La decisione di astenersi da comportamenti distruttivi

Perché non abbiamo ancora accumulato abbastanza forza positiva per sviluppare bodhicitta?

Abbiamo visto che per impegnarci per la prima volta nella bodhicitta dobbiamo aver sentito parlare dell’illuminazione, capirla un po’ e avere la ferma convinzione che esista e che sia possibile ottenerla da soli. Per considerare ciò, dobbiamo aver effettivamente incontrato gli insegnamenti, avere interesse per essi, essere di mentalità aperta e avere un po’ di preoccupazione per gli altri. Per tutto questo abbiamo bisogno almeno di una preziosa rinascita umana che si ottiene grazie a disciplina etica, preghiera, ecc. Per avere disciplina etica abbiamo bisogno di avere consapevolezza discriminante per discernere tra comportamento distruttivo (che è a nostro svantaggio) e comportamento costruttivo (che è benefico). Ma questa è la difficoltà, non è vero? Hai bisogno di disciplina etica e consapevolezza discriminante per ottenere una preziosa rinascita umana, ma hai bisogno di una preziosa rinascita umana per svilupparle.

Quindi ora la domanda: è un processo cumulativo, per cui più consapevolezza discriminante sviluppiamo e più comportamento costruttivo adottiamo, più rinascite umane preziose otterremo? Sembra proprio di sì, non è vero? Ma se fosse così, allora a causa della rinascita senza inizio, ormai dovremmo aver accumulato abbastanza forza positiva per sviluppare bodhicitta per la prima volta e raggiungere l’illuminazione. Abbiamo bisogno di tre innumerevoli eoni di forza positiva per fare tutto questo, ma un tempo senza inizio è più lungo di tre innumerevoli eoni; quindi, ci sarebbe dovuto essere abbastanza tempo se fosse stato un processo cumulativo. Ma questo non è successo. Perché? Analizziamolo con un elenco completo:

1. L’inconsapevolezza della realtà è senza inizio e, sebbene il nostro avere questo fattore di consapevolezza discriminante sia anch’esso senza inizio, il nostro avere una corretta consapevolezza discriminante non è senza inizio. Anche questa deve essere sviluppata per la prima volta. In altre parole, abbiamo sempre avuto quello strumento per comprendere correttamente, ma non significa che ne abbiamo sempre fatto un uso corretto. Questo deve essere sviluppato per la prima volta.

2. In ogni rinascita abbiamo avuto un certo livello di intelligenza ma ciò non significa che l’abbiamo usata. Tuttava possiamo sviluppare questo tipo di corretta consapevolezza discriminante solo con una preziosa rinascita umana. E stiamo parlando di una significativa consapevolezza discriminante, non di quella che una mucca usa per identificare la propria stalla e distinguerla da un’altra. Dobbiamo avere una consapevolezza discriminante di ciò che è benefico e di ciò che è dannoso a lungo termine, non solo a breve termine come scappare dal pericolo: anche gli animali lo fanno.

3. Nonostante la rinascita senza inizio, il numero infinito di rinascite sfortunate che abbiamo avuto è un numero infinito più grande del numero infinito di preziose rinascite umane che abbiamo avuto. Questo è matematica, gli infiniti hanno dimensioni diverse secondo la matematica sia occidentale che indiana. Pensateci.

Faccio un esempio. Se per ogni preziosa rinascita umana, abbiamo avuto un milione di rinascite inferiori, allora l’infinito numero di rinascite inferiori è maggiore dell’infinito numero di preziose rinascite umane che abbiamo avuto. Qual è la differenza?

Non so quanti abbiano familiarità con la matematica. Un esempio classico della matematica: il numero infinito di numeri interi, ovvero 1, 2, 3, 4, 5... è una quantità infinita, ma è numerabile. Ma c’è un numero infinito molto più grande di ciò che è chiamato numeri reali (in altre parole, frazioni o decimali) rispetto ai numeri interi, e questo è non numerabile. Come il concetto di un numero limitato di esseri che è innumerevole. Questo possiamo capirlo anche dalla matematica. Quanti numeri reali, in altre parole, quante frazioni, ci sono tra uno e due? È una quantità limitata ma è non numerabile. Ora devo dire che non sono un matematico, quindi bisogna analizzare ulteriormente, ma questi sono concetti molto interessanti e difficili nel Buddhismo. In realtà deriva dai testi giainisti sulla matematica indiana, tutta questa classificazione degli infiniti, numerabili, non numerabili e così via.

Comunque, nonostante infinite rinascite, abbiamo avuto più rinascite inferiori di quante ne abbiamo avute di preziose umane. Questo è il punto. Quindi l’assenza di inizio non altera la proporzione. Perché potremmo avere l’idea sbagliata “Beh, è senza inizio, quindi dovrebbe essere pari”. Non è così.

È molto utile non scartare l’analisi occidentale e le nozioni scientifiche e matematiche: aiutano la nostra analisi. Sua Santità il Dalai Lama dice spesso che se, grazie alla scienza occidentale e così via possiamo confutare qualcosa nel Buddhismo, possiamo abbandonare quel concetto perché, dopo tutto, ciò che ci interessa è la realtà.

Quindi cosa ne consegue dal fatto che abbiamo avuto, diciamo, un milione di rinascite inferiori in più rispetto alle preziose rinascite umane? Voglio condividere con voi una bella affermazione che uno dei miei insegnanti, Gesce Ngauang Dhargyey: “Siamo solo in una breve vacanza dai regni inferiori e abbiamo già prenotato il biglietto per tornare”. È un bel modo di dirlo.

4. Quindi stiamo accumulando forza karmica negativa, rafforzando la nostra ignoranza e le nostre emozioni disturbanti in tutte le nostre rinascite. (Anche in quella attuale. Anche nella preziosa rinascita umana, quante volte ti sei arrabbiato nella tua vita?) Ma rafforziamo la nostra forza karmica positiva e la nostra consapevolezza discriminante solo a volte in alcune rinascite. Quindi la forza karmica negativa e l’ignoranza sono molto più forti e trascinanti della nostra forza karmica positiva e della corretta consapevolezza discriminante.

Bisogna capire perché abbiamo così tante rinascite sfortunate rispetto a quelle preziose umane. Perché compiamo sempre cose negative e molto raramente cose positive. Questa è di nuovo una meravigliosa meditazione di Ghesce Dhargyey: “Considera nella tua vita quante volte ti sei arrabbiato, hai provato attaccamento, hai fatto cose distruttive e soppesa questo rispetto a quante volte hai avuto pensieri positivi, e allora è chiaro quale sarà il tuo futuro”. Vale la pena di riflettere un minuto su questo.

5. Gli insegnamenti sul karma ci dicono che il comportamento costruttivo può indebolire i potenziali karmici negativi e il comportamento distruttivo può indebolire i potenziali karmici positivi ma, poiché la quantità del nostro comportamento distruttivo è molto più grande della quantità di quello costruttivo, stiamo costantemente indebolendo il nostro potenziale karmico positivo. Ognuno dei due può indebolire l’altro ma, poiché il negativo è più forte, vincerà sempre perché abbiamo fatto più cose negative che positive se si guarda a lungo termine, come abbiamo appena analizzato.

6. Sebbene i potenziali karmici negativi e positivi non esistano più una volta terminata la loro maturazione, tuttavia, poiché quelli negativi superano in numero quelli positivi, ci ritroviamo sempre con più potenziali negativi che positivi.

Quindi la vera domanda è: come possiamo mai spezzare questa sindrome? Come possiamo rafforzare queste reti di forza positiva e profonda consapevolezza in modo che possano superare questi potenziali negativi e l’ignoranza, in modo da ottenere una preziosa rinascita umana per essere in grado di sviluppare bodhicitta? Non c’è molto che possiamo fare in un milione di rinascite come una mosca o un ragno che mangia le mosche? Quindi possiamo semplicemente decidere di farlo con il libero arbitrio? È determinato? O c’è qualche altra spiegazione? Torniamo sempre alla stessa domanda.

Le due reti

Per analizzarlo, dobbiamo guardare ancora più da vicino queste due reti di forza positiva e consapevolezza profonda che possono costruire il samsara, la liberazione o l’illuminazione a seconda della motivazione e della dedica. Se non si fa nulla, l’impostazione predefinita è la costruzione del samsara. Se non dedichiamo o compiamo azioni positive a causa dell’ingenuità e del forte ego – “Devo essere bravo. Devo essere perfetto” - la sindrome del controllo maniacale, il perfezionismo, allora questa è una super costruzione del samsara; c’è un forte attaccamento all’ego - io, me, devo essere bravo, devo essere perfetto - perfezionismo. È molto importante analizzare: a cosa ci porterà? Cosa c’è dietro?

Lo dico perché spesso le persone pensano “Beh, devo solo essere bravo, fare cose giuste e così via, e questo mi porterà all’illuminazione”. Ma se lo fai da perfezionista, ti porterà solo più nel samsara. Pensateci, forse alcuni di noi hanno questo problema. Ecco perché si sottolinea sempre che è molto importante essere rilassati riguardo alla nostra pratica del Dharma e non dei perfezionisti fanatici. Conoscete questo meraviglioso koan zen, il mio preferito “La morte può arrivare in qualsiasi momento. Rilassati”? Molto profondo in realtà.

Come usciamo da questa sindrome in termini di negatività che supera sempre la positività? Grazie alla bodhicitta senza sforzo... Ci sono due tipi di bodhicitta: con sforzo (rtsol-bcas), quindi procedere passo dopo passo - tutti sono stati mia madre, sono stati così gentili con me, questi passaggi. Non deve essere solo a parole ma dobbiamo effettivamente sentirli ed essere sinceri. Quindi questo è con sforzo, devi lavorarci su. È bodhicitta reale, non è artificiale, solo dobbiamo sforzarci per costruirla.

Senza sforzo (rtsol-med) significa che non devi passare attraverso tutti quei passaggi. Ce l’hai e basta, perché ne hai molta familiarità. Quando hai bodhicitta senza sforzo raggiungi il primo di questi cinque sentieri, il cosiddetto sentiero dell’accumulazione (tshogs-lam), quello che chiamo sentiero mentale, perché non è qualcosa su cui cammini ma un livello della mente che si sta costruendo. Cosa sta costruendo? Non sta accumulando, non si sta ottenendo qualcosa ma sta costruendo fino ad avere shamatha e vipashyana combinati, in realtà. O abbiamo raggiunto shamatha prima o non l’abbiamo raggiunto. Ci possono essere due modi.

In ogni caso, quando abbiamo la vera bodhicitta - e c’è una discussione su quale sia rilevante, con sforzo o senza - allora la forza positiva che si accumula con essa - lo capisci direttamente dal lam-rim - non può essere distrutta da un comportamento distruttivo, non si esaurisce e continua a maturare fino all’illuminazione. Quindi non è come la nostra forza positiva samsarica che può essere indebolita e sarà finita quando maturerà. Dobbiamo convincerci che è effettivamente possibile uscire da questa dialettica samsarica. Se la forza positiva è con la vera bodhicitta rimarrà e crescerà sempre di più. Come dice Shantideva, anche quando dormi continua a funzionare. Quindi dobbiamo effettivamente sviluppare amore, compassione, equanimità e bodhicitta. Se davvero l’abbiamo, la rabbia non l’indebolirà; solo la normale forza positiva samsarica per ottenere una preziosa rinascita umana sarà indebolita dalla rabbia.

Nota che, quando un bodhisattva si arrabbia con un altro bodhisattva, distrugge cento o mille eoni di forza positiva: questo si riferisce alla distruzione di quella quantità di forza positiva che costruisce il samsara che il bodhisattva ha ancora, ad esempio la forza positiva per continuare ad avere preziose rinascite umane mentre continua a lavorare verso l’illuminazione; non distrugge la forza positiva che costruisce l’illuminazione.

Questo è il problema ora. Per sviluppare quella - la chiameremo forza positiva stabile? - forza positiva da bodhicitta che non si esaurirà, abbiamo bisogno di abbastanza forza positiva samsarica per ottenere la preziosa rinascita umana per essere in grado di svilupparla anche la prima volta. Questo è ciò che dobbiamo raggiungere, che è un po’ di vera bodhicitta, e poi costruiamo forza positiva che sarà davvero in grado di superare (entrambe le oscurazioni). Servono tre innumerevoli eoni, ma c’è molto tempo. Ma se andiamo costantemente su e giù, come costruiamo abbastanza forza positiva samsarica per raggiungere quel punto in cui possiamo effettivamente costruire quella forza positiva stabile costruisce l’illuminazione?

Il ruolo del karma

Quindi, dove entrano in gioco la scelta e il processo decisionale in questa analisi? E che ruolo gioca il karma in tutto questo? Ora dobbiamo introdurre il karma.

Karma sfortunatamente è tradotto in tibetano con lay (las), che è la parola colloquiale tibetana per “azioni”, ma karma non significa azioni. Se significasse azioni, allora tutto ciò che dovremmo fare per liberarci è smettere di fare qualsiasi cosa. “Oh, devi superare il karma che ti sta causando sofferenza, samsara e rinascita”, se pensi che si riferisca solo alle azioni, perché sono così orribili? Perché dobbiamo smettere di fare qualsiasi cosa? Non ha alcun senso. Quindi dobbiamo guardare le definizioni nei testi per capire a cosa si riferisce e non basarci solo su ciò che dice il dizionario. E se chiedi a qualsiasi tibetano, la maggior parte di loro dirà “azioni” perché, come ho detto, karma è la parola colloquiale per “azioni” in tibetano.

Penso che un modo più accurato di tradurlo sia compulsione; è la compulsione stessa. Abbiamo due teorie su di esso. Nella filosofia buddhista indiana abbiamo diversi sistemi filosofici e Sautrantika, Cittamatra, Svatantrika dicono che il karma è un fattore mentale di compulsione, un impulso compulsivo che ci spinge a pensare, parlare o agire in un certo modo. Compulsivamente, la mia mente vaga costantemente, penso con attaccamento alla persona amata, mi arrabbio, urlo e così via. È quella compulsione che ci spinge a questo tipo di comportamento ripetitivo. O compulsivamente cerchiamo di fare del bene per accontentare tutti. Hai mai sentito parlare di qualcuno che è così? “Devo accontentare tutti”. È compulsivo, è l’ego (ho paura di essere abbandonato). È una compulsione positiva, ma è pur sempre una compulsione. Pensateci. È la più facile da capire. E ovviamente vorremmo superarla. È una forza molto intensa.

Quando iniziamo a pensare al karma in questi termini, allora capiamo davvero che è ciò che crea i problemi. Il karma non è il risultato ma è una causa. Una delle leggi del karma: il karma non matura nel karma, ma ci arriveremo. Il karma matura nel desiderio o nella sensazione di arrabbiarsi o urlare a qualcuno. Questo fattore mentale è ciò che matura, poi può arrivare la compulsione di urlare davvero, ma c’è uno spazio dove puoi decidere - è lì che hai bisogno della consapevolezza discriminante che impedirà di creare altro karma da una forza più compulsiva che porterà all’azione.

Non è difficile da capire, “Ho voglia di andare al frigorifero e prendere del cibo, ma ho anche voglia di astenermi perché non ho davvero fame ed è solo voglia di qualcosa di dolce”. Quindi puoi decidere. Ma la sensazione emerge, è ciò che matura dalle abitudini compulsive. Emergono due sensazioni: andare e non andare. È solo quando emergono entrambe che hai una scelta. Ma andiamo un po’ più avanti passo dopo passo in termini di comprensione del karma.

Per Sautrantika, Cittamatra e Svatantrika è sempre questo fattore mentale, l’impulso compulsivo che spinge, che trascina compulsivamente in un modo di pensare, agire o parlare.

Secondo Vaibhashika e Ghelugpa-Prasangika (la versione non Ghelugpa-Prasangika è piuttosto diversa), il karma è l’impulso mentale del pensare, quando parliamo mente. Nel caso del karma fisico e verbale, è la forma compulsiva che il nostro corpo assume quando agiamo. Non è l’azione ma la forma del nostro corpo mentre facciamo qualcosa di compulsivo, il modo in cui lo facciamo. O il suono compulsivo che la nostra voce assume quando parliamo.

Questo è complesso da capire, ma ci sono ragioni molto profonde per cui questo viene affermato. Quindi una forma compulsiva o un suono compulsivo che accade. Questo è un livello di karma.

L’altro livello di karma in questo caso è un’energia compulsiva molto sottile che perdura nell’azione e poi continua con il nostro continuum mentale finché non rinunciamo al desiderio di ripetere l’azione. È piuttosto profondo. C’è una certa compulsione sottile nel modo in cui siamo. È come un’energia sottile di compulsione che è alla base di tutta la nostra vita. Se ci pensi, in realtà ha molto senso.

In nessuna di queste due spiegazioni del karma stiamo parlando dell’azione effettiva. Pensateci un attimo.

Quindi possiamo iniziare a riconoscere dentro di noi quanto compulsivamente agiamo. Il problema non è che agiamo, ma che puliamo compulsivamente la nostra casa o qualsiasi cosa. È molto interessante. Che tu lo voglia o no, in qualche modo senti di doverlo fare. In un certo senso ne sei trascinato, non è vero? O nelle discussioni: compulsivamente devo avere l’ultima parola, devo dirti cosa penso, la mia opinione. È costrizione. Questo è karma. Quindi vedi come può essere un bel problema. Non stiamo usando la consapevolezza discriminante: quando ho voglia di darti la mia opinione dico davvero qualcosa o no? Sarà utile? Produrrà solo più discussioni? Non ascolterai comunque quello che dico?

Ed è molto interessante in realtà con Facebook, i social media, Twitter, ecc. - perché a qualcuno dovrebbe importare di quello che penso? Quindi analizzi - mi dispiace, non riesco a resistere (quindi ora ho questa compulsione a dirtelo). È come se in qualche modo nel mondo le persone si sentissero così impotenti in termini di ciò che sta accadendo, e così indifese, che se dico quello che penso e lo posto, in qualche modo ciò stabilisce che esisto. Mi dà quello che immagino essere la vera esistenza. Questa è l’analisi da un punto di vista buddhista, pensateci. È vero e ci fa esistere? No, ovviamente no. Dimostra che esisto? No, ovviamente no. È come questo bel detto in tedesco “Se squilla il mio cellulare, allora esisto”. È vero. “Ricevo un certo numero di mi piace e quindi esisto”.

L’analisi della decisione di astenersi da comportamenti distruttivi

Ora la nostra analisi. Anche per costruire la forza positiva per il samsara abbiamo bisogno di una corretta consapevolezza discriminante, per scegliere di astenerci dal comportamento distruttivo quando ci sentiamo di agire in quel modo, quando la sensazione emerge. Quindi abbiamo bisogno di una corretta consapevolezza discriminante quando sorgono due sensazioni, due desideri: dal potenziale karmico negativo, la sensazione che sto per urlare, e dal potenziale karmico positivo, la sensazione di stare zitto e non urlare. Abbiamo bisogno della corretta consapevolezza discriminante per distinguere i vantaggi e gli svantaggi dell’agire per via di queste due sensazioni. Questo è il momento cruciale.

Di nuovo dobbiamo guardare alla definizione secondo Vasubandhu. Quello che chiamo un desiderio (’dod-pa, sanscr. iccha) (in realtà è la parola per desiderio in tibetano e sanscrito), che nella nostra normalità, almeno in italiano, è voler fare qualcosa - lui lo definisce come equivalente a un’intenzione (’dun-pa) che è il fattore mentale di fare qualcosa, di ottenere un oggetto o un obiettivo, di fare qualcosa con quell’oggetto o obiettivo una volta che lo abbiamo ottenuto. Quindi “Ho voglia di andare al frigorifero”. È come un’intenzione “Vorrei davvero andare al frigorifero e prendere qualcosa da mangiare”. Quindi è un’intenzione, che agiamo o meno è un’altra cosa. Questo è ciò che matura dalle conseguenze karmiche - non dal karma stesso, da ciò che rimane (le tendenze, le abitudini, i potenziali). 

Ma l’opportunità di prendere questa decisione si presenterà solo se matura anche un potenziale positivo quando matura quello negativo. Il potenziale negativo matura per urlare, quindi allo stesso tempo maturerà il potenziale positivo per non urlare. Solo allora potremo prendere la decisione tra i due. Altrimenti ho solo voglia di urlare, non c’è nient’altro. Non mi passa mai per la testa di non urlare e urlo compulsivamente. Solo quando si presentano entrambi questi possiamo avere ciò che viene chiamato indecisione (the-tshoms) tra l’uno e l’altro. È allora che fai una scelta. Indecisione: dovrei fare questo o dovrei fare quello? Questo è il nocciolo della questione in cui entra in gioco la decisione. Tutta la nostra discussione sul libero arbitrio e il determinismo si riduce a questo punto cruciale.

Ora dobbiamo analizzare ulteriormente cosa causa la maturazione di un potenziale karmico. Non matura semplicemente per niente, nulla accade senza cause e condizioni. Quindi ci sono molte circostanze e condizioni che causano la maturazione di un potenziale negativo e molte che ne causano uno positivo. Quindi ora dobbiamo valutarle.

Spero che apprezziate il metodo analitico utilizzato qui. C’è l’enorme quantità di conoscenza del Dharma che si spera abbiamo acquisito, e ora dovete prendere tutti i pezzi e metterli insieme. Molti che per anni frequentano un centro di Dharma dicono “Non voglio più venire, ho già sentito tutto questo”. È un grosso errore annoiarsi e non incastrare i pezzi di ciò che è stato imparato. Ogni volta che ascolti il Dharma si formano nuove associazioni, nuovi percorsi neurali nel mettere insieme le informazioni. Trijang Rinpoce disse “Ho letto il Lam-rim chen-mo (di Tsongkhapa) cento volte. Ogni volta è come leggere un testo diverso”.

Quindi, quali sono le circostanze affinché maturi il potenziale negativo? Abbiamo una lista nel lam-rim. Non seccatevi per le liste, sono importanti perché ci danno sempre più intuizioni, più materiale con cui lavorare.

  • Un potenziale negativo maturerà se abbiamo un’emozione disturbante (rabbia, avidità e così via). La rabbia è lì, e quindi il potenziale matura per urlare contro qualcuno. C’è una sensazione di urlare contro qualcuno perché sei arrabbiato.
  • Può anche derivare dall’influenza negativa degli altri. Tutti gli altri urlano, e quindi anche noi urliamo. Se la persona che ci sta parlando ci urla, noi urliamo a nostra volta.
  • Considerazione errata: è molto importante. Sarebbe come pensare che “Se ti urlo, tutto andrà meglio”. Urlare a qualcuno “Dovresti amarmi, dovresti prestarmi più attenzione”. Vorrà solo scappare via, si ottiene l’effetto opposto. Quindi questa è una considerazione errata, considerare la sofferenza come felicità, ecc.
  • Potrebbe anche essere una situazione fisica che può far maturare un potenziale negativo. Per esempio, sto morendo di fame, sono povero e quindi ho voglia di rubare del cibo.

C’è un’intera lista, ce ne sono molte altre, ma queste sono quelle significative. Una loro combinazione fa maturare il potenziale negativo.

Anche il potenziale positivo maturerà – sentendo di astenersi dall’urlare – da vari fattori:

  • Un fattore mentale costruttivo. Pazienza: l’altra persona sta urlando, quindi abbiamo pazienza, comprensione. Ciò ci porterebbe a voler astenerci dal rispondere urlando. Distacco: non sono così coinvolto da dover dire quello che penso.
  • L’influenza positiva degli altri. Il nostro amico è con noi e dice “Oh, calmati. Non è poi così male”.
  • Ispirazione dai Buddha e dai nostri insegnanti.
  • La consapevolezza, ovvero il ricordare i loro insegnamenti, potrebbe indurci a voler astenerci.
  • Concentrarci su di loro. Ricordarseli e poi dimenticarli non è così d’aiuto. Devi ricordarli e tenerli a mente.

Sono quindi necessarie così tante circostanze per affrontare la situazione in cui possiamo decidere tra agire in modo distruttivo o astenerci, e ciascuna di queste condizioni nasce da ulteriori condizioni. Vedete dove questo ci porta? Ricordate l’origine interdipendente? Ecco a cosa porta tutto questo. Tutto ciò che è coinvolto qui nasce da cause e condizioni, e ogni causa e condizione nasce da altre cause e condizioni. L’analisi a ritroso di ciò di cui hai bisogno per raggiungere l’illuminazione, che devi avere bodhicitta per la prima volta e cosa ti serve per questo? ecc., tornando indietro. Assimilatelo.

Per fare la scelta devono emergere entrambi i desideri. Non è così forte come un desiderio, ma è la parola che si usa. Penso che la parola tedesca Lust lo renda bene: cosa ti va di fare? Ho voglia di urlare; non ho voglia di urlare. Solo se emergono questi due puoi prendere la decisione, e affinché ciascuno di essi emerga devono esserci circostanze che lo supportino. Non stiamo parlando di una situazione più complicata di fai questo o fai quello. Stiamo parlando semplicemente di farlo o non farlo. Prima di poter decidere di fare qualcos’altro, devi decidere di non attuare la prima alternativa, che è urlare.

Ma anche se le circostanze sono presenti - questo diventa ancora più terribile - se il potenziale karmico positivo è troppo debole non darà origine al desiderio di astenersi dall’agire in modo distruttivo. È la situazione più comune. Normalmente non mi verrebbe mai in mente di non urlare contro di te se mi stai urlando contro, semplicemente urlo compulsivamente. I bambini si comportano male, stanno combinando un pasticcio, non vogliono dormire e io urlo loro “Andate a dormire”. Ma anche se ricordiamo gli insegnamenti – “Ok, non urlerò. Sono solo stanchi. Sarò calmo e li metterò a dormire” - allora abbiamo la situazione “So che non dovrei urlare, ma non ho potuto trattenermi”. La conoscete? Avviene perché la forza del potenziale karmico è troppo debole, ciò che matura è troppo debole. Quindi di solito non abbiamo nemmeno l’opportunità di riflettere “Devo fare questo o devo fare quello?” e, anche se riflettiamo, non ci aiuta molto.

Quando il potenziale negativo matura e ho voglia di urlare abbiamo bisogno che anche il potenziale positivo maturi per trattenermi, e che sia abbastanza forte da poter sopraffare il desiderio negativo. Allora avremmo la corretta consapevolezza discriminante per discernere che è molto più utile trattenersi che urlare.

Poi subentra la situazione del samsara, perché possiamo avere solo potenziali karmici positivi sufficientemente forti se li abbiamo già accumulati astenendoci da comportamenti distruttivi. E per questo dobbiamo aver avuto prima quella consapevolezza discriminante corretta e sufficientemente forte. Quindi è un orribile “circolo vizioso”. Quindi, poiché la consapevolezza discriminante necessaria per accumulare quella forza positiva si accumula solo durante una preziosa rinascita umana e, per ottenere la preziosa rinascita umana, abbiamo bisogno di forza karmica positiva che stiamo sempre indebolendo con la rabbia e così via, uscire dal samsara è come cercare di riempire d’acqua un secchio con un buco.

Ecco come stanno davvero le cose, se ci pensate. Tante circostanze positive devono riunirsi, e queste non sono senza inizio. Le circostanze negative nascono da cause senza inizio, e le cause negative indeboliscono o distruggono costantemente quelle positive che abbiamo costruito. Questo descrive il samsara in modo molto preciso. Abbiamo il meccanismo per sviluppare quelle positive, ma quelle positive non ci sono, deve esserci una prima volta. E quelle negative ci sono sempre state, sempre indebolendo qualsiasi cosa positiva costruiamo; è come cercare di riempire un secchio con un buco dentro.

Perché l’illuminazione è possibile

È possibile l’illuminazione? La ragione per cui è possibile è che la consapevolezza discriminante scorretta può essere danneggiata dalla consapevolezza discriminante corretta, ciò che è scorretto può essere danneggiato da ciò che è corretto. Ciò che è corretto non può essere danneggiato da ciò che è scorretto, ma ciò che è scorretto può essere danneggiato da ciò che è corretto. La mia corretta comprensione della realtà è supportata dalla logica, dal ragionamento, dall’esperienza, perché produce il suo effetto. Quando capisco la realtà, la vacuità, ecc., sono in grado di eliminare la sofferenza, la mia sofferenza. Mentre la confusione, la comprensione scorretta, non ha nulla a sostegno, e più ci credo più produce sofferenza. La corretta comprensione della realtà può distruggere quella confusione ma la confusione non può distruggere quella corretta.

Il corretto può distruggere la confusione finché abbiamo il fattore mentale della ferma convinzione (mos-pa), decisività, presente nella nostra lista dei cinquantuno fattori mentali. Teneteli a portata di mano per lavorarci. Asanga – l’Abhidharmasamuccaya – ne dà una definizione molto bella: è la ferma convinzione che si concentra su un fatto che abbiamo validamente accertato essere in un certo modo. La sua funzione è di rendere la nostra convinzione che un fatto sia vero così ferma che gli argomenti o le opinioni degli altri non ci dissuaderanno.

Questo è un punto molto difficile. Come ci si convince di qualcosa? Cosa significa veramente essere convinti? A che punto sono davvero abbastanza convinto da modificare il mio comportamento, convinto che urlare produrrà solo più infelicità e sofferenza nel lungo termine in futuro? Potrebbe farmi sentire meglio adesso, ma non è questo l’effetto a lungo termine. È molto difficile, non è vero?

Hai perso qualcosa in casa, non riesci a trovarla, le chiavi o altro, e cerchi e cerchi e cerchi. Come fai a convincerti davvero che “non le ho lasciate da qualche parte in casa”? Ci siamo passati tutti, che si tratti delle chiavi o di altro, ne sono sicuro. Non vuoi arrenderti “Devo averle lasciate da qualche parte. Non sono convinto di averle perse”, e cerchi ancora e ancora. Non è vero?

C’è il fattore mentale della ferma convinzione. Tutti questi fattori mentali sono su una scala, per così dire: più forti, più deboli e così via. Quindi, affinché la comprensione corretta possa sopraffare quella sbagliata, dobbiamo davvero esserne convinti, in modo da non avere più dubbi, “Forse sarebbe meglio urlare”.

Ora faremo la nostra pausa per il tè e analizziamo quando emergono queste due sensazioni, urlare o non urlare, ma non faremo come “Essere o non essere”, “Urlare o non urlare” - e abbiamo un’indecisione (è un modo per conoscere entrambi: fare questo, fare quello?), come avviene una decisione? Ci sono due modi:

  • Supposizione “Presumo che questo sia il modo migliore di agire. Non lo capisco davvero, ma presumo che sia così, quindi non urlerò”.
  • Oppure abbiamo una cognizione valida. L’inferenza: “Buddha è una fonte valida di informazioni, non c’è motivo per cui abbia mentito su questo. Quindi sono pienamente convinto”.

Non sappiamo quale sarà l’effetto a lungo termine, abbiamo una mente limitata. Quindi ci sono due modi di prendere la decisione: presumere che sia giusto, o essere davvero sicuri che il Buddha sapesse cosa stava dicendo. Perché in entrambi i casi sperimentiamo l’occasione di una decisione che sorge come “Ho fatto la scelta”. È così che la sperimentiamo, “Ho deciso. Ho preso la decisione”. Ma come accade? Questa è la prossima cosa che analizzeremo.

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