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Avere un'idea accurata di bodhicitta e dell'illuminazione
Abbiamo visto che esiste bodhicitta relativa e più profonda, che è finalizzata all'illuminazione e in particolare alla nostra illuminazione individuale che non è ancora avvenuta, ma che può essere designata sul nostro continuum mentale – ad un certo punto accadrà. Tuttavia non è inevitabile che accada perché, se non creiamo le sue cause, non accadrà. Quindi, bodhicitta relativa mira a ciò che effettivamente comporta l’illuminazione non ancora avvenuta: l’aspetto dell’illuminazione di consapevolezza profonda del dharmakaya (la mente onnisciente) e gli aspetti sambhogakaya e nirmanakaya. Bodhicitta più profonda è rivolta al modo in cui esiste quell'illuminazione che non è ancora avvenuta, cioè al suo aspetto di vacuità, che è l'aspetto del corpo della natura essenziale (Svabhavakaya) di quell'illuminazione.
In termini di bodhicitta relativa, il modo in cui la mente prende ciò come oggetto ha due intenzioni.
- Un'intenzione è quella di raggiungere quello stato, in modo che diventi un'illuminazione attualmente in corso, non un'illuminazione non ancora avvenuta.
- L'altra intenzione è quella di beneficiare tutti nel modo più completo possibile attraverso tale conseguimento. Ma in realtà quell’intenzione esiste anche prima perché fa parte della motivazione del voler portare il maggior beneficio possibile a tutti, quindi – poiché ci rendiamo conto che per farlo pienamente abbiamo bisogno di raggiungere l’illuminazione completa – intendiamo realizzarla e beneficiare gli altri.
Quindi bodhicitta è accompagnata da amore e compassione, ma certamente non è la stessa cosa di amore e compassione; dobbiamo differenziare questi stati o fattori mentali. La grande compassione (non solo compassione ordinaria) ha uno scopo: è rivolta a tutti e in particolare alla sofferenza di tutti; non mira all'illuminazione ma alla sofferenza di tutti, e il modo in cui la mente si afferra a quell'oggetto è desiderio e intenzione che se ne liberino, che quella sofferenza se ne vada, e ha anche l’intenzione, il desiderio di fare qualcosa a riguardo. Quindi questo viene prima di bodhicitta. Possiamo avere compassione simultaneamente con bodhicitta perché possiamo avere diversi stati mentali simultaneamente con diversi oggetti contemporaneamente, proprio come possiamo sentire e vedere allo stesso tempo che stiamo parlando con qualcuno. Allo stesso modo, possiamo avere compassione e bodhicitta contemporaneamente, ma hanno oggetti diversi – sono focalizzate su cose diverse. È molto importante differenziare la compassione da bodhicitta; compassione è il desiderio che tutti siano liberi dalla sofferenza e dalle sue cause; amore è il desiderio che tutti siano felici e abbiano le cause della felicità: sono stati mentali diversi.
Per concentrarci adeguatamente sulla verità relativa della nostra futura illuminazione che non è ancora avvenuta – per essere concentrati su ciò che è – dobbiamo avere un’idea molto precisa di cosa sia l’illuminazione. Se è un'idea imprecisa, se pensiamo che è come agitare una bacchetta magica o muovere le mani e risolvere tutti i problemi del mondo o dell'universo – non è questo l’illuminazione, questo non è possibile e volerlo realizzarlo è una fantasia. Dobbiamo avere un'idea e una comprensione molto precise di cosa sia effettivamente l'illuminazione e avere molta familiarità con tutte le qualità di un Buddha, già da quando prendiamo rifugio o una direzione sicura nella nostra vita – lo impariamo ancor prima di bodhicitta.
Essere convinti della propria illuminazione personale
Per aspirare a raggiungerla bisogna essere convinti che sia possibile – che sia possibile per noi. Questi due fattori sono necessari, anche se ce ne sono altri coinvolti. Per concentrarsi su questo, bisogna avere un quadro accurato: com’è possibile essere di massimo beneficio per tutti con l’illuminazione? Dobbiamo comprendere concetti basilari come l’assenza di emozioni disturbanti o l’assenza del creare apparenze di vera esistenza, il che significa che possiamo essere pienamente consapevoli di tutte le cause e le interconnessioni di tutto e di tutti, il karma di tutti da tempo senza inizio. Sapere cosa sperimenta un certa persona, ogni persona, quali sono le ragioni per cui si comporta in questo o in quel modo, conoscere tutte le conseguenze di qualsiasi cosa potremmo insegnar loro in modo da sapere esattamente qual è la cosa migliore da insegnare, e come ciò li influenzerà in tutte le vite future, e come influenzerà tutti gli altri con cui interagiranno ciò che abbiamo insegnato loro. E la capacità di relazionarsi con tutti, di comunicare con tutti in un modo che possano capire e così via, di non limitarsi ad aiutare solo una persona alla volta. Quindi dobbiamo capire che questo è davvero il modo in cui saremo in grado di aiutare tutti. Eppure, tutto ciò che possiamo fare è mostrare loro la strada, dovranno capire da soli. Dobbiamo convincerci che è possibile diventare così.
La natura di Buddha
Per poterlo realizzare dobbiamo essere convinti che sia possibile; ciò significa che dobbiamo capire che abbiamo la natura di Buddha, i materiali di base che ci permetteranno di realizzarlo, di renderlo possibile. Questo si riferisce alla natura della nostra mente, alla natura dell'attività mentale – quella relativa e quella più profonda. La sua natura relativa consiste nell'attività di creare apparenze, conoscere e percepire; questo permetterà di creare apparenze di tutto e di conoscerlo pienamente senza limitazioni. Il materiale c'è, l'attività c'è, le sue qualità fondamentali come la capacità di comprendere, di concentrarsi, di avere coscienza dell'individualità dei fenomeni, di ricevere informazioni, di sapersi relazionare con gli altri, avere calore, comprensione. Tutte queste sono le qualità di base di quell'attività mentale, quindi è solo questione di eliminare gli ostacoli che ne impediscono il pieno funzionamento. Inoltre può essere sviluppata la natura più profonda dell'attività mentale - non esiste in modi impossibili come incapsulata nella plastica, non sarà sempre la stessa e può essere influenzata o sviluppata. Quindi dobbiamo comprendere veramente la natura di Buddha senza inizio e senza fine e ciò che ci consente di raggiungere quell’illuminazione.
Accumulare le reti di forza positiva e consapevolezza profonda
Dobbiamo renderci conto che questo pieno funzionamento dell'attività mentale non sta ancora accadendo, ma è possibile, ora è coperto da qualche oscurazione. Non sta ancora accadendo ma può accadere, la base c'è. Dobbiamo anche renderci conto che il pieno funzionamento non avverrà solo sulla base del materiale di lavoro disponibile ma dobbiamo lavorare molto, in particolare:
- dobbiamo purificare ed eliminare gli ostacoli, le oscurazioni che le impediscono di funzionare pienamente;
- dobbiamo accumulare “merito”, “forza positiva”, energia positiva. A volte viene chiamata “raccolta di meriti” – ma “raccolta” non è una bella parola perchè si usa come in raccolta di francobolli e qui non stiamo parlando di una raccolta di francobolli, di una raccolta di punti ma di rete di accumulazone di molta forza positiva. Dovremmo rafforzare non solo la rete della forza positiva o del merito ma anche quella della profonda consapevolezza, a volte chiamata “saggezza” cioè sempre più esperienze e momenti di focalizzazione sulla vacuità, in modo specifico, non concettuale, anche se possiamo iniziare in modo concettuale.
Le tradizioni Gelug e Sakya spiegano che lo sviluppo di questa forza positiva svilupperà queste qualità basilari e relative della natura di Buddha: ci sono potenziali in forma debole, come il calore, la comprensione e così via. Quelle Kagyu e Nyingma spiegano che il modo in cui funzionano è quello di aiutare nel processo di purificazione, di eliminazioni degli ostacoli, delle oscurazioni. Ma il risultato è esattamente lo stesso. Kagyu e Nyingma non affermano che lo stato di piena illuminazione è già in atto ma che se ci si libera degli ostacoli funzionerà pienamente. Gelug e Sakya dicono che bisogna eliminare gli ostacoli, lavorare su quello e anche sullo sviluppo delle qualità positive. Ma alla fine tutti fanno esattamente la stessa cosa. È solo una questione di diversa interpretazione di come funziona, quindi non dovremmo pensare che sia contraddittorio – non lo è. Anche quando si legge "siamo già Buddha", non significa che la nostra mente stia già funzionando come quella di un Buddha, che sia semplicemente nascosta al suo interno. Questo non è affatto Buddhismo ma ciò che afferma una delle scuole indù – quella Samkhya, per essere precisi.
Dobbiamo anche capire perché è necessario costruire queste due reti, come funzionano e che l’esperienza del concentrarsi profondamente in modo non concettuale sulla vacuità rafforza la rete. Diventa sempre più stabile così che alla fine possiamo rimanere concentrati su di essa per sempre, senza uscirne. E se possiamo farlo, dobbiamo sapere che ciò significa che contemporaneamente a ciò non ci sono né emozioni disturbanti, né inconsapevolezza della realtà, né la mente che crea apparenze di modi di esistenza impossibili. Allora capiamo perché dobbiamo fare sempre più esperienza in questo senso.
Tutto ciò, ovviamente, si basa sulla consapevolezza che possono essere rimosse queste limitazioni – l’inconsapevolezza, le emozioni disturbanti, il far apparire cose realmente esistenti con linee attorno a loro e così via: non sono nella natura dell'attività mentale. Sulla base di ciò ci rendiamo conto dell'importanza di costruire sempre di più questa rete di consapevolezza profonda, che ne è lo scopo, capendo perché dobbiamo costruire una rete di forza positiva, come funziona, e che l’agire in modo costruttivo – aiutando effettivamente gli altri, sviluppando questi stati mentali positivi, generosità, disciplina e così via – incrementa molto l’energia positiva.
Questa energia positiva è necessaria, è come il carburante che ci spingerà avanti. Quando è stato accumulato un certo livello di quella forza positiva, come in un sistema organico, all'improvviso l'intero sistema si riorganizzerà e funzionerà a un livello completamente diverso quando c'è un sufficiente aumento di energia. Come quando c’è abbastanza energia nel ghiaccio, all'improvviso tutto si riorganizza e diventa acqua liquida e, con ancora più energia, si riorganizzerà e diventerà vapore. Allo stesso modo con l’attività mentale, maggiore è la forza positiva più potrà attraversare questi vari stadi di arya e arhat, fino a quello di Buddha e così funzionerà al massimo. Dobbiamo capire la necessità di farlo e come funziona; è così che arriveremo all'illuminazione, con l’accumulazione di queste due reti e la loro integrazione – la rete della forza positiva e della consapevolezza profonda, della vacuità.
Se vogliamo raggiungere una stella che è a mille anni luce di distanza, dovremmo sapere perché vogliamo farlo – non solo perchè è bello andarci – ma perchè capiamo che se la raggiungiamo acquisiremo tutte le capacità per poter aiutare tutti nel modo più completo possibile.
- Innanzitutto dobbiamo puntare alla stella giusta per arrivarci altrimenti la mancheremo.
- Dobbiamo essere convinti di avere un razzo che ci può portare fino a lì e che possiamo poi usare quando arriveremo per sfruttare ciò che c'è su quella stella.
- Ci vorranno diecimila anni per arrivarci e siamo convinti che c'è una continuità di vita in vita, quindi ci arriveremo. Non è che moriremo dopo cinquant'anni e poi il viaggio finirà.
- Abbiamo abbastanza carburante – la forza positiva, la rete di forza positiva – che ci porterà lì. Il razzo è la mente, l’attività mentale. Abbiamo abbastanza carburante e continuiamo ad accumularne, utilizzeremo il vento solare o altro per arrivarci. Ma sappiamo che possiamo immettere sempre più carburante e sappiamo qual è il carburante che ci porterà lì.
- Conosciamo esattamente la strada per arrivarci; possiamo avere fiducia che, partendo sul nostro razzo, prima o poi arriveremo lì.
È la stessa cosa con bodhicitta. Senza bodhicitta ci si arrende e non si ha fiducia di poter arrivare; non ce la si può mettere tutta. Potresti anche perdere la stella perché non hai mirato correttamente e poi nel mezzo pensi "Perché mi prendo la briga di andarci comunque?" e ti arrendi.
L'importanza della dedica
La dedica corretta della forza positiva è assolutamente essenziale; se non la dedichiamo alla liberazione o all'illuminazione allora automaticamente qualsiasi forza positiva accumulata funzionerà solo per migliorare la nostra esistenza samsarica - fa parte dell'intero processo karmico. Se non premi un certo pulsante per salvare un file nella cartella “liberazione” o nella cartella “illuminazione”, automaticamente andrà nella cartella “miglioramento del samsara”. Quindi bisogna dedicare, conservare quella forza positiva man mano che si accumula, sempre di più, non solo nella cartella della liberazione, ma in quella dell'illuminazione così la forza sarà sempre più forte a seconda di dove la salviamo.
Così abbiamo il razzo e il carburante ma cosa succederà se la forza non è molto intensa? Saliremo ma resteremo semplicemente in orbita, andremo in giro e in giro e in giro e in giro – questo è il samsara. Dobbiamo accumulare più forza e dedicarla alla liberazione in modo da uscire dall’orbita – liberazione dal samsara. Non è sufficiente uscire dall’orbita e dirigersi verso la liberazione ma dovremmo fare in modo da poter andare alla velocità della luce – bodhicitta - in modo da poter effettivamente raggiungere questa stella a mille anni luce di distanza.
Un’analogia a volte può essere utile per capire il punto cruciale: l’accumulo di forza positiva deve essere diretto correttamente. Va fatto, altrimenti non funzionerà affatto.
Gli stadi di bodhicitta
Ci sono due stadi in relazione a bodhicitta relativa: lo “stadio d’aspirazione” di bodhicitta in cui si aspira a raggiungere l'illuminazione per poter essere di massimo beneficio per tutti, che ovviamente si basa sulla comprensione di cos'è l'illuminazione e su come si sarà capaci di essere di beneficio – cosa significa realmente e che è possibile ottenerlo, non è un’aspirazione a qualcosa che è impossibile.
Questo primo stadio di bodhicitta relativa ha due fasi: la prima è il semplice desiderio di raggiungere l'illuminazione – aspirare a raggiungerla; la seconda fase è quella in cui siamo pienamente determinati a non allontanarci mai da questo obiettivo, e si basa sulla totale fiducia che sia possibile raggiungerlo. Lo sottolineo, è davvero importante capire come è possibile ottenerla, che è possibile raggiungerla, ed è possibile per me raggiungerla; e sapere come farlo, come funzionerà – in modo da poter avere un’assoluta determinazione a non allontanarsi mai da questo obiettivo. Quindi queste sono le due fasi dello stadio dell’aspirazone.
Il secondo è lo “stadio dell’impegno” di bodhicitta e in realtà è qui che dobbiamo assolutamente sapere come raggiungere quell'illuminazione. È sulla base di ciò che ci impegniamo pienamente nel volerla realizzare e ci impegneremo effettivamente in tutta quell'attività che ci porterà all'illuminazione, che possiamo riassumere nell’accumulazione e nel rafforzamento di queste due reti, con la giusta dedica all'illuminazione.
I voti del bodhisattva
È a questo punto, con bodhicitta dell’impegno, che prendiamo i voti del bodhisattva, linee guida di ciò che vogliamo evitare se vogliamo raggiungere l'illuminazione ed essere in grado di portare beneficio agli altri. Il percorso per raggiungere l'illuminazione comporta l’apportare beneficio agli altri quanto più possiamo, ora, anche se siamo limitati e queste linee guida, i voti del bodhisattva, ci indicano cosa evitare. Modelliamo così il nostro comportamento; prendere i voti dà una forma al nostro continuum mentale, al nostro comportamento e così via. “Questo è il contesto entro il quale lavorerò per raggiungere l'illuminazione; non andrò oltre, al di fuori di questi confini; modelleranno il mio comportamento nel mio cammino verso l’illuminazione”. Questi sono i voti del bodhisattva e quando li prendiamo diventano parte del nostro continuum mentale da adesso fino al raggiungimento dell'illuminazione, quindi per tutte le vite future. Ovviamente nella prossima vita dovremmo riprenderli per impegnarci nuovamente ma l'istinto, l'abitudine, sarà molto forte, quindi saremo attratti a farlo. Dobbiamo rinfrescarli, in un certo senso.
Se abbiamo preso i voti del bodhisattva in una vita precedente, da bambini abbiamo ancora quei voti ma potremmo trasgredirli. La trasgressione indebolisce il voto ma non è che pensiamo “Questo voto è stupido e non voglio seguirlo”, e ce ne dimentichiamo. Non è questo stato mentale veramente negativo come “Sono davvero felice di averlo violato e non ho intenzione di mantenerlo mai più”, e cose del genere. È con questo stato mentale completamente negativo che si perdono i voti. Quindi, se non avete tali pensieri –un bambino piccolo non sa niente – allora la forza del voto si indebolisce soltanto. Poichè i voti del bodhisattva fanno parte del continuum mentale, quando quel bambino diventa abbastanza grande da sapere cosa sta facendo, può prenderli di nuovo, purificarli e rafforzarli. E così facciamo anche in questa vita perché inevitabilmente li indeboliremo.
Il punto è non perderli del tutto essendo felici di averlo trasgrediti privi dell’intenzione di smettere di farlo, senza pentircene (anzi ne siamo felici) e senza senso di vergogna, di come potrebbe riflettersi su di me, sui miei insegnanti, o qualcosa del genere – altrimenti li abbiamo persi, ci abbiamo rinunciato. Quindi questo è ciò che significa quando si dice che abbiamo i voti del bodhisattva da ora fino all'illuminazione: non sono come i voti monastici che si perdono quando si muore; anche i voti tantrici sono fino all'illuminazione, funzionano come i voti del bodhisattva.
Prepararsi a bodhicitta
Al momento potremmo avere questo stato di aspirazione e impegno di bodhicitta ma dobbiamo impegnarci per raggiungere davvero questo obiettivo, innanzitutto attraverso le fasi per ottenerla coscienti che poi, nel corso della giornata, nella nostra normale vita quotidiana, non arriverà automaticamente. Dobbiamo attraversare gli stessi passi per allenarci fino a sentirla davvero, seguendo qualche ragionamento, alcuni passi, per sentirla realmente. In generale ci sono due metodi per farlo.
- Uno è il processo di causa ed effetto in sette parti per la meditazione, in cui riconosciamo che tutti gli esseri sono stati nostra madre nelle vite precedenti, ricordiamo la loro gentilezza, il loro amore e così via.
- L'altro si chiama equalizzare e scambiare noi stessi con gli altri.
Mediante uno di questi oppure combinandoli entrambi in un'unica sequenza ci prepariamo attraverso queste fasi per arrivare effettivamente a dire “Sì! Il mio obiettivo è l’illuminazione a beneficio di tutti, compresi tutti gli scarafaggi dell’universo, allo stesso modo”. Non è un risultato da poco provare davvero questo sentimento verso ogni insetto dell'universo, non solo verso le persone che ci piacciono, e non solo verso le persone, ed essere sinceri in questo.
Bodhicitta artificiosa e non artificiosa
Impegnandoci attraverso ciascuna di queste fasi in sequenza, sulla base di tutta la comprensione di cui abbiamo già parlato, sviluppiamo effettivamente questo obiettivo con sincerità, sentendolo davvero. Questa è la meditazione: familiarizziamo noi stessi, trasformandola in un'abitudine, costruendola, ancora e ancora e ancora. Questa è bodhicitta artificiosa, ma non significa che non sia sincera o reale; significa solo che bisogna lavorarci per fasi. A meno che non abbiamo istinti incredibili provenienti da vite precedenti, il che è molto, molto raro, tutti dovremmo farlo. Quasi nessuno ha predisposizioni naturali ad avere una perfetta bodhicitta senza passare attraverso gli stadi, quindi non illudiamoci pensando di averle.
Dobbiamo attraversare tutte queste fasi di meditazione perchè diventi un'abitudine: questa si chiama bodhicitta artificiosa; vogliamo svilupparla in modo sincero, non banale, vogliamo aiutare ogni scarafaggio dell'universo a raggiungere l'illuminazione e questo è piuttosto profondo e difficile. Dopo aver meditato, esserci familiarizzati e impegnati fino a sentire sinceramente la vera bodhicitta, alla fine raggiungeremo lo stato non artificioso in cui non dovremo attraversare queste fasi una per una, ma l’abbiamo solo ricordandola, automaticamente e pienamente. Questo è lo stato non artificioso. Quando non dobbiamo nemmeno ricordare bodhicitta a noi stessi ma ce l’abbiamo sempre senza sforzo, allora diventiamo bodhisattva. Per favore non banalizzate il diventare bodhisattva.
I cinque sentieri sono in realtà percorsi mentali che ci porteranno al nostro obiettivo e il primo di questi è solitamente tradotto come “sentiero di accumulazione”. Lo chiamo “sentiero mentale di costruzione” perchè si costruiscono sempre più cause fondamentali. Ma è solo a questo punto, quando abbiamo bodhicitta non artificiosa sempre che si entra effettivamente nel sentiero, che si ha il primo livello di mente-sentiero, il sentiero dell'accumulazione. È da lì che inizia gran parte della discussione, tutto ciò che è prima è come un preliminare. Salendo al campo base del Monte Everest, si raggiunge finalmente il campo base. A proposito, questo è il percorso mahayana di costruzione e accumulazione.
Un bodhisattva ha sempre bodhicitta non artificiosa ma ciò non significa che debba sempre esserne cosciente, ce l’ha anche quando dorme. Ciò significa che anche quando dorme ha ancora l'obiettivo di raggiungere l'illuminazione e portare beneficio a tutti. Shantideva in Impegnarsi nella condotta del bodhisattva dice che una volta che l’hai effettivamente sviluppata – non le fasi iniziali, ma quando sei effettivamente un bodhisattva – accumuli continuamente forza positiva perché non perdi mai quell'obiettivo, perché non è artificiosa, è lì presente. Naturalmente cambia in ogni momento ma c'è una continuità: quando siamo svegli, dormiamo, qualunque cosa stiamo facendo, lo scopo di bodhicitta è sempre lì. Quello è un bodhisattva ed è molto importante non banalizzare "Oh, lui è un bodhisattva " o "Ora sono un bodhisattva", e così via. E' davvero straordinario, davvero straordinario. Poi tutto ciò che fai è benefico perché ha quello scopo.
Non solo un bodhisattva ha bodhicitta non artificiosa, ma ogni passo sulla via verso lo sviluppo di bodhicitta non è artificioso. Ad esempio, l'amore che provi per gli altri e che ti fa sentire malissimo se dovesse accadere loro qualcosa di brutto. Diciamo che c'è una zanzara che ti ronza intorno alla testa: sei così felice, ti scalda il cuore "Oh, che meraviglia, questo essere è stato così gentile con me nella vita precedente e ora è tornato. Quel continuum mentale ora ha questa forma di zanzara, è terribile quanta sofferenza sta soffrendo mia madre che ora è questa zanzara”. Ci scalda il cuore, sentiamo amore, siamo così felici di incontrare questa zanzara e non vogliamo che le succeda qualcosa di brutto. Non ci si sforza di pensare "Beh, è stata mia madre in una vita precedente”, pensare ai continua mentali e così via. Semplicemente emerge, così, automaticamente, senza sforzo, spontaneamente. Questo è ciò che sente un bodhisattva. Non va banalizzato, è molto avanzato.
I bodhisattva, la liberazione e l’illuminazione
Chi è un bodhisattva? Qualcuno che non entrerà nel nirvana finché non avrà aiutato tutti. Che cosa vuol dire? Significa accumulare forza positiva attraverso molti tipi di azioni positive. Se aspiriamo e dedichiamo alla liberazione allora non ci vorrà molto tempo – si può fare in diverse vite, una volta raggiunto un certo stadio. Invece raggiungere l’illuminazione, che significa salvare nella cartella dell’illuminazione tutta quella forza positiva e non nella cartella della liberazione, richiederà un’enorme quantità di tempo perché richiede un'enorme quantità di forza positiva. Questo è ciò che fa il bodhisattva, non mette tutta quella forza positiva nella liberazione, che è possibile ottenere in molto meno tempo ma, poiché vuole beneficiare tutti il più possibile, dedica tutta quella forza positiva nella cartella dell'illuminazione, che richiederà un'enorme, enorme quantità di tempo per essere riempita per poter essere in grado di apportare beneficio agli altri. Ecco cosa significa che un bodhisattva rinuncia a raggiungere il proprio nirvana, la propria liberazione. La liberazione arriverà lungo il percorso in cui si metteranno tutte le forze positiva nella cartella dell'illuminazione, ma ci vorrà molto più tempo. E l'atteggiamento del bodhisattva è "Non mi interessa quanto tempo ci vorrà, non mi arrenderò mai", che ovviamente si basa sulla piena fiducia che il continuum mentale andrà avanti per sempre, altrimenti l'intera cosa non avrebbe alcun senso.
Quindi, come i bodhisattva, non miriamo a raggiungere la liberazione ma al raggiungerla come una tappa sul percorso verso l'illuminazione. Se vogliamo raggiungere il terzo piano dell'edificio, ovviamente passeremo per il secondo. Ma il nostro obiettivo non è quello di arrivare solo al secondo piano bensì al terzo. Quindi arriverà lungo la strada, ma avremo bisogno di molta più energia per arrivare al terzo piano che per arrivare solo al secondo. Il nostro obiettivo è liberarci di tutte le abitudini legate alle emozioni disturbanti, quindi ovviamente nel farlo puoi e devi prima eliminare le emozioni disturbanti.