Revisione
Finora abbiamo visto modi validi e non validi di conoscere. La cognizione valida è una cognizione che è ex novo, accurata e decisiva. Abbiamo anche discusso l’apprendimento, che è una cognizione accurata e decisiva, ma non necessariamente ex novo. Può essere esplicito o implicito a seconda che l’oggetto appreso appaia o meno alla cognizione. Abbiamo anche discusso la cognizione concettuale e non concettuale, a seconda che conosciamo o meno qualcosa tramite l’intermediazione di una categoria.
Analizziamo un esempio: ho freddo e lo so attraverso la cognizione sensoriale. Non so se c’è una corrente d’aria proveniente da una finestra o se una finestra è aperta o meno, ma sento una corrente d’aria. Quindi ho freddo. Per sapere se la finestra è aperta ovviamente dovrei interrompere la lezione, andare lì e dare un’occhiata o chiedere a qualcuno. Ma, in base alle conoscenze precedenti, so validamente che, se ho freddo e chiudo la cerniera della mia giacca, mi sentirò più caldo. Come faccio a saperlo? Sulla base di inferenze e conoscenze pregresse. Se chiudo la giacca, l’effetto sarà che mi sentirò più caldo.
Quando ho chiuso la giacca, l’ho chiusa sopra il microfono agganciato alla mia maglietta. Poi ho visto il gesto che ha fatto il mio collega. Come ho fatto a sapere cosa significava? Avrei potuto pensare che il gesto fosse solo un saluto “Ciao, come stai?”, una cognizione concettuale in cui ho dedotto che il suo agitare la mano avesse questo significato. Questo è un tipo di inferenza, ho messo ciò che ho visto nella scatola mentale di un saluto. Ma era un’inferenza errata. Se avessi ricambiato il saluto, sarebbe stato sciocco. Invece, ho messo quel gesto nella categoria mentale di “Idiota, stai coprendo il microfono, quindi non chiudere la giacca sopra” e probabilmente era quello che intendeva, conoscendolo. Quindi, ho saputo cosa fare.
Come ho fatto a sapere cosa fare? Di nuovo, con un’inferenza basata sulla conoscenza precedente che ho bisogno di tirare giù la cerniera della giacca per non coprire il microfono. Tutte queste cose sono coinvolte nella cognizione concettuale. Resta ancora la questione del perché sento la corrente d’aria e se c’è una finestra aperta o no. Questo non lo so. So validamente che per determinarlo sarebbe necessario avere un’altra cognizione. Ho bisogno di guardare o chiedere a qualcuno che sia una fonte valida di informazioni.
Il mio collega è appena arrivato e ha spostato il microfono agganciandolo alla mia giacca anziché alla maglietta. Innanzitutto, c’era un’emozione coinvolta in quello che è successo in quel momento? Ha osservato cosa è successo e ha correttamente dedotto che avevo freddo e ha visto cosa è successo con la cerniera. Quindi è stato motivato a pensare ulteriormente. Avrebbe potuto non preoccuparsene, ma la risposta è arrivata da una motivazione di premura e di desiderio di essere d’aiuto. Quindi, ha trovato una soluzione. Come ha capito che la soluzione sarebbe stata agganciare il microfono alla giacca? Avrebbe potuto agganciarlo al mio naso. Ma non l’ha fatto. Questa è consapevolezza discriminante basata sulla conoscenza precedente e solo sulla logica di come funzionano le cose. Ad esempio, non poteva agganciarlo al fiore nel vaso laggiù, perché sarebbe stato troppo lontano.
Abbiamo tutti questi diversi modi di conoscere e ci aiutano ad affrontare situazioni diverse. Quindi ora diamo un’occhiata ai sette modi di conoscere se stessi, uno per uno.
La cognizione nuda
Il primo modo che esamineremo è la cognizione nuda, definita come una cognizione ex novo, non ingannevole, non concettuale in cui l’oggetto che appare è un’entità oggettiva, vale a dire un fenomeno non statico. È non concettuale, il che significa che non è coinvolta alcuna categoria e l’oggetto che appare, in altre parole, l’ologramma mentale che appare come se fosse direttamente di fronte alla coscienza, è un’entità oggettiva. Entità oggettiva (rang-mtshan) nel sistema Sautrantika significa fenomeno non statico, qualcosa che cambia continuamente per tutto il tempo in cui esiste. Può essere una forma di fenomeno fisico, vale a dire, informazioni sensoriali come una forma, un suono, un odore, un gusto o una sensazione fisica, e in base a tali informazioni, un oggetto di senso comune. Non è solo un’informazione sensoriale. È un tavolo, ad esempio, non solo una forma colorata, né solo una sensazione fisica quando lo tocchiamo con le nostre mani. Inoltre, è un tipo di cosa; è un tavolo e non un cane che sentiamo con le nostre mani.
L’oggetto della nostra cognizione nuda può anche essere un altro tipo di fenomeno non statico, un modo di conoscere qualcosa. Possiamo concentrarci su ciò che stiamo provando in questo momento, una sensazione di felicità o infelicità; possiamo concentrarci su un’emozione o sul nostro stato mentale, come essere depressi o eccitati. Anche questa può essere cognizione nuda.
L’entità oggettiva potrebbe anche essere un fenomeno imputato, un’imputazione sulla base di un oggetto di senso comune. Tali imputazioni non sono né un modo di conoscere né una forma di fenomeno fisico. Il termine tecnico per tale entità oggettiva è una variabile influenzante non congruente (ldan-min ’du-byed). Un esempio di tale variabile è l’età: non è una forma di fenomeno fisico, è un’imputazione, un fatto in continua evoluzione, su un fenomeno fisico. Poiché un’imputazione non è fisica, non possiamo dire che sia fisicamente situata su un fenomeno, come se fosse separabile da esso e potesse esistere da sola, indipendentemente dall’oggetto che ne è la base. Tuttavia, il fenomeno ne è la base. L’età di una persona, quindi, non è qualcosa di fisicamente riscontrabile sulla persona corpo, ma è un’imputazione basata sulla situazione fisica del corpo. Inoltre, l’età non deve essere dedotta da qualcuno per stabilire che c’è un’età associata al corpo della persona. L’età di qualcuno è un fatto oggettivo sul corpo e sulla persona e non è statica: aumenta ogni momento.
Quando parliamo di un fenomeno imputato, ad esempio una persona come imputazione sulla base di corpo, mente, sensazioni ed emozioni, è un’entità oggettiva. È oggettivamente una persona, non qualcosa di immaginario, e ha un'età. Questo si applica anche al movimento. Un momento un oggetto è qui e poi nel momento successivo è in un posto diverso, e poi ancora in un altro posto. Il suo movimento è un’imputazione su questo oggetto per un certo periodo di tempo. Il movimento si verifica. È un’entità oggettiva, un’imputazione.
Comprendere le differenze cruciali tra imputazione, etichettatura mentale e designazione
L’imputazione è molto diversa dall’etichettatura mentale, che ha a che fare con un processo concettuale di inserimento delle cose in una categoria. L’etichettatura mentale è facoltativa, l’imputazione no. Quando guardiamo una persona, ad esempio Mario, un essere umano, è facoltativo se lo inseriamo nella nostra idea fissa di Mario. Quell’idea fissa è ciò che abbiamo chiamato una categoria mentale, un concetto. È facoltativo. Questa è etichettatura mentale e non è la stessa cosa dell’imputazione, anche se è la stessa parola sanscrita e tibetana (btags-pa). Sono molto diverse.
C’è anche la designazione che è la stessa parola e ha a che fare con l’applicazione di una parola o di un nome alla categoria. Anche questa è facoltativa. Posso concettualmente mettere questa persona nella categoria mentale di Mario, il mio ospite, ma non sapere o ricordare ancora il suo nome. Pertanto, abbiamo questi tre fenomeni molto diversi: imputazione, etichettatura mentale e designazione. È molto importante comprendere le differenze tra questi tre.
Quindi, con la semplice cognizione, vediamo effettivamente, in modo non concettuale, forme colorate, un corpo, così come una persona come un’imputazione sul corpo e che si estende nel tempo. Stiamo vedendo un oggetto di senso comune, un’entità oggettiva. Che tipo di oggetto di senso comune è? Una persona, non solo un corpo, e ciò che vedo è ancora oggettivamente una persona, indipendentemente dal fatto che io la etichetti mentalmente con la categoria della persona con cui ho parlato nella pausa e indipendentemente dal fatto che io lo designi con il nome “Piero”.
Le quattro cause di inganno con la cognizione nuda
Ancora una volta, la cognizione nuda è non concettuale e ciò che appare a essa, l’oggetto che appare, è un fenomeno non statico, un’entità oggettiva. Sebbene la cognizione nuda di un’entità oggettiva comporti l’insorgere di un ologramma mentale di essa, ciò non significa che ciò che conosciamo attraverso la cognizione nuda esista solo “nella nostra mente”, per così dire. Solo la scuola Cittamatra afferma “solo la mente”, ma qui stiamo presentando la visione Sautrantika, che accetta la realtà oggettiva.
Inoltre, la cognizione nuda non è ingannevole. Ci sono quattro cause di inganno.
La dipendenza
La prima causa di inganno è la dipendenza. Se la cognizione nuda non concettuale si basa su un organo di senso difettoso, come l’essere strabici che produce una visione doppia e vede due lune, la cognizione nuda della doppia luna è ingannevole. In realtà sono strabico da un occhio. Se mi tolgo gli occhiali, vedo un’immagine doppia. Questa è ancora cognizione nuda, senza un concetto o una categoria coinvolti, ma è ingannevole perché l’oggetto d’impegno, la luna, e l’oggetto che appare, due lune, non corrispondono tra loro. Altri esempi sono vedere una sfocatura quando siamo miopi, ipermetropi o astigmatici e guardiamo qualcosa senza occhiali; sentire suoni indistinti quando siamo sordi e ascoltiamo qualcuno che parla. La dipendenza da un sensore difettoso, quindi, è una causa di inganno.
L’oggetto
Un’altra causa di inganno è l’oggetto. Se certi oggetti di una cognizione non concettuale si muovono molto velocemente, la loro cognizione nuda è ingannevole. L’esempio classico si verifica quando facciamo roteare una torcia al buio, saremmo ingannati nel vedere un anello di luce. Questo è inganno in termini di oggetto.
La situazione
In un treno in movimento, vediamo in modo non concettuale gli alberi fuori che si avvicinano e poi si muovono rapidamente all’indietro. Lo vediamo in modo non concettuale, ma è ingannevole. Non sono gli alberi a muoversi ma noi. Non sono gli alberi che corrono verso di noi e poi ci vedono chiaramente e impazziscono e scappano nella direzione opposta. Non è quello che sta succedendo, vero?
La condizione immediata
La quarta fonte di inganno è se, immediatamente prima di guardare qualcuno, la nostra mente è fortemente disturbata, ad esempio dalla paura, potremmo vedere qualcosa che non c’è.
Queste sono le quattro cause di inganno. La cognizione nuda valida è libera da una qualsiasi di queste quattro.
I quattro tipi di cognizione nuda
Esistono quattro tipi di cognizione nuda:
- Cognizione sensoriale nuda
- Cognizione mentale nuda
- Cognizione nuda tramite consapevolezza riflessiva
- Cognizione nuda yoghica
Differenze tra “cognizione nuda”, “cognizione diretta”, “cognizione esplicita” e “cognizione semplice”
Uso la parola “nuda” qui perché la cognizione è nuda di una categoria o dell’essere concettuale. Dobbiamo stare attenti alle parole che usiamo per tutti questi aspetti di modi validi di conoscere. Diventa troppo confuso se usiamo parole come “diretto” e “indiretto” per più di un significato in un particolare sistema filosofico. Dobbiamo limitarli a un solo significato, se possibile. Limito “diretto” e “indiretto” solo al fatto che la coscienza in una cognizione nuda sia o meno in contatto con l’oggetto d’impegno. Questa variabile è rilevante in due contesti:
- Il sistema Vaibhashika non afferma ologrammi mentali. Il contatto tra le informazioni sensoriali di un oggetto e la coscienza è diretto, senza l’intermediazione di un ologramma mentale. Io la chiamo cognizione nuda “diretta”. Al contrario, gli altri sistemi affermano l’insorgere di ologrammi mentali nella cognizione nuda e quindi affermano la cognizione nuda “indiretta”.
- Quindi, nel contesto del sistema Sautrantika, che è ciò di cui stiamo discutendo qui, c’è una grande discussione sul fatto che la cognizione nuda di un momento di un oggetto sia simultanea a quel momento o se stiamo vedendo un ologramma mentale di un oggetto una minuscola frazione di secondo dopo l’oggetto originale e non vediamo mai effettivamente quell’oggetto che sorge. Stiamo solo vedendo l’ologramma mentale perché, quando appare, il momento precedente non esiste più. La versione ghelug assume la prima posizione, che chiamo cognizione nuda “diretta” nel senso che la cognizione di un oggetto avviene direttamente con il momento attuale di quell’oggetto. La versione non ghelug assume la seconda posizione, e quindi cognizione nuda “indiretta”, poiché il momento della cognizione di un oggetto non è in contatto con il momento dell’oggetto che conosce: è una frazione di secondo dopo.
“Esplicito” e “implicito” sono anche diversi da “diretto” e “indiretto”. Questa variabile si riferisce al fatto che qualcosa appaia o meno nell’apprendimento di un oggetto. “Nudo” e “non nudo” hanno a che fare con il fatto che la cognizione avvenga o meno attraverso una categoria. Ognuno di questi insiemi di termini riguarda variabili molto diverse e non vogliamo usare le stesse parole, “diretto” e “indiretto” per tutti, o potremmo confonderci totalmente. La precisione nella terminologia è cruciale.
Nella scuola Prasanghika, avremo cognizione “semplice” e “non semplice”, riferendoci al fatto che la cognizione sorga o meno attraverso il basarsi su un ragionamento. Anche in questo caso, non vorremmo usare “diretto” e “indiretto” per questa variabile, poiché causerebbe ulteriore confusione. Ecco perché la mia terminologia è molto spesso insolita o non familiare, cerco di essere più preciso per evitare confusione.
La cognizione sensoriale nuda
La cognizione sensoriale nuda è uno dei cinque tipi di coscienza sensoriale. Nella teoria cognitiva occidentale si parla solo di coscienza e non dei diversi tipi di coscienza nel modo in cui ne parla il Buddhismo, che distingue tra i diversi tipi di coscienza sensoriale e anche tra coscienza sensoriale e mentale. La coscienza sensoriale è di cinque tipi: visiva, uditiva, olfattiva attraverso il naso, gustativa attraverso la lingua e sensazione fisica. La sensazione fisica non è solo tattile o ciò che tocchiamo effettivamente. Include anche la sensazione di caldo o freddo, di movimento o di immobilità e tutti i tipi di sensazioni fisiche, oltre a duro o morbido.
Dobbiamo stare attenti a non confondere le sensazioni fisiche di piacere e dolore con gli stati mentali di felicità e infelicità, che sono fattori mentali di come sperimentiamo qualcosa. Accompagnano qualsiasi tipo di cognizione, sensoriale o mentale, e sono a un certo livello nello spettro di felice o infelice. In ogni momento proviamo un certo livello di felicità o infelicità e questo è il fattore mentale della sensazione. Non ha a che fare con il provare una sensazione, o provare un’emozione, o avere la sensazione che pioverà più tardi, o essere feriti nei sentimenti.
La parola italiana “sensazione è troppo ampia, ci sono molti significati, ma nel Buddhismo si riferisce solo al provare qualcosa nello spettro tra felice o infelice. Ciò può accompagnare la cognizione sensoriale o mentale. La cognizione fisica che sperimentiamo può essere piacere o dolore. Possiamo esserne felici o infelici. Spesso, abbiamo il problema di equiparare il piacere alla felicità. È abbastanza confuso pensare che per essere felici dobbiamo provare piacere tutto il tempo - ad esempio, per essere felici basta mangiare del cioccolato o ascoltare della musica piacevole. È molto importante distinguere piacere e dolore da un lato, e felicità e infelicità dall’altro.
La cognizione sensoriale nuda si basa su uno dei cinque sensori cognitivi fisici (dbang-po) come sua condizione dominante (bdag-rkyen). Dominano o governano il tipo di cognizione che sarà: visiva, uditiva e così via. Questi sensori cognitivi fisici sono forme di fenomeni fisici: le cellule fotosensibili degli occhi, le cellule sensibili al suono delle orecchie, le cellule sensibili all’olfatto del naso, le cellule sensibili al gusto della lingua e le cellule sensibili alle sensazioni fisiche del corpo.
Un punto importante da ricordare: la cognizione sensoriale può conoscere le cose solo in modo non concettuale. Se è cognizione concettuale, è mentale.
La cognizione mentale nuda
Poi abbiamo la cognizione mentale nuda che avviene tramite la coscienza mentale, può essere di qualsiasi oggetto non statico e non implica la conoscenza di quell’oggetto attraverso una categoria statica. La cognizione mentale nuda sorge si basa su un sensore cognitivo mentale come sua condizione dominante, che si riferisce al momento immediatamente precedente della cognizione. Non è coinvolto alcun sensore cognitivo fisico. Il cervello non è considerato in questa formulazione, perché è comune a tutto. Non abbiamo alcuna discussione sul cervello nei testi buddhisti classici.
Sua Santità il Dalai Lama dice che non è contraddittorio aggiungere il cervello nella spiegazione buddhista della cognizione. Dovremmo solo dire che il cervello è il sensore cognitivo generale comune a tutti i diversi tipi di sensori che sono descritti nel modo buddhista di spiegare. Non c’è nulla di cui aver paura aggiungendo la scienza del cervello all’analisi buddhista, semplicemente la mappa buddista della mente diventa più dettagliata. È meraviglioso e Sua Santità lo accoglie con favore.
L’oggetto che appare nella cognizione nuda è sempre un fenomeno non statico; lo stesso vale per la cognizione mentale nuda. Possiamo avere una cognizione mentale nuda di qualsiasi fenomeno non statico. Ciò avviene, ad esempio, con la cognizione extrasensoriale come il conoscere la mente degli altri, ma più comunemente avviene solo per un istante alla fine di un flusso di cognizione sensoriale nuda prima che diventi concettuale. Ad esempio, quando abbiamo una cognizione visiva nuda di qualcuno, abbiamo un breve momento di cognizione mentale nuda della persona appena prima di passare a adattare concettualmente ciò che vediamo all’idea fissa che questo è Mario.
Una cognizione mentale apparentemente nuda come nei sogni
Ci sono diversi tipi di cognizione mentale apparentemente nuda, che in realtà sono cognizioni concettuali distorte. Su questo c’è discussione in termini di sogni, per esempio. Per molto tempo ho pensato che ciò che apparentemente “vediamo” con le nostre menti nei sogni o nelle immaginazioni fosse con la cognizione mentale nuda non concettuale. Si adattava alla scoperta della moderna scienza del cervello che, dal punto di vista di ciò che accade nel cervello, non c’è alcuna differenza tra vedere e immaginare qualcosa. Questo è in realtà un punto importante perché, quando visualizziamo noi stessi come una figura di Buddha, come Avalokiteshvara o Tara, per esempio, si costruisce il percorso neurale per apparire effettivamente in quella forma. Sia che visualizziamo la figura o ne vediamo effettivamente un dipinto o una foto, si costruisce lo stesso percorso neurale. Pensavo che lo stesso sarebbe stato vero quando sogniamo di essere una di queste figure di Buddha.
Potrebbe ancora essere il caso che vedere, sognare o visualizzare una figura di Buddha costruisca lo stesso percorso neurale, ma ciò non stabilisce che vedere apparentemente la figura in un sogno sia una cognizione non concettuale. La visione ghelug dominante è che sognare è concettuale: abbiamo il concetto di come appare qualcosa, basato sull’esperienza durante il giorno, e poi ciò che emerge in un sogno è una rappresentazione mentale di quel concetto. Tsongkhapa afferma che è possibile avere una cognizione non concettuale nei nostri sogni, ma ciò si riferisce senza dubbio a qualcuno che ha una percezione extrasensoriale nel sonno. Ad esempio, quando Sua Santità il Dalai Lama sogna dove è nato o sta per rinascere un particolare tulku, quello è un esempio di questa percezione extrasensoriale in un sogno che è non concettuale. Ma è molto rara.
La cognizione nuda della consapevolezza riflessiva e il meccanismo del ricordo
La seguente è la cognizione nuda della consapevolezza riflessiva. Secondo i sistemi teorici Sautrantika, Cittamatra e Yogachara-Svatantrika, ognuno dei modi del conoscere include non solo un qualche tipo di coscienza primaria e un insieme di alcuni fattori mentali, ma anche la consapevolezza riflessiva che accompagna ogni momento di cognizione non concettuale così come di cognizione concettuale, sebbene essa stessa sia sempre non concettuale. Riconosce solo gli altri tipi di consapevolezza coinvolti nella cognizione, vale a dire la coscienza primaria e i fattori mentali. La consapevolezza riflessiva non solo li riconosce, ma impianta anche una certa impronta mentale come una di queste variabili influenzanti non congruenti - una tendenza (sa- bon) o, letteralmente, un “seme” - da quella cognizione.
Questa tendenza è per future cognizioni concettuali di qualcosa che rappresenta ciò che abbiamo sperimentato e ci consente di ricordare successivamente l’oggetto, il che significa essere consapevoli (dran-pa) di esso ancora. In altre parole, quando la tendenza si attiva, sorge una cognizione concettuale dell’evento che è stato sperimentato con un’immagine mentale che lo rappresenta. Il ricordo non è solo di un evento può anche essere di un fatto come uno più uno fa due. Ricordare qualcosa, quindi, avviene attraverso la cognizione concettuale di un ologramma mentale che assomiglia all’oggetto precedentemente conosciuto e una categoria di oggetti che deriva mentalmente dall’oggetto e in cui si inseriscono tutti gli ologrammi mentali che assomigliano all’oggetto.
In altre parole, abbiamo assistito a questa lezione e poi torniamo a casa. In ogni momento dell’essere qui, la consapevolezza riflessiva, sebbene non fisica, ha in un certo senso registrato un’impronta mentale dell’essere stati a questo evento. L’evento non sta più accadendo, ma era qualcosa che esisteva. C’è una differenza tra qualcosa che esiste (yod-pa), che significa validamente conoscibile, come nel sapere che ieri esisteva, e qualcosa che sta accadendo attualmente (srid-pa). Sono due parole diverse in tibetano che spesso vengono confuse. Ieri non sta accadendo ora, ma è comunque un fenomeno esistente e posso validamente pensare a ieri. Ieri è un evento che non sta più accadendo e domani è un evento che non sta ancora accadendo. Tuttavia, possono essere validamente conosciuti. Poiché possono essere conosciuti, esistono; ma solo perché esistono non significa che stiano accadendo ora. Esiste una cosa come ieri? Sì. Ieri sta accadendo ora? No.
Assistiamo a una lezione oggi; ora non sta accadendo più. Quel non accadere più di quella lezione oggi fa parte di questo fenomeno di una tendenza a essere in grado di ricordarla. Ora abbiamo una categoria derivata dall’essere stati qui, dalla lezione svolta e dal fatto che vi abbiamo partecipato. Più tardi, possiamo pensare di nuovo alla lezione; possiamo ricordarla o richiamarla concettualmente. In quella cognizione concettuale c’è una categoria mentale come l’oggetto che appare che emerge o si attiva in un certo senso, e quella categoria mentale è della lezione di ieri che non si verifica più. Sarà rappresentata da qualcosa che ricordiamo da essa. Ciò che ricordiamo potrebbe essere molto diverso ogni volta che ci pensiamo. Anche ciò che ognuno di noi ricorda potrebbe essere molto diverso, sebbene stiamo tutti usando la categoria “lezione di ieri”. Ciò che rappresenta l’evento potrebbe essere accurato o impreciso. Può anche essere indeciso quando non ricordiamo bene, pensiamo che sia qualcosa del genere, ma non ne siamo sicuri.
Questa è memoria e ricordare qualcosa è concettuale. È interessante esaminare se i nostri ricordi sono accurati o meno, e cosa ricordiamo. Ciò diventa significativo nella relazione con un insegnante spirituale. L’analisi di questo è applicabile alla vita di tutti i giorni, non solo al nostro maestro. Quando ricordiamo la persona e pensiamo a lei, e anche quando la concettualizziamo quando siamo con lei, dovremmo concentrarci sulle sue reali qualità positive oggettive. Non le esageriamo né proiettiamo quelle che non ci sono, quindi non abbiamo desiderio e attaccamento. Inoltre, non neghiamo le qualità negative e le mancanze, ma non poniamo lì la nostra attenzione.
Rappresentiamo il guru per le sue qualità positive, in questo modo sarà fonte di ispirazione. Se pensiamo alle qualità negative, ci lamentiamo e ci sentiamo depressi: non c’è alcun beneficio dal lamentarsi che è troppo impegnato, ha troppi studenti e non ha tempo per noi personalmente, per esempio. Questo vale se abbiamo un insegnante che è famoso in tutto il mondo e ha migliaia di studenti; è vero che non ha tempo per noi e non è qui sempre ma, se ci concentriamo su questo esagerandolo come qualcosa di terribile quando lo ricordiamo, non ci sarà d’alcun beneficio. D’altra parte, se pensiamo alle sue qualità positive potrà essere fonte di ispirazione.
È la stessa cosa quando ricordiamo la nostra relazione con chiunque. I nostri genitori potrebbero non essere stati ideali, nemmeno il nostro partner potrebbe non essere il partner ideale, ma lamentarsi sempre e concentrarsi sulle qualità negative ci deprime, non è vero? Di certo non ci rende felici o ci è utile. Se pensiamo alle qualità positive e le sottolineiamo, questo può essere molto utile: ci ispira e ci dà qualcosa da cui possiamo imparare. Anche quando vediamo qualità negative, possiamo imparare da esse, piuttosto che dire quanto sia terribile la persona. Possiamo imparare a non comportarci in quel modo e ci insegna qualcosa.
Pertanto, il modo in cui rappresentiamo qualcuno nel nostro pensiero concettuale è molto importante. Possiamo scegliere cosa ricordare di qualsiasi persona o evento. Ad esempio, l’insegnante ha parlato troppo, eravamo stanchi, ci lamentiamo ed è l’unica cosa che ricordiamo. Non ricordiamo nulla che potremmo aver imparato positivamente dalla lezione. Una comprensione di come funziona la memoria è molto utile.
Il modo in cui il ricordo è spiegato nel sistema Sautrantika è con questo modo aggiuntivo di conoscere chiamato consapevolezza riflessiva e ha sempre una cognizione nuda non concettuale della coscienza primaria e dei fattori mentali di ogni momento della nostra cognizione non concettuale o concettuale. Con la consapevolezza riflessiva notiamo cosa succede nella nostra cognizione e lo registriamo come valido o meno, corretto o meno. La consapevolezza discriminante aiuta in questo, ma registra quell’informazione. La scuola Prasanghika direbbe che non abbiamo bisogno di una facoltà separata, la consapevolezza riflessiva, per essere consapevoli che una cognizione sta avvenendo. Lo sappiamo implicitamente come parte di qualsiasi cognizione.
La cognizione nuda yoghica
Per ripetere, abbiamo la cognizione nuda sensoriale, la cognizione nuda mentale, la cognizione nuda con consapevolezza riflessiva e la cognizione nuda yoghica. Sono tutte non concettuali. La cognizione nuda yoghica è con la coscienza mentale e si basa sull’unione di shamatha e vipashyana per il suo sorgere. nione (zung-’brel) è un termine tecnico che significa che una sorge prima e poi l’altra è unita ad essa, al contrario di una coppia di cose che sorgono simultaneamente. Con una unione di shamatha e vipashyana, prima otteniamo shamatha e poi vipashyana unita ad essa. Questo è un esempio di come chiamare la causa con il nome del risultato. Shamatha e vipashyana in realtà si riferiscono al risultato che vogliamo raggiungere, uno stato di shamatha e uno stato di vipashyana, ma stiamo chiamando la pratica di meditazione per raggiungerle con il nome del risultato.
Cos’è shamatha? È letteralmente uno stato mentale calmo e stabile. Può essere concettuale o meno, ma con la cognizione nuda yoghica è solo non concettuale. Ma, che sia concettuale o no, shamatha è uno stato mentale che è calmo dalla volubilità mentale, una sottocategoria di vagabondaggio o distrazione e ottusità mentale.
La volubilità mentale è quando le nostre menti volano via dall’oggetto di messa a fuoco a un oggetto estraneo, a causa del desiderio ardente per quell’altro oggetto. Poiché esageriamo le sue buone qualità, vogliamo pensarci piuttosto che concentrarci sull’oggetto della meditazione. Vogliamo pensarci perché ci piace o lo troviamo più interessante, ad esempio, cosa faremo oggi o qualcuno o qualche oggetto a cui siamo attaccati e così via. La volubilità mentale è il più grande ostacolo all’ottenimento della concentrazione. Naturalmente, possiamo avere vagabondaggio mentale e distrazione a causa della rabbia, essere turbati per qualcosa o qualcuno. Anche questo può essere un problema importante. Ma, di solito, ciò che è considerato il più forte ostacolo all’ottenimento di shamatha è la volubilità della mente a causa del desiderio ardente di qualcosa, in particolare quando siamo in ritiro di meditazione e così via, e ci manca qualcosa o qualcuno a cui siamo attaccati.
Con uno stato di shamatha, le nostre menti sono immobilizzate da questa volubilità della mente e, in generale, da ogni vagabondaggio e anche dal torpore mentale. Ci sono gradazioni di ciò. Possiamo raggiungere una perfetta concentrazione assorbita o samadhi, ma questo non è uno stato di shamatha. Lo stato di shamatha ha, oltre a ciò, un’esaltante sensazione di beatitudine, sia fisica che mentale, in cui possiamo sederci quanto vogliamo e avere le nostre menti concentrate su qualcosa per tutto il tempo che vogliamo, liberi da distrazioni, torpore e volubilità. È descritto come molto edificante ed esaltante. Così ho sentito, perché di certo non l’ho raggiunto io stesso.
Shamatha può essere focalizzato su molte cose diverse e lo fa portandole alla mente (yid-la byed-pa, prestando attenzione ad esse) in un certo modo, in altre parole, con una certa comprensione. Ciò ci dice che lo scopo di shamatha non è solo quello di ottenere una migliore concentrazione. È una migliore concentrazione su qualcosa che, inoltre, con una corretta comprensione di essa, agisce come un opponente di qualche stato mentale disturbante o errato sull’oggetto. Quindi, possiamo concentrarci su molte cose diverse a seconda dello scopo che vogliamo raggiungere con shamatha.
Asanga ha fornito una lunga lista di diversi oggetti su cui ottenere shamatha, a seconda di quale è il nostro problema principale. Il respiro è l’oggetto di concentrazione consigliato quando la distrazione e il vagabondaggio mentale sono i nostri problemi maggiori, inclusi la discorsività verbale e altra spazzatura che ci attraversa la mente. Per la maggior parte di noi, questo è abbastanza dominante e concentrarsi sul respiro è un modo per contrastare tutto questo vagabondaggio mentale. Ma se, per esempio, i nostri problemi principali sono il desiderio e l’attaccamento al corpo di qualcuno, allora ci concentriamo sul corpo umano che troviamo così attraente e su tutti i prodotti di scarto che si trovano nello stomaco, nell’intestino e sullo scheletro come oggetto di concentrazione. Per raggiungere shamatha con questo, oltre a raggiungere la concentrazione, contrastiamo l’attaccamento e il desiderio.
Raggiungere shamatha qui è una misura provvisoria poiché non elimina la causa più profonda del nostro attaccamento al corpo, che è il nostro rendere il corpo un oggetto auto stabilito, esistente indipendentemente senza dipendere da nulla. È sulla base del nostro afferrarci all’esistenza auto stabilita che poi ci attacchiamo al corpo. Ma, con shamatha, ci concentriamo sul nostro oggetto con la giusta considerazione e consapevolezza di questi aspetti. Abbiamo la comprensione grossolana che il corpo produce ogni sorta di cose poco attraenti al suo interno, ma senza tutti i dettagli.
Shamatha qui, sia concettuale che non concettuale, è accompagnato da molti altri fattori mentali oltre al non-attaccamento, ad esempio amore e compassione. C’è anche la distinzione; invece di distinguere quanto è bello quel corpo all’esterno, ci concentriamo su ciò che c’è all’interno: lo scheletro e il materiale di scarto nell’intestino.
Se il nostro problema è la rabbia, ci concentreremo su qualcuno o qualcosa che ci fa davvero arrabbiare, che sia una persona o il pensiero irrazionale delle persone, e ci concentreremo su quello con amore. Comprendiamo e siamo consapevoli del fatto che le persone che pensano in modo irrazionale soffrono a causa di ciò e quindi, con amore e compassione, vogliamo che siano felici e che se ne liberino. Shamatha, quindi, si concentra sull’amore diretto a una persona specifica o qualcuno che rappresenta tutte le persone irrazionali, e lo facciamo con la corretta considerazione che soffrono a causa del loro pensiero irrazionale. Quindi lavoriamo per raggiungere uno stato di shamatha focalizzato in questo modo.
Asanga propone un lungo elenco di diversi oggetti su cui possiamo raggiungere shamatha, non dovremmo pensare che sia solo il respiro, la consapevolezza o lo spazio aperto della consapevolezza. Questi sono esempi di oggetti che possiamo usare, ma qualsiasi oggetto scegliamo come nostro focus non dovrebbe essere semplicemente per ottenere concentrazione, ma anche aiutarci a trovare un sollievo temporaneo da un certo stato mentale disturbante.
Una volta raggiunto uno stato di shamatha, ci sforziamo di raggiungere uno stato di vipashyana. Le nostre menti sono ancora perfettamente concentrate con shamatha - nessuna volubilità e ottusità mentale ma l’esaltante, beato benessere fisico e mentale che ci consente di concentrarci finché lo desideriamo. Ma con vipashyana abbiamo sia la rilevazione grossolana (rtog-pa) dei dettagli generali del nostro oggetto di attenzione sia il discernimento sottile (dpyod-pa) di tutti i dettagli precisi. Inoltre, otteniamo un secondo esaltante, beato benessere per poter discernere e comprendere tutti i dettagli di qualsiasi cosa. Ecco perché vipashyana è chiamato “stato mentale eccezionalmente percettivo”.
I tre oggetti della cognizione nuda yoghica
Per prima cosa raggiungiamo un’unione di shamatha e vipashyana con la cognizione concettuale. La cognizione nuda yoghica avviene quando raggiungiamo quest’unione in modo non concettuale. Tuttavia, non tutte le unioni non concettuali di shamatha e vipashyana sono esempi di cognizione nuda yoghica, che avviene quando l’unione è focalizzata in modo non concettuale su uno solo dei tre possibili oggetti:
- Impermanenza sottile
- Mancanza del sè o vacuità grossolana o sottile, come affermate da uno dei sistemi di filosofici buddhisti.
I sistemi di principi Hinayana – Vaibhashika e Sautrantika – non usano il termine “vacuità”, shunyata. Affermano anatman, la cosiddetta “assenza del sé” o “assenza di identità” o la “mancanza di un’anima impossibile”, solo in riferimento alle persone, non a tutti i fenomeni. In altre parole, affermano la mancanza di una persona che esiste come anima, come l’“atman” affermato da una delle scuole di filosofia indiane non buddhiste. Per una persona esistere come un atman o anima è impossibile perché non esiste una cosa del genere. I sistemi filosofici Mahayana affermano inoltre la mancanza di un’anima impossibile dei fenomeni. Ad esempio, non esiste un’“anima” impossibile di un fiore che si trova all’interno di questo oggetto che lo stabilisce come un fiore e non come un cane.
Nel Mahayana chiamiamo quella mancanza o assenza “vacuità” o “vuoto”. Non mi piace il termine vuoto perché implica le posizioni Cittamatra e Svatantrika secondo cui ci sono oggetti auto stabiliti, ma sono “vuoti” nel senso che mancano di un ulteriore modo impossibile di esistere. In altre parole, c’è un oggetto trovabile, auto stabilito che non ha nulla al suo interno, come un bicchiere vuoto. Per la scuola Prasanghika, shunyata non significa questo ma vacuità, semplicemente niente del genere, un’assenza totale. È la parola per zero. Non esiste una cosa come questo modo impossibile di esistere e non è che ci sia qualcosa di trovabile lì che manca di qualcosa di impossibile al suo interno. Una vacuità è un’assenza totale: un’assenza totale di un modo impossibile di esistere che non corrisponde alla realtà. È totalmente assente perché non esiste una cosa del genere.
Quindi, un tipo di cognizione nuda yoghica è focalizzato non concettualmente sulla mancanza di un’anima impossibile di una persona o su una vacuità. Un secondo tipo è focalizzato non concettualmente sull’impermanenza sottile. “Impermanenza grossolana” si riferisce al fatto che tutti i fenomeni condizionati, ovvero tutto ciò che di nuovo sorge in base a cause e condizioni, giungerà alla fine. Perché? Perché le cause e le condizioni che lo hanno creato non lo stanno più creando di nuovo in ogni momento e, pertanto, giungerà alla fine. Questa è l’impermanenza grossolana.
L’impermanenza sottile, il terzo possibile oggetto della cognizione nuda yoghica, si riferisce al fatto che in ogni momento tali fenomeni si avvicinano alla loro fine, poiché cambiano di momento in momento. Lo fanno perché sono stati creati. Qual è la causa della morte? Il concepimento: se non fossimo stati concepiti, non moriremmo. Dopo essere stati concepiti, ogni momento ci avvicina alla morte, anche se quella morte avviene prima che nasciamo effettivamente. Ci saranno delle circostanze che porteranno alla nostra morte, ma la vera causa della morte è che siamo stati concepiti. Un altro esempio, perché si è rotto il mio computer? Perché è stato costruito, non perché ci ho versato dell’acqua che è solo la circostanza in cui si è rotto, ma anche se ciò non accadesse, inevitabilmente il computer si romperà. Se comprendiamo l’impermanenza sottile allora quando si rompe, non ci arrabbieremo così tanto.
Questo è molto utile. Ad esempio, qualsiasi relazione in cui ci troviamo è nata a causa di cause e condizioni. Eravamo in questa fase della nostra vita, e tu eri in quella fase della tua vita; noi avevamo questo in corso, e tu quello. Noi vivevamo qui, e tu lì. Noi eravamo interessati a questo, e tu eri interessato a quello. Noi eravamo così, e tu eri così. Sulla base di quelle condizioni, la relazione è iniziata.
Col passare del tempo tutte quelle condizioni sono cambiate; non stavano più generando la relazione. Forse ricordiamo quelle condizioni, ma ora ci siamo trasferiti in un’altra città, siamo interessati a qualcos’altro, abbiamo imparato qualcosa di diverso sulla persona e così via. Pertanto, la relazione cambia di continuo e, alla fine, finirà perché è iniziata. Quella fine sarà che una persona o l’altra muore, o la situazione cambia così completamente che non ha più senso che la relazione continui e che le persone stiano insieme. Ciò accade perché le condizioni originali che hanno contribuito a farla nascere non si verificano più in ogni momento.
Capire questo è molto utile. Ci insegna che, man mano che una relazione continua nel tempo, dobbiamo essere in grado di reinventarla in base alle condizioni e alle situazioni attuali che si verificano tra noi e l’altra persona. Se cerchiamo di farla andare avanti in base a ciò che avevamo cinque anni fa, non funzionerà. Questo è molto utile.
In che modo una cognizione valida può produrre sofferenza?
Sono un po’confuso, potrei guardare questa sedia con la cognizione nuda e questo sarebbe un modo valido di vederla. Ma poi potrei esserne estremamente attaccato e volerla per me. Vederla con quell’attaccamento produce sofferenza. Ma la sto ancora vedendo con una cognizione nuda valida. Come possiamo conoscere qualcosa in modo valido se tuttavia produce sofferenza?
Quando guardiamo la sedia, c’è una cognizione valida di una sedia. Questa è una cognizione nuda valida; ma quando guardiamo la sedia e ci afferriamo ad essa come se fosse la sedia più bella del mondo, diventiamo possessivi e ci preoccupiamo che qualcuno ci rovesci sopra il caffè e così via, allora è una cognizione apparentemente nuda, perché ne stiamo esagerando le qualità. Non è più valida. Ricorda, ci sono diversi tipi di cognizione nuda: valida, susseguente e non determinante. C’è anche una cognizione nuda in apparenza che in realtà non è una cognizione nuda perché è concettuale, come in un sogno o quando proiettiamo un’esagerazione su qualcosa.
Il criterio qui per essere una cognizione nuda valida è che io vedo una sedia con i miei occhi. È ex novo quando entro nella stanza e la vedo; è anche accurato e decisivo.
Sì, è ex novo, accurato e decisivo. Non è ingannevole, diventa ingannevole quando vediamo la sedia con attaccamento perché pensiamo, ad esempio, che ci sia qualcosa dal lato della sedia che la stabilisce come appartenente a “me”. Proiettiamo “me” su di essa e identifichiamo un “me” solido con questa sedia, in quanto la sua forma definisce “me”, oppure concepiamo noi stessi come un “me” solido che la possiede.
È una cognizione valida solo se abbiamo un atteggiamento neutrale nei suoi confronti?
Convenzionalmente, ciò che vediamo potrebbe essere la nostra sedia in quanto l’abbiamo comprata. C’è una differenza tra la sua verità convenzionale e l’afferrarsi alla sua vera esistenza come “mia”, solidamente, e poi diventarne possessivi.
Forse la mia domanda è: come può un modo di conoscere valido produrre sofferenza? Se conosco qualcosa in modo valido, posso comunque soffrire? Potremmo dire che la cognizione nuda è quando vediamo la sedia, ma non la riconosciamo in termini di un “me” di cui esageriamo le qualità? Se non proiettiamo nulla, vediamo solo le qualità dell’oggetto e che non è mio, allora la nostra cognizione valida non dovrebbe produrre sofferenza.
Hai sollevato un buon punto. Nella nostra analisi della visione della sedia, abbiamo parlato solo della validità della nostra cognizione in termini di visione dell’oggetto, ma non abbiamo realmente considerato la relazione del “me” con la sedia. Questo è vero. Possiamo concettualmente conoscerla attraverso la categoria “mia” e designarla come “la mia sedia”, e questa sarebbe un’inferenza valida, basata sul ricordo del fatto che l’abbiamo acquistata e sul ragionamento che, se l’abbiamo acquistata, convenzionalmente è nostra. Questo è vero, un fatto oggettivo sulla sedia. È la mia sedia, non la tua e non di nessuno, perché in effetti l’abbiamo acquistata noi. Ma che dire del pensarla o vederla come veramente “mia”?
Sebbene non faccia realmente parte dell’argomento dei modi del conoscere dobbiamo introdurre qui la spiegazione di Tsongkhapa secondo cui le cognizioni hanno due aspetti. La sua affermazione deriva dalla definizione di coscienza primaria, quella che è consapevole della natura essenziale di qualcosa. Tutto ha due nature essenziali (ngo-bo). C’è la natura essenziale convenzionale o superficiale di qualcosa: è una sedia, non un cane; è la nostra sedia, non la tua, perché l’abbiamo comprata noi, non tu. La nostra cognizione di questa natura convenzionale può essere accurata nel dire che la sedia non è di qualcun altro, ma nostra. Può anche essere decisiva: non abbiamo dubbi al riguardo, è la nostra sedia. Ma poi c’è anche la natura essenziale più profonda di come esiste. La riconosciamo concettualmente con la coscienza mentale e sta alla base del vederla non concettualmente e del conoscerla concettualmente come nostra.
È un punto di grande disputa tra i maestri ghelug e non ghelug. I ghelugpa affermano che una cognizione può essere valida in termini di ciò che è la natura essenziale convenzionale, ma non valida in relazione a come esiste. Come esiste può essere in termini di come esiste l’oggetto stesso o di come esiste la persona che lo sta riconoscendo o vedendo. Il punto è che dobbiamo differenziare l’aspetto di una cognizione che riconosce cosa è qualcosa dall’aspetto che riconosce come esiste. Tsongkhapa afferma che il fatto che la cognizione di come qualcosa esiste sia distorta, inaccurata e non valida non inficia la validità della cognizione accurata e decisiva di ciò che è.
La posizione non-ghelug che Tsongkhapa confuta è che, se una parte della cognizione è falsa, l’intera cognizione è falsa. Questa è una delle principali aree di disaccordo che Tsongkhapa era molto irremovibile nel confutare. Dobbiamo differenziare questi due aspetti di una cognizione; altrimenti, poiché ogni cognizione diversa dalla cognizione non concettuale della vacuità è invalida rispetto a come le cose esistono, possiamo facilmente cadere nella posizione nichilista secondo cui tutto ciò che conosciamo è falso e dobbiamo raggiungere uno stato trascendente oltre tutto ciò per avere una cognizione valida. Afferma che questa visione ci dissocia totalmente dalla realtà convenzionale.
Tsongkhapa sostiene che potremmo avere una cognizione valida di qualcosa convenzionalmente che tuttavia è simultaneamente invalida rispetto a come qualcosa esiste. Le emozioni disturbanti e, a causa di esse, la sofferenza sorgono a causa del modo invalido di sapere come qualcosa esiste, non a causa della cognizione valida di cosa qualcosa è convenzionalmente.
Un aspetto della cognizione è valido in termini di cosa qualcosa è convenzionalmente, ma l’altro aspetto è invalido dal punto di vista più profondo in termini di come esiste. Sembra che la sua esistenza sia veramente stabilita da qualcosa di indipendente e reperibile dalla sua parte che la rende veramente una sedia e ci rende veramente esistenti come suoi proprietari. L’aspetto del nostro vedere la sedia che riconosce quel modo di esistere è invalido e, poiché lo consideriamo erroneamente come vero, soffriamo. Diventiamo possessivi, preoccupati o turbati quando gli altri che ci si siedono sopra, ci rovesciano il caffè o che ci vanno vicino e questo produce sofferenza. Quindi, agiamo in modo compulsivo e urliamo a chiunque ci si avvicini. Ma la cognizione è perfettamente valida in termini di vedere una sedia e sapere che è la nostra sedia.
Riassunto della cognizione nuda
Per ripetere, la scuola Sautrantika afferma che possiamo avere una cognizione nuda yoghica con shamatha e vipashyana unite e focalizzate non concettualmente sull’impermanenza grossolana, sottile o sulla mancanza del sé delle persone. La scuola Prasanghika afferma che solo quella focalizzata sulla vacuità è una vera cognizione nuda yoghica.
In sintesi, quindi, ci sono quattro tipi di cognizione nuda: sensoriale, mentale, con consapevolezza riflessiva - il dispositivo di registrazione non concettuale - e yoghica. Tutte queste sono non concettuali e devono essere libere da qualsiasi causa di inganno, altrimenti sono ingannevoli, cognizione apparentemente nuda, ma non realmente valida.
Inoltre, una cognizione può essere valida convenzionalmente in termini di cosa è qualcosa ma non in termini di come esiste. Poiché non è valida su come qualcosa esiste, sperimentiamo emozioni disturbanti e sofferenze. I nostri problemi possono essere esasperati da un’ulteriore cognizione non valida di cosa è qualcosa. Ad esempio, pensiamo che qualcosa sia nostro, ma in realtà è tuo. Possiamo avere un grande attaccamento basato sul pensare che qualcosa esista solidamente, ma il nostro attaccamento può anche essere basato sull'idea sbagliata che qualcosa ci appartenga quando non è così. Dobbiamo ricordare tutti questi punti quando studiamo la cognizione nuda valida.