e Sarma. All'interno della Sarma o delle nuove tradizioni di traduzione, si annoverano quelle Sakya, Kagyu e Kadam. Quest'ultima, Kadam, proveniente da Atisha, divenne in seguito la tradizione Gelug.

La tradizione Kadam fu fortemente influenzata dai vari insegnamenti su bodhichitta. La tradizione Gelug si specializzò nel trasmettere tutti gli ampi insegnamenti su questo argomento, provenienti direttamente dal lignaggio del grande Nagarjuna e dalla sua progenie spirituale dall'India.

Come abbiamo detto, è estremamente importante che le nostre menti e tutto ciò che è in noi siano totalmente coerenti con gli insegnamenti. Preservare gli insegnamenti non deve essere solo sulle nostre labbra: questi devono essere integrati nelle nostre menti, in armonia con la disposizione di ogni praticante. È molto importante non cadere negli estremi del settarismo, pensando che solo una delle tradizioni buddhiste abbia i veri insegnamenti. Come ha affermato il grande quarto Panchen Lama, Lozang Chokyi Gyaltsen, nel Testo radice di mahamudra (Phyag-chen rtsa-ba) “Dal punto di vista dei nomi attribuiti individualmente, ci sono numerose tradizioni... tuttavia, quando vengono esaminate da uno yogi, apprese tramite le scritture e la logica e sperimentate (nella meditazione), si capisce che i loro significati definitivi arrivano al medesimo punto desiderato”. Quindi è estremamente importante avvicinarsi agli insegnamenti in modo imparziale.

Stiamo studiando un testo di Namkapel, discepolo del grande Tsongkhapa, chiamato Allenamento mentale come i raggi del sole, un commento sull’Allenamento mentale in sette punti di Ghesce Chekawa. I sette punti sono:

  • i preliminari,
  • il metodo per allenarsi nei due tipi di bodhichitta,
  • trasformare le circostanze avverse nel sentiero verso l'illuminazione,
  • condensazione della pratica in una vita,
  • la misura dell’aver allenato i nostri atteggiamenti,
  • le pratiche strettamente connesse all'allenamento mentale,
  • i punti in cui allenarsi per l'allenamento mentale.

Completamento dei preliminari

Finora abbiamo affrontato i preliminari. Con un impegno sincero nei confronti di un mentore spirituale, come spiegato prima, ci alleniamo nei vari punti del sentiero graduale. Pensando in termini di preziosa rinascita umana, dobbiamo riconoscere tutti gli aspetti delle libertà o fortune e le ricchezze che abbiamo. Una volta che le riconosciamo possiamo effettivamente trarne vantaggio perché, apprezzando ciò, naturalmente ne approfitteremo.

Pensare a quanto facilmente possiamo perdere questa opportunità ci rende consapevoli della morte, dell'impermanenza e che, ad eccezione del Dharma e delle varie misure preventive che abbiamo sviluppato nel nostro continuum mentale, nulla ci sarà di aiuto al momento della morte. Per integrare veramente le varie misure e pratiche spirituali nelle nostre menti, dobbiamo avere la consapevolezza della morte altrimenti i nostri sforzi non saranno davvero seri. Possiamo considerare tutti i grandi maestri del passato in Tibet e in India; anche adesso ci sono molti praticanti che dedicano veramente la loro intera vita alla pratica – alcuni nei pressi di Mysore, altri nelle grotte qui a Dharamsala, altri in Ladakh e in altri luoghi qui in India – ma nessuno ha realizzato l'immortalità, nessuno vivrà per sempre.

Indipendentemente dal tipo di situazione in cui ci troviamo, è estremamente importante pianificare come utilizzarla al meglio per compiere un maggior progresso spirituale. Possiamo pensare alle varie comunità alle quali potremmo unirci in termini di Sangha e così via ma, indipendentemente da quanto ci impegniamo, è importante rivolgere la nostra mente e il nostro cuore completamente agli insegnamenti. È estremamente importante che anche i laici siano raffinati e ben istruiti e possiamo vedere che questo è vero da qualsiasi punto di vista esaminato. Qualcuno che è arrogante e pieno di sé, che sfrutta e se ne approfitta degli altri, provoca reazioni di disprezzo e disagio in tutti. Anche se non siamo particolarmente religiosi, è estremamente importante cercare di essere brave persone. Se poi diventiamo davvero persone spirituali, allora non penseremo più solo a questa vita ma al beneficio di tutte quelle future. 

Qualunque sia il livello per cui stiamo lavorando – per questa vita o per le vite future – dobbiamo impegnarci al massimo per migliorare noi stessi, lavorare su noi, crescere, diventare persone migliori e più gentili. In questo modo, le nostre vite e la società in cui viviamo saranno più felici. Se abbiamo lavorato tutta la vita per diventare migliori sviluppando vari potenziali positivi, allora al momento della morte non proveremo grande rammarico per aver sprecato la nostra vita. È importante lavorare su questo per non provare rimpianto quando moriamo, e il modo migliore per morire in pace è costruire potenziali positivi nel nostro continuum mentale durante la vita e, così facendo, nelle vite future incontreremo situazioni piacevoli, continueremo a evolverci e saremo in grado di progredire nella nostra crescita spirituale.

Se in questa vita siamo stati effettivamente in grado di realizzare uno qualsiasi dei sentieri spirituali della mente, come i cinque sentieri mentali, dopo aver sviluppato un potenziale positivo in questa vita, saremo in grado di morire con la speranza che in futuro ne realizzeremo davvero uno e diventeremo altamente realizzati, un arya.

La rinuncia

Nel testo siamo giunti al punto nei preliminari in cui si parla della rinuncia, la determinazione a essere liberi dai problemi. Se non pensiamo a tutti i problemi e le sofferenze di tutte le situazioni incontrollabilmente ricorrenti nel samsara, allora non svilupperemo la determinazione ad esserne liberi, la rinuncia. Quindi è estremamente importante pensare a tutte queste situazioni, sviluppare pieno disgusto per esse e la forte determinazione dal profondo del nostro cuore dell’esserne liberi.

I testi di Vinaya dicono: “Il risultato finale del crescere è il diminuire; il risultato finale dell'incontro è la separazione, la dispersione”: questa è la vera natura della realtà. Non c’è bisogno di dire che, nel corso di vite senza inizio, ci siamo separati da tutti i vari esseri che sono stati insieme a noi, e che ciò è accaduto anche in questa vita. Qualunque tipo di splendore di cui potremmo godere nell'esistenza mondana alla fine si disintegrerà. Quando pensiamo alle vite senza inizio in cui siamo nati e poi morti ripetutamente, i punti che riemergono costantemente sono la nascita, la morte e che viviamo sempre completamente soli. Quando ne siamo coscienti, diventa ovvio che l'importante è costruire dei potenziali positivi, cercare di sviluppare le attitudini di vasta portata o perfezioni come la disciplina etica, la generosità, ecc.

Dobbiamo renderci conto che, indipendentemente dalle cose transitorie che possiamo avere, nessuna di esse è affidabile. Non possiamo fare affidamento sul nostro corpo – non c'è stabilità in esso. Né possiamo fare affidamento sulla nostra posizione o sulla nostra ricchezza e proprietà: tutto ciò non può darci sicurezza. Nagarjuna, nella sua Lettera a un amico (bShes-phreng), evidenzia l'argomento dei diversi tipi di sofferenze o problemi che sperimentiamo, come la malattia, l'invecchiamento, la morte, non ottenere ciò che si vuole, ottenere ciò che non si vuole e così via.

Questi punti sono discussi in grande dettaglio nella Presentazione estesa degli stadi graduali del sentiero di Tsongkhapa (Lam-rim chen-mo), in termini di sei, otto e tre tipi di sofferenza – ci sono molti modi per presentarla. In breve, una volta che siamo nati sotto l'influenza di karma e afflizioni, impulsi istintivi e atteggiamenti disturbanti, non verranno che problemi e sofferenze. Abbiamo accumulato in noi tutte le cause che ci causeranno problemi e sofferenza; le circostanze esterne possono certamente aiutare a maturare queste cause, ma le cause stesse sono già dentro di noi. Quindi sperimentiamo la sofferenza, ad esempio i problemi della sofferenza reale: il nostro corpo si ammala, ci facciamo male, sperimentiamo dolore e così via.

Il corpo umano viene dai genitori, da sostanze nauseabonde come il loro sperma e il sangue. Se lo osserviamo con cura, obiettivamente non c’è alcunché di piacevole o attraente per la mente. In particolare, se immaginiamo di togliere la copertura esterna della pelle, non c'è nulla di attraente per nessuno.

Questa natura del corpo umano impura e poco attraente non viene dall'esterno, bensì dalla sua vera natura. Se trovassimo una pozza di sperma e sangue sul pavimento, non la troveremmo molto attraente o bella ma piuttosto nauseabonda e disgustosa, ma quella è la vera causa o sostanza che costituisce il corpo. Quindi non c'è nulla di attraente per sua vera natura. Questo modo errato di considerare il corpo così attraente, funge da circostanza per far esplodere tutti i vari atteggiamenti e impulsi disturbanti che abbiamo nel nostro continuum mentale, come attaccamento, ostilità e ingenuità. Tutti questi derivano dall’afferrarsi a questa massa di sostanze impure come "io", "il mio corpo" e così via.

Se non usiamo costruttivamente il corpo, che cosa fa di per sé effettivamente? In primo luogo, ha causato disagio a nostra madre quando era nel suo grembo e poi l’ha fatta soffrire nel darlo alla luce, causando problemi e sofferenze a tutti coloro coinvolti nel sostenerlo. Ha causato e continua a causare molti problemi e la seccatura di prendersene cura quindi, se non ne ricaviamo nulla di costruttivo, è solo una causa di problemi. Inoltre da tempo senza inizio abbiamo preso questo tipo di corpo.

Consideriamo l’esempio classico dell'oceano del samsara. Un oceano è qualcosa di insondabile: non possiamo misurarne la profondità. Allo stesso modo lo sono tutti i corpi umani che abbiamo preso e tutti i problemi che sono sorti, tutte le sofferenze associate all'invecchiamento. Non importa cosa faremo ma lo faremo con meno forza, la nostra mente diventerà più depressa e debole, i nostri sensi diminuiranno, il nostro corpo inizierà a indebolirsi e cadere a pezzi. È qualcosa che tutti sperimentano, non è vero? È molto doloroso invecchiare. Tutti conoscono le sofferenze associate alla malattia e al sottoporsi ai trattamenti medici che di solito sono molto costosi e spiacevoli. Se ci pensiamo da tutti questi diversi punti di vista, il corpo è davvero una vera fonte di problemi perché si ammala, invecchia e così via. Non importa quanto vi ci siamo dedicati, se siamo in forma o meno, alla fine il nostro corpo si romperà. Quindi dobbiamo pensare a tutti questi problemi associati all'invecchiamento e al modo in cui non possiamo mantenerci in forma per sempre.

Le quattro nobili verità

Con riferimento al raggiungimento della liberazione, questa è sicuramente qualcosa da raggiungere. Ma se pensiamo semplicemente: "Se solo potessi ottenere la liberazione, allora potrei riposarmi!" ciò non ci aiuterà nel raggiungerla.

Ognuno vuole una vera cessazione di tutti questi problemi, ma non possiamo semplicemente sederci e aspettarci che scompaiano desiderando che svaniscano. Dobbiamo esaminare le cause dei nostri problemi: tutti i fattori aggregati ricorrenti e incontrollabili che compongono ogni momento della nostra esperienza. Questi fattori aggregati derivano dai nostri atteggiamenti e impulsi disturbanti, dal non avere il controllo della nostra mente e ciò è per via della nostra inconsapevolezza (ignoranza) e dell’afferrarsi all'esistenza veramente stabilita. Tale afferrarsi è dovuto alla nostra visione distorta della realtà.

Se consideriamo i vari tipi di visione della realtà che possiamo avere, alcuni sono disturbanti e alcuni sono validi. Poiché gli atteggiamenti disturbanti si basano su visioni errate e distorte della realtà allora, se avremo una visione corretta e valida di questa, la radice stessa della causa di questi atteggiamenti disturbanti sarà eliminata. Man mano che la visione corretta della realtà diventa più radicata nelle nostre menti – man mano che ci familiarizziamo con il guardare sempre le cose correttamente – le nostre visioni distorte, che sono completamente basate sull'irrealtà, diventeranno sempre più deboli.

Quando raggiungiamo una completa cessazione, o arresto, dell’afferrarsi ai fenomeni come se esistessero veramente, in un modo impossibile, ci liberiamo delle macchie che ci oscurano dal vedere la natura della mente. Queste macchie sono temporanee, non sono la natura di base della mente. Vi sono stadi progressivi delle vere cessazioni dell’afferrarsi all'esistenza realmente stabilita. Procedendo e raggiungendo le fasi di queste vere cessazioni, possiamo eliminare tutte le macchie avventizie e realizzare la vera natura della mente. Se non ci fosse nulla da fare rispetto a questa situazione, non avrebbe senso lavorare così duramente. Tuttavia, poiché è possibile liberarsi delle macchie che ci causano tanta sofferenza e problemi, è davvero importante pensare ai problemi incontrollabili e ricorrenti del samsara. In questo modo svilupperemo una ferma determinazione a essere liberi e a impegnarci per ottenere le vere cessazioni dei nostri problemi.

Esaminiamo i diversi tipi di problemi e sofferenze: la sofferenza della sofferenza, la sofferenza del cambiamento e la sofferenza onnipresente. Questo terzo tipo è la sofferenza dell’avere i fattori aggregati onnipervasivi che influenzano ogni momento della nostra esperienza. È la natura stessa del corpo, insieme ai fattori aggregati della nostra esperienza, a causare problemi. I fattori aggregati della nostra esperienza derivano dalla forza degli impulsi – o dal karma – e dai vari atteggiamenti disturbanti che ne derivano. Se potessimo semplicemente sbarazzarci di quelli, potremmo sbarazzarci di questi difficili problemi derivanti dagli aggregati. Quindi è il terzo tipo di sofferenza, i fattori aggregati che abbiamo con atteggiamenti e impulsi disturbanti, la fonte dei problemi; dato che costituisce il samsara dobbiamo essere sicuri di pensare agli svantaggi di questo da molti punti di vista diversi. È davvero sbagliato pensare che se diventiamo monaci saremo liberi dal samsara, mentre se abbiamo una famiglia e figli siamo nel samsara.

La seconda nobile verità – la vera origine o le cause di tutti i problemi – sono gli atteggiamenti e gli impulsi disturbanti o karma. Pensiamo se è possibile liberarsene o meno: scopriremo che in effetti è possibile liberarsene per sempre; è possibile avere vere cessazioni o arresti di essi e, per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo sviluppare vari sentieri mentali. Questi sono i punti più profondi.

Il modo più profondo per ottenere effettivamente la libertà da tutti i problemi e le sofferenze è sviluppare un obiettivo di bodhichitta. Esistono vari modi in cui possiamo essere guidati allo sviluppo di questo obiettivo. Qui, stiamo parlando di svilupparlo solo nel contesto dell’allontanarsi dal coinvolgimento istintivo con questa vita e sviluppare interesse per le vite future. Non intendiamo limitare la nostra attenzione alla liberazione e allontanarci dal coinvolgimento con le vite future. Come indicato in questo testo, qualunque sia la realizzazione che abbiamo rispetto a questa vita, ci rivolgiamo immediatamente al desiderio di sviluppare bodhichitta. 

Sviluppare i due tipi di bodhichitta

L'importanza e i vantaggi dello sviluppo di bodhichitta

Abbiamo completato i preliminari. Il secondo dei sette punti è come sviluppare bodhichitta; dobbiamo coltivare due tipi di obiettivi di bodhichitta: quelle relativa e quella più profonda. La bodhichitta convenzionale mira alla verità convenzionale (relativa, superficiale, apparente) di tutti e di tutto; mentre la bodhichitta più profonda mira alla loro verità più profonda, alla loro vacuità. In questo testo, sviluppiamo prima la bodhichitta convenzionale e poi passiamo alla bodhichitta più profonda. Nell’Ornamento delle realizzazioni (mNgon-rtogs rgyan, scr. Abhisamayalamkara), Maitreya ci dice che una persona molto acuta sviluppa prima una comprensione della realtà e, sulla base di ciò, bodhichitta convenzionale. A volte è più efficace sviluppare o generare prima la bodhichitta più profonda perché, quando ci rendiamo conto che è possibile ottenere una vera cessazione generando bodhichitta più profonda e che quindi abbiamo la possibilità di raggiungere la liberazione dal samsara e l'illuminazione – quando vediamo che questo è un obiettivo realistico – allora possiamo diventare veramente interessati a raggiungere l'illuminazione per gli altri.

[Nota: nell'edizione di Togme Zangpo del testo radice di Ghesce Chekawa, la bodhichitta più profonda viene presentata prima della bodhichitta convenzionale, nel passaggio: “Rifletti sul fatto che i fenomeni sono come un sogno. Discerni che la natura di base della consapevolezza non ha origine. L'opposto stesso si libera al suo posto. La natura essenziale del sentiero è stabilirsi in uno stato di base onnicomprensiva. Tra una sessione e l'altra, comportati come una persona illusoria". Nell'edizione di Pabongka, questo verso sulla bodhichitta più profonda, preceduto dalla riga aggiuntiva "Ciò che è nascosto deve essere mostrato dopo aver raggiunto la stabilità (in questo)", segue immediatamente il passaggio sulla bodhichitta convenzionale. Questa riga aggiuntiva non appare affatto nell'edizione Togme Zangpo. Nell'edizione di Namkapel, questa frase, insieme alla precedente riga aggiuntiva che la precede, appare alla fine del testo.]

Il Mahayana è diviso in sentieri di sutra e tantra e, indipendentemente da quale seguiamo, il vantaggio di sviluppare la bodhichitta convenzionale consiste nel fatto che è la porta di accesso al veicolo Mahayana. Indipendentemente dalle altre qualità che possiamo avere – anche la comprensione del vuoto – se non abbiamo un obiettivo di bodhichitta nel nostro continuum mentale non possiamo essere considerati praticanti mahayana, con un vasto veicolo mentale. Ma se abbiamo uno scopo di bodhichitta allora, anche se non abbiamo altre qualità, possiamo essere considerati figli spirituali dei Buddha, praticanti mahayana con un vasto veicolo mentale. Il vero fattore distintivo per essere un mahayanista, quindi, è l’avere un obiettivo bodhichitta e ciò lo troviamo sia nel sutra che nel tantra. In Impegnarsi nella condotta del bodhisattva Shantideva ci dice che bodhichitta è l'unica porta per entrare nel Mahayana. Nel Tantra di Vajrapani si dice anche che se abbiamo bodhichitta siamo qualificati per entrare nel mandala e ricevere il potenziamento (iniziazione). Tuttavia, se non abbiamo bodhichitta, non siamo qualificati o autorizzati a ricevere l'iniziazione.

Tutte queste diverse citazioni ci dicono che bodhichitta è la fonte di tutte le buone qualità e, quando consideriamo davvero i benefici dello sviluppo di bodhichitta, vediamo che sono infiniti. Se ne parla molto in Impegnarsi nella condotta del bodhisattva. Quando riflettiamo su Buddha Shakyamuni e sul perché egli sia una persona così preziosa e importante, capiamo che è perché ha sviluppato un cuore gentile e caloroso e, sulla base di ciò, ha coltivato un obiettivo di bodhichitta per raggiungere l'illuminazione a beneficio di tutti.

Possiamo vedere anche con gli animali i vantaggi dell’avere un cuore gentile e caloroso, dell’essere una brava persona: se abbiamo un gatto che è tranquillo e fa le fusa, gli daremo il cibo e saremo molto amorevoli con lui. Tuttavia, se salta sempre in giro selvaggiamente, graffiando, mordendo e simili, nessuno sarà soddisfatto di lui, al punto tale che potrebbe avere problemi e non essere nutrito. Se noi esseri umani siamo gentili e calorosi, tutto verrà a noi; se siamo molto crudeli e cattivi, nessuno vorrà stare con noi.

È estremamente importante lavorare sullo sviluppo di tutti questi stati mentali positivi: l'amore che augura a tutti la felicità, la compassione che augura a tutti la libertà dalla sofferenza e l’amore di cuore per tutti gli altri. Se, sulla base di questi, abbiamo sviluppato un obiettivo di bodhichitta nel nostro continuum mentale allora, solo sulla base di ciò, ammasseremo e accumuleremo vari tipi di forza positiva. Quindi, bodhichitta stessa accumulerà varie forze di protezione e ci libererà dagli ostacoli.

Solo pronunciare o ascoltare la parola bodhichitta è profondamente positivo e istruttivo. Questa è la prima parte di questa sezione, i benefici dello sviluppo della bodhichitta.

La seconda parte spiega come allenarsi prima nella bodhichitta convenzionale e poi in quella più profonda. La bodhichitta convenzionale è rivolta a tutti gli esseri limitati, con l'intenzione di aiutarli a liberarli dal samsara ed è rivolta all'illuminazione, con l'obiettivo di raggiungerlo. Giovare a tutti gli altri significa cambiare il nostro atteggiamento verso noi stessi e gli altri; dobbiamo ricordare che bodhichitta è un cuore che ha un'intenzione così forte a beneficio di tutti gli altri che si espande all'infinito a tutti loro, e anche un'intenzione così forte per raggiungere l'illuminazione che vi si espande completamente.

I due metodi per lo sviluppo della bodhichitta convenzionale

I metodi per lo sviluppo della bodhichitta convenzionale sono l'eguagliare e lo scambiare i nostri atteggiamenti verso noi stessi e gli altri e la meditazione di causa ed effetto in sette parti. Entrambi questi metodi hanno come base lo sviluppo di uno stato d'amore per gli altri. L'amore dal cuore è una sensazione automatica di vicinanza e calore ogni volta che incontriamo qualcuno: amiamo e siamo profondamente preoccupati per lui e ci sentiremmo male se qualcosa gli andasse storto. Secondo il metodo di causa ed effetto in sette parti, per sviluppare questo tipo di amore dal cuore dobbiamo prima sviluppare un atteggiamento di uguaglianza – o equanimità – verso gli altri, con il quale non proviamo attaccamento, né avversione, né indifferenza per alcuno. Riconosciamo tutti come nostre madri, riconosciamo e siamo consapevoli della loro gentilezza e, con gratitudine e desiderio di ripagarli, coltiviamo questo amore dal cuore nei loro confronti.

Scambiare il nostro atteggiamento verso noi stessi e gli altri giunge dalla tradizione di Shantideva. Non dobbiamo ricordare il punto in cui tutti sono stati nostra madre, ma semplicemente pensare più in generale a come tutti vogliono essere felici, nessuno vuole sofferenza o problemi, esattamente come noi. A questo proposito siamo tutti uguali su quel piano. Vediamo come amare noi stessi sia la radice di tutti i problemi, mentre amare gli altri la radice di tutte le buone qualità. Dobbiamo pensare: "Dal momento che non voglio l'infelicità e voglio la felicità, devo abbandonare l’egoismo e sviluppare l’altruismo". Sulla base della realizzazione dell'uguaglianza di sé e degli altri, sviluppiamo questo amore caloroso per gli altri e cambiamo il nostro atteggiamento nei loro confronti. Questo è un metodo molto esteso. Entrambi i modi per lo sviluppo di bodhichitta – scambiare sé stessi con gli altri e i sette punti di causa e effetto – ci inducono all’amore caloroso verso gli altri.

A seconda della disposizione di una persona, lo sviluppare il riconoscimento di tutti come "mia madre" a volte può comportare problemi. Potremmo considerarci molto importanti: "Sono davvero una persona molto importante e quindi anche mia madre è molto importante" nutrendo il pensiero "voglio aiutare mia madre perché è mia madre" e volendo sviluppare e aiutare tutti gli esseri perché "sono stati tutti mia madre". C'è una grande enfasi posta sul "me" e "mio" in questo modo di sviluppare bodhichitta che è il pericolo in questa istruzione.

Se, d'altra parte, quando scambiamo noi stessi con gli altri vogliamo aiutarli non solo perché sono stati "mia madre", ma perché "non vogliono problemi e vogliono la felicità, proprio come me”, c'è molto meno pericolo. Non siamo più coinvolti con le considerazioni di "me" e "mio", e quindi diventa un modo molto più ampio di raggiungere tutti gli altri e sviluppare un obiettivo di bodhichitta. Non pensiamo solo alla gentilezza degli altri quando sono stati nostra madre, ma anche alla loro gentilezza e a tutti i modi in cui sono sempre stati gentili con noi. Quindi questa è sostanzialmente una discussione su come elaboriamo insieme entrambi i metodi, l'allenamento di causa ed effetto in sette punti e l'eguagliare e scambiare sé stessi con gli altri.

Gli svantaggi dell'egoismo

[Nota: nel testo di Namkapel, la riga dell'edizione di Togme Zangpo del testo di Ghesce Chekawa, "Bandire una cosa come (se arrecasse) tutta la colpa", è spostata qui e gli svantaggi dell'egoismo sono riportati come commento alla riga. Pabongka segue questo ordine.]

Per quanto riguarda lo scambiare i nostri atteggiamenti nei confronti nostri e degli altri, il testo spiega come tutti i nostri problemi e difficoltà derivino dall’egoismo, mentre tutti i nostri benefici e felicità derivino dall’altruismo. Il fatto che shravaka e pratyekabuddha non siano in grado di raggiungere il più alto livello e obiettivo spirituale è dovuto al loro egoismo. Quindi la colpa per ogni svantaggio, ogni inconveniente che può essere sperimentato può essere addotta all'atteggiamento egoistico, all'egoismo. Molto spesso le persone quando sono infelici puntano il dito accusando gli altri: "Sono infelice perché questa persona ha fatto questo o quello". In effetti, tutta la nostra infelicità viene dall'egocentrismo, con il quale ci consideriamo così grandi e importanti da puntare il dito sugli altri come responsabili della nostra infelicità. In verità, tutti i nostri problemi e infelicità derivano dagli impulsi distruttivi che sorgono dalle nostre stesse menti – in altre parole, dal karma e dagli atteggiamenti disturbanti.

Abbiamo due punti qui: l'atteggiamento egoistico e l’afferrarsi a un sé veramente esistente. Se ottenessimo una comprensione della realtà – che non esiste una cosa come un'identità veramente stabilita – allora ci libereremmo sia dell'afferrarsi al sé veramente esistente sia anche dell'egoismo. Qui attuiamo una distinzione dicendo che il problema deriva dall'egoismo ma, in effetti, dobbiamo pensare a questi due insieme: l’egoismo e l’afferrarsi un sé veramente stabilito, veramente esistente.

Gli svantaggi dell’egoismo sono discussi in varie parti dell’Impegnarsi nella condotta del bodhisattva. Riferendosi sia all'egoismo che all’afferrarsi a un sé veramente esistente, Shantideva dice: “Qualunque violenza vi sia nel mondo, ogni paura e sofferenza, tutto ciò deriva dall’afferrarsi a un sé: quindi a che mi serve quel terribile demone?” Altrove nel testo, Shantideva sottolinea che il nostro egoismo viene dalle nostre stesse menti e dall'inconsapevolezza dell’afferrarsi a un "io" veramente esistente. Questo è il nostro vero nemico. Scrive: “I costanti nemici di lunga data come questo sono le uniche cause per l'aumento del danno. Come posso essere gioioso e senza paura nel samsara, se creo un posto sicuro (per loro) nel mio cuore?”

In altre parole, pensiamo sempre "io, io, io" "devo diventare felice, devo liberarmi dei miei problemi. Non importano tutti gli altri, non importa cosa faccio agli altri per essere felice". È sotto il dominio di questa ignoranza che sfruttiamo gli altri e facciamo tutto il possibile solo per ottenere la felicità. Tutte le complicazioni, i problemi e i guai che derivano da tale comportamento possono essere ricondotti a questo atteggiamento egoistico e all’afferrarsi a un'esistenza veramente stabilita.

Il Buddha e noi siamo uguali nell’avere dei continua mentali da tempo senza inizio. Ma cosa ha realizzato nel frattempo il Buddha? Dopo essersi liberato del suo atteggiamento egoistico, interessandosi agli altri è stato in grado di raggiungere l'illuminazione; invece noi siamo ancora completamente coinvolti nell'essere egoisti e così siamo ancora infelici e pieni di guai e problemi. La causa di questa differenza, poiché sia il Buddha che noi siamo esistiti per lo stesso periodo di tempo, consiste nell’avere o meno un atteggiamento egoistico. Quindi questo si lega molto bene con gli svantaggi del samsara: tutti i problemi incontrollabili e ricorrenti del samsara derivano da questa stessa radice. Anche il desiderare tutti i vari splendori del samsara sorge dall’egoismo e ogni volta che lo facciamo ci auto inganniamo. 

L’afferrarsi al sé e l’egoismo ci danno il coraggio di andare in guerra e fare tutto questo genere di cose a nostro vantaggio. Così, se qualcosa va storto, diamo la colpa ai nostri guru, ai nostri genitori e così via. Dobbiamo applicare lo stesso coraggio per superare il nostro atteggiamento egoistico.

Tutte queste citazioni nel testo affermano, fondamentalmente, che tutto il danno deriva dall'egoismo. Se dovessimo puntare il dito sul responsabile di tutte le cattiverie che ci capitano, dovremmo indicare il nostro egoismo, il nostro atteggiamento egocentrico. Pertanto, ora è il momento di liberarci dal nostro vero nemico, l’egoismo. Come scrive Shantideva “Prima era diverso, quando ero rovinato da te. Ma (ora) ti vedo; quindi dove puoi andare? Sto per toglierti tutta l'arroganza. Abbandona, ora, ogni speranza del tuo interesse personale. Ti ho venduto ad altri, quindi non pensare alla tua stanchezza: ho offerto loro le tue energie. Se, per mancanza di interesse, non ti consegno ad esseri limitati, allora, sicuramente, mi consegnerai alle guardie dei regni senza gioia. Sono stato così molte volte, da te tormentato a lungo; ma ora, ricordando quei risentimenti, ti distruggerò, creatura egoista". Tutti i difetti dell'egoismo sono discussi in modo molto approfondito in Impegnarsi nella condotta del bodhisattva e anche in Cerimonia d'offerta ai maestri spirituali, Guru Puja (Bla-ma mchod-pa, Lama chopa).

Un ghesce kadampa era solito raccomandare che, quando tagliamo la nostra mattonella di tè, dovremmo pensare: "Sgretolo l’egoismo e l’afferrarsi al sé". Le persone che sono sempre totalmente preoccupate per sé stesse o che provano una terribile autocommiserazione quando sono malate, devono esaminare da dove provengono tutti i loro problemi. Devono rendersi conto che derivano dall’occuparsi sempre della loro preoccupazione egoistica: “Devo essere felice, devo sbarazzarmi di tutti i miei problemi”. Questo tipo di persona non è mai contenta, indipendentemente dalla situazione. Tutto è sempre troppo caldo o troppo freddo; niente è mai giusto. La radice fondamentale del loro problema è la loro preoccupazione egoistica. Se potessero lasciarla andare potrebbero rilassarsi. Sono sempre tesi, mai in grado di rilassarsi perché sono sempre preoccupati di sé stessi.

Possiamo studiare e sederci alle cerimonie delle puja quanto desideriamo ma, se nutriamo sempre l'atteggiamento egoistico dentro di noi, stiamo sprecando completamente il nostro tempo. Se non fossimo sempre preoccupati per noi stessi, con interesse egoistico, ma invece aprissimo il nostro cuore agli altri, saremmo davvero in grado di avere il vasto veicolo del cuore e della mente del Mahayana. Ma poiché i nostri cuori sono troppo piccoli e troppo preoccupati per loro stessi, non possono essere quel vasto veicolo. Se siamo preoccupati per noi stessi, anche se diciamo di seguire il vasto veicolo mentale Mahayana, in realtà si trasformerà in un'occasione per diventare più orgogliosi e arroganti.

Ciò completa la discussione sugli svantaggi dell'egoismo.

I vantaggi dell’altruismo

Il prossimo punto riguarda i vantaggi dell’amare gli altri. [Nota: Namkapel spiega questo punto inserendo qui la riga dell'edizione di Togme Zangpo del testo di Ghesce Chekawa "Medita con grande gentilezza verso tutti". Pabongka fa lo stesso nella sua edizione.]

Si dice nella Cerimonia d'offerta ai maestri spirituali che amare gli altri è la porta di tutte le buone qualità, e così è. Questo è discusso nel Supplemento a ("Strofe radice della" della Via di Mezzo) di Nagarjuna (dBu-ma-la 'jug-pa, scr. Madhyamakavatara) di Chandrakirti, dove si afferma che la fonte dei grandi successi dei Buddha è la compassione. Da dove viene questa compassione? Dalla cura e dall'intensa preoccupazione per gli altri; quindi la radice di ogni felicità e qualità è l’interesse per gli altri. Amare gli altri ci porta a sviluppare amore e compassione, che ci portano a sviluppare un obiettivo di bodhichitta che ci conduce all'illuminazione. Tutti questi stati mentali mahayana di larghe vedute – amore, compassione, determinazione eccezionale e bodhichitta – sono rivolti agli altri esseri. Quindi la radice di tutte le buone qualità che provengono da questi stati mentali è l’altruismo.

Per quanto riguarda il modo in cui queste qualità migliorano continuamente e non degenerano, ciò è dovuto anche al fatto di concentrarsi sugli altri e amarli. Allo stesso modo, il raggiungimento del risultato, l’illuminazione, deriva da questo costante interesse per gli altri. Pertanto la generazione, la continuazione e il raggiungimento del risultato di questi stati mentali positivi provengono tutte dall’altruismo. Anche la forza dell'influenza illuminante dei Buddha, anche questo deriva dagli altri, dalla premura e dall’interesse per loro.

Per raggiungere l'illuminazione, come spiegato in queste citazioni, abbiamo bisogno sia dell'influenza illuminante dei Buddha sia del campo dei meriti di tutti gli esseri limitati. È sulla base di entrambi che raggiungiamo effettivamente l'illuminazione, che non può avvenire indipendentemente dagli altri, ma si basa sul nostro obiettivo di giovare loro il più possibile. Quindi, non è sufficiente avere rispetto solo per i Buddha, ma averlo anche per tutti gli esseri limitati, poiché il nostro raggiungimento dell'illuminazione dipende in egual misura dai Buddha e da tutti gli esseri limitati, i quali sono, in tal senso, uguali per gentilezza.

Tutte le buone qualità del sentiero e i risultati del veicolo mentale Mahayana derivano dall’altruismo. Una citazione afferma che tutti i risultati dei migliori stati di rinascita provengono dall'aiutare gli altri, mentre gli stati peggiori di rinascita provengono dal danneggiarli. Questo ci insegna che l'esperienza della felicità viene dalla gentilezza. È a causa della loro mancanza di tale intenso altruismo che coloro che seguono il piccolo veicolo mentale Hinayana non sono in grado di raggiungere il massimo conseguimento. Poiché i bodhisattva hanno questa intensa preoccupazione per gli altri, sono in grado di raggiungere la più alta illuminazione.

Una citazione qui parla di come nuociamo agli altri. Da parte nostra, le nostre menti sono colme di egoismo e, dalla parte degli altri esseri, sono privi di controllo delle loro menti che, per via della loro inconsapevolezza o ignoranza, sono colme di emozioni disturbanti. Le loro emozioni disturbanti li conducono in tutti i tipi di situazioni che troviamo disturbanti e così il nostro egoismo ci fa desiderare di far loro del male. Possiamo vederlo con l'esempio dei cinesi: è chiaro che c’è egoismo da entrambe le parti e ciò causa danni. Questo è il risultato del passato accumulo di forza karmica negativa da entrambe le parti, e oggi stiamo costruendo ulteriore forza karmica negativa con le nostre azioni distruttive e impulsive, che causeranno solo ulteriori situazioni in futuro in cui sperimenteremo ancora danno come loro risultato.

La pazienza

Per sbarazzarci di tutto ciò che ci danneggia, il testo ci insegna a sviluppare le due bodhichitta e i sei atteggiamenti di vasta portata (le sei perfezioni, paramita). Per sviluppare bodhichitta dobbiamo avere una sincera preoccupazione per gli altri e grande tolleranza. Per sviluppare la tolleranza, è necessario avere dei nemici. Se non ci fossero persone odiose né nemici, non ci sarebbe modo di sviluppare pazienza e tolleranza.

Quando guardiamo a ciò che ci porterà all'illuminazione – vale a dire, le vere cessazioni e i veri sentieri mentali – nessuno dei due ha l'attitudine di desiderare di giovare o nuocere a noi. Le vere cessazioni sono fenomeni statici, quindi non hanno alcun atteggiamento. I veri sentieri mentali sono semplicemente stati mentali e non hanno motivazioni particolari né desiderano aiutarci ad arrivare all'illuminazione. Sono i vari nemici, amici e così via coloro che in realtà ci portano felicità o infelicità, ma non semplicemente in termini di dolore fisico reale. I medici ci fanno iniezioni, eseguono operazioni e simili e, sebbene ci causino dolore, non li chiameremmo nemici. Questo perché vogliono aiutarci, non farci del male. Quindi, i nemici sono chiamati nemici non perché brandiscono coltelli o pistole, ma piuttosto perché ci vogliono fare del male. Quindi, se vogliamo sviluppare pazienza e tolleranza, è necessario confrontarci con qualcuno che ha intenzioni dannose. Sulla base della nostra tolleranza, possiamo evolverci e raggiungere l'illuminazione.

In una narrazione delle precedenti vite del Buddha, c'è la storia di Minag Dungdung, il rematore di una barca in cui c'erano cinquecento commercianti, che li voleva uccidere tutti. Il capitano della nave, che era una precedente incarnazione del Buddha, era risoluto a non permettergli di compiere tale crimine. Sarebbe stato inutile dirgli di non farlo, dato che non avrebbe ascoltato. Quindi pensò: “Se uccido questa persona, ovviamente è un'azione distruttiva che creerà la forza negativa nel mio continuum mentale dell’aver ucciso una persona. Ma se non la uccido per egoismo e perché non voglio creare alcun potenziale negativo per me stesso, creerò una forza negativa molto più grande dell’uccidere cinquecento persone e tutti loro perderanno la vita”. Così, per compassione e preoccupazione sia per le cinquecento persone a bordo che per il rematore, Buddha uccise Minag Dungdung. Un esempio rilevante sono le morti indotte da medici e veterinari per aiutare creature in una situazione di dolore insopportabile, facendo loro un'iniezione di sostanze chimiche per ucciderle. Lo fanno privi di rabbia, tuttavia si assumono le conseguenze dell'azione negativa solo per aiutare l'altro essere.

Qualsiasi tipo di azione forte deve essere eseguita non con un atteggiamento di rabbia o di nuocere, ma con un atteggiamento di compassione che desidera aiutare. In determinate situazioni dobbiamo agire con forza per impedire alle persone di approfittarsi di noi. Praticare bodhichitta non significa che dobbiamo lasciare che tutti ci calpestino.

Dobbiamo intraprendere le azioni appropriate con una motivazione compassionevole e pura per non permettere agli altri di approfittarsi della situazione. Non dobbiamo agire quando siamo arrabbiati e completamente ubriachi dell'illusione della rabbia. Ciò che facciamo con rabbia è destinato ad essere pieno di errori, causandoci solo imbarazzo e problemi in seguito.

Una storia, spesso raccontatami da Kyabje Ling Rinpoche, su un uomo cinese molto irascibile che, quando si arrabbiava, rompeva le sue cose preferite. In un attimo la sua rabbia si placava e lui raccoglieva i pezzi e piangeva.

Il punto è che l'uso di metodi potenti per causare danni – come la precedente incarnazione del Buddha che uccide una persona che intendeva uccidere cinquecento persone – non è supportato dall'odio ma, piuttosto, dalla compassione e non agendo in un impeto di rabbia, come quando facciamo cose folli di cui in seguito ci pentiamo. Come abbiamo detto prima, si agisce con l'atteggiamento di essere disposti ad assumersi il potenziale negativo derivante dall’azione dannosa. Ci sono molte citazioni in Impegnarsi nella condotta del bodhisattva per illustrare la pazienza, la tolleranza e la stabilità mentale nei confronti dei nemici. I nostri nemici ci aiutano a sviluppare tolleranza, amore, compassione e così via.

Ci sono alcune pratiche per aiutarci a sviluppare un sentimento di eguaglianza o equanimità verso gli altri. Il principale punto problematico è il nemico, chi ci fa arrabbiare davvero, che è davvero odioso e ci rende difficile il non esserne disturbati. Quindi ci rivolgiamo a qualcuno che è veramente nostro nemico, qualcuno che odiamo e cerchiamo di sviluppare un atteggiamento amorevole, premuroso, di simpatia verso di lui che vuole solo essere felice, e cercare di sviluppare un vero amore dal cuore per lui che prima odiavamo. Riuscire a farlo è qualcosa di estremamente ampio e potente. Impegnarsi nella condotta del bodhisattva è davvero un insegnamento straordinario, perché fornisce un metodo così esteso. Se siamo in grado di sviluppare un sentimento così toccante di amore e interesse per qualcuno che in precedenza odiavamo e consideravamo nostro nemico, stiamo davvero sviluppando uno strumento molto potente per la mente e il cuore.

Contrastare con i vantaggi dell’altruismo gli svantaggi dell’egoismo

C'è poco altro da dire sui vantaggi e sugli svantaggi, rispettivamente, dell’egoismo e dell’altruismo se non che, nella Cerimonia d'offerta ai maestri spirituali si dice che la differenza tra i Buddha e noi è che loro hanno sempre a cuore gli altri, mentre noi abbiamo a cuore solo noi stessi.

Diamo un'occhiata a dove siamo, alla storia, ai nostri amici e alle persone che conosciamo. Le persone che tutti ammirano sono quelle che hanno a cuore gli altri. Il punto di ciò è scambiare i nostri atteggiamenti in modo tale che "Devo essere felice" dispiacendoci per noi stessi – tutta questa preoccupazione per me stesso e questo egoismo – si applichi a un altro oggetto. Invece di "Devo essere felice" dobbiamo pensare "Gli altri devono essere felici" e invece di "Mi sento infelice, devo liberarmene", dobbiamo cambiare l'oggetto e pensare che gli altri debbano liberarsi dei loro problemi. Ciò trasforma il nostro punto di vista, scambiando i nostri atteggiamenti verso noi stessi e gli altri. Fare questo significa dare felicità agli altri, nutrire davvero amore e preoccupazione per loro e affrontare la loro sofferenza con compassione. In alcuni testi, la compassione prima prende su di sé la sofferenza degli altri e poi dona loro la felicità. In questo testo, prima diamo felicità, poi prendiamo la sofferenza. Non importa cosa facciamo prima, ma come dice il testo, alterniamo i due.

[Nota: il verso qui commentato recita: "Allenati nel dare e nel prendere alternativamente".]

Se qualcuno ci ferisce o ci fa del male, invece di pensare a come vendicarci – pensare a quale tipo di veleno usare non aiuterà nessuno – cerchiamo l'illuminazione a beneficio di tutti, il che certamente include anche quel particolare essere. Cerchiamo di sviluppare e migliorare noi stessi per essere di massimo beneficio, e questo include il bene di quella persona.

Dare felicità agli altri

Per quanto riguarda la generosità, in Impegnarsi nella condotta del bodhisattva si dice che possiamo donare il nostro corpo, la nostra ricchezza, le radici dei nostri potenziali positivi in modo che maturino sugli altri. Come pratica del donare il corpo, prima preghiamo per l'ispirazione e poi pensiamo agli esseri nei vari regni senza gioia, come gli inferni del rivivere, quelli caldi e così via, pensando di trasformare il nostro corpo in pioggia rinfrescante, per esempio. Fondamentalmente pensiamo a tutto ciò di cui quegli esseri hanno bisogno per alleviare la loro sofferenza: per gli assetati, ci trasformiamo in qualcosa per placare la loro sete; per gli affamati, in qualcosa per soddisfare la loro fame. Trasformiamo il nostro corpo in qualunque cosa necessaria agli esseri nei regni senza gioia e prendiamo la sofferenza della loro situazione disastrosa. Per stabilizzarlo, cambiamo il nostro corpo in tutte le varie qualità positive di cui avranno bisogno per raggiungere l'illuminazione, come le sette gemme arya.

Alleviamo gli spiriti famelici da tutti i loro problemi e sofferenze, offrendo loro tutte le realizzazioni di cui hanno bisogno per realizzare l'illuminazione; lo facciamo anche per gli animali e per gli esseri umani che non hanno situazioni favorevoli per praticare il Dharma. Trasformiamo il nostro corpo in tutte le opportunità e gli insegnamenti di cui hanno bisogno. Facciamo lo stesso per dèi e semidèi. In generale, doniamo un tetto e vestiti a chi ne ha bisogno e, per coloro che hanno un modesto veicolo mentale hinayana, trasformiamo il nostro corpo in realizzazioni in modo che possano raggiungere l'illuminazione.

Successivamente trasformiamo il nostro corpo in vari tipi di ambiente per aiutare gli altri; il testo descrive tutti i tipi di immagini di terre pure, alberi di gioielli e così via. Se non le abbiamo viste potrebbero essere un po’difficili da immaginare, allora pensiamo al luogo più bello che possiamo immaginare visualizzando di donarlo a tutti gli esseri. Il dono del nostro corpo include il donare tutti i beni e le cose di cui facciamo uso. Li trasformiamo nella loro forma più bella e immaginiamo di donarli a chi ne ha bisogno. Donare i potenziali positivi consiste nel donare tutti quelli passati, quelli presenti e futuri. Li doniamo agli altri, desiderando che i risultati benefici possano maturare su di loro.

Potremmo pensare che in realtà queste meditazioni non aiutano praticamente nessuno – che stiamo solo immaginando di regalare agli altri tutta la nostra ricchezza e le radici dei nostri potenziali positivi. Avrà effettivamente un qualche uso pratico? Se non coltiviamo questa abitudine mentale benefica, non accadrà realmente in futuro che saremo davvero in una posizione per regalare il nostro corpo e i nostri beni agli altri. Quindi è creando i potenziali e le buone abitudini della mente ora che la forza karmica si accumula nel nostro continuum mentale, che maturerà in futuro nella nostra effettiva capacità di donare tutto agli altri.

Il commento ci dice che quando abbiamo una tradizione familiare di oltre sette generazioni nel fare una certa cosa, ciò aggiunge forza alla continuazione di quella tradizione. Allo stesso modo, se costruiamo una certa tradizione ora, come donare agli altri poi, dopo un po' di tempo – come dopo sette vite nel futuro – ciò costruirà una forza forte, come in una tradizione di famiglia. La pratica della generosità è dettata da amore e interesse che gli altri siano felici. Dal momento che sono poveri e hanno bisogno di qualcosa, per premura usiamo tutto ciò che abbiamo per alleviarli dalla loro povertà di felicità o dalla loro mancanza di qualsiasi altra cosa manchi loro. Dobbiamo dare a tutti, compresi ai guru e ai Buddha. Ma quando si tratta di affrontare la sofferenza, non abbiamo bisogno di prendere alcunché dai Buddha e dai mentori spirituali, perché loro non hanno alcun difetto e sofferenza da prendere.

Prendere su di sé le sofferenze degli altri con compassione

Il secondo punto qui è avere compassione per gli altri così tutte le buone qualità e il bene verranno da noi, anche se non preghiamo per averli. Al contrario, se ci manca un cuore compassionevole e empatico, le nostre preghiere non saranno soddisfatte. Se ci scoraggiamo, possiamo pensare di prendere su di noi tutte le sofferenze future degli altri. Per aiutarci a familiarizzarci con questo, pensiamo ai nostri problemi e sofferenze in questa vita e nel futuro "È meglio per me provarli ora, quando mi è più facile affrontarli, altrimenti dovrò sperimentarli in seguito quando potrò essere molto meno capace di gestirli". In questo modo acquisiamo la familiarità che ci aiuterà ad affrontare anche i problemi degli altri. Ci alleniamo per gradi, affrontando i problemi di domani, dell’anno prossimo, ecc., così da sviluppare il coraggio di prendere su di noi i problemi e le sofferenze degli altri.

Il punto è sbarazzarsi dell'egoismo nei nostri cuori e lo facciamo aprendoci per affrontare e prendere su di noi i problemi degli altri. Il testo continua spiegando come affrontiamo i problemi degli altri che si trovano su vari sentieri e livelli spirituali fino a raggiungere, ma senza includerli, i Buddha e i mentori spirituali.

Avendo acquisito familiarità con questo processo, possiamo quindi combinare la nostra respirazione con il prendere i problemi degli altri: inspiriamo, accettiamo i problemi - quindi espiriamo, inviando felicità.

[Nota: questa spiegazione e quanto segue è nel commento al passaggio del testo radice “Per quanto riguarda l'ordine del prendere, inizio da me stesso, ponendo quei due sul respiro. (Riguardo a) i tre oggetti, (prendere) i tre atteggiamenti velenosi e (donare) le tre radici di ciò che è costruttivo, le istruzioni guida per il post-assorbimento sono, in breve, per incitare a rimanere consapevoli di ciò allenandosi con le parole in tutti i sentieri del comportamento". Nell'edizione di Togme Zangpo, il passaggio "Per quanto riguarda l'ordine del prendere, inizio da me stesso" segue "allenandosi con le parole in tutti i sentieri del comportamento". L'edizione di Pabongka segue l'ordine di Namkapel, come sopra.]

Il testo parla della gestione dei tre oggetti e dei tre atteggiamenti velenosi. I tre oggetti sono gli oggetti piacevoli, spiacevoli e neutrali che ci fanno sviluppare i tre atteggiamenti velenosi di attaccamento, avversione o indifferenza. Inoltre, pensiamo come anche tutti gli altri esseri sviluppino attaccamento, avversione o indifferenza e diciamo: “Possano tutto il loro attaccamento, avversione e indifferenza venire a me. Li affronterò e me ne sbarazzerò per loro. Possano essere completamente liberi da ogni attaccamento, avversione e indifferenza” e restituiamo loro tutte queste intuizioni.

Quindi, come si dice nella Cerimonia d'offerta ai maestri spirituali “Pertanto, nobili guru compassionevoli e impeccabili, concedetemi l’ispirazione affinché tutte le forze negative, gli ostacoli e le sofferenze degli esseri erranti, mie madri, maturino su di me proprio ora, e possa io donare la mia felicità e la mia forza positiva agli altri, ponendo tutti i migratori nella beatitudine". Questo è anche il modo di allenarsi a parole, ripetendo la preghiera “Possano le loro sofferenze maturare su di me, possa la mia bontà maturare sugli altri”.

Il punto qui è che dobbiamo allenarci nel tentativo di sviluppare pensieri gentili, in modo tale che tutti gli esseri possano essere felici, cinesi inclusi. In una situazione in cui gli altri ripongono in noi tutte le loro speranze che saremo in grado di aiutarli, anche se lo vogliamo potremmo non avere l'effettiva capacità di farlo. È molto difficile, quindi dobbiamo renderci conto che l'unico modo in cui possiamo veramente aiutare tutti gli altri esseri è diventando noi stessi dei Buddha.

Potremmo pensare "Ci sono stati tanti Buddha che in passato si sono illuminati e sono in grado di beneficiare tutti gli esseri, quindi perché dovrei farlo io? Perché dipende da me diventare illuminato, dal momento che ci sono già tutti questi che si sono già illuminati?” Così potremmo scoraggiarci ma, invece di seguire questo pensiero, faremmo bene a considerare che ci sono molti esseri che hanno uno speciale legame karmico con noi, che non avevano una relazione karmica particolarmente stretta con i Buddha del passato, quindi non potevano essere liberati direttamente da loro in quel momento. Dobbiamo pensare a tutti coloro che hanno una connessione speciale con noi, così svilupperemo più coraggio per raggiungere l’illuminazione per loro, costruendo connessioni maggiormente positive con quegli esseri con cui ci relazioniamo. 

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