22 punti su cui allenarsi

Punto 7

Il settimo e ultimo punto contiene 22 punti su cui allenarsi per purificare i nostri atteggiamenti:

(1) Devo compiere tutti gli yoga con un’unica [intenzione]

Qualunque cosa facciamo, dovremmo farla per essere in grado di aiutare gli altri. Un esempio spesso usato in India, dove le persone frequentemente hanno vermi, è l’aspirazione che “Quando mangio, che io possa nutrire tutti i microorganismi nel mio corpo”. Anche se non riusciamo a sostenere questo tipo di motivazione durante tutto il pasto, cominciamo così a mangiare. Il verso di dedica scritto da Nagarjuna “Io prendo questo cibo non per attaccamento o golosità, ma come una medicina per aiutare gli altri” è molto utile.

(2) Devo compiere tutte le demolizioni di ciò che è distorto con una [pratica]

Questo verso si può spiegare in molti modi, uno dei quali consiste nello sbarazzarsi delle nostre emozioni disturbanti che abbiamo tramite il tonglen – prendere su noi stessi le emozioni disturbanti e le sofferenze degli altri. Non è che prendiamo la rabbia degli altri, e poi noi ci arrabbiamo ancora di più. Invece, come con tutti gli insegnamenti sul tonglen, non ci afferriamo a quello che prendiamo dagli altri considerandolo come qualcosa di solido dentro noi stessi, ma al contrario mettiamo in pratica la nostra capacità di superare realmente queste emozioni disturbanti.

Può essere utile capire che quando sorgono le nostre emozioni disturbanti, questo è un buon segno, perché per poter eliminare tutti i nostri sentimenti disturbanti nascosti, devono prima venire alla luce. Tutta la rabbia repressa e così via esce fuori, e così possiamo eliminarla. È un po’ simile a quando pratichiamo lo zhinay per la prima volta cercando di calmarci, perché noteremo sempre di più quanto la nostra mente vaghi da tutte le parti. Effettivamente non è che stanno accadendo molte altre cose nella nostra mente, è solo che in precedenza ne eravamo meno consapevoli. Allo stesso modo, quando addestriamo gli atteggiamenti e cominciamo ad osservare la nostra mente, scopriamo che c’è molta rabbia e attaccamento che prima non avevamo mai notato. In effetti, questo è proprio un buon segno.

(3) All’inizio e alla fine, devo avere le due azioni

Le due azioni sono all’inizio di avere l’intenzione di aiutare gli altri, e alla fine di dedicare qualunque forza positiva. Questo di nuovo può essere illustrato da Geshe Ben Gungyal e i suoi ciottoli bianchi e neri. Non appena ci svegliamo o prima di fare qualcosa di difficile, abbiamo bisogno di stabilire la forte intenzione di prenderci cura degli altri e di non essere egoisti. Alla fine della giornata, riflettiamo su quello che abbiamo fatto, dedicando il potenziale positivo delle nostre azioni costruttive, e provando rammarico e purificandoci dalle azioni negative.

(4) Qualunque dei due accada, devo agire con pazienza

Che ci sia felicità o infelicità, o sia che incontriamo circostanze fortunate o sfortunate, dovremmo avere pazienza ed essere coerenti nel desiderare di dare felicità agli altri e di prendere su noi stessi i loro problemi. Quando le cose vanno bene, non dovremmo essere orgogliosi, arroganti o soddisfatti di noi stessi, e quando le cose vanno male, è importante non sentirci depressi e pensare di non poter fare nulla. Se siamo ricchi, allora dovremmo usare la ricchezza per aiutare effettivamente gli altri, ma, se non abbiamo nulla, possiamo almeno usare la nostra immaginazione per essere generosi. In entrambe le circostanze, possiamo praticare il tonglen.

(5) Devo proteggere i due al costo della mia vita

Questo si riferisce agli impegni che prendiamo, specificatamente alle pratiche che creano una stretta connessione tramite le quali addestriamo le nostre menti. Dobbiamo proteggerle con forza; in effetti con una forza tale per cui i testi dicono persino di proteggerle al costo della nostra vita. Ecco perché dovremmo controllare i voti buddhisti prima di prenderli, perché molte persone si buttano in pratiche e iniziazioni avanzate senza avere un’idea chiara di quali siano gli impegni, e senza capire se saranno in grado di mantenerli. Li stanno prendendo perché tutti gli altri stanno facendo la stessa cosa, e vogliono essere un praticante “avanzato”.

Prima di chiedere pratiche avanzate ai maestri, dovremmo controllare la nostra moralità. Possiamo davvero mantenere l’autodisciplina? Siamo in grado di mantenere gli impegni? Se la risposta fosse no, allora semplicemente non dovremmo richiedere pratiche avanzate. Alcune persone potrebbero fare una puja di Chenrezig una volta a settimana, ma senza alcun entusiasmo e interesse; eppure, quando arriva un grande lama sono ansiosi di prendere qualunque iniziazione venga data, a prescindere da quanto lunga sia la sadhana quotidiana. Se ci viene difficile fare qualcosa una volta a settimana, come potremmo farlo ogni giorno?

(6) Devo addestrarmi nelle tre cose difficili

Quando sorgono emozioni disturbanti, ci sono tre cose difficili. La prima consiste nel riconoscere l’emozione e ricordare quale sia la forza opponente necessaria per eliminarla. La seconda è di applicare effettivamente la forza opponente, e la terza è di mantenere la consapevolezza dell’opponente in modo tale che l’emozione disturbante non continui a sorgere. In altre parole, abbiamo bisogno di interrompere la continuità di emozioni disturbanti come la rabbia e l’avarizia, e di atteggiamenti disturbanti come l’egoismo.

(7) Devo prendere le tre cause principali

Le tre cause principali sono necessarie per poter praticare questo addestramento dei nostri atteggiamenti. La prima è di incontrare un maestro spirituale che può darci insegnamenti e ispirarci a seguirli; la seconda causa consiste effettivamente nel praticare gli insegnamenti; la terza è di avere le circostanze favorevoli per praticare gli insegnamenti. Queste circostanze favorevoli consistono fondamentalmente nell’essere soddisfatti da cibo e abbigliamento modesto, una casa semplice eccetera, e dal non preoccuparsi di quanto possiamo ottenere per noi stessi. Se guadagniamo a sufficienza, ad esempio, dovremmo accontentarci invece di volere sempre di più, in modo tale da poter utilizzare la nostra energia per concentrarci sull’aiutare gli altri.

(8) Devo meditare sulle tre cose da non diminuire

La prima cosa che non deve diminuire è la nostra convinzione nelle buone qualità del maestro, e l’apprezzamento della sua gentilezza. Se è presente, allora questo atteggiamento si espanderà a tutti gli altri. Saremo in grado di riconoscere le buone qualità delle altre persone, e quindi le rispetteremo. Inoltre, apprezzeremo la gentilezza degli altri, anche se non fanno nulla direttamente per aiutarci. Ci aiutano semplicemente per il fatto che sono disponibili ad essere aiutati da noi.

Uno dei grossi ostacoli allo sviluppo del bodhichitta è che spesso critichiamo gli altri. Vediamo soltanto le loro cattive qualità e sentiamo di essere migliori di loro. Ad esempio, se un grande accademico o professore è molto erudito ma anche arrogante, allora la sua conoscenza non è di aiuto a nessuno – nemmeno a loro stessi, per non parlare degli altri. Tutti sono disgustati dal suo orgoglio e nessuno vuole ascoltarlo. Quando rifiutiamo, con orgoglio o arroganza, i pensieri e le opinioni degli altri, allora non siamo aperti ad imparare da nessuno. Imponiamo le nostre idee, anche se sono sbagliate, sugli altri e rifiutiamo i consigli di tutti. Se siamo umili e ascoltiamo gli altri, allora possiamo imparare persino dalle persone che hanno poca educazione, come i bambini. Concentrandoci sulle buone qualità e apprezzando la gentilezza degli altri, possiamo aprirci a imparare da chiunque. L’opposto di questo consiste nell’ignorare e rifiutare le parole delle altre persone semplicemente per proteggere e difendere le nostre posizioni.

La seconda cosa che non deve diminuire è la nostra disponibilità a praticare; dunque, dall’inizio è importante non sentire come se questo addestramento fosse imposto da qualcuno. Non dovremmo pensare, “Dovrei fare questo per essere bravo. Se non lo faccio, allora sono una persona cattiva!”. Quando le persone sono obbligate a fare qualcosa, solitamente si ribellano e fanno l’opposto. Se riflettiamo realmente sui vantaggi di prendersi cura degli altri e gli svantaggi dell’egoismo, allora naturalmente avremo un grande entusiasmo per la pratica, e saremo totalmente disposti a farla.

La terza cosa che non deve diminuire è che i nostri impegni e le pratiche che creano una connessione stretta siano stabili e costanti.

(9) Devo possedere i tre inseparabili

Questo significa che il nostro corpo, la parola, e la mente devono essere coscienziosi e impegnarsi nella pratica di aiutare gli altri. L’esempio utilizzato per il corpo è di non sedersi muovendosi tutto il tempo, ma di rimanere consapevoli e calmi. Le nostre parole non dovrebbero essere discorsi senza senso, ma si devono concentrare sull’aiutare gli altri. La mente dovrebbe essere piena di pensieri di aiuto per gli altri invece di pensieri inutili e stupidi. A prescindere da quello che stiamo facendo, sia che coinvolga il corpo, la parola, o la mente, ci deve essere una connessione costruttiva.

I tibetani dicono che quando dormiamo, non dovremmo dormire come un bue, che semplicemente si accascia a terra. Invece, prima di andare a letto, dovremmo fare tre prostrazioni per riaffermare la nostra direzione sicura nella vita, e il nostro obiettivo di bodhichitta. Se manteniamo l’aspirazione, “Che io possa dormire e riposarmi per poter continuare in questa direzione”, allora anche qualcosa come il nostro sonno può diventare un atto straordinario.

(10) Devo agire in modo puro, senza parzialità verso gli oggetti

Questo significa che dovremmo addestrarci con chiunque, non solo con i nostri amici e parenti. Questo è simile al sesto punto dell’articolo precedente, e si applica non solo alle persone, ma anche agli animali. Alcune persone possono essere molto gentili con i gatti e i cani, ma poi non offrono lo stesso atteggiamento di cura agli insetti o i roditori. Questa è parzialità; siamo gentili solo con gli animali che ci piacciono, e non abbiamo nessuna considerazione o siamo persino ostili verso quegli animali che non ci piacciono.

È difficile, ma effettivamente quando parliamo di portare tutti gli esseri all’illuminazione, è importante comprendere come nessun essere possegga un’identità intrinseca, permanente, in termini del particolare stato di rinascita in cui si trovano ora. Nessuno è intrinsecamente un essere umano, uno scarafaggio, una donna, o un uomo. Tutti noi abbiamo continuum mentali senza alcun inizio, e abbiamo avuto innumerevoli rinascite in base al nostro karma. Ovviamente, abbiamo bisogno di relazionarci agli altri al livello convenzionale in cui si trovano ora – come un essere umano, un cane, uno scarafaggio – ma al livello più profondo, capiamo che tutti hanno la natura di Buddha. Potrebbero essere stati nostra madre nella vita precedente, e potrebbero esserlo in quella successiva. In questo modo, possiamo cominciare a estendere la nostra pratica a tutti gli esseri.

Questo desiderio di prendersi cura degli altri e di fargli del bene deve essere unito ad una comprensione della mente senza inizio e della natura di Buddha. Ecco perché la pratica di prendersi cura degli altri e di superare l’egoismo comincia con la coltivazione dell’equanimità [inclusività], in cui vediamo tutti come nostra madre. Questo ci riporta alla base della mente senza inizio e che tutti sono uguali da questa prospettiva.

(11) Devo amare (l’applicazione di) un addestramento vasto e profondo verso ogni cosa

Addestrare le nostre menti vuol dire farlo verso qualunque cosa – ciò significa gli oggetti inanimati oltre agli esseri senzienti. Non solo non dovremmo arrabbiarci con le persone, ma anche con la nostra macchina quando non parte o l’autobus se è in ritardo. Abbiamo bisogno di evitare di attaccarci non solo alle persone, ma anche al gelato o ai soldi. Dobbiamo fare tutto questo dal profondo del nostro cuore, non semplicemente in modo superficiale.

(12) Devo meditare sempre su quelli messi da parte (come vicini)

Dobbiamo applicare queste pratiche con i nostri genitori e le persone con cui viviamo. Spesso le persone meditano per generare sentimenti di amore per tutti gli esseri, ma poi non riescono ad andare d’accordo nemmeno con i loro genitori! Questo punto è importante, e dobbiamo sforzarci molto in questo. Abbiamo bisogno di lavorare con coloro a cui siamo strettamente connessi, e anche con coloro verso cui ci sentiamo attratti o proviamo antipatia al primo sguardo, perché in tali casi la connessione karmica è forte.

(13) Non devo essere dipendente da altre condizioni

Qualunque cosa accada, abbiamo bisogno di lavorare sui nostri atteggiamenti. Se aspettiamo fino a quando non abbiamo le condizioni perfette per praticare, allora molto probabilmente aspetteremo per sempre. Un grande maestro tibetano disse che quando le cose vanno bene, le persone mostrano un volto spirituale, ma quando le cose vanno male, mostrano il loro vero volto. Tutto è bello e semplice quando le cose vanno lisce, ma quando la situazione diventa difficile, molte persone si deprimono e si ubriacano invece di affidarsi alle loro pratiche. A prescindere da come stiano andando le cose, abbiamo bisogno di essere costanti nella nostra pratica.

Nagarjuna disse che non possiamo semplicemente essere tirati fuori dal samsara come il pesce tirato su dai pescatori. I grandi lama e i Buddha non possono semplicemente tirarci fuori dalle nostre situazioni difficili, ma ci possono aiutare ed essere una fonte di ispirazione. Non possono schioccare le dita e, all’improvviso, i nostri problemi e il nostro egoismo scompaiono. Piuttosto dobbiamo stare in piedi da soli e metterci impegno. Se non facciamo niente e semplicemente ci aspettiamo che il guru lo faccia per noi, non accadrà nulla.

(14) Devo praticare principalmente ora

Un lama disse che non dovremmo essere come un turista di professione nel samsara, pensando di avere molto tempo per esplorare e sperimentare tutto. Non abbiamo tutto questo tempo! Dobbiamo cercare di lavorare sui nostri atteggiamenti ora, e sforzarci in questo per sviluppare il bodhichitta e ottenere l’illuminazione.

È utile immaginare che fondamentalmente siamo in una sorta di ‘congedo temporaneo’ dai regni inferiori. Temporaneamente non siamo uno scarafaggio o un cane, e dunque dovremmo usare questo tempo in modo efficace. Il nostro interesse primario dovrebbe essere il Dharma e cercare di superare il nostro egoismo, invece di essere coinvolti in obiettivi mondani che semplicemente l’aumentano.

Abbiamo anche bisogno di considerare le vite future, ma molti di noi non ci credono nemmeno oppure semplicemente non ci pensano. Se pratichiamo ora e non facciamo progressi, ci scoraggiamo. Poi sentiamo parlare del tantra e ci viene detto che possiamo raggiungere l’illuminazione in questa stessa vita, il che sembra molto allettante! Tuttavia, la gran parte dei praticanti tantrici non otterranno l’illuminazione in questa vita, perché è molto raro. Possiamo sforzarci di ottenerla, ma non dovremmo pensare che la nostra possibilità è persa per sempre se non ce la facciamo. Noi pensiamo in termini di una vita dopo l’altra, di essere in grado di continuare la nostra pratica nel corso di varie vite. Non è semplicemente tutto o niente ora. Per tutto questo è necessaria una comprensione corretta di ciò che il Buddhismo intende con “vite future”, il che non è affatto semplice.

(15) Non devo avere comprensioni ribaltate

Ci sono sei tipologie di comprensioni ribaltate che abbiamo bisogno di evitare:

  • Compassione ribaltata – invece di avere compassione per persone ben vestite che agiscono in modo distruttivo, proviamo compassione per praticanti mal vestiti che in effetti sono impegnati in azioni costruttive. Pensiamo che “Oh, quei poveri meditanti nelle loro caverne, non hanno nulla da mangiare!”. È buono dargli del cibo se sono affamati, ma le persone che hanno davvero problemi sono quei ricchi uomini d’affari che vanno in giro ad ingannare tutti. Agiscono in un modo che creerà ancora più sofferenza, mentre il meditante crea felicità futura e fondamentalmente la liberazione per sé stesso. C’è la storia di tre ricche sorelle che videro Milarepa e dissero, “Oh, proviamo così tanta pena per te!”, e lui rispose, “No, effettivamente io provo pena per voi; siete voi gli oggetti della compassione, non io!”.
  • Pazienza ribaltata – l’essere paziente e tollerante verso i nostri atteggiamenti disturbanti e l’egoismo, invece di essere pazienti con coloro che si arrabbiano con noi. Poi ci sono coloro che non hanno alcuna pazienza di sedersi in una classe di Dharma o di fare una sessione di meditazione, ma hanno una grande pazienza per stare in fila per ore al freddo per comprare i biglietti di un concerto rock. Questa è proprio pazienza al contrario!
  • Intenzione ribaltata – la nostra intenzione principale è di avere soldi, piaceri, vantaggi mondani di ogni genere eccetera, invece di impegnarsi nell’ottenere felicità interiore.
  • Assaggio ribaltato – voler visitare terre esotiche lontane, oppure voler provare droghe e fare sesso esotico, invece di desiderare un assaggio di esperienza spirituale proveniente dall’ascoltare, riflettere, e meditare sugli insegnamenti.
  • Interesse ribaltato – invece di incoraggiare gli altri ad interessarsi di pratiche spirituali, l’interesse ribaltato avviene quando li incoraggiamo a fare più soldi negli affari e così via.
  • Gioire in maniera ribaltata – invece di gioire delle azioni positive nostre e degli altri, gioiamo se il nostro nemico o qualcuno che non ci piace ha problemi o difficoltà.
(16) Non devo essere intermittente

Questo significa praticare un giorno e non quello seguente. Abbiamo bisogno di regolarità nella pratica! Inoltre, se non siamo forti nella pratica, non dovremmo semplicemente saltarla e andare avanti, ma dovremmo essere costanti come un grande fiume.

(17) Devo addestrarmi risolutamente

Se vogliamo superare il nostro egoismo, dovremmo farlo in modo lineare. Mia madre era solita dire, “Tira dritto, non perderti nelle viuzze”. Non vogliamo ritrovarci in uno stato mentale in cui da un lato vogliamo praticare e dall’altro non ne abbiamo voglia. Dobbiamo andare dritti al punto e non perderci.

(18) Devo liberare me stesso mediante sia l’indagine che l’esame

Dovremmo controllare sia a un livello superficiale sia in profondità se abbiamo cambiato i nostri atteggiamenti. Stiamo semplicemente reprimendo l’egoismo, o l’abbiamo davvero sradicato? Un altro significato è quello di addentrarci negli insegnamenti in un modo non superficiale. Se facciamo un esame generale e accurato, avremo un’idea chiara di ciò che deve essere fatto. A quel punto, possiamo farlo senza esitazione.

(19) Non devo meditare con una sensazione di perdita.

Spesso nelle nostre pratiche mentalmente offriamo tutto, ma se nella vita reale le persone ci chiedono qualcosa ma noi non diamo nulla, questo si chiama praticare con una sensazione di perdita. Quando offriamo qualcosa, ciò che abbiamo dato appartiene all’altra persona e non a noi. Quando vivevo in India, avevo un bel giardino di fiori e nella mia meditazione facevo offerte di fiori a tutti. Ma quando i bambini del posto li raccoglievano per portarli a casa, notavo che ero molto rigido. La “sensazione di perdita” si riferisce a questo.

Inoltre, non dovremmo ricordare agli altri i favori che abbiamo fatto per loro, o quali siano stati i sacrifici che abbiamo fatto per aiutarli. Un’altra cosa ancora più importante, non dovremmo mai vantarci delle nostre pratiche, dicendo agli altri che abbiamo fatto 100.000 prostrazioni o qualunque altra cosa. Noi accumuliamo forza positiva facendo le prostrazioni, non dicendolo agli altri. Se facciamo un lungo ritiro e ne usciamo semplicemente per sminuire i nostri vecchi amici come “le povere creature meschine del samsara”, allora qualcosa è andato storto! Dovremmo semplicemente praticare con sincerità, senza autocommiserarci e senza diventare arroganti.

(20) Non devo limitarmi con l’ipersensibilità.

Non dovremmo arrabbiarci alla minima provocazione. Abbiamo bisogno di poter ricevere l’abuso, persino in pubblico. Il consiglio di Shantideva è che anche se qualcuno ci grida, dovremmo rimanere calmi, come un tronco d’albero. Alla fine, lui diceva, la persona non avrà più nulla da dire di cattivo o si annoierà e smetterà di urlare. Questo deve essere fatto con una motivazione pura, non pensando a come potremmo vendicarci in seguito.

(21) Non devo agire semplicemente per un po’.

Questo vuol dire non essere incostanti; non cambiare continuamente le nostre idee. Il minimo elogio ci rende felici, ma qualcuno che ci guarda con disappunto ci fa deprimere. Se agiamo così, allora gli altri ci considereranno instabili e squilibrati, e questo ostacolerà la nostra capacità di aiutarli. Shantideva offre i consigli migliori: siate rilassati con le persone; non passate tutto il giorno in chiacchere inutili, ma non rimanete nemmeno completamente in silenzio. Se non parliamo con le persone con cui viviamo, può essere più disturbante di mettere la musica ad alto volume! È importante essere flessibili, perché questo ci consentirà di praticare per tutta la vita, e non solo per un breve periodo di tempo.

(22) Non devo desiderare (nessun) ringraziamento.

L’abbiamo detto prima: non dovremmo aspettarci un grazie o qualunque apprezzamento o riconoscimento per aiutare gli altri. Questo punto comprende l’evitare gli otto dharma mondani, che sono quattro paia di opposti:

  • Eccitarsi quando riceviamo qualcosa e deprimersi quando subiamo una perdita
  • Eccitarsi quando le cose vanno bene e deprimersi quando vanno male
  • Eccitarsi quando riceviamo elogi e deprimersi quando riceviamo critiche
  • Eccitarsi quando riceviamo belle notizie e deprimersi quando riceviamo cattive notizie. 

Questo conclude il settimo punto.

Versi finali

(Così,) devo trasformare in un sentiero per l’illuminazione questo (tempo in cui) i cinque deterioramenti sono dilaganti.

Si dice che viviamo nel tempo delle cinque degenerazioni.

  • Degenerazione della durata della vita – la durata della vita si accorcia sempre di più. Molte persone muoiono quando sono giovani, e sembra che ci siano più malattie come l’AIDS e vari incidenti e morti connesse all’uso di droghe. I bambini quasi non hanno più un’infanzia, e quando arrivano a tredici anni, alcuni hanno già preso droghe e fatto sesso. In questo senso la vita sembra che si stia accorciando.
  • Degenerazioni delle emozioni disturbanti – anche coloro che diventano monache o monaci hanno forte rabbia, desiderio, attaccamento, ingenuità e così via.
  • Degenerazione dei punti di vista – i laici non hanno alcun rispetto per i monaci e le monache. In effetti, oggigiorno sembra come se nessuno abbia alcun rispetto per nulla. Persone che ricoprono le posizioni politiche e spirituali più elevate sono coinvolte in ogni genere di scandali.
  • Degenerazione degli esseri – siamo meno in grado di prenderci cura di noi stessi rispetto al passato. Dipendiamo così tanto dall’elettricità, internet, le macchine, i computer eccetera che al minimo problema non riusciamo a vivere. Cinquant’anni fa, tutti riuscivano a farcela senza i computer, ma ora ci spaventiamo quando internet non funziona per qualche minuto. La salute, l’intelletto, la forma fisica e così via sono tutte in declino.
  • Degenerazione dei tempi – ci sono sempre più disastri naturali. Abbiamo i problemi del cambiamento climatico, di enormi uragani, terremoti, e così via. Questo è il tempo in cui abbiamo davvero bisogno di questa pratica per trasformare le situazioni difficili in un cammino che ci porta all’illuminazione.

Il testo continua:

Quest’essenza del nettare di insegnamenti quintessenziali è nel lignaggio da Serlingpa.  

Gli insegnamenti quintessenziali sono gli insegnamenti sul bodhichitta eccetera, che sono come un nettare che concede l’immortalità, perché portano alla Buddhità. Gli insegnamenti provengono da Serlingpa, un maestro di Atisha dell’isola di Sumatra.

L’autore conclude:

Dal risveglio dei residui karmici provenienti dall’essersi precedentemente addestrato, la mia ammirazione (per questa pratica) abbondava. E grazie a tale causa, ignorando la sofferenza e l’insulto, io richiesi le istruzioni per domare il mio afferrarsi al sé. Ora anche se muoio, non ho nessun rimpianto.

Se abbiamo davvero addestrato le nostre menti e gli atteggiamenti e abbiamo eliminato l’egoismo e la preoccupazione per noi stessi, allora moriremo felici. Avremo accumulato cause per essere in grado di continuare ad aiutare gli altri nelle vite future. Nell’immediato, moriremo con uno stato mentale rilassato, o almeno senza nessun rimpianto.

Questo è l’insegnamento sull’Addestramento mentale in sette punti, che ho ricevuto molte volte dai miei vari maestri: da Sua Santità il Dalai Lama, dal suo maestro Serkong Rinpoche, e da Geshe Ngawang Dhargyey. Spero che possano essere di beneficio per tutti gli esseri. 

Domande

E se abbiamo paura di praticare alcuni di questi insegnamenti?

Come ho detto prima, questi insegnamenti sono molto avanzati, e non sono adatti ai principianti. Prima di cominciare, abbiamo bisogno di avere un ego sano per superare la bassa autostima. Il prezioso ornamento della liberazione di Gampopa comincia con la natura di Buddha, e ciò significa che abbiamo bisogno di convincerci che abbiamo tutte le qualità che ci consentiranno di raggiungere la Buddhità. Questo è il punto di partenza, e davvero ci aiuta a superare la bassa autostima. Senza avere questo, non è consigliabile passare a pratiche più avanzate.

Cos’è un ego sano? Beh, nel Buddhismo, cerchiamo di eliminare l’ego smisurato, non l’ego sano. È sulla base di un ego sano che ci interessiamo alle nostre vite e alla pratica, che ci alziamo al mattino, andiamo a lavorare e a meditare. Senza un ego sano, non saremmo in grado di funzionare nel mondo, per non parlare di praticare il Dharma, perché non avremmo alcuna idea di come ottenere risultati da qualunque cosa. Un ego smisurato è una distorsione di questo, perché in aggiunta al nostro ego sano proiettiamo il sentimento che “Sono la persona più importante al mondo e devo sempre ottenere quello che voglio”. Dobbiamo sbarazzarci di questo.

Il Buddhismo è sempre il sentiero di mezzo; il logo più famoso del Buddhismo è il sentiero di mezzo. In termini di ego, questo vuol dire un ego sano, non uno smisurato che pensa, “Sono al centro dell’universo”, ma nemmeno sgonfiato tale per cui “Non posso fare nulla da solo”, e ci sentiamo scoraggiati e disperati. Questo è pericoloso ed estremo tanto quanto un ego smisurato. Parliamo sempre di evitare i due estremi di rendere tutte le cose eterne e solide, e di negare totalmente tutto fino al punto del nichilismo.

Come possiamo sapere se abbiamo un ego sano?

Dobbiamo guardarci dentro, e chiederci se ci sta a cuore il nostro benessere. Non in modo egoista, ma ci interessa ciò che sperimentiamo e sentiamo, o abbiamo una bassa autostima tale che semplicemente per noi non conta nulla? Se non importasse, potremmo pensare che se agiamo in modo distruttivo, allora non è un problema. Questo atteggiamento per cui “nulla ha importanza” è totalmente diverso dall’equanimità. Cominciamo ad avere un ego sano quando ci prendiamo qualche responsabilità per la nostra vita, e quando prendiamo sul serio noi stessi, le nostre azioni, e i nostri sentimenti.

Non è necessario superare completamente la bassa autostima per praticare il Dharma, perché questo è un processo molto lungo e difficile. Almeno possiamo riconoscere questo atteggiamento disturbante come una fonte di sofferenza, e avere l’intenzione di volerlo superare. Poi dobbiamo comprendere se può essere eliminato o no. Infine, ci impegniamo nelle pratiche buddhiste che ci consentono di superarlo.

Uno dei fondatori della tradizione Sakya, Sonam Tsemo, scrisse un testo importante intitolato Entrare dalla porta del Dharma. Era un contemporaneo di Gampopa e insegnò che per entrare davvero nel Dharma, abbiamo bisogno di tre cose:

  • Primo, abbiamo bisogno di riconoscere la sofferenza e i problemi della nostra vita.
  • Poi dobbiamo avere la determinazione ad essere liberi.
  • Infine, dobbiamo avere alcune conoscenze fondamentali del Dharma.

Con questa base, ci impegneremo nel Dharma perché riconosceremo i nostri problemi e saremo motivati a superarli. Conosceremo anche i metodi per farlo, altrimenti per quale motivo studieremmo il Dharma?

Riconoscere la sofferenza e volersi liberare da essa richiede anche un ego sano. Se non ce l’abbiamo, non cercheremo modi per migliorare la nostra situazione perché non abbiamo alcun interesse per il nostro benessere. Se abbiamo questi tre prerequisiti, allora ciò indica che abbiamo un ego sufficientemente sano per seguire gli insegnamenti.

Ovviamente, vogliamo superare le nostre situazioni difficili. I testi dicono, “Pratica senza nessuna speranza o aspettativa”, ma questo si riferisce ad evitare l’estremo di praticare con un ego smisurato (io, io, io). Non significa che andremo all’altro estremo perché allora non faremo mai nulla. Abbiamo bisogno di sentire che “Non rimarrò turbato dagli alti e bassi della mia pratica, ma continuerò a praticare perché ci tengo al mio benessere e perché punto all’illuminazione”. Senza un ego sano, non possiamo puntare a nessun obiettivo, per non parlare della liberazione e dell’illuminazione.

Leggi il testo originale “L’addestramento mentale in sette punti” di Geshe Chekawa.

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