La convinzione nel Dharma

Ripasso dei punti principali del lam-rim

Il lam-rim è diviso in tre livelli, ciascuno con diversi stati mentali, e questi agiscono come percorsi che ci permettono di raggiungere l'illuminazione. Tale struttura è stata inizialmente formulata da Atisha, un grande maestro indiano dell'XI secolo che è stato determinante nel portare il Dharma per la seconda volta dall'India in Tibet. Atisha presentò i suoi insegnamenti in un testo chiamato La lampada per il sentiero verso l'illuminazione (scr. Bodhipatha-pradipa).

Possiamo far risalire la tradizione Kadam ad Atisha. Nel corso del tempo divenne frammentata e fu riformata da Tsongkhapa, diventando la tradizione Gelug. Quella Kadam ha influenzato anche le altre tradizioni, perché gli insegnamenti di lojong, o addestramento mentale, sono ampiamente insegnati e provengono principalmente dai lignaggi Kadam. Un altro esempio dell'influenza Kadam può essere visto con Gampopa – da cui si sono sviluppate molte tradizioni Kagyu – conosciuto come un grande maestro capace di unire le correnti Kadam e Mahamudra.

Atisha ricavò l'idea di questo schema per il lam-rim da un verso de Impegnarsi nella condotta del Bodhisattva di Shantideva (I.4), che recita:

Avendo ottenuto questo corpo dotato di tregue e ricchezze, così difficile da trovare, che può soddisfare i desideri di ogni essere, se in questa vita non concretizzo i suoi benefici, quando giungerà ancora una volta, in futuro, una tale dote perfetta?

L’espressione "ogni essere", come spiega Atisha, si riferisce ai tre livelli di persona relativi ai tre livelli del sentiero.

Il livello iniziale include i seguenti argomenti: una sana relazione con un maestro spirituale, la nostra preziosa rinascita umana, la morte e l'impermanenza, le sofferenze dei tre reami peggiori, il rifugio o direzione sicura, le qualità del Buddha, del Dharma e del Sangha, una trattazione del karma e dell’evitare i comportamenti distruttivi.

Il livello intermedio presenta le sofferenze dei tre reami di rinascita più elevati e le sofferenze del samsara, o l’incontrollabile ricorrenza delle rinascite nel suo complesso. Include una presentazione delle emozioni disturbanti, dei fattori mentali all’interno del contesto delle quattro nobili verità, e della vera causa della sofferenza. Abbiamo anche una spiegazione più specifica e dettagliata dei 12 anelli dell’origine dipendente, e di come le nostre emozioni disturbanti effettivamente generino la prima nobile verità, la vera sofferenza. Quindi sono presentati i tre addestramenti superiori – nell’autodisciplina etica, nella concentrazione, e nella consapevolezza discriminante – come il mezzo per uscire dal samsara e raggiungere la liberazione. Inoltre c'è una discussione sui voti monastici e dei laici, inclusa nella prospettiva dell’autodisciplina etica superiore. Tutto ciò rientra nel più generale quadro mentale della rinuncia (la determinazione a essere liberi) e costituisce il livello di motivazione intermedio.

Per quanto riguarda il livello avanzato, abbiamo insegnamenti sui vari metodi per sviluppare una finalità di bodhichitta. Abbiamo la meditazione di causa ed effetto in sette parti, che inizia sulla base dell'equanimità e riconoscendo innanzitutto che tutti sono stati nostre madri. Il secondo metodo consiste nell'eguagliare e scambiare l'atteggiamento verso noi stessi e quello verso gli altri, e include la pratica del "tonglen" (dare e prendere). Tsongkhapa presentò un metodo di meditazione in 11 parti per combinare questi due modi di sviluppare la finalità di bodhichitta. In questo livello vi è anche la presentazione della presa dei voti del bodhisattva, e una spiegazione degli stessi. Abbiamo la pratica dei sei atteggiamenti lungimiranti, con una presentazione molto ampia del modo di raggiungere una stabilità mentale o concentrazione di vasta portata attraverso il conseguimento dello shamatha, uno stato mentale calmo e posato. L'elaborazione della consapevolezza discriminante di vasta portata è presentata in relazione agli insegnamenti sul modo di sviluppare la vipashyana, uno stato mentale eccezionalmente percettivo. Tutto ciò rientra nel livello avanzato degli insegnamenti.

Possiamo vedere, da questa rapida rassegna, che gli insegnamenti del lam-rim comprendono un'enorme quantità di materiale, e che questo rientrerebbe per intero nella sfera degli insegnamenti sutra – alla luce della distinzione fra sutra e tantra. Un qualche livello di competenza in tutte queste aree è un prerequisito imprescindibile per la pratica del tantra – e questo è un punto su cui tutte le tradizioni tibetane concordano.

I punti trattati nel lam-rim si trovano in tutte le tradizioni tibetane

È impossibile addentrarsi nei dettagli su ogni singolo punto poc’anzi enumerato, e ci sono molti altri testi che presentano questo materiale, diversi per lunghezza e per quantità di citazioni scritturali tratte da fonti indiane, a supporto degli insegnamenti e delle istruzioni. La versione più estesa è stata scritta da Tsongkhapa ed è intitolata Lam-rim chen-mo, o La grande presentazione degli stadi graduali del sentiero; in essa egli fornisce un'incredibile quantità di dettagli precisi riguardanti shamatha e vipashyana. La versione del quinto Dalai Lama offre una grande quantità di linee guida personali sulle meditazioni. Ci sono molte varianti e ogni testo ha le sue speciali caratteristiche individuali.

È importante sapere che l'intero materiale incluso nel lam-rim si trova in tutte le tradizioni del Buddhismo tibetano. L'unica differenza è il modo in cui la presentazione è strutturata. Ad esempio, Gampopa ha due modi di presentare il suo materiale. Nel suo Il prezioso ornamento di liberazione lo divide come segue: lo spiega in termini della causa, ovvero la discussione sulla natura di Buddha; continua presentando poi la preziosa vita umana, come la base supportante; affidarsi al maestro spirituale, come la condizione; le istruzioni del guru, come il metodo. Tutto è orientato verso le stesse cose che abbiamo nel lam-rim, con gli obiettivi di una migliore rinascita, della liberazione, e dell'illuminazione. Gampopa struttura poi i metodi nei termini di un superamento dei quattro ostacoli, e questo ricorda la presentazione Sakya dello stesso materiale nella forma del "Separarsi dai quattro modi di afferrarsi". Nel suo modo di formulare il materiale, Gampopa offre la presentazione di quelli che sono indicati come i "Quattro Dharma di Gampopa".

Nella tradizione Drigung Kagyu troviamo delle presentazioni che organizzano il materiale in termini di base, percorso, e risultato, e troviamo qualcosa di simile nella tradizione Sakya chiamata “Le tre visioni". Ci sono: la visione impura, la visione dell'esperienza, e la visione pura. Alcune presentazioni combinano i "Quattro Dharma di Gampopa" con i tre livelli, e altre li combinano con i "Quattro modi di afferrarsi". Un altro esempio è il testo di Patrul, Le parole del mio prezioso maestro, dove egli parla dei preliminari esterni e dei preliminari interni. Il tutto tratta lo stesso materiale, quindi non dovremmo avere nessuna visione settaria, pensando che la versione da noi studiata sia l'unica o la migliore. Alcune citazioni dalle fonti indiane potrebbero essere leggermente diverse, così come alcune istruzioni personali per la meditazione. Fondamentalmente, però, è tutto uguale.

I tre tipi di convinzione nei fatti

Abbiamo visto che è possibile capire il lam-rim all'interno del contesto delle quattro nobili verità, e che è assolutamente essenziale essere persuasi degli obiettivi, se davvero vogliamo essere in grado di procedere nel nostro sviluppo in linea con il Dharma vero e proprio. Possiamo derivare questa certezza da due cose. Una consiste nei tre tipi di ciò che di solito viene tradotto come "fede". Penso che "convinzione nei fatti" sarebbe una traduzione migliore, perché non stiamo parlando di fede nel miglioramento del mercato azionario nella giornata di domani, o in qualcos'altro che non possiamo sapere. Stiamo parlando della convinzione in qualcosa che è vero, non della semplice fede in qualcosa che è impossibile da comprendere.

Per prima cosa abbiamo un tipo di convinzione purificatrice, qualcosa che purifica o calma la mente da ogni atteggiamento disturbante verso di essa. Ad esempio, essa calma la mente dall'indecisione, dal dubbio, e dalla paura. La paura potrebbe riguardare l'illuminazione, quando pensiamo: "Chi mai potrebbe conseguirla?". Oppure potremmo sviluppare attaccamento, e pensare: "Wow, è incredibile, la voglio per me, per me, per me!". La convinzione purificatrice calma tutto questo, e si ottiene sulla base del secondo tipo di convinzione, che è la convinzione basata sulla ragione. In altre parole, l'obiettivo del conseguimento della liberazione e dell'illuminazione è ragionevole. È logico, sensato, non è irrazionale o impossibile. Il terzo tipo è la convinzione con un'aspirazione, dove crediamo che tale obiettivo sia possibile e siamo in grado di raggiungerlo, e così aspiriamo a conseguirlo.

Grazie a questi tre tipi di convinzione nei fatti possiamo capire quanto sia essenziale essere convinti che gli obiettivi siano ragionevoli, che sia possibile raggiungerli, e che ciascuno di noi sia in grado di ottenerli. Nell'acquisire tale fiducia, le nostre menti si calmano e non hanno paure, dubbi o esagerazioni, e neppure siamo invidiosi di coloro che hanno raggiunto gli obiettivi, o arroganti dei nostri risultati.

I sedici aspetti delle quattro nobili verità

Un altro aspetto degli insegnamenti che sottolinea l'importanza della convinzione è lo studio dei sedici aspetti delle quattro nobili verità. Abbiamo già parlato di un arya, o "essere nobile", cioè di qualcuno che ha una cognizione non concettuale della vacuità – in realtà non soltanto della vacuità, bensì è la cognizione non concettuale dei sedici aspetti delle quattro nobili verità. Qui non li elencherò; ce ne sono quattro per ciascuna delle verità, ma è importante studiarli e avere convinzione in essi. Abbiamo bisogno di convinzione nel fatto che il vero arresto è possibile, che la vera causa della sofferenza è l'inconsapevolezza, e che le menti-sentiero si libereranno davvero delle cause della sofferenza, per sempre. I sedici aspetti spiegano tutto questo e ci aiutano ad accumulare in noi la convinzione.

La convinzione nei veri arresti e nelle vere menti-sentiero come base per la direzione sicura (rifugio)

Sto indicando tutti questi dettagli per mostrare l'importanza e il beneficio del tentativo di integrare i diversi aspetti degli insegnamenti di Dharma nella nostra vita. Impegnarci in questo rafforzerà e approfondirà la nostra comprensione di ogni singolo punto contenuto nel Dharma. Se veramente prendiamo rifugio – in altre parole, se realmente diamo alla nostra vita la direzione sicura indicata dai Tre Gioielli (Tre Gemme Preziose): Buddha, Dharma, e Sangha – allora vorremo davvero muoverci in quella direzione.

Qual è la direzione del Gioiello del Dharma? È quella della terza e quarta nobile verità, o il vero arresto e le vere menti-sentiero nel continuum mentale di un arya. Dovremmo conoscere questa definizione. La terza e la quarta nobile verità non esistono da sé, lassù nel cielo: esistono, in realtà, sulla base dei nostri continua mentali. Si tratta dell'arresto, della rimozione permanente della sofferenza e delle sue cause da un continuum mentale – auspicabilmente il nostro. Le menti-sentiero sono la comprensione che condurrà a questo. I Buddha (il Gioiello del Buddha) sono coloro che hanno raggiunto appieno questi veri arresti e queste vere menti-sentiero. L'arya Sangha (il Gioiello del Sangha) li ha raggiunti in parte, ma non appieno.

Con quanta serietà prendiamo rifugio? È solo un "bla bla bla" in cui si taglia una ciocca di capelli e si riceve un nome tibetano? Oppure: in che cosa prendiamo rifugio, nel coniglietto pasquale? Il rifugio è una direzione sicura, quindi dobbiamo prenderlo in qualcosa che crediamo esista. Dobbiamo avere fiducia che esistano cose come i veri arresti e le vere menti sentiero, che esistano coloro che li hanno raggiunti, e che anche noi possiamo farlo. Abbiamo bisogno di fiducia nel fatto che ci siano degli stadi graduali nel modo di raggiungerli e che il Buddha li abbia effettivamente insegnati. Decideremo di andare in quella direzione quando siamo certi che è qualcosa che esiste realmente. Pertanto, quando aggiungeremo il bodhichitta, aspireremo ad arrivare a diventare noi stessi dei Buddha, per essere di beneficio per tutti.

All’inizio, il rifugio si trova nel contesto della liberazione. Quando ripetiamo un verso tibetano di motivazione, prima prendiamo rifugio o traiamo una direzione sicura dal Buddha, dal Dharma, e dal Sangha fino alla liberazione; e poi, con la forza positiva del donare e così via, raggiungiamo l'illuminazione per il beneficio di tutti. La prima parte ha a che fare con l'aspirazione alla liberazione. La seconda parte, bodhichitta, consiste nell'aspirare all'illuminazione. Dobbiamo passare attraverso questi stadi.

Quindi l'intera base per diventare una persona di livello iniziale, intermedio, e avanzato dipende da una convinzione molto fiduciosa nel fatto che sia possibile conseguire tali obiettivi. E questo è il percorso che porterà ad acquisire fiducia in essi. Tutto ciò che si trova all'interno del lam-rim deve essere compreso nel contesto dell'aspirazione alla liberazione o all'illuminazione. Questo è ciò che fa sì che una pratica sia una pratica buddhista nel contesto di una direzione sicura, perché ciò che distingue il Buddhismo dal non-Buddhismo è il rifugio. Se lo lasciamo da parte, il livello iniziale somiglia molto a qualsiasi altra religione. Vogliamo ottenere rinascite migliori, o vogliamo andare in paradiso. Questo non è specificamente buddhista!

La direzione sicura nelle Tre Gemme Preziose contraddistingue il Buddhismo

Ci sono molte pratiche buddhiste che sono condivise con tradizioni non buddhiste. La rinuncia, ossia la determinazione a essere liberi dall'esistenza terrena, è presente in varie tradizioni, e si trovano istruzioni complete per ottenere shamatha e vipashyana in molte delle tradizioni indiane non buddhiste. È possibile magari che non si concentrino sulla vacuità, ma certamente possiedono i metodi per raggiungere tali stati mentali. Ci sono inoltre delle versioni hindu del tantra che lavorano con i chakra, i canali, e le energie, proprio come accade nel Buddhismo.

Che cosa rende buddhista una qualsiasi di queste pratiche? L'amore e la compassione? No, perché questi si trovano in quasi tutte le altre religioni. L’affidamento a un maestro spirituale? No, poiché anche questo si trova in molte altre tradizioni. Il mantenimento della disciplina etica? No. L'ordinazione come monaci o monache? No. Lo svolgimento di rituali o puja? No, troviamo tutto questo in altri sistemi religiosi.

Quindi, che cosa rende buddhista una pratica? Possiamo leggere la risposta in tutti i testi: è la direzione sicura del rifugio. Questa non è un'affermazione banale. Non corrisponde a dire: "Il mio Buddha è migliore del tuo dio", si tratta di una direzione sicura e della terza e quarta nobile verità, ossia il vero arresto della sofferenza, basato sul liberarsi delle sue cause per sempre, e le vere menti-sentiero che condurranno a esso. In altre parole, la vera liberazione.

Mentre altre religioni indiane potrebbero parlare di liberazione, dal punto di vista buddhista questa non è una completa liberazione, perché i praticanti di tali sistemi hanno ancora alcune emozioni disturbanti e alcuni problemi che la loro comprensione non ha dissipato. La nostra convinzione nel fatto che ciò che Buddha ha insegnato sia vero non può basarsi semplicemente sulla fede nel Buddha: "Questi sono veri perché il Buddha ha detto che sono veri". La nostra fiducia deve basarsi sulla convinzione razionale che la liberazione indicata dai Buddha sia la vera liberazione. Questa convinzione deve quindi essere basata sulla ragione, in modo tale che la nostra mente sia ripulita da atteggiamenti disturbanti in relazione a questo punto. Non stiamo dicendo che la nostra liberazione sia migliore della loro. Non abbiamo arroganza o attaccamento al riguardo. Non abbiamo dubbi su di essa, e non ci muoviamo su un piano di testardaggine e chiusura mentale; non siamo neppure settari o invidiosi degli altri, né cerchiamo di competere con altri. Abbiamo il terzo tipo di convinzione, che è la convinzione nei fatti con un'aspirazione che tutto questo sia possibile e che lo faremo. Allora ecco che tutto, all'interno del lam-rim, comincia ad avere senso.

Esaminare la nostra motivazione

Dobbiamo esaminare la nostra motivazione per vedere se il nostro è un approccio di Dharma "light". Attraverso i metodi del Dharma stiamo cercando di migliorare soltanto questa vita, o stiamo pensando a quelle future? Abbiamo un'idea di che cosa significhi realmente l'illuminazione, e se sia possibile ottenerla?

Se il Dharma "light" è la nostra bevanda, non c'è colpa o giudizio a riguardo. Va assolutamente bene. È da qui che la grande maggioranza degli occidentali inizia, e deve iniziare, visto il contesto da cui proveniamo. Se stiamo lavorando con il Dharma "light", è davvero importante sapere che il Dharma vero e proprio è qualcosa di diverso, e dovremmo rispettarlo. Dovremmo sperare che in futuro saremo in grado di affrontare il Dharma vero e proprio. Se torniamo alla nostra analisi della motivazione, dobbiamo essere certi dei tre obiettivi “Veri e Propri”.

Ora facciamo un passo in avanti. C'è in noi un sentimento emotivo che ci porta a voler raggiungere questi obiettivi. Potremmo credere che siano possibili le rinascite migliori, la liberazione, e l'illuminazione, ma avere una tremenda resistenza a lavorare effettivamente per uno di questi. Quindi, una volta compreso che è possibile raggiungere tutti e tre gli obiettivi, dobbiamo lavorare sulle nostre forze motrici emozionali che ci permetteranno di rimboccarci le maniche e fare qualcosa per conseguirli. Per trasformare il Dharma "light" in Dharma vero e proprio dobbiamo quindi lavorare su due dimensioni. Una è la comprensione, e l'altra è l'aspetto emotivo. Nessuna delle due può essere ignorata. Entrambe sono ugualmente importanti.

Chi siamo e che cosa vogliamo?

La terminologia utilizzata nel lam-rim ha un particolare significato, quando parliamo di "persone". Che tipo di persona siamo? Una persona cui premono solo la ricchezza, l'amore, e così via, di questa vita? Una persona che veramente pensa nella prospettiva delle vite future, assicurandosi che non peggiorino, in modo da avere l'opportunità di continuare il nostro sviluppo spirituale? Una persona che si adopera per superare tutta la sofferenza e conseguire la liberazione?

Ricordiamoci che la liberazione è la liberazione dall’incontrollabile ricorrenza delle rinascite, mentre quella del Dharma “light" è solo la liberazione dall’incontrollabile ricorrenza dei problemi in questa vita. Stiamo veramente aspirando all'illuminazione per il beneficio di tutti, di ogni singolo individuo nell'universo? Sono inclusi tutti gli insetti, a pari diritto! È qualcosa di vasto. Questo è ciò che chiamiamo "Mahayana": un veicolo mentale vasto. Tali obiettivi definiscono il tipo di persona che siamo, ed è un punto importante. Lavorare per questi obiettivi modella la nostra vita sicuramente molto più della nostra nazionalità, occupazione, o sesso. Ciò di cui si occupa il lam-rim è il tipo di persona che siamo.

Dobbiamo quindi porci questo tipo di domande, per vedere che cosa modella la nostra vita. Se non lo facciamo, il nostro studio del Dharma diventa simile a quello di una cosa qualsiasi, e magari diventerà interessante e di qualche utilità, come lo è imparare a riparare un'auto. Potrebbe essere divertente e utile, a volte, ma non modellerà tutta la nostra vita. Ciò che la modella è lavorare per diventare questi tre tipi di persone, in un ordine graduale.

Essere onesti con noi stessi

Mi torna alla mente una frase de L’addestramento mentale in sette punti, un insegnamento di lojong, dove Geshe Chaykawa inserisce, come uno dei modi per misurare il nostro successo nell'addestrare la nostra mente: "Se, tra i due testimoni, io prendo il principale". Ciò si riferisce al fatto che, tra coloro che possono testimoniare e valutare il nostro livello di motivazione e sviluppo spirituale, ossia gli altri o noi stessi, siamo noi stessi a conoscerlo effettivamente. Noi sappiamo se siamo onesti con noi stessi. Stiamo davvero lavorando per liberare ogni insetto dell'universo oppure no, quando recitiamo con grande facilità: "Possa io raggiungere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti”? Chi stiamo prendendo in giro? C’è qualcuno che lo dice sul serio, o pensa a che cosa effettivamente significhi? Siamo noi stessi a essere in grado di valutarci al meglio. Dobbiamo farlo senza colpa o giudizio, da un lato, e senza compiacimento, dall'altro, pensando: "Ok, questo è il punto in cui mi trovo, e basta così. Sono una persona arrabbiata e con un brutto carattere, quindi è il caso che gli altri ci si abituino”. Piuttosto, cerchiamo di coltivare un atteggiamento tale per cui pensiamo: "Questo è il punto in cui mi trovo ora, ma vorrei cercare di progredire".

Ma cosa succede quando abbiamo domande quali: "Sono pronto per questo tipo di pratica?". È qualcosa che è appropriato chiedere ai nostri insegnanti, oppure possiamo effettivamente valutarlo da soli? Ovviamente possiamo chiedere il parere dei nostri maestri: nessuno direbbe che non dovremmo consultarli. Ma nel domandarci, "Ho superato il mio egoismo?", chiediamo a qualcun altro o ci valutiamo da soli?

La questione si fa quindi un po' più complessa. A volte non siamo del tutto consapevoli di come interagiamo con gli altri e quindi abbiamo bisogno di un commento su di noi, anche se può essere difficile trovare qualcuno che sia obiettivo. Potremmo chiedere: "Mi sto comportando in modo egoista nella nostra relazione?". E l'altra persona potrebbe avere le sue strategie e modalità emotive. In fin dei conti, noi stessi siamo i giudici migliori per valutare se ci stiamo comportando in modo egoista o meno. Sulla base dei nostri sentimenti o dei commenti degli altri, ci valutiamo. È più facile essere obiettivi su noi stessi che sugli altri, perché conosciamo meglio noi stessi.

Superare la resistenza emotiva al cambiamento

Ma, come già detto, anche se vogliamo cambiare e migliorare noi stessi, incontriamo spesso una resistenza emotiva. Per superarla, abbiamo bisogno di approfondire la nostra analisi della confusione che sta dietro questa resistenza, e cercare di scoprire che cosa la stia causando. Se lasciamo la nostra analisi al livello che è comune a tutte le scuole buddhiste indiane, la confusione è la nostra credenza in un "io" conoscibile in modo autosufficiente. Questa confusione è ciò che crea resistenza, e quindi dobbiamo iniziare a smontare questo "io". Questo è un "io" che può essere conosciuto tutto da solo, come in: "Non voglio raggiungere l'illuminazione; non voglio aiutare gli altri". Sembra che ci sia un "io" per conto proprio, che non vuole praticare.

È una mente che non vuole praticare? O è la pigrizia? Che cos’è esattamente? Pensiamo in termini di "io", come in: "Non voglio praticare", ma questo "io" è solo attribuito ad una mente che contiene pigrizia, paura, insicurezza, e altri fattori mentali. Se vogliamo riferirci all'intero complesso di una mente e dei fattori mentali, delle emozioni e insicurezze, possiamo indicarlo in termini di "io". Si ha davvero l’impressione che "io" non voglio praticare.

Ma questo "io" non esiste tutto da solo, può essere conosciuto solo nel contesto di queste altre cose. Per cambiare la situazione e superare la nostra resistenza alla pratica, se pensiamo a noi stessi in termini di un "io" autosufficiente conoscibile, allora in qualche modo dobbiamo impedire a tale "io" di resistere. È come se potessimo gridare a noi stessi: "Dai, smettila di comportarti in quel modo", o punirci e costringerci a praticare. Questo non funziona. Si basa su un'idea sbagliata di "io".

Quindi è importante indirizzare i nostri antidoti in modo corretto, e non verso un "io" conoscibile in modo autosufficiente, perché non esiste. Dobbiamo indirizzare gli antidoti verso i vari fattori mentali e le diverse emozioni disturbanti su cui è etichettato l'«io». Dobbiamo dunque usare i perfetti metodi del Dharma per lavorare sulla nostra paura, pigrizia, insicurezza, e così via, che sono diventate la base per etichettare un "io" che non vuole praticare. Una volta eliminate, troviamo una base per etichettare un "io" che vuole praticare con entusiasmo, e così via. Questo è il modo in cui possiamo applicare l'analisi della vacuità. Non è eccessivamente intellettuale o difficile; è solo questione di capire di che cosa si tratta, e come applicarla in modo pratico.

In sintesi

Chi siamo e che cosa vogliamo? In verità non è una domanda facile, e per affrontarla ci vuole tempo per esaminarci in modo onesto. Sia che finiamo per essere contenti del Dharma “light”, sia che ci impegniamo per i livelli di motivazione iniziale, intermedio o avanzato, per lo meno sapremo dove ci troviamo. In fin dei conti, siamo i migliori testimoni di noi stessi.

Come abbiamo visto, il rifugio o direzione sicura è ciò che distingue il Buddhismo dalle altre tradizioni spirituali. La direzione sicura è in realtà la porta di accesso a tutti gli insegnamenti buddhisti e l'inizio di un viaggio per eliminare le emozioni disturbanti, impegnarci nel miglioramento di noi stessi, e percorrere il sentiero verso lo stato di Buddha.

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