Comprendere la vacuità con la forza del bodhichitta

Ripasso

Abbiamo discusso il tre sentieri principali della mente. Il primo è la rinuncia, con un passo aggiunto preliminare utile per noi occidentali, che consiste nell’abbandonare la nostra ossessione per la gratificazione immediata e invece interessarsi maggiormente in che cosa ci accadrà successivamente in questa vita e nelle generazioni future.

Poi continuiamo abbandonando la nostra ossessione per questa vita, concentrandoci di più sulle vite future per assicurarci che continueremo ad avere preziose vite umane e le opportunità per continuare il sentiero spirituale. Poi abbandoniamo pure la nostra ossessione per le vite future focalizzandoci invece sulla liberazione completa dal samsara – la rinascita che si ripete in maniera incontrollabile.

Per prenderci cura di ciò che accadrà successivamente nella nostra vita, abbiamo bisogno di astenerci dal comportamento distruttivo, agire in maniera costruttiva e dare una direzione positiva e un significato alla nostra vita, e questa è la direzione sicura del rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha. Abbiamo bisogno della stessa cosa in termini di abbandonare la nostra ossessione con questa vita per interessarci maggiormente alle vite future. Questo ha un po’ più senso, perché le maturazioni del nostro comportamento in questa vita non avvengono solitamente in questa esistenza, ma nelle vite future.

Per raggiungere la liberazione dalla rinascita che si ripete in maniera incontrollabile, non dobbiamo solamente sbarazzarci di questa inconsapevolezza di causa ed effetto del nostro comportamento, ma abbiamo anche bisogno di eliminare la nostra inconsapevolezza della realtà – come esistiamo, come esistono gli altri, e secondo la più sofisticata scuola buddhista, la nostra inconsapevolezza della realtà di ogni cosa. Con tale comprensione della vacuità, siamo in grado di sbarazzarci per sempre di ciò che si chiamano le oscurazioni che ostacolano la liberazione. Queste oscurazioni sono tecnicamente chiamate le “oscurazioni che sono emozioni e atteggiamenti disturbanti”: sono le oscurazioni emotive.

Veri arresti delle oscurazioni che ostacolano la liberazione

Quando esaminiamo questo stato libero da tali oscurazioni – che si riferisce, tra le quattro nobili verità che il Buddha ha insegnato, alla terza nobile verità, i veri arresti di queste oscurazioni – tale stato si raggiunge grazie ai veri sentieri della mente, la quarta nobile verità. Ciò implica molti tipi differenti di comprensione e modi di comunicare e comportarsi che derivano da tali sentieri. Ma principalmente, il più importante sentiero della mente è la cognizione non concettuale della vacuità – e non solamente la prima volta che abbiamo tale cognizione. Abbiamo bisogno di acquisire una totale familiarità con la vacuità affinché quest’ultima possa liberarci da queste oscurazioni, e ciò avviene in maniera graduale.

Queste due nobili verità, i veri arresti raggiunti dai veri sentieri della mente, costituiscono il rifugio del Dharma. In altre parole, questi sono il Gioiello del Dharma che vogliamo ottenere. Prendendo rifugio, diamo questa direzione alla nostra vita: abbiamo l’obiettivo di conseguire questi veri arresti.

Ora, questi veri arresti e veri sentieri della mente non esistono da qualche parte nel cielo; si trovano in un continuum mentale. I continua mentali in cui esistono in pieno sono quelli dei Buddha, e quindi abbiamo il Gioiello dei Buddha, il rifugio del Buddha. I Buddha ci indicano come conseguire noi stessi questi veri sentieri della mente e veri arresti, grazie ai loro insegnamenti e anche al loro esempio.

Coloro che si trovano a metà strada, che hanno già raggiunto qualche vero arresto, ma non il set completo, sono gli esseri arya. Hanno avuto una cognizione non concettuale della vacuità, ma non hanno ancora acquisito una totale familiarità con essa; hanno semplicemente raggiunto i veri arresti e i veri sentieri iniziali, e solo alcuni di essi, non il set completo. Essi costituiscono il Gioiello del Sangha, il rifugio del Sangha. Queste Tre Cose Rare e Preziose, che è il significato effettivo della parola tibetana per “gioiello” sono ciò che ci indica la direzione sicura da prendere nella nostra vita: diventare come loro.

Per raggiungere la liberazione, è essenziale seguire le istruzioni e gli insegnamenti lungo la strada, come ad esempio l’astenersi dal comportamento distruttivo. Quando ci asteniamo dal comportamento distruttivo, non è perché non vogliamo infrangere la legge – che sia quella divina o quella civile – ma perché abbiamo una certa comprensione di causa ed effetto e di un livello più profondo della realtà. Vogliamo astenerci dal comportamento distruttivo per essere in grado di ottenere, come risultato, le circostanze favorevoli che ci permetteranno di conseguire noi stessi i Tre Gioielli.

Quando raggiungiamo la liberazione, ci siamo sbarazzati del primo set di oscurazioni, quelli che sono le emozioni e atteggiamenti disturbanti e le loro tendenze. Otteniamo tale stato, un vero arresto, grazie ai tre sentieri della mente, attraverso la rinuncia e la comprensione corretta della vacuità. Ovviamente, come base per poterli applicare, abbiamo gli addestramenti superiori nell’autodisciplina etica e nella concentrazione.

La comprensione della vacuità in termini di etichettatura mentale

Questa mente che comprende la vacuità, qui, è una mente che ha dietro di sé la forza della rinuncia. Come la forza che sta dietro a tale comprensione, la rinuncia è la motivazione nel senso che è sia l’emozione motivante (siamo disgustati e annoiati dalla nostra sofferenza), sia l’obiettivo motivante (il raggiungimento della liberazione).

Quando parliamo della vacuità, abbiamo sottolineato che, a causa delle abitudini di questa inconsapevolezza, la nostra mente proietta apparenze di modi impossibili di esistere. In parole povere, sembra proprio come se ogni cosa – io, tu, e ogni cosa che incontriamo – abbia una linea intorno che dal suo lato, la rende una cosa solida. Anche se comprendiamo come ogni cosa sia interrelata e interdipendente, ancora tendiamo a pensare come le cose che sono dipendenti le une dalle altre abbiano delle linee solide intorno ad esse, pensiamo che siano cose separate, indipendenti.

Dobbiamo comprendere un po’ più in profondità cosa ciò significa, ovviamente, ma per il momento, lasciamolo a questo livello semplice. La nostra mente proietta ciò che si chiama “l’apparenza di una vera esistenza”. Le nostre menti, allora, a causa dell’inconsapevolezza e della confusione, pensano che tale proiezione o apparenza di vera esistenza corrisponda al modo in cui le cose esistono effettivamente, e questo si chiama “afferrarsi ad una vera esistenza”. Grazie alla liberazione, ci sbarazziamo di questo afferrarsi ad una vera esistenza e della consapevolezza che lo sostiene, e così non crediamo più a questa spazzatura che la nostra mente proietta, questa apparenza ingannevole; non siamo più ingannati da questa apparenza.

Tuttavia, anche come un essere liberato, un arhat, la nostra mente ancora proietta queste apparenze ingannevoli; proietta ancora linee intorno a cose. Non pensate solamente a questo in termini del concetto di “tavola”, con una linea attorno a “tavola”. Pensate in termini di amico, nemico, amore, rabbia eccetera. Sembrano essere delle cose, vero? È come se avessero delle linee attorno a loro, con definizioni che provengono dal loro lato. Tuttavia, se ci riflettiamo su, ovviamente, questa è un’apparenza ingannevole; questo è impossibile. C’è un’assenza totale di questo, un’assenza totale che questo corrisponda a nulla di reale.

Possiamo comprenderlo tramite questo modello. Se pensiamo alle emozioni, c’è un’enorme spettro di esperienze. Non è solamente un’esperienza umana; anche gli animali provano emozioni. Se pensiamo agli uomini delle caverne, quando cominciarono a formulare il linguaggio, si riunirono insieme in una sorta di gruppo o comitato, e crearono parole partendo da suoni senza alcun significato, ciò che potremmo chiamare “schemi acustici”. Questi sono semplicemente suoni arbitrari che furono in grado di emettere, ed è come se avessero preso un coltello e avessero tagliato tutto questo intero spettro di sensazioni creando delle linee attorno a un tipo di emozione da questo a quel confine, dandogli una definizione e assegnandolo ad uno schema acustico – una parola.

Questi individui decisero che tali suoni senza significato si riferivano a ciò che era stato definito da questa definizione. Si riferirono a questa parte della comune esperienza umana. Questo non fa necessariamente solo parte dell’esperienza umana, perché anche i cani chiaramente provano emozioni a cui queste parole si riferiscono. Siccome persone differenti avevano voci differenti quando pronunciavano questi suoni, postularono categorie audio per ciascuna parola in modo tale che quando chiunque avesse emesso questi suoni nella sua voce, le persone avrebbero capito che stavano dicendo la stessa parola. Inoltre, siccome persone differenti sperimentavano cose simili aventi le stesse caratteristiche, formularono categorie di significato in cui rientravano queste cose come ciò a cui la categoria audio si stava riferendo. In questa maniera, formularono categorie audio e di significato come convenzioni concettuali.

Queste cose chiamate “convenzioni” sono pure invenzioni mentali create per la comodità della comunicazione, totalmente inventate dalla mente concettuale per lo scopo di comunicare. Sono molto utili poiché funzionano, comunicano, ma ciascun gruppo nelle caverne suddivise lo spettro dell’esperienza umana in pezzi differenti assegnando ad essi diversi schemi acustici e definendo tali piccole porzioni in maniera differente. Cercarono alcune caratteristiche che avrebbero potuto usare per definirli; le crearono e scelsero quelle. In questo modo, abbiamo ottenuto varie lingue, varie parole, concetti e convenzioni differenti.

Queste convenzioni, ovviamente, non corrispondevano tra di loro da un gruppo all’altro. Tutti suddivisero lo spettro in punti differenti, crearono confini differenti tra le categorie delle parole. Ad esempio, abbiamo “gelosia” e “invidia”, che ovviamente, in inglese hanno significati molto differenti dal significato delle parole in spagnolo. Inoltre, entrambe hanno significati differenti, confini differenti dal significato delle parole corrispondenti in tedesco. Questi non corrispondono affatto al termine tibetano, che è solitamente tradotto con “gelosia”. Ci si confonde. Le definizioni sono leggermente differenti nelle varie lingue.

È molto interessante che, in aggiunta a queste categorie audio e categorie di significato, ci sono anche “categorie dell’oggetto”. Qualunque persona che ha una certa esperienza, allora sta sperimentando una cosa, la gelosia. Sembra, ovviamente, che la gelosia sia dal suo lato una cosa che sperimentiamo, vero? Ecco ciò a cui mi riferivo con l’espressione: “come se avesse una linea intorno ad essa”, ma non c’è nulla dal lato di questa gelosia che la stia stabilendo da parte sua. C’è semplicemente questo ampio spettro di sensazioni ed emozioni mentali.

La gelosia è qualcosa che sorge soltanto in base a parole e concetti. La parola e il concetto  “gelosia” fu inventato come una convenzione da persone che vivevano nelle caverne. Quella categoria audio e categoria dell’oggetto si riferiscono a qualcosa; non si riferiscono a nulla. A cosa si riferiscono? Si riferiscono alla gelosia, ma l’oggetto di riferimento, la gelosia, non è qualche cosa che possiamo trovare da qualche parte, perché nulla esiste con una linea attorno come una cosa. È come un’illusione che la gelosia sembra essere una cosa con una linea attorno ad essa, ma non è davvero una cosa trovabile. Questo è specialmente vero se pensiamo ad ogni volta che proviamo la gelosia, oppure ogni volta che chiunque provi la gelosia, cane incluso. Dov’è? Cos’è? Anche se è come un’illusione, ciononostante – questa è una parola molto importante – funziona; la proviamo, il cane la prova e rende entrambi infelici.

L’unica cosa che stabilisce che c’è una cosa come la gelosia è il fatto che c’è una parola e un concetto per essa, e questi si riferiscono a qualcosa. Non possiamo trovare una certa cosa che corrisponda ad essi e stabilisca che la gelosia esiste indicandola: “Eccola qui con una bella linea intorno ad essa”. È impossibile che esista così, e che possa stabilire la sua esistenza in questo modo da parte sua. C’è una totale assenza di questo. È questo ciò di cui parla la vacuità; la vacuità è questa totale assenza. Ovviamente, se si tratta di un nuovo argomento per voi, per comprenderlo avrete bisogno di rifletterci sopra per molto tempo.

I veri arresti delle oscurazioni che ostacolano l’onniscienza

Ora, se abbiamo raggiunto la liberazione, anche se la nostra mente sta creando quest’apparenza di ogni cosa come cose con linee attorno ad esse, non crediamo che questo sia veramente il modo in cui esistono le cose. Comprendiamo come nulla possa funzionare se avesse una linea intorno. Avere una linea intorno, ad esempio, sarebbe come se fosse racchiuso in una plastica solida, rendendolo una cosa. Se due cose fossero racchiuse congelate in una plastica solida, come potrebbero interagire tra di loro? Come potrebbe uno essere la causa e l’altro l’effetto di essa? Sono lì semplicemente congelati, come oggetti disegnati sulla pagina di un libro da colorare. Nulla potrebbe funzionare. Come un essere liberato, un arhat, noi comprendiamo questo, e quindi non crediamo in questa spazzatura che la nostra mente sta proiettando; ciononostante, non possiamo ancora evitare che la nostra mente la proietti.

Qual è il problema con questo tipo di proiezione? Il problema con questo è che ora le nostre menti diventano molto limitate riguardo a ciò che possono comprendere, che possono inglobare. L’esempio che uso spesso è che con questo tipo di proiezione, la nostra percezione dell’universo è come vedere attraverso un periscopio. È molto limitata. Vediamo semplicemente delle cose. Il nostro campo visivo è molto piccolo, e l’estensione della nostra comprensione è molto limitata. Lo diciamo anche nel modo di parlare di tutti i giorni: “Puoi vedere solo quello che sta davanti al tuo naso”. 

Questo ci impedisce di poter aiutare al massimo tutti, perché se pensiamo in termini di nessun inizio e di un numero enorme di esseri (un numero finito, ma estremamente grande), se vogliamo sapere come aiutare anche solo un essere particolare, abbiamo bisogno di comprendere a che punto si trovano, quali sono i loro problemi e così via. Dobbiamo comprendere ogni cosa che sia mai esistita prima in tutto l’universo, come ha influenzato quel particolare continuum mentale, tutte le cause che spiegano il modo in cui esistono ora. Se volessimo insegnargli qualcosa per aiutarli a raggiungere la liberazione e l’illuminazione, per decidere quale sarebbe il modo più efficace per insegnare, dobbiamo davvero conoscere le conseguenze che scaturirebbero dall’insegnare a questa persona un certo aspetto del Dharma. 

Questa persona a cui insegniamo il Dharma non esisterà con una linea solida attorno a lui o lei, senza mai interagire con nessun altro in futuro. Questo essere interagirà con tutti gli altri da ora fino al conseguimento dell’illuminazione e anche dopo, e sarà influenzato da ciò che insegniamo, e questo avrà un effetto su tutte le persone che incontrerà. Per essere in grado di aiutare al massimo chiunque, dobbiamo ottenere il tipo di mente che conosce tutto questo, una mente onnisciente, la mente di un Buddha.

Dobbiamo ottenere questo tipo di mente in modo tale da sapere davvero come aiutare gli altri. Altrimenti, stiamo semplicemente guardando attraverso il periscopio; vediamo solo quello che sta di fronte al nostro naso. Dobbiamo fare in modo che la nostra mente smetta di proiettare linee attorno alle cose; altrimenti, non potremo mai vedere l’intera gamma di causa ed effetto e l’interdipendenza di ogni cosa che sia mai esistita o che esisterà. Questo è il limite che proviene dalla proiezione di queste linee, la quale a sua volta deriva dall’abitudine di afferrarsi ad una vera esistenza, le abitudini di credere che queste linee siano vere.

Questi sono gli oscuramenti che impediscono l’illuminazione, che impediscono l’onniscienza. Si chiamano gli “oscuramenti riguardanti tutte le cose conoscibili”, gli oscuramenti cognitivi. Ciò che vogliamo fare è di conseguire inoltre un vero arresto di questo secondo set di oscuramenti. Se riusciamo a raggiungere questo vero arresto, allora diventeremo dei Buddha. Assieme a questo stato onnisciente della mente che raggiungeremo, avremo un corpo senza limiti. In termini della nostra energia, potremo manifestarci in qualunque forma e comunicare in tutte le lingue. Otterremo il corpo, la parola, e la mente illuminanti di un Buddha.

Più in dettaglio, con questa mente illimitata verrà l’energia illimitata di tale mente, che a sua volta si manifesterà in qualunque forma, in modo tale da ottenere corpi o manifestazioni illimitate. Questa energia vibra, si chiama suono sottile, e questa è comunicazione, sono parole. Le vibrazioni dell’energia diventano anch’esse illimitate. L’energia può manifestarsi in qualunque forma e la vibrazione di quell’energia è comunicazione, la parola può comunicare in qualunque forma.

Qual è il vero sentiero della mente che apporterà questo secondo set di veri arresti? Questo è, nuovamente, la cognizione non concettuale della vacuità, che è ora sostenuta dalla forza del bodhichitta.

Una cosa che dovrei aggiungere è che tale stato di illuminazione non è onnipotente. Possiede capacità incredibili, ma l’onnipotenza non è una di queste. L’onnipotenza sarebbe qualcosa che non obbedisce alle leggi di causa ed effetto, tale per cui un essere onnipotente potrebbe fare qualunque cosa senza nessuna causa. Tsongkhapa dice molto chiaramente nel nostro testo “le leggi di causa ed effetto del comportamento non sono mai false”, non possono mai essere violate; le cose accadono solo per cause.

Un Buddha può insegnare, un Buddha può ispirare, un Buddha può spiegare, ma un Buddha non può comprendere al nostro posto. Dobbiamo capire noi stessi, e per farlo abbiamo bisogno di essere ricettivi e di accumulare le cause. Possiamo soltanto sbarazzarci della nostra inconsapevolezza, e in base a questo, eliminare la nostra sofferenza grazie alla nostra comprensione.

Ciò che eliminerà questo secondo set di oscuramenti è la stessa comprensione che ci ha permesso di eliminare il primo set. L’unica differenza riguarda la mente motivante che fornisce la forza sottostante – la rinuncia per gli oscuramenti che impediscono la liberazione e il bodhichitta per gli oscuramenti che impediscono l’onniscienza. Questa è la spiegazione data dalla teoria più sofisticata, il Prasangika. Esistono molti livelli differenti di teorie e spiegazioni, in cui non entrerò, ma quella più sofisticata si chiama il Prasangika Madhyamaka. In altre parole, questa comprensione che elimina entrambi i set di oscuramenti è la cognizione non concettuale della vacuità, la cognizione che tutte queste proiezioni di cose incapsulate e separate non corrisponde a nulla di reale.

Quando ci concentriamo su “Questo non corrisponde a nulla di reale”, in maniera non concettuale, ci stiamo focalizzando su una totale assenza. In questa assenza totale, la proiezione non è lì. Non solo il pensiero non è lì, ma anche la proiezione non è presente. Siamo solo totalmente concentrati, in modo non concettuale, che significa non attraverso qualche categoria – come la parola “vacuità” o qualche immagine mentale – ma siamo semplicemente focalizzati in maniera non concettuale su “Non c’è qualcosa del genere”, una sua assenza in questo senso.

Quando raggiungiamo questo stato, diventiamo un arya. “Arya” vuol dire “essere nobile”, ma questo è un termine un po’ stupido; io lo traduco come “essere altamente realizzato”. Non ha niente a che fare con l’aristocrazia. Un arya non può stare in quello “stato di assorbimento completo”, come è chiamato, tutto il tempo, ma deve uscirne per mangiare, per andare in bagno, e per impegnarsi in molte attività a beneficio degli altri. Ma mentre fa tutto questo, un arya ancora ha quell’abitudine di proiettare un’apparenza di vera esistenza perché questo è ciò che la mente fa automaticamente quando non è totalmente assorbita su questa assenza.

Se siamo in grado di rimanere in assorbimento pieno su questa totale assenza tutto il tempo, per sempre, e senza mai uscirne fuori, e allo stesso tempo aiutiamo gli altri e facciamo tante altre cose per beneficiare tutti, senza rimanere seduti in meditazione, se siamo in grado di farlo, allora ci saremo sbarazzati anche dell’abitudine di proiettare la vera esistenza perché non può venire di nuovo. Non siamo mai fuori da tale assorbimento totale. Questo è lo stato della Buddhità.

Cos’è un’abitudine? Tutto quello che possiamo dire è che ci sono esempi di eventi simili, come il bere tazzine di caffè. Come potremmo metterli insieme per riferirci a quella sequenza ricorrente per comunicarla, per pensarci sopra, eccetera? Connetteremmo mentalmente i punti di ciascun evento, creeremmo un’astrazione mentale, e questa sarebbe un'abitudine. Ovviamente non c’è nessuna linea attorno un’abitudine. È una convenzione che ci aiuta a riferirci ad una serie di eventi simili.

Pertanto, finché è possibile una futura ricorrenza di un evento simile, finché questo è possibile, allora potremmo dire che c’è ancora un’abitudine come un fenomeno d’imputazione sul continuum mentale. Un fenomeno d’imputazione è uno che è legato ad una base – in questo caso, un continuum mentale – il quale non può esistere o essere conosciuto separatamente da questa base. Finché c’è la possibilità di un’altra ricorrenza di quell’evento simile, abbiamo ancora l’abitudine, che può produrre una futura ricorrenza dell’evento simile.

Se è impossibile che ci sia mai una ricorrenza futura di un evento simile, allora tutto ciò di cui potremmo parlare sarebbe un’abitudine passata “Non ho più quest’abitudine”. Ecco come ci sbarazziamo delle abitudini. Non entrerò nei dettagli, ma è così che purifichiamo il karma. Rimuoviamo l’abitudine di proiettare una vera esistenza e di produrre karma con la comprensione della vacuità.

Il bodhichitta: puntare alla nostra illuminazione non ancora avvenuta

Ricordatevi che abbiamo parlato della rinuncia come un fattore motivante dietro la comprensione della vacuità, che gli dà una forza sufficiente per essere in grado di eliminare il primo set di oscuramenti – le emozioni disturbanti di rabbia, avidità, ingenuità e così via – ottenendo la liberazione. Tuttavia questa non è un’energia sufficiente, non è una forza abbastanza robusta affinché tale comprensione non concettuale della vacuità sia in grado di eliminare il secondo set di oscuramenti e di rimanere focalizzati per sempre su questa totale assenza di una vera esistenza stabilita in modo indipendente, beneficiando al tempo stesso tutti gli altri. Non possiede un’energia sufficiente per stare in questo stato. L’unico modo per farlo è il bodhichitta.

Il bodhichitta è una mente che punta all’illuminazione. Non è rivolta alla categoria “illuminazione”, una cosa generale come categoria, e certamente non punta ad essa come una cosa. Non mira all’illuminazione del Buddha Shakyamuni; è indirizzata alla nostra illuminazione futura, chiamata – e dobbiamo essere molto attenti e corretti con la grammatica – la nostra illuminazione individuale “non ancora avvenuta” che è un fenomeno d’imputazione sulla base del nostro continuum mentale.

Abbiamo bisogno di comprendere le cose “non ancora avvenute”, ad esempio il natale di quest’anno non ancora avvenuto. Possiamo concepire il natale non ancora avvenuto, giusto? È un concetto, e in realtà non lo conosciamo vividamente nei dettagli. Questo natale non ancora avvenuto non sta accadendo ora, giusto? Non sta avvenendo in qualche posto in un’altra dimensione e si sta avvicinando per poi avvenire qui, vero? Ciononostante, possiamo pensare al natale non ancora avvenuto, e possiamo fare la spesa e preparare ogni sorta di cose per quando questo natale non ancora avvenuto si trasformerà in un natale che sta avvenendo ora.

Non è come se ci fosse un natale che esiste con una grossa linea attorno, e che poi può essere descritto come “non ancora avvenuto” oppure che “sta avvenendo ora” o che “non sta accadendo più”. Non utilizzate le parole occidentali “futuro” e “passato” perché sono molto fuorvianti. I natali non ancora avvenuti, che stanno avvenendo ora e che non stanno accadendo più non sono gli stessi natali esistenti in modo solido che si muovono attraverso il tempo. Non è che sono una cosa solida.

Su cosa si concentra il bodhichitta? Si concentra su tale illuminazione non ancora avvenuta che può legittimamente avvenire in seguito sul nostro continuum mentale. Tuttavia, non avverrà da sola; non è come la nostra morte che, in ogni momento, a prescindere da qualunque cosa facciamo, accadrà automaticamente. L’illuminazione non ancora avvenuta non avverrà in automatico. Dobbiamo impegnarci molto e addestrarci per rimuovere questi oscuramenti. La base di lavoro c’è, e anche i fattori di cui abbiamo bisogno ci sono. Questi costituiscono i nostri cosiddetti fattori della “natura di Buddha”. Sulla base del nostro continuum mentale in questo momento presente, che è l’unica cosa che sta accadendo ora, e tutti i fattori della natura di Buddha che ne fanno parte, l’illuminazione non ancora avvenuta che si può ottenere è un fenomeno d’imputazione legittimamente conoscibile.

Il bodhichitta è accompagnato da due intenzioni. La prima è il desiderio e l’intenzione di ottenerla. Siamo motivati dall’amore e dalla compassione, e vogliamo essere in grado di aiutare tutti a superare la sofferenza, e per via di questo comprendiamo come l’unico modo per farlo nel modo migliore è di diventare illuminati, o in altre parole, di sbarazzarci di questa stupida visione dal periscopio; dunque puntiamo a raggiungere questo. La seconda intenzione è la risposta che sorge dal chiedere a noi stessi: “Cosa faremo una volta raggiunto questo stato?”. Aiuteremo tutti il più possibile.

Puntiamo o siamo focalizzati su questo stato dell’illuminazione che non è ancora avvenuto, lo stato in cui c’è questa assenza totale non solo dell’afferrarsi ad una vera esistenza, ma anche un’assenza della vera esistenza come qualcosa che appare alla nostra mente, e lo stato in cui abbiamo questo per tutto il tempo. Per arrivarci, dobbiamo comprendere ed essere convinti che sia possibile ottenere tale stato in termini del nostro stesso continuum mentale, nei termini di ciò che spesso chiamiamo semplicemente “mente”.

Cos’è la mente?

Cosa intendiamo con “mente”? Questo non è un argomento semplice. Senza metterci ore per spiegarlo, stiamo parlando di attività mentale. Potrebbe essere descritto in termini di tutte le cose elettriche e chimiche che avvengono, ma stiamo parlando dell’attività stessa dal punto di vista di essere l’esperienza soggettiva e individuale delle cose. È un’attività. La stiamo sperimentando; non è il sostantivo “esperienza”.

Non è come quando si dice “Ho fatto molte esperienze” e ‘Questa persona ha molta esperienza. Stiamo sperimentando, il verbo. Non stiamo parlando di una cosa; stiamo parlando di qualcosa che sta avvenendo ogni momento. Non stiamo parlando di esperienze che raccogliamo in una scatola. Questo è molto importante da comprendere, e dobbiamo stare attenti ed evitare di fraintendere proprio sulla base di questo punto.

Quest’attività continua tutto il tempo. Qual è questa attività? Potrebbe essere descritta da due punti di vista. Una è la comparsa di un’apparenza. Un’apparenza non è semplicemente visiva. Quest’apparenza è come un ologramma mentale. Se ci pensiamo su, è molto chiaro. Nella vista, ci sono tutti questi pixel di luce che colpiscono varie celle della retina, le quali mandano informazioni elettriche, e noi vediamo un ologramma mentale; non vediamo semplicemente pixel di luce e scariche elettriche. È un ologramma mentale.

È la stessa cosa con l’udito o qualunque altro senso. In ogni millisecondo di ascolto di un discorso, tutto ciò che sentiamo è il suono di una vocale o una consonante. È questo tutto ciò che ascoltiamo in un momento, eppure creiamo un ologramma mentale non solo di una parola intera, ma di tutta una frase, e ne comprendiamo il significato. Questo accade attraverso un ologramma mentale. Non sentiamo tutta la frase in un millisecondo contemporaneamente. È così che comprendiamo il linguaggio, attraverso la creazione di un completo ologramma mentale, anche se si verifica solo un suono alla volta, e sentiamo solo un suono in ciascun momento. È incredibile, vero?

In ogni caso, questo è un aspetto dell’attività mentale. Potrebbe anche essere descritta in termini di un “coinvolgimento cognitivo con un oggetto”. È questo ciò che significa vedere, sentire, pensare. Non è che sorge un pensiero come fosse una cosa, e poi la pensiamo. Quest’attività mentale o nascita di un ologramma mentale è equivalente a prendere coscienza di qualcosa, ed è tutto ciò che sta avvenendo. Non c’è nessun io separato con una linea attorno indipendente da questo pensiero che lo fa accadere usando una mente, come una macchina con una linea attorno che preme i pulsanti e “Ora io penserò questo pensiero”, sebbene sembra proprio così, e sentiamo dentro che è così. È impossibile che accada questo modo di pensare.

L’attività mentale prosegue tutto il tempo, e tale attività crea apparenze di ologrammi mentali. Di norma si creano apparenze di vera esistenza, di cose con linee attorno ad esse, e la nostra conoscenza di queste ultime è che le vediamo, le sentiamo, o le pensiamo. Tuttavia, questo viene fatto con inconsapevolezza; non sappiamo che non corrisponde a nulla di reale.

Ora, è questa inconsapevolezza qualcosa che chiameremmo parte dalla natura dell’attività mentale? In altre parole, è qualcosa che deve sempre essere lì? Beh, no. Perché? Perché può essere sostituita da qualcosa che è totalmente l’esatto opposto di essa, e si escludono a vicenda; in altre parole, un’attività mentale in cui non c’è nessuna apparenza di una vera esistenza e nessun pensiero che ciò corrisponda alla realtà, una in cui non si è inconsapevoli o non ci si afferra ad una vera esistenza. Questo è il totale assorbimento di un arya sulla vacuità.

Qual è il più forte? Il nostro stato confuso o quello di un arya in assorbimento totale? L’attività mentale con la spazzatura o l’attività mentale senza la spazzatura? Pertanto esaminiamo: Quale di questi due è sostenuto dalla comprensione valida, dal ragionamento valido? Quale supera l’esame dell’indagine? Quale si basa sulla logica e la ragione? Quale produce sofferenza e quale è libero dalla sofferenza? Quale non ci consente di aiutare molto le persone, perché facciamo errori e siamo pigri eccetera, e quale invece ci consente di aiutare gli altri il più possibile se sono ricettivi?

La forza dell’abitudine di proiettare e credere nella spazzatura è molto più forte della forza dell’abitudine di non farlo, dato che abbiamo accumulato questa abitudine per tutte le nostre vite samsariche senza inizio. Tuttavia, la forza del bodhichitta che sostiene la comprensione della vacuità è persino più forte di questa, se riusciamo ad avere un bodhichitta spontaneo e continuo – non solo ciò che viene chiamato “bodhichitta sotto sforzo”.

Il bodhichitta ‘sotto sforzo’ si realizza quando l’abbiamo accumulato affidandoci a linee di ragionamento come il pensare: “Tutti sono stati mia madre e sono stati gentili con me” – questo implica fare degli sforzi, e dobbiamo accumularlo seguendo delle fasi. Non ce l’abbiamo tutto il tempo. Se, grazie alla familiarità, possiamo arrivare al punto in cui è spontaneo, dove anche senza passare per delle linee di ragionamento, senza lavorarci sopra per arrivare a sentirlo, semplicemente lo proviamo, allora a quel punto abbiamo ciò che si chiama la prima mente del sentiero – solitamente tradotta come il “sentiero dell’accumulazione” – a quel punto saremo effettivamente entrati nel sentiero. Ora abbiamo un efficace sentiero mentale.

A quel punto, il bodhichitta è presente tutto il tempo, giorno e notte. Sia che dormiamo o siamo svegli non importa, è lì. Questo perché anche quando non ci stiamo pensando, anche se non siamo coscienti, non perdiamo mai l’obiettivo e l’intenzione di bodhichitta come lo scopo assoluto e sicuro di ciò che stiamo facendo. Non dobbiamo esserne coscienti, e non dobbiamo meditarci sopra. È stabilito su ciò che chiamiamo il livello subliminale.

Questo tipo di mente, questo tipo di obiettivo, a cosa mira? Mira a questo stato in cui non c’è alcuna proiezione della spazzatura e non ci crediamo più in questa spazzatura, e dove pensiamo: “Voglio ottenere questa illuminazione, perché tutta la sofferenza di tutti gli altri è insopportabile”. Questo bodhichitta allora ci dà la comprensione della vacuità, che è ciò che ci porterà a questo stato illuminato – ha una forza enorme. Ha così tanta forza che può superare persino l’abitudine di proiettare la spazzatura, in modo tale che alla fine non avverrà mai più.

Questo è valido perché ogni cosa che sostiene questo processo – la ragione, la logica, l’abilità di beneficiare gli altri, e così via, supporta il lato dove non c’è spazzatura. Per via di questo, la liberazione e l’illuminazione sono possibili. E poiché la natura della mente è priva di queste “macchie passeggere” della spazzatura, gli oscuramenti possono essere rimossi e non solo temporaneamente ma per sempre. Tutti gli stati mentali distruttivi e negativi e le emozioni e atteggiamenti disturbanti eccetera si basano su quella attività mentale che ha spazzatura, l’inconsapevolezza. Pertanto, possono essere rimossi. Non c’è nulla che li supporta.

Tutte le qualità costruttive, positive, come l’amore, la compassione, la pazienza e così via, sebbene ovviamente potrebbero essere mischiate alla spazzatura, tuttavia ciò che le supporta è quest’attività mentale senza spazzatura. In altre parole, più ci sbarazziamo della spazzatura, più forti saranno queste qualità positive, e più deboli saranno quelle negative. Per tale ragione, le qualità negative possono essere purificate ed eliminate, ma le qualità positive no. Le qualità positive, man mano che ci avviciniamo all’illuminazione, si rafforzano sempre di più finché diventano le grandi qualità di un Buddha.

Per favore non dimenticate che il bodhichitta è qualcosa che si sviluppa sulla base di avere già la rinuncia. Abbiamo bisogno di abbandonare il samsara e puntare verso il raggiungimento dei veri arresti, pertanto questo bodhichitta è semplicemente un’estensione ulteriore di questo. Ci allontaniamo dall’essere ancora un individuo limitato come un arhat, e invece puntiamo a raggiungere l’illuminazione. Questa è una combinazione di rinuncia e bodhichitta con la comprensione della vacuità, o i tre sentieri principali della mente.

Cosa aggiunge il tantra

Questa è la nostra presentazione generale dei tre sentieri principali della mente, e possiamo notare come questi siano argomenti molto profondi, che ci danno il contesto entro il quale possiamo comprendere il sentiero hinayana per la liberazione e quello mahayana per l’illuminazione. All’interno del mahayana, possiamo comprendere i sentieri del sutra e del tantra anche nel contesto di questi tre.

Ciò che aggiunge il tantra è immaginare di avere i vari tipi di forme di un Buddha ora e che siamo in grado di fare le cose come le fa il Buddha adesso, sebbene sappiamo bene come questo non stia ancora avvenendo; non è davvero così. Ciononostante, provando e praticando e immaginando ora, ciò agisce con maggiore forza, aggiunge ulteriori cause per raggiungere tale stato più velocemente. Questo è il tantra, immaginare che abbiamo le forme illuminanti di un Buddha proprio ora – queste figure di Buddha, Tara, Avalokiteshvara (tib. Chenrezig), eccetera – e immaginiamo effettivamente di aiutare tutti, mandando luci infinite e infinite emanazioni, aiutando gli esseri. Tuttavia, sappiamo bene che ancora non siamo arrivati a questo stato.

È chiaro che è impossibile praticare il tantra senza questi tre sentieri principali della mente; o almeno è un disastro praticarli senza davvero aver rinunciato alle apparenze ordinarie che la nostra mente crea, la nostra forma ordinaria. In questo modo, ci immaginiamo in queste forme come rappresentanti di ciò che vogliamo raggiungere, e sviluppando il bodhichitta, puntiamo all’illuminazione per beneficiare gli altri.

È questo ciò che stiamo facendo con queste figure di Buddha; non siamo dei matti che ci immaginiamo di essere Cleopatra o Napoleone. Dobbiamo avere la comprensione della vacuità per differenziare questa visualizzazione in termini di ciò che sta effettivamente accadendo ora e per comprendere che la natura della mente è pura – è possibile attraverso la comprensione della vacuità ottenere realmente questa mente libera dalla spazzatura.

Questi sono i tre sentieri principali della mente, l’essenza del sentiero graduale del lam-rim.

Domande

Quando abbiamo una classe di disegno, ci viene insegnato ad esempio, quando stiamo disegnando una sedia, di abbandonare il concetto di “sedia”, preconcetti e così via, e semplicemente di disegnare ciò che sta colpendo l’occhio. Questo ci porta nella direzione di comprendere la vacuità?

È difficile da dire, perché in ogni momento della nostra esistenza, eccetto quando siamo totalmente assorti nella vacuità, la nostra mente proietta questa spazzatura, la linea attorno alle cose. Qualunque cosa che vediamo, la vediamo come una cosa. Dobbiamo analizzarla accuratamente.

Fatemi spiegare. Cosa vediamo? Vediamo pixel di luce. Oppure potremmo anche dire che vediamo forme colorate. Una terza teoria è che vediamo un tavolo. Ciò che esiste non sono solo pixel o forme colorate, ma tavoli, sedie, ecc.

Potremmo eliminare un preconcetto che potremmo avere di come dovrebbe sembrare una sedia, e questo sarebbe un grande passo in avanti. Non stiamo negando che sia un grande passo in avanti, ma non è abbastanza, perché effettivamente cosa percepiamo? Percepiamo un confine tra una forma colorata e un’altra forma colorata. Mentre dipingiamo, dovremo dipingere dei confini tra una specifica forma colorata e la successiva forma colorata, e a meno che non stiamo dipingendo qualcosa di totalmente astratto, una certa collezione di tali forme colorate rappresenterà una sedia. Sembra come se ci fosse una linea attorno che la separa dallo sfondo, sebbene potremmo non avere una linea attorno ad essa.

Dobbiamo andare sempre più in profondità qui. È soltanto il primo passo quello di sbarazzarci del nostro preconcetto di come una bella o buona sedia dovrebbe sembrare. Questo è il primo passo; non è il passo finale. Il punto è che noi vediamo una sedia, e a meno che non siamo un Buddha, questa apparirà con una linea attorno ad essa che la separa dallo sfondo. 

La domanda davvero è, quanto è separato dallo sfondo? Potremmo cancellare lo sfondo e ci sarà ancora la sedia? Poi entriamo in tutta la questione dell’interdipendenza. Se ogni cosa avesse delle linee attorno, potremmo cancellare l’altra roba, e avremmo ancora la sedia nel nostro dipinto. Ma in realtà, non è così. Dobbiamo analizzare più in profondità.

Inoltre, quando parliamo di etichettatura mentale, dovrei menzionare, siccome non l’ho fatto prima, ma questo è un punto importante su cui non dobbiamo essere confusi: l’etichettatura mentale non crea la sedia. Indipendentemente dal fatto che pensiamo “sedia” quando vediamo quest’oggetto di legno, questo non crea la sedia. Se non stiamo pensando “sedia”, ciò significa che non c’è nessuna sedia? Può tutto essere legittimamente etichettato come una sedia solo perché svolge la funzione di sostenere qualcuno che ci si siede sopra? Cominciamo ad essere sempre più sottili nella nostra analisi.

Innanzitutto, ieri e oggi ho sentito che è molto importante essere convinti completamente che possiamo raggiungere l’illuminazione e la liberazione. Ma noi, come persone occidentali, non abbiamo familiarità con la rinascita, che è molto difficile per noi; dobbiamo lavorarci sopra molto. Secondo, ho sentito per molti anni che per raggiungere questo obiettivo, dovremo lavorare per eoni ed eoni, per moltissime vite. Non è un po’ deludente questo problema per noi? Come possiamo lavorarci sopra?

Si, gli insegnamenti dicono che ci vorranno eoni ed eoni, un numero incredibilmente grande di eoni per raggiungere effettivamente questo obiettivo dell’illuminazione. Perché? Perché abbiamo bisogno di accumulare una quantità tremenda di forza positiva, una quantità incredibile di energia positiva che ci permetterà di eliminare tutta questa spazzatura. Abbiamo bisogno di prendere tutto questo sul serio. Non pensate a questo in termini di “merito”, di ottenere un certo numero di punti, e poi vinciamo; si tratta di una quantità enorme di forza, energia positiva che si deve accumulare con sempre più forza. Per fare questo è necessaria un’enorme quantità di tempo, ma non c’è bisogno di scoraggiarsi.

Ecco perché abbiamo bisogno di questi atteggiamenti lungimiranti e così via: la pazienza e la perseveranza. Ricordatevi che per sua natura il samsara ha alti e bassi. Ha alti e bassi fino a quando non raggiungiamo la liberazione. Se ci viene detto – come un genitore che dice ai bambini in viaggio “Siamo quasi arrivati” – che sarà facile e veloce e che bisogna semplicemente sedersi, dire la parola magica, fare centinaia di migliaia di prostrazioni e così la otterremo, allora ciò che accade è che saremo ancora più scoraggiati, perché allora alla fine di questo, ci rendiamo conto che non abbiamo ottenuto nulla. Anche se potremmo sentirci un po’ in paradiso per così dire, alla fine di tutto questo andremo di nuovo giù. Questa è la natura del samsara, e così ci scoraggiamo ancora di più.

È molto meglio avere un atteggiamento realistico che non sarà facile, che ci vorrà tantissimo tempo, e quindi non ci aspetteremo risultati spettacolari, e non rimarremo delusi. Sua Santità il Dalai Lama dice sempre che quando pensa realisticamente che ci vorrà una quantità enorme di tempo, questo gli dà molto più incoraggiamento e speranza invece di pensare che sarà facile: “Semplicemente vai in ritiro e recita un bel po’ per tre anni e poi ce l’avrai fatta, diventerai illuminato”.

Che cosa ci guida? Pensa alla rinuncia: “Se non faccio nulla, tutti questi problemi semplicemente continueranno per sempre”, e “Che cosa orribile, e che noia!”. Ancora più forte è il pensare che tutti gli altri sono pure in questa situazione e quanto è terribile per tutti. Come una madre che pensa ai suoi figli affamati, questo gli dà molta più energia per trovare del cibo rispetto al caso in cui solo lei è affamata. Quindi la madre dice, “Non m’importa quanto lavoro ci vuole, otterrò il cibo per i miei figli. Non importa quanto tempo ci voglia, quanto sia difficile, io lo farò”. In maniera simile, il nostro lavoro per l’illuminazione, nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile.

Dunque c’è un io falso e un “io” convenzionale. Il falso io non esiste, ma l’ “io” convenzionale esiste. Si tratta allora di smontare questo “io” convenzionale, tutte queste convenzioni che hanno creato questo “io” convenzionale?

No, quello che stiamo smontando è l’ “io” falso. Non c’è nulla di sbagliato nelle convenzioni. Tu hai un nome, “Mickey”, che è molto utile, perché possiamo riferirci a te. In una vita precedente, avevi un altro nome. Ci sono molte convenzioni che si possono legittimamente applicare a te: “essere umano”, “maschio”, “messicano”. Sono utili. Ciò che dobbiamo smontare è l’ “io” falso, il fatto che ci sia qualcosa dalla tua parte che ti renda un essere umano. “Essere umano” è semplicemente un costrutto mentale, ma è utile.

Guardate i paleontologi, quelli che stanno cercando di scoprire: “Dove nell’evoluzione, quando esaminiamo tutte queste ossa, tracciamo una linea per dire che questo è un essere umano e quest’altro non lo è?”. Dove si possa trovare questa linea è semplicemente un costrutto mentale, qualcuno che crea una definizione di ciò che costituirebbe un essere umano – un osso della testa di una certa forma, oppure qualunque altra cosa. Dobbiamo smontare l’esagerazione della convenzione, ma non dobbiamo eliminare la convenzione; dunque stiamo smontando l’io falso, non quello convenzionale.

La società ci rende rigidi con tutte le sue convenzioni. Ma se potessimo sbarazzarci di tutte queste convenzioni sociali, non saremmo molto più flessibili e liberi?

No. È l’inconsapevolezza, la nostra ignoranza, che ci rende rigidi, non queste convenzioni. Le convenzioni sono utili. Se non avessimo la convenzione di “genitori” e “figli” eccetera, la nostra società non potrebbe funzionare affatto. È soltanto quando diciamo, “Ho un preconcetto, un concetto, un’esagerazione solida di questa convenzione di cosa dovrebbe essere un padre, cosa dovrebbe essere un buon padre e una madre, una vera madre, cosa dovrebbe essere una buona madre”, e poi, “Non sei all’altezza di questo concetto solido!”. Ci arrabbiamo e proviamo risentimento per i nostri genitori, e poi ci creiamo problemi. La difficoltà non è la convenzione del “genitore”; altrimenti, nessuno si prenderebbe cura dei suoi piccoli.

Dunque il problema non sono le convenzioni; il problema non è l’etichettatura mentale; il problema è la nostra comprensione delle cose che etichettiamo utilizzando queste convenzioni. Non rendetele solide. Siate flessibili perché ci sono moltissime convenzioni. OK? Alcune sono valide; altre non lo sono. Questo ci fa entrare in un’altra discussione. Non possiamo etichettare semplicemente tutto. Non possiamo etichettare quella cosa che la maggior parte di noi etichetterebbe “una sedia” come “un cane”, rendendola un cane. Questa non è un’etichettatura valida. Solo perché etichettiamo mentalmente qualcosa non significa che sia valida, rendendola quella cosa.

Quando vediamo, sentiamo, annusiamo e così via, cosa è che vede, sente, e annusa?

Beh, possiamo convenzionalmente dire che “sto vedendo”, “sto sentendo”, ma questo “io” non esiste come un’entità separata da tutto il processo con una grande linea attorno ad esso, che lo sta osservando o che lo fa accadere. È come quello che abbiamo spiegato, che “C’è un corpo seduto su questa sedia”, e possiamo dire “Mi sto sedendo sulla sedia”, ma queste non sono due cose separate e differenti che si stanno sedendo sulla sedia. Questo “io” è una convenzione che connette i punti di ciascun momento di esperienza in un continuum mentale.

Parte dell’attività mentale, ovviamente, può essere l’intenzione, come quando giriamo la testa per osservare qualcosa, ma non è come se ci fosse un’entità separata, io, che ha premuto il bottone facendo girare la testa.  Come può un io avere intenzione di farlo? L’intenzione è attività mentale, pertanto come può un io, separato dall’attività mentale, avere l’intenzione di girare la testa e premere il bottone? Tutto questo è assurdo. L’intenzione è un’attività mentale, come lo è prendere una decisione – tutte queste cose.

Quando parliamo in termini di un Buddha e di come un Buddha conosce le cose, un Buddha semplicemente vede l’esperienza nuda e cruda e conosce queste convenzioni ed etichette mentali, ma li mette da parte e non lavora con loro ma semplicemente interagisce con la nuda esperienza?

Innanzitutto, è molto difficile conoscere o descrivere realmente la mente onnisciente di un Buddha. Tutto ciò che possiamo avere è un concetto perché non la conosciamo al livello non concettuale, a meno che non l'abbiamo raggiunta. In effetti, c’è un grande dibattito tra le varie scuole buddhiste su questo punto. Un Buddha non ha una cognizione concettuale. Una mente onnisciente non è concettuale; è totalmente non concettuale. È un livello di attività mentale molto, molto più sottile di quello di cui si parla nei sutra. Si chiama “attività mentale di chiara luce”. La mente di un Buddha non lavora con concetti o etichette mentali. Allora la domanda è: un Buddha conosce le etichette mentali?

Un’opinione è che un Buddha non conosce le etichette mentali perché sono categorie e le categorie sono soltanto conosciute da una mente concettuale. Una mente concettuale e l’etichettatura mentale sono l’attività di una mente limitata, e poiché un Buddha non possiede una mente limitata, allora un Buddha non ce l’ha. Il problema con questo è che allora un Buddha non sarebbe onnisciente perché un Buddha non conosce concetti ed etichette. L’altra opinione è che un Buddha conosce l’etichettatura mentale nelle menti degli altri, ma la mente onnisciente conosce tutto senza di essi.

La spiegazione che ho sentito è che un Buddha conosce, non concettualmente, tutte le designazioni convenzionali con parole e a cosa si riferiscono le parole in tutte le lingue. Ma un Buddha non etichetta mentalmente le categorie e non conosce le parole e i suoi significati concettualmente attraverso queste categorie, che è come gli esseri limitati conoscono ed utilizzano il linguaggio.

La tua è una domanda eccellente e molto difficile da rispondere, è una domanda che è stata fonte di dibattito tra vari maestri tibetani per secoli. In effetti, dibattere con gli altri tutti questi argomenti di cui abbiamo parlato è il modo migliore per incrementare la nostra comprensione.

Concludiamo qui, con una dedica. Qualunque forza positiva abbiamo accumulato dalle nostre discussioni, che essa possa agire come causa affinché tutti gli esseri ottengano lo stato illuminato di un Buddha, per il beneficio di tutti noi. Grazie.

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