Le diverse tradizioni del Buddhismo tibetano e i diversi studiosi di ciascuna tradizione presentano un'ampia gamma di spiegazioni dei fenomeni di affermazione (sgrub-pa, fenomeni conosciuti in modo affermativo, affermazioni) e dei fenomeni di negazione (dgag-pa, fenomeni conosciuti in modo negativo, negazioni). Tutte si basano sulle opere dei grandi maestri indiani di epistemologia, Dignaga e Dharmakirti. Ogni posizione ha ampie ramificazioni che possono aiutarci a comprendere le altre asserzioni di quella posizione.
Qui ci limiteremo alla presentazione ghelug e ne esploreremo alcune ramificazioni ghelug prasanghika (sanscr. prāsaṅgika) della cognizione valida, in particolare di non staticità (impermanenza) e vacuità. Nello specifico, seguiremo le definizioni dei fenomeni di affermazione e negazione fornite da Purciog (Phur-cog Ngag-dbang byams-pa rgya-mtsho), autore di diversi testi utilizzati dalla linea interpretativa di Jetsunpa (rJe-btsun Chos-kyi grags-pa) all'interno della tradizione Ghelug. Esse elaborano precedenti presentazioni ghelug, come quelle di Kedrub Je (mKhas-grub rJe) e del primo Dalai Lama (dGe-’dun grub). Le spiegazioni di Purciog rappresentano la visione ghelug maggioritaria.
Secondo le definizioni di Purciog:
- Un fenomeno di affermazione è "un fenomeno (validamente conoscibile) che viene appreso in un modo in cui un oggetto da negare (dgag-bya) non è esplicitamente escluso (dngos-su ma-bcad-pa, esplicitamente tagliato fuori, respinto, rifiutato) dai suoni che esprimono il fenomeno".
- Un fenomeno di negazione è “un fenomeno (validamente conoscibile) che viene appreso in un modo in cui un oggetto da negare è esplicitamente escluso dalla cognizione concettuale che conosce il fenomeno”.
Ad eccezione della successiva tradizione dei libri di testo di Kunkyen (Kun-mkhyen ’Jam-dbyangs bzhad-pa), tutte le altre tradizioni dei libri di testo ghelug accettano questa interpretazione.
Cognizione valida della non staticità
Secondo la posizione ghelug maggioritaria, "non statico" (mi-rtag-pa, sanscr. a-nitya, impermanente) è un fenomeno di affermazione. Il suono del prefisso non nella parola non statico significa solo un’esclusione della parola statico e non implica di per sé una esclusione effettiva del significato della parola statico che abbiamo precedentemente appreso.
Possiamo comprenderlo attraverso il più semplice esempio classico di un'affermazione espressa in modo "negativo", "Amitayus" (Tshe-dpag-med). "Amitayus" è una figura di Buddha e il suo nome significa "Vita infinita". Le parole che esprimono questo nome in italiano sono il prefisso di negazione in e le parole vita finita. Le parole che lo esprimono in sanscrito hanno il prefisso di negazione a e, in tibetano, la posposizione negativa med. Pensare correttamente e con decisione "vita infinita", tuttavia, non richiede di aver prima compreso e quindi di aver prima conosciuto, sia correttamente che con decisione, cosa significhi "vita finita".
Supponiamo di aver compreso in precedenza il significato di "vita finita". Se lo avessimo esplicitamente escluso, allora staremmo pensando a una "vita non finita". Non stiamo pensando a una "vita infinita". "Vita non finita" è un fenomeno di negazione, ma "vita infinita" è un fenomeno di affermazione, non di negazione.
Un altro esempio è la parola atomo, composta dal prefisso negativo a e dalla radice tom, derivante dal greco tomein, che significa "separare". Sebbene etimologicamente la parola atomo significhi "qualcosa che non può essere separato in parti", pensare "atomo" non richiede la previa comprensione ed esclusione di qualcosa che può essere separato in parti. "Atomo" è un fenomeno di affermazione.
Lo stesso vale per la cognizione concettuale valida di "non statico". Pensare correttamente e con decisione "non statico" non richiede di aver prima compreso e quindi conosciuto correttamente e con decisione il significato della parola statico, per poi averlo esplicitamente escluso.
Lo status di "non statico" come fenomeno di affermazione ha molte ramificazioni riguardo al livello di conseguimento possibile attraverso la meditazione su di esso. In particolare, riguarda la possibilità di raggiungere un vero arresto (’gog-bden, vera cessazione) della sofferenza e delle sue cause attraverso la cognizione non concettuale della non staticità delle persone o di tutti i fenomeni interessati (’dus-byas) o funzionali (dngos-po).
Contesto per comprendere la meditazione sui fenomeni di affermazione e negazione
Dobbiamo conoscere diversi punti riguardanti gli insiemi e i loro elementi per comprendere ciò che realizziamo attraverso la meditazione su fenomeni quali la sofferenza, la non staticità o la vacuità.
- Un insieme, che si tratti di un fenomeno di affermazione o di negazione, non può essere formulato indipendentemente dai membri che lo compongono. Un neonato può formulare la categoria concettuale di "commestibile" solo sulla base dell'inclusione del latte in questo insieme.
- Questo è valido indipendentemente dal fatto che qualcuno abbia mai conosciuto o meno uno qualsiasi dei membri inclusi, purché i membri dell'insieme siano teoricamente conoscibili in modo valido. Esempi sono gli insiemi delle forme di vita extraterrestri e delle particelle subatomiche non ancora osservate.
- Insiemi di fenomeni di affermazione o negazione possono essere insiemi di elementi dotati di proprietà (chos-can, possessori di proprietà; khyad-gzhi, basi per caratteristiche) oppure possono essere insiemi di proprietà (chos; khyad-chos, caratteristiche). Le proprietà, siano esse fenomeni di affermazione o negazione, non esistono indipendentemente da una o più basi da esse caratterizzate. Ad esempio, "verde" e "non verde".
- Gli insiemi possono essere costituiti da parole, oggetti referenti o significati di parole. Possono essere costituiti da elementi specifici o da categorie o tipi specifici di elementi.
- Gli insiemi di possessori di proprietà possono essere insiemi costituiti da un membro specifico oppure possono essere insiemi di molti membri che condividono lo stesso nome, la stessa categoria del tipo di fenomeno a cui appartengono o la stessa proprietà.
Supponiamo di voler meditare su un possessore di proprietà come avente una certa proprietà – ad esempio, sulla non staticità del suono, di una persona “io”, o sulla vacuità della vera esistenza riscontrabile di un suono o di una persona “io”. È necessario sapere validamente in anticipo che uno specifico fenomeno validamente conoscibile o uno specifico insieme di fenomeni validamente conoscibili è un membro dell'insieme dei possessori di proprietà che possiedono quella proprietà. Dobbiamo sapere validamente che un suono o una persona è un membro dell'insieme dei fenomeni che possiedono la proprietà non statica o la proprietà priva di vera esistenza riscontrabile.
Modi validi per accertare correttamente che un certo possessore di una proprietà è un membro dell'insieme dei fenomeni che possiedono una certa proprietà
Accertare correttamente che un certo possessore di una proprietà è un membro dell'insieme dei fenomeni che possiedono una certa proprietà è un processo concettuale che richiede una cognizione inferenziale valida.
Esistono tre tipi di cognizione inferenziale: cognizione inferenziale basata su
- Ciò che è ben noto (grags-pa’i rjes-dpag)
- La forza della realtà dei fenomeni (dngos-stobs rjes-dpag, il potere della prova)
- Convinzione (yid-ches rjes-dpag).
Attraverso una cognizione inferenziale valida basata su ciò che è ben noto osserviamo, attraverso una cognizione non concettuale valida, una caratteristica definitoria (mtshan-nyid) in un possessore di proprietà e inferiamo che il possessore di proprietà è un membro dell'insieme dei fenomeni definiti e caratterizzati da quella caratteristica definitoria. È così che sappiamo validamente che un particolare frutto che vediamo al mercato è una mela e gli applichiamo il nome corretto.
Attraverso una valida cognizione inferenziale basata sulla forza della realtà dei fenomeni, sappiamo correttamente e in modo decisivo che un possessore di una proprietà è un membro dell'insieme dei fenomeni che possiedono quella proprietà, quando tale fatto è leggermente oscuro (lkog-’gyur), dimostrandolo sulla base di pervasioni e deduzioni logiche. È così che sappiamo che la casa da cui esce del fumo sulla montagna laggiù appartiene all'insieme dei fenomeni che possiedono un fuoco.
Attraverso una cognizione inferenziale valida basata sulla convinzione, conosciamo correttamente e in modo decisivo l'appartenenza a un insieme quando tale fatto è estremamente oscuro (shin-tu lkog-gyur). Ad esempio, come possiamo imparare il nome di una donna a noi sconosciuta che vediamo nell'album fotografico del nostro amico? Non vediamo alcun nome scritto sotto la foto e non possiamo dedurlo con la logica. L'unico modo corretto e decisivo per conoscere il suo nome è chiedere al nostro amico che risponde "Mary". Ora conosciamo validamente il suo nome per inferenza basata sulla convinzione. Sappiamo che ha informazioni corrette e che non ci mentirebbe né fingerebbe di conoscere il suo nome quando non lo sa. Sulla base della convinzione della verità di questi due punti, deduciamo che Mary è effettivamente il suo nome.
Cognizione della non staticità attraverso la pratica dello stile theravada del piazzamento ravvicinato della consapevolezza
Si consideri, ad esempio, lo stile theravada (sanscr. theravāda) di pratica dei quattro piazzamenti ravvicinati della consapevolezza (dran-pa nyer-zhag, sanscr. smṛtyupasthāna, pali satipaṭṭhāna). I quattro sono posizionamenti ravvicinati della consapevolezza sul corpo (pali kāya), sulle sensazioni di felicità e infelicità (pali vedanā), sulla mente (pali citta) e sulla vera natura delle cose (pali dhamma).
Nella prima fase del quarto piazzamento ravvicinato (della consapevolezza della vera natura delle cose), ci concentriamo su:
- I tipi di respiro e i loro effetti sul corpo
- I livelli di sensazioni di felicità e i loro effetti sulla mente
- I livelli di freschezza e concentrazione e i loro effetti anche sulla mente.
Attraverso la consapevolezza (dran-pa, sanscr. smṛti, pali sati), la rilevazione grossolana (rtog-pa, sanscr. vitarka, pali vitakka) e il discernimento sottile (dpyod-pa, sanscr. vicāra, pali vicāra) di queste variabili condizionanti e condizionate (’dus-byas, sanscr. saṃskāra, pali saṅkhāra) e delle loro continue variazioni, riconosciamo validamente che appartengono all'insieme dei fenomeni non statici. Sappiamo correttamente e con certezza che le nostre sensazioni corporee appartengono all'insieme dei fenomeni non statici attraverso l'inferenza basata sul fatto che "cambiare di momento in momento a causa dell'influenza di altri fattori mutevoli" è la caratteristica definitoria dei fenomeni non statici.
Con questa comprensione, possiamo ora concentrarci esclusivamente sulla "non staticità delle nostre sensazioni corporee". La comprensione di ciò è una cognizione valida di un fenomeno di affermazione. Non richiede la previa comprensione del significato della parola statico. Inoltre, il fenomeno di affermazione non è semplicemente la parola non staticità delle mie sensazioni corporee, è il significato della parola.
Un altro punto dimostra che l'apprendimento della "non staticità delle nostre sensazioni corporee" è una cognizione valida di un fenomeno di affermazione, che non richiede il previo apprendimento di un oggetto da negare e la sua esclusione. Un praticante che ha acquisito una cognizione inferenziale valida della non staticità attraverso questo tipo di meditazione ha precedentemente riconosciuto la "staticità" solo attraverso la cognizione concettuale che considera "non statico" come "statico" (mi-rtag-pa rtag-par ’dzin-pa). Un esempio è la cognizione concettuale della sensazione fisica di un prurito come statica. Tale cognizione concettuale ha una considerazione discordante (tshul-min yid-byed, considerazione errata) del suo oggetto noto come "non statico". Non apprende "non statico" perché considera non statico in un modo che non concorda con ciò che è corretto. La cognizione concettuale è distorta (log-shes) e, in quanto tale, non apprende nemmeno la "staticità". Pertanto, a meno che il praticante non abbia precedentemente studiato filosofia, non avrebbe mai percepito lo "statico" prima di aver riconosciuto validamente il "non statico" nella meditazione. Ricordiamo che l'apprendimento richiede una cognizione accurata e decisa.
Attraverso la realizzazione del "non statico" derivante dalla pratica efficace del piazzamento ravvicinato della consapevolezza, possiamo sostituire la considerazione discordante del "non statico" con la considerazione concordante (tshul-bcas yid-byed, corretta considerazione). Con la considerazione concordante che considera il "non statico" come "non statico", la nostra cognizione apprende il "non statico". Sebbene abbiamo sostituito la considerazione discordante con la considerazione concordante, non abbiamo esplicitamente escluso alcun oggetto da negare.
La cognizione valida di "non-statico" non è la stessa cosa della cognizione valida di "non statico"
D'altra parte, possiamo usare la logica indiana non prasanghika per ottenere una cognizione inferenziale valida basata sulla forza della realtà dei fenomeni. Ad esempio, possiamo validamente inferire che "il suono non è statico" basandoci sulla ragione "perché è influenzato da cause" e sull'esempio omogeneo "un vaso" e su un esempio eterogeneo "spazio". In termini tecnici, ciò che deve essere dimostrato o stabilito (sgrub-bya) è la tesi (phyogs) "il suono non è statico". In essa, l'oggetto della tesi (sgrub-chos) è il "suono" e la proprietà da stabilire (sgrub-pa’i chos) è "non statica". La dimostrazione logica (sgrub-pa) della tesi è "il suono non è statico, perché è influenzato da cause, come un vaso e non come lo spazio".
- Sebbene i termini tibetani per "prova logica" e "fenomeno affermativo" siano gli stessi, traducono due termini sanscriti diversi. Una prova logica è sadhana in sanscrito, mentre un fenomeno affermativo è vidhi.
- Pertanto, la proprietà da stabilire in una dimostrazione logica può essere un fenomeno di affermazione o di negazione. In questo caso, come vedremo, la tesi che contiene "non-statico" è un fenomeno di negazione.
Per dimostrare una tesi è necessario fare affidamento su tre componenti (tshul-gsum) di un ragionamento valido:
- Applicabilità all'argomento (phyogs-chos) – la ragione (rtags) deve esistere come proprietà dell'argomento (phyogs) della tesi. Il suono, in quanto argomento della tesi è, infatti, influenzato da cause.
- Pervasione (rjes-khyab) – la ragione deve esistere in un elemento omogeneo (mthun-phyogs, rang-phyogs), un membro dell'insieme di tutti i fenomeni che condividono la proprietà da dimostrare. Tutti i fenomeni non statici sono prodotti di cause. L'esempio omogeneo di un fenomeno non statico influenzato da cause è un vaso.
- Pervasione negativa (ldog-khyab) – la ragione deve essere inesistente in un elemento eterogeneo (mi-mthun phyogs, gzhan-phyogs), un membro del contro insieme di tutti i fenomeni privi della proprietà di essere dimostrati. Tutti i fenomeni che non sono non statici (tutti i fenomeni statici) non sono prodotti di cause. L'esempio eterogeneo di un fenomeno statico che non è influenzato da cause è lo spazio.
Sulla base di queste tre componenti di un ragionamento valido, possiamo dedurre e riconoscere validamente la conclusione che "il suono non è statico".
La "non staticità del suono" è un fenomeno di negazione. Una sua valida cognizione concettuale attraverso l'inferenza richiede di apprendere in precedenza il contro insieme "fenomeni statici" e di escluderlo (tagliarlo, respingerlo, rifiutarlo). L’esclusione è il terzo passo del ragionamento: la ragione deve essere inesistente in un elemento eterogeneo – in altre parole, non deve applicarsi all'esempio di alcun elemento che faccia parte del contro insieme.
Se prima avessimo riconosciuto validamente il fenomeno della negazione "non-statico" in questo modo e poi avessimo praticato un piazzamento ravvicinato della consapevolezza, potremmo arrivare ad avere una valida cognizione sensoriale pura della negazione non-statico. In tal caso, non stiamo riconoscendo l'affermazione non-statico, stiamo riconoscendo un fenomeno di negazione. Questa è una distinzione importante da fare riguardo all'identificazione del tipo di cognizione valida che può liberarci per sempre dall'inconsapevolezza (ma-rig-pa, ignoranza) al fine di raggiungere i veri arresti (’gog-bden) delle vere sofferenze e delle loro vere cause.
Confutazioni nella logica indiana non prasanghika
Dobbiamo fare attenzione a non confondere un fenomeno di negazione con il termine tecnico confutazione (sun-’byung-ba, sanscr. dūṣaṇa). Sebbene in italiano "confutazione" possa significare cose diverse, nella logica indiana non prasanghika si riferisce alla confutazione di una dimostrazione.
La confutazione di una dimostrazione può basarsi su un errore nella tesi, nella ragione o negli esempi.
- Un errore della tesi sarebbe quello di contraddire la cognizione nuda e valida. Qualsiasi ragionamento utilizzato per cercare di dimostrare che il suono è statico verrebbe confutato, perché la staticità di un suono contraddice l'evidenza della sua percezione uditiva valida.
- Errori nella ragione possono risiedere nel fatto che la sua esistenza nell'argomento della tesi non è dimostrata, è incerta o contraddittoria. Il fatto che il suono non sia statico non può essere dimostrato con la ragione "perché è forte" o "perché non è prodotto da cause". Non tutti i fenomeni non statici sono forti, e nessun fenomeno non statico non è prodotto da cause.
- Gli errori negli esempi possono risiedere nel fatto che la loro esistenza in un elemento omogeneo o la loro inesistenza in un elemento eterogeneo possono essere non stabiliti, incerti o contraddittori. Il suono non è statico perché, essendo prodotto dall'uomo, non può essere stabilito dall'esempio, come il fulmine o lo spazio.
Pertanto, nella logica indiana non prasanghika, una confutazione non è una confutazione di un oggetto da negare.
La differenza tra logica non prasanghika e prasanghika
La logica prasanghika è diversa dalla forma non prasanghika.
Logica non prasanghika
La logica non prasanghika mira a dimostrare o stabilire una tesi riguardo all'applicabilità o meno di una certa proprietà (chos) a un possessore di proprietà (chos-can). La proprietà può essere un fenomeno di affermazione o di negazione. Basandoci su un ragionamento in cui la ragione possiede le tre caratteristiche sopra menzionate, possiamo dimostrare che il suono non è statico, o che lo spazio è statico.
Implicita in questa logica è la convinzione che ciò che stabilisce l'esistenza (la valida conoscibilità) dei fenomeni, come la relazione tra un possessore di proprietà e una proprietà, siano pervasioni logiche realmente esistenti dal lato degli oggetti. Ad esempio, la pervasione che tutti i fenomeni non statici siano il prodotto di cause è stabilita dal lato dei fenomeni stessi, come un fatto di cui si può trovare l'esistenza.
Logica prasanghika
La logica prasanghika non accetta che l'esistenza dei fenomeni, come le relazioni tra possessori di proprietà e proprietà, sia stabilita da pervasioni logiche realmente esistenti e trovabili dalla parte dei fenomeni. Non accetta nemmeno che l'esistenza dei possessori di proprietà sia stabilita da alcune caratteristiche individuali realmente riscontrabili dalla loro parte (come linee continue che li circondano) che li rendono oggetti individuali validamente conoscibili. La questione di cosa esista e cosa non esista dipende esclusivamente dalla validità della mente che lo conosce.
Lo scopo della logica prasanghika, quindi, è confutare i modi di pensare che sono falsi perché collegano certe proprietà a possessori di proprietà a cui non si applicano validamente. Tali proprietà possono essere fenomeni di affermazione o di negazione. Pertanto, la logica prasanghika mira a confutare una tesi, piuttosto che a dimostrarla. Non si basa su ragionamenti contenenti i tre fattori, ma su conclusioni assurde (thal-’gyur, sanscr. prasaṅga) che seguirebbero se la proprietà inapplicabile esistesse esplicitamente nel possessore di proprietà inappropriato. Esaminando le conclusioni assurde che seguirebbero se, ad esempio, il suono fosse statico, confutiamo la tesi che il suono sia statico. Pertanto, riconosciamo validamente, inferenzialmente, che il suono non è statico.
Sappiamo validamente che una conclusione è assurda se uno o più dei seguenti criteri, relativi alla mente che la conosce e ne sia convinta, sono soddisfatti. La cognizione è inesatta perché è contraddetta da:
- Menti valide che condividono le stesse convenzioni (tha-snyad) dei termini che stiamo usando
- Menti valide che conoscono le verità superficiali delle cose – ciò che sembrano essere
- Menti valide che conoscono la verità più profonda delle cose: ciò che stabilisce e ciò che non stabilisce l'esistenza (la conoscibilità valida) delle cose.
Il "non-statico" derivato dall’esclusione concettuale dell'oggetto da negare ("statico") attraverso la logica non prasanghika, quindi, non è lo stesso del "non-statico" derivato dall’esclusione concettuale attraverso la logica prasanghika. Questo perché i metodi per escludere l'oggetto da negare sono diversi.
- Il non prasanghika esclude che un oggetto venga negato asserendo tre pervasioni logiche che esistono realmente e siano trovabili negli oggetti.
- Il prasanghika lo esclude attraverso un esame approfondito delle assurde conclusioni che seguirebbero se l'oggetto (la proprietà) da negare fosse applicato al possessore della proprietà.
Così,
- L’esclusione non prasanghika di un oggetto da negare non deriva da una confutazione basata sull'esposizione di errori nella logica.
- L’esclusione prasanghika di un oggetto da negare deriva dalla confutazione degli errori che seguirebbero se la conclusione fosse vera. Nemmeno l’esclusione non prasanghika deriva da questo tipo di confutazione.
Queste differenze sono significative anche per quanto riguarda l'identificazione dei tipi di cognizione valida che determinano veri e propri arresti.
La cognizione valida necessaria per raggiungere i veri arresti secondo i prasanghika
In Impegnarsi nella condotta del bodhisattva (sPyod-’jug, sanscr. Bodhicaryāvatāra), Shantideva sostiene fermamente che la cognizione non concettuale dei sedici aspetti delle quattro nobili verità, come la non staticità delle persone, non porta alla liberazione, nonostante l'affermazione non prasanghika. Si riferisce alle spiegazioni non prasanghika dei sedici aspetti che riguardano solo l'inconsapevolezza di come le persone esistono e che non implicano la realizzazione della visione prasanghika della vacuità. I commentari si riferiscono a tutti i sedici aspetti come alla cognizione non concettuale della non staticità.
Shantideva afferma che solo la cognizione non concettuale della vacuità, come definita nel prasanghika e applicata a tutti i fenomeni validamente conoscibili, può portare alla liberazione. Egli fornisce diverse ragioni per dimostrarlo. L'assorbimento totale non concettuale (mnyam-bzhag, equilibrio meditativo) sulla non staticità delle persone rimuove la considerazione discordante di essa. Non ha, tuttavia, il potere di rimuovere per sempre le sensazioni contaminate (zag-bcas, contaminato) o il desiderio (sred-pa) per tali sensazioni. Quel desiderio attiverà le conseguenze karmiche del karma proiettante al momento della morte e porterà a un'ulteriore rinascita samsarica.
L'analisi di affermazioni e negazioni di Jetsunpa fornisce ulteriori spunti sul motivo per cui la cognizione non concettuale della non staticità delle persone non può portare al raggiungimento dei veri arresti e quindi al raggiungimento della liberazione.
La cognizione non concettuale della non staticità è insufficiente per raggiungere i veri arresti
Nella meditazione di consapevolezza theravada sul respiro, sul corpo, sulle sensazioni e sulla mente, comprendiamo pienamente la non staticità di tutti questi aspetti solo quando comprendiamo, oltre al fatto che comportano solo sofferenza, altre quattro delle loro caratteristiche. Attraverso l'esame consapevole, conosciamo validamente, in sequenza, con la cognizione di ciascuno basata sulla cognizione dei precedenti:
- Che sono al di fuori del nostro controllo. In questo modo, riconosciamo validamente la loro mancanza di un'anima impossibile (bdag-med, sanscr. anātmīya, pali anattā, mancanza del sé, mancanza di identità).
- Che sono “non-me” e “non-miei”. In questo modo, riconosciamo validamente la loro vacuità (stong-nyid, sanscr. śūnyatā, pali suññatā).
- Che sono proprio così. In questo modo, riconosciamo validamente la loro natura concordante (de-bzhin-nyid, sanscr. tathatā, pali tathatā).
- Che tutti abbiano vere cause karmiche come condizioni per il loro sorgere. In questo modo, riconosciamo validamente la loro condizionalità (de-rkyen-nyid, sanscr. idaṃpratyayatā, pali idappacayatā). Ciò significa che riconosciamo la connessione dei legami causali dell'origine interdipendente con i legami risultanti delle variabili influenzanti delle rinascite samsariche che da essi maturano.
Se, come nel caso della conoscenza della "non staticità del respiro", il praticante si affida a una cognizione inferenziale basata sull'essere ben noto per conoscere validamente la mancanza di un'anima impossibile del respiro, allora, come la non staticità, quella mancanza di un'anima impossibile sarà un fenomeno di affermazione. Il suono della parola "mancanza" non esclude "un'anima impossibile". Se, d'altra parte, il praticante si affida a una cognizione inferenziale basata sulla forza della realtà dei fenomeni per conoscere validamente la mancanza di un'anima impossibile del respiro, allora quella mancanza sarà un fenomeno di negazione basato sulla previa esplicita esclusione di un'anima impossibile.
Anche se procediamo a riconoscere la non staticità di una persona attraverso la pratica della meditazione di consapevolezza, tuttavia, la cognizione non concettuale della non staticità delle persone non porta al raggiungimento dei veri arresti (’gog-bden). Questo perché non è sorta sulla base di una precedente effettiva esclusione di un oggetto da negare. Il suo oggetto, la non staticità delle persone, non è un fenomeno di tipo negativo bensì affermativo e la focalizzazione non concettuale si limita a distinguerlo correttamente e a focalizzarsi su di esso senza escludere alcunché in modo esplicito. La cognizione assomiglia alla focalizzazione non concettuale sulla vera sofferenza.
Il raggiungimento dei veri arresti
Perché la meditazione su un'affermazione non è sufficiente per ottenere un vero arresto della sofferenza e delle sue cause? Per capirlo, è necessario comprendere come avviene il raggiungimento di un vero arresto.
Nei loro testi di abhidharma su argomenti specifici di conoscenza, sia Vasubandhu che Asanga definirono l'inconsapevolezza come "non sapere" (mi-shes-pa) – non conoscere né la causa e l'effetto comportamentali né il modo in cui qualcosa esiste. Nelle sue opere sulla cognizione valida, Dharmakirti la definì come "conoscere in modo invertito" (phyin-ci-log-par ’dzin-pa) – accettare cognitivamente, in modo opposto a ciò che è corretto, sia la causa e l'effetto comportamentali sia il modo in cui qualcosa esiste. I sistemi filosofici non prasanghika seguono la definizione dell’abhidharma, quello prasanghika quella di Dharmakirti.
A causa di questa differenza nella definizione di "inconsapevolezza", i sistemi non prasanghika considerano la cognizione non concettuale della non staticità delle persone un metodo per ottenere un vero arresto dell'inconsapevolezza di tale fatto, nonostante sia focalizzata su un fenomeno di affermazione. Questo perché è l'opposto del non conoscere la realtà delle persone. Shantideva assume la posizione prasanghika e non è d'accordo, poiché tale cognizione non elimina la conoscenza inversa della realtà di qualsiasi cosa. Sostituire il non conoscere con la conoscenza corretta e decisa di un'affermazione sopprime temporaneamente la cognizione inversa. Tuttavia, tale cognizione valida non può liberarsi della cognizione inversa in modo tale che non si ripresenti mai.
Il raggiungimento dei veri arresti è raggiunto dalle vere menti sentiero (lam-bden, veri sentieri). Queste possono essere menti sentiero della visione (mthong-lam, sentiero della visione) o menti sentiero dell'abitudine (sgom-lam, sentiero della meditazione). Ogni livello delle due menti sentiero arya (’phags-pa, nobili) ha due fasi. La prima è una mente sentiero ininterrotta (bar-chad med-lam); la seconda è una mente sentiero liberata (rnam-grol lam).
- Le menti del sentiero ininterrotto si occupano dell'effettiva eliminazione (spang-ba, abbandono) di una porzione di qualcosa di cui una vera mente del sentiero si libera (spang-bya, abbandono). Sono le menti che realizzano il raggiungimento delle separazioni (bral-ba) da tali porzioni, e queste separazioni durano per sempre, senza mai cambiare. Le separazioni sono fenomeni statici che sono sempre presenti e non cambiano mai.
- Le menti liberate del sentiero hanno come condizioni immediate (de-ma-thag rkyen) i veri arresti delle porzioni eliminate dalle menti del sentiero ininterrotto che le hanno immediatamente precedute.
Ciò di cui le vere menti sentiero ci liberano sono i modi di conoscere, le loro tendenze e abitudini, che prendono come oggetto un oggetto da negare che non si applica a una certa base – per esempio, l'inconsapevolezza che considera discordantemente "non veramente esistente" come "veramente esistente". Quindi, liberarsi per sempre di una parte di qualcosa di cui liberarsi deriva dall'eliminare per sempre una parte dell'inconsapevolezza su cui si basa.
Poiché l'inconsapevolezza è una cognizione invertita di qualcosa, può essere eliminata solo da una cognizione non concettuale basata sull'aver precedentemente escluso esplicitamente l'oggetto da negare, che l'inconsapevolezza ha applicato in modo discordante. Pertanto, solo una cognizione non concettuale di una negazione può fungere da percorso ininterrotto.
Poiché la non staticità è un fenomeno di affermazione, la sua cognizione non concettuale non esclude esplicitamente nulla a livello cognitivo. Pertanto, non può in alcun modo liberarci dalla cognizione invertita di alcunché e quindi non può in alcun modo portare al raggiungimento di un vero arresto.
La cognizione della vacuità richiede un’esclusione cognitiva effettiva
Un'ulteriore implicazione delle definizioni di affermazioni e negazioni di Jetsunpa è che solo una cognizione valida e non concettuale della vacuità, che implica un'effettiva esclusione cognitiva dell'oggetto da negare – un'esistenza realmente stabilita – ha la capacità di determinare un vero arresto della sofferenza.
Affinché una cognizione non concettuale della vacuità come negazione sia valida, quindi, richiede che sia immediatamente preceduta da due passaggi. In primo luogo, è necessario che vi sia una corretta e decisa distinzione (’du-shes, riconoscimento) della base a cui si applica la negazione dell'oggetto da negare – la base della negazione (dgag-gzhi) – e una corretta e decisa distinzione dell'oggetto da negare (dgag-bya) – l'esistenza realmente stabilita. In secondo luogo, è necessario che vi sia una reale esclusione dell'oggetto da negare. Solo seguendo questa sequenza può esserci una cognizione non concettuale della vacuità stessa.
L’esclusione effettiva non deve necessariamente basarsi su una sequenza di cognizioni inferenziali che si verificano esplicitamente immediatamente prima dell’esclusione. Secondo la presentazione ghelug, il prasanghika afferma che la cognizione inferenziale valida si basa direttamente su un ragionamento ed è sempre concettuale. La cognizione diretta valida (mngon-sum tshad-ma) non si basa direttamente su un ragionamento. La sua prima fase può essere concettuale, basata su cognizioni inferenziali avvenute parecchio tempo fa. La seconda fase sarebbe quindi non concettuale.
Distinguere correttamente e in modo decisivo un oggetto inesistente da negare
Solo i fenomeni esistenti sono validamente conoscibili e solo i fenomeni validamente conoscibili possono essere appresi. Pertanto, stabilendo che la negazione richiede la previa effettiva esclusione dell'oggetto da negare, la previa effettiva esclusione può essere basata sulla previa apprensione dell'oggetto da negare solo se tale oggetto da negare è un fenomeno validamente conoscibile. Nel caso della vacuità, tuttavia, l'esistenza veramente stabilita è un fenomeno inesistente e, pertanto, non validamente conoscibile. Ciò implica che l'esistenza veramente stabilita non possa essere esplicitamente esclusa?
I prasanghika rispondono a questa apparente contraddizione spiegando che, per giungere a una reale esclusione dell'esistenza realmente stabilita, è sufficiente percepire concettualmente un ologramma mentale che rappresenti l'esistenza realmente stabilita. L'ologramma mentale che rappresenta il fenomeno inesistente è un fenomeno validamente conoscibile, e possiamo percepirlo concettualmente come tale, purché non abbiamo una considerazione errata riguardo a questo ologramma mentale, che è l'oggetto concettualmente implicito (zhen-yul) e la cui base si afferra (zhen-gzhi, concettualizzato sull'oggetto) all'effettiva "esistenza realmente stabilita".
Per escludere l'oggetto concettualizzato, a volte definito genericamente come l'oggetto concettualmente implicito stesso, che è l'oggetto da negare, dobbiamo affidarci alla cognizione inferenziale attraverso le conclusioni assurde (thal-’gyur, sanscr. prasaṅga) che seguirebbero se l'esistenza dei fenomeni potesse essere veramente stabilita. Non possiamo affidarci a ragionamenti semplici, poiché tutti i non prasanghika non considerano inesistente l'esistenza veramente stabilita. Pertanto, nel caso in cui l'oggetto da negare in un fenomeno di negazione sia inesistente, la sua previa effettiva esclusione deve essersi verificata tramite una valida cognizione inferenziale di un accurato ologramma mentale dello stesso e tale previa effettiva esclusione deve essersi basata su conclusioni assurde. Pertanto, la vacuità è un fenomeno di negazione.
Esaminiamo più da vicino. La cognizione inferenziale è sempre cognizione concettuale. Nel caso della cognizione inferenziale che esclude esplicitamente la negazione dell'oggetto inesistente "esistenza veramente stabilita", l'oggetto apparente (snang-yul) della cognizione è la categoria di significato/oggetto (don-spyi) "esistenza veramente stabilita", designata con l'etichetta (brda) "esistenza veramente stabilita". Attraverso la categoria, la cognizione concettuale riconosce un'apparenza che rappresenta l'esistenza veramente stabilita (bden-snang). Questa apparenza cognitiva è l'ologramma mentale che è l’oggetto concettualmente implicito.
La cognizione concettuale di queste categorie esistenti, validamente conoscibili e di oggetti esistenti concettualmente impliciti è priva di un oggetto concettualizzato, poiché l'esistenza veramente stabilita è inesistente. Non esiste un fenomeno validamente conoscibile, " esistenza veramente stabilita ", concettualizzato dal pensiero. L'apparenza che rappresenta l'esistenza veramente stabilita sorge semplicemente grazie al potere delle abitudini di afferrarsi all'esistenza veramente stabilita (bden-’dzin-gyi bag-chags), e non grazie al potere dell'esistenza veramente stabilita stessa.
Mentre la cognizione concettuale di un'apparenza che rappresenta un'esistenza realmente stabilita apprende esplicitamente l'ologramma mentale che rappresenta un'esistenza realmente stabilita, può anche, simultaneamente, apprendere implicitamente l'assenza di qualsiasi oggetto concettualizzato a cui si afferra questo oggetto concettualmente implicito, in altre parole, la vacuità di un'esistenza realmente stabilita.
Pertanto, affinché la cognizione concettuale della vacuità dell'esistenza veramente stabilita sia valida, la cognizione:
- Deve basarsi sulla corretta e decisa distinzione delle apparenze di un'esistenza realmente stabilita.
- Deve contenere un’etichetta accurata e una categoria di significato/oggetto accurata "esistenza realmente stabilita" sulla base di quella distinzione precedente corretta e decisiva.
- È necessario che vi sia una considerazione concordante dell'ologramma mentale dell'esistenza realmente stabilita e non che questo corrisponda a qualcosa di esistente.
- Occorre convincersi che è possibile negare l'esistenza realmente accertata attraverso il potere dell'inferenza attraverso conclusioni assurde.
- Deve escludere esplicitamente l'esistenza realmente accertata attraverso il potere di conclusioni assurde, correttamente e decisamente comprese.
- Non si deve pensare semplicemente alle parole “esistenza veramente stabilita” come a un oggetto senza che esse siano designate in base alla categoria di significato/oggetto di ciò che significano.
- Non si deve pensare a un’“esistenza veramente stabilita” attraverso una mera categoria audio accurata (sgra-spyi). Non è sufficiente pensare semplicemente ai suoni mentali “esistenza veramente stabilita” senza avere idea di cosa significhino.
- Non deve limitarsi a presumere che l'esistenza veramente accertata non esista senza comprendere appieno perché la sua esistenza sia impossibile. In altre parole, anche se possiede un significato/categoria oggetto accurato di ciò che significa "esistenza veramente accertata”, deve essere decisivo riguardo a tale significato.
- Inoltre, anche quando ci si concentra successivamente e direttamente sulla vacuità, sia concettualmente senza affidarsi direttamente a conclusioni assurde, sia non concettualmente senza il supporto di una categoria di oggetto/significato, la cognizione stessa ha bisogno di riconoscerla con il potere di aver escluso esplicitamente un'esistenza realmente stabilita. Se tale potere manca, la cognizione non può determinare un vero arresto di alcunché.
In breve, come enumerato nella meditazione in quattro parti sulla vacuità:
- Dobbiamo prima distinguere in modo corretto e deciso l'oggetto da negare.
- Dobbiamo quindi comprendere correttamente il ragionamento basato sulla conclusione assurda che la nega.
- Dobbiamo essere decisamente convinti che il modo di ragionare lo neghi.
- Dobbiamo negare (escludere) esplicitamente l'oggetto da negare.
Solo allora potremo validamente concentrarci sulla vacuità.