Una mera creazione di apparenze e il conoscerle

Il significato di “mente” nel Buddhismo

Mi è stato chiesto di parlare delle apparenze (snang-ba), di come la mente le crea e dei vari problemi ad esse associati. Non è un argomento molto semplice, perché in effetti tutti i nostri problemi derivano dalla confusione sulle apparenze e quindi è molto importante cercare di capire cosa sono, come esistono e se corrispondono alla realtà o no.

Cosa significa veramente che qualcosa appare? Se ci pensiamo ci rendiamo conto che coinvolge una mente. Quando qualcosa appare, deve apparire a una mente. Non è solo apparire. Quindi va compreso prima di tutto cosa intendiamo per mente e la sua relazione con le apparenze.

Cosa intendiamo per "mente" (sems) nel Buddhismo? È una domanda cruciale. Fondamentalmente, quando parliamo di mente stiamo parlando di attività mentale. Naturalmente possiamo parlare del cervello e di questo genere di cose che svolgono l’attività mentale, ma non è questa la preoccupazione principale nel Buddhismo. L’attività mentale non è l'attività chimica o elettrica della cognizione, sebbene l'analisi buddhista non le neghi: ovviamente esiste il lato fisico. Ma possiamo descrivere l'attività mentale da molti punti di vista e il Buddhismo considera quello dell'esperienza individuale e soggettiva.

Si tratta sempre di attività mentale individuale, non di una specie di cosa collettiva. E quando parliamo di esperienza soggettiva individuale, è l'esperienza di qualcosa; deve avere un contenuto. Quindi, qual è il contenuto di questa esperienza, di questa attività mentale? È qui che inizia la discussione sulle apparenze.

Ora, dobbiamo guardare la definizione di attività mentale o mente. Di solito è tradotta con tre parole come chiarezza (gsal-ba) e consapevolezza (rig-pa) e la parola mera o solo (tsam). Dobbiamo capire cosa significano queste parole perché possiamo comprenderle in modo molto confuso. Ora, "chiarezza" non indica una qualità di qualcosa, come essere a fuoco o meno. Non è affatto così. Ciò che viene spiegato è un sorgere (’char-ba), è la stessa parola del sole che sorge, dell'alba. Quindi sta facendo sorgere un'apparenza, questa è l'attività. Quindi, c'è la creazione di un'apparizione mentale e questo è un modo di descrivere ciò che sta accadendo. Stiamo parlando di un evento.

Un altro modo di descrivere la stessa cosa è un impegno cognitivo (’jug-pa). È il coinvolgimento con questa apparenza in una sorta di modo cognitivo, quindi è la creazione di una consapevolezza. Ora, abbiamo una attività. Non è che prima c'è la creazione di un'apparenza mentale e poi, dopo, c'è la creazione di una consapevolezza di essa. Non è così. Potremmo capirlo con un semplice esempio: non è che prima sorge un pensiero e poi lo pensiamo. Il sorgere di un pensiero e il pensare al pensiero sono la stessa cosa, solo descritti in due modi diversi. Quindi, è la stessa cosa con vedere, sentire, annusare, gustare, provare una sensazione fisica, sognare e così via.

La terza parola, mera o solo, significa che questo sta accadendo senza che ci sia una cosa o una persona, un agente separato da questo che lo sta facendo. In altre parole, è solo questa attività. Non c'è un me separato o una cosa separata chiamata "mente" che lo sta facendo. Questo, naturalmente, rientra nella profonda filosofia buddhista, ma lo lasceremo da parte per il momento.

Naturalmente ci sono molte pratiche volte al riconoscere questa nuda attività mentale. Le troviamo nei metodi noti come mahamudra e dzogcen e ci sono molte altre pratiche che possiamo fare basandoci sulla capacità di riconoscere e identificare solo l'attività mentale stessa. Non è così facile, in realtà, identificare solo l'attività stessa. Ma dobbiamo stare molto attenti quando leggiamo su questo argomento per non farci confondere da "chiarezza e consapevolezza".

Non stiamo parlando di una specie di luce ed è totalmente irrilevante se qualcosa è a fuoco o se mi tolgo gli occhiali e si crea una sfocatura. In alcune lingue "chiaro" implica che tu capisca come in "tutto è chiaro", e certamente non significa questo; sorge anche confusione. Quando parliamo di consapevolezza di qualcosa, non significa che dobbiamo avere piena attenzione o certezza su cosa sia, e non deve nemmeno essere ciò che chiamiamo "cosciente" in Occidente. Copre conscio, subconscio, inconscio e così via.

Spiegazioni diverse

Ora le apparenze entrano in gioco in questa discussione su cosa sorge e con cosa si sta impegnando l’attività mentale. Naturalmente nel Buddhismo abbiamo molte spiegazioni diverse, non solo una, quindi cercherò di limitare tutte le possibili spiegazioni che troviamo a un numero gestibile, altrimenti diventa troppo confuso.

Ci sono due approcci per capire o per spiegare qualcosa. C'è un approccio che dice che c'è una sola spiegazione, che è sicuramente quella. E c'è un altro approccio che è più strumentale, come viene solitamente chiamato, il che significa che potrebbero esserci molte spiegazioni che funzionano tutte ugualmente bene. Non ce n'è solo una che è più corretta di un'altra.

Lo troviamo in matematica: se hai un problema molto complesso, potrebbero esserci molti modi per risolverlo e tutti possono essere ugualmente corretti, non solo uno. La stessa cosa in ingegneria: hai i computer, hai i PC e hai i Mac. Questi sono due modi di risolvere lo stesso problema e non puoi dire che uno sia più corretto dell'altro. Funzionano entrambi. Potremmo preferire uno rispetto all'altro, questa è un'altra cosa, ma non possiamo dire che uno sia più corretto dell'altro. La stessa cosa è vera con queste diverse spiegazioni di come funziona la mente, come funzionano le apparenze e così via.

In generale abbiamo un modo di spiegare secondo la scuola Ghelug del Buddhismo tibetano e un modo che è per lo più comune alle scuole Kagyu, Nyingma e Sakya, con alcune differenze, ma hanno un modo generale di spiegare che è simile e diverso dal modo di spiegare ghelug. Quindi, limitiamoci principalmente alla tradizione Ghelug, anche se indicherò dove si ottiene il punto di partenza principale della differenza tra le spiegazioni ghelug e non. Da questo punto di partenza inizia la variazione.

Ognuna di queste tradizioni tibetane ha un modo tutto suo di spiegare le diverse posizioni filosofiche indiane che costituiscono il lato del sutra. Abbiamo un'altra spiegazione nella classe più elevata del tantra e poi c'è un ulteriore dettaglio dato dagli insegnamenti del Kalachakra che anche rientra nella classe più elevata del tantra. Abbiamo questi diversi livelli nella spiegazione ghelug e anche non ghelug. Ci atterremo a quella ghelug.

Dal momento che non abbiamo molto tempo e poiché questo è un argomento molto complicato che solleva molti altri problemi, cercheremo di renderlo il più generale possibile e di entrare nei dettagli con alcuni aspetti che sono davvero cruciali, perché può aiutarci ad analizzare ciò che ci appare. Quando vediamo qualcuno, cosa ci appare? Quanto di ciò è accurato, quanto di ciò è una proiezione? Corrisponde alla realtà o no? A cosa sto reagendo emotivamente? Sto reagendo a un'apparenza accurata o alla proiezione di qualcosa che è totalmente inappropriato? Quindi, a meno che non capiamo cosa sono veramente le apparenze e cosa sta succedendo, è difficile distinguere e buttare via la spazzatura che ci sta causando problemi.

E ricordate, non stiamo parlando dell'immagine, ed è molto difficile che questo penetri nella nostra comprensione, non stiamo parlando di una mente che è seduta nella nostra testa e proietta apparenze e poi io "Sono seduto dietro il proiettore e li sto guardando". Non è così. E "Se c'è un problema qui, devo solo alzarmi dal sedile nella parte posteriore della mia testa, camminare fino al proiettore e risolverlo". Non è così, anche se questa è ovviamente la soluzione che vorremmo.

C'è solo attività mentale che si verifica di momento in momento, è individuale, soggettiva. C'è il funzionamento di base che si verifica di continuo, non cambia mai. Voglio dire, di momento in momento il contenuto è diverso, ma il funzionamento di base rimane lo stesso. Quindi cosa emerge se esaminiamo davvero il contenuto della nostra esperienza?

Vaibhashika

Le diverse posizioni filosofiche buddhiste sono presentate in un ordine graduale, il che significa che quando si comprende la prima spiegazione abbiamo una base per comprendere quella successiva. Ora, la scuola Vaibhashika, che è quella da cui vorremmo iniziare, non discute molto dell'intero processo di cognizione, di attività mentale. Ciò che è unico nella sua presentazione è che la cognizione sensoriale non concettuale (vedere, sentire, ecc.) contatta e conosce direttamente gli oggetti esterni (phyi-don). In altre parole, non c'è apparenza mentale, questa attività mentale non produce un aspetto mentale (rnam-pa) che assomiglia all'oggetto esterno. Ma non discute molto in dettaglio oltre a questo e nessuna delle altre scuole nella filosofia buddhista indiana lo accetta.

Sautrantika

Fonti natali e ologrammi mentali

La scuola successiva, Sautrantika, afferma e accetta che esistono gli oggetti esterni. Cos'è un oggetto esterno? È un oggetto che esiste prima della cognizione di esso e funziona come la fonte natale (rdzas) di un aspetto mentale che sorge nel conoscerlo. Quindi questo significa che dobbiamo capire cosa intendiamo con "fonte natale": è qualcosa che dà vita a un aspetto mentale.

Quali sono gli esempi di fonte natale? Un forno è la fonte natale di una pagnotta, non l'impasto che si trasforma nella pagnotta. Non stiamo parlando di quello e nemmeno della persona che fa la pagnotta di pane, ma del forno. Un altro esempio è il tornio del vasaio, che è la fonte natale di un vaso di argilla. Questo è molto interessante se ci pensi. Non stiamo parlando dell'argilla o del vasaio ma del tornio.

Se questi sono esempi di cosa sia una fonte natale di qualcosa, cosa significa che l'oggetto esterno è la fonte natale dell'aspetto mentale che gli somiglia e lo rappresenta nella sua cognizione? Pensateci. Vedo questa tazza. L'aspetto mentale della tazza: è qualcosa che è fatto dalla tazza? No. Il pane non è fatto dal metallo del forno, giusto? E questa tazza sta lì, crea un'immagine mentale e poi la lancia nella mia mente? No, quindi da dove viene? Questa è la domanda interessante.

Bisogna davvero analizzarlo. La scuola Cittamatra e il tantra forniranno maggiori dettagli sulla fonte natale delle cose e su cosa sia fatto l'aspetto mentale. Ma prima dobbiamo comprendere la fonte natale. Cos'è un aspetto mentale? È spiegato come una parvenza mentale (rnam-pa), qualcosa che assomiglia all'oggetto, un'entità oggettiva. È una parvenza mentale di un'entità oggettiva che una specifica coscienza sensoriale, come una forma o un suono, può conoscere.

Penso che l'analogia più semplice per noi occidentali come approccio a questo argomento siano gli ologrammi mentali. Poi la discussione inizia a diventare un po' più comprensibile, credo.

La scienza occidentale parla di cognizione, cosa succede quando vediamo qualcosa, per esempio? Luce, fotoni, ecc. - non sono uno scienziato, quindi scusatemi se lo dico in modo scorretto o troppo semplicistico - provengono dall'oggetto e colpiscono i sensori cognitivi nella retina e così via, e questo viene tradotto in impulsi elettrici e alcuni processi chimici che viaggiano attraverso i neuroni. Quando questo raggiunge una certa parte del cervello, e naturalmente c'è una grande discussione su dove e se sia solo una parte del cervello o più, allora c'è quello che chiameremmo "vedere".

Quindi, cosa vediamo? Impulsi elettrici e sostanze chimiche? Diciamo "Vedo la tazza" o "Vedo la forma della tazza". Quindi i vaibhashika dicono che questo accade senza che si formi un ologramma mentale. I sautrantika e tutti gli altri dicono che in realtà quegli impulsi elettrici sono in qualche modo tradotti in un ologramma mentale. Non è che qualcun altro possa vederlo - ricorda, è individuale e soggettivo - ed è quello che vediamo. Questo è ciò che appare nella mia vista.

Cos'è che vediamo? Vediamo impulsi elettrici, un ologramma mentale. Quindi, a parte la scuola Vaibhashika, il Buddhismo parla di ologrammi mentali. La parola tecnica è un aspetto mentale (rnam-pa). È un aspetto dell'oggetto esterno e l'oggetto esterno è la fonte natale di ciò, come il forno. Quindi, come una pagnotta di pane che esce da un forno, penso che potremmo pensare - forse è troppo semplicistico, ma utile per aiutarci inizialmente a capire - che dall'oggetto fuoriescono i fotoni e così via e questo è come il pane - beh, non è proprio il pane, ma viene poi tradotto in piccoli impulsi elettrici, sostanze chimiche e infine l'ologramma mentale.

Qui stiamo parlando solo della percezione sensoriale, della vista, dell'udito, ecc., che non è concettuale, non delle apparenze e degli ologrammi e di tutto ciò del pensiero concettuale. È un'altra cosa. Quando entriamo nel regno dei concetti, allora in Occidente parliamo in termini di pensieri e idee, questo genere di cose. Questa è una discussione più complicata ma ci arriveremo.

Apprendimento

Ora vorrei introdurre qualcosa che in realtà apre la porta a molte altre discussioni, ciò che viene chiamato "apprendere (rtogs-pa) un oggetto" e questo significa conoscerlo - conoscere è la parola più generale per sensoriale o mentale - conoscerlo "sia accuratamente che con decisa determinazione". Determinazione decisa (nges-pa) significa che quando per esempio vedi qualcosa, se apprendi l'oggetto elimini decisamente ogni interpolazione errata (sgro-’dogs), o proiezione, che sia qualcosa di diverso da sé stesso. "Vedo un cane. Determino decisamente che questo è un cane". Elimina tutte le altre possibilità che sia qualcosa di diverso da un cane e mi consente di ricordare correttamente quell'oggetto in seguito. Quindi, comprendiamo qualcosa come una cosa specifica, non come qualcos'altro.

Questa parola apre una discussione importante. Questo è non concettuale (rtog-med). Quando c'è una determinazione decisiva di un oggetto, di un cane che vedo, ciò non significa che so che è "un cane", che so cosa è, che è questo, è "un cane". Determina solo in modo decisivo che è un oggetto specifico, così posso ricordarlo in seguito. Non ho idea di cosa sia. Sapere cos'è, questo è concettuale. Ma posso ricordare "Ho visto questo". Non entreremo nel dettaglio di come avviene il momento effettivo del ricordo, è complicato. Naturalmente deve essere accurato (yang-dag-pa), altrimenti non lo si ricorda correttamente.

C'è sempre questo problema con certi fattori mentali per capire a cosa si riferiscono. C'è un fattore mentale che la maggior parte delle persone traduce come "riconoscimento", ma penso che sia molto fuorviante. "Riconoscere" implica che lo sapevi prima, poi lo ricordi e lo riconosci di nuovo. Non stiamo parlando di questo. Questo fattore mentale è la distinzione (’du-shes, sanscr. samjna). Per distinguere, ad esempio, la luce dall'oscurità.

Quando guardo davanti a me, cos'è l'ologramma mentale? Sono tutti i tipi di forme colorate. Entreremo nella discussione di: vediamo solo forme colorate o cosa vediamo realmente? La distinzione mi consente di distinguere questa raccolta di forme colorate da quelle intorno. Altrimenti non c'è modo di essere in grado di riconoscere nulla. Questo è distinguere. Quindi quando si distingue qualcosa e ciò accade in ogni momento, allora può essere con una determinazione decisiva o meno. Non deve essere decisivo, può essere indeciso "Non ricordo". "Ho visto questa faccia prima, non la ricordo", quindi non era una determinazione decisiva. E se non era accurata, allora non la ricordo correttamente.

Abbiamo un altro fattore mentale chiamato consapevolezza discriminante (shes-rab, sanscr. prajna). A volte viene tradotto molto male come "saggezza". Non ha nulla a che fare con la saggezza. Quindi, la consapevolezza discriminante è definita come il fattore mentale che aggiunge certezza. Una determinazione decisiva aggiunge certezza alla distinzione, e potrebbe essere forte o debole, naturalmente. Questo è rilevante per tutta questa discussione, perché dobbiamo capire che in una cognizione non concettuale non stai applicando un nome; non sai cosa sia qualcosa, ma c'è comunque una determinazione decisiva e un ologramma mentale.

Quindi, nella nostra discussione sugli ologrammi mentali, o apparenze, il contesto principale sarà quello dell'apprendimento di qualcosa, ma non sempre. Nell'apprendimento qualcosa può essere appreso esplicitamente (dngos-su rtogs-pa) o implicitamente (shugs-la rtogs-pa). Quando apprendi esplicitamente qualcosa, in realtà sorge l'ologramma mentale di esso. Quindi determino in modo decisivo "questo oggetto". È un cane - non so se è un cane, ma determino in modo decisivo "questa cosa in particolare". L'apprendimento implicito è, allo stesso tempo, un aspetto mentale, un ologramma di esso, che non sorge. Quindi, se apprendo esplicitamente che è "questo oggetto", allora implicitamente apprendo che "non è quell'oggetto".

Usiamo l’esempio di un cane. Un ologramma mentale di un cane si forma quando vedo un cane. Apprendo "cane". Non stiamo parlando con la parola e così via, ma "questo oggetto", posso ricordarlo. Bene, so anche allo stesso tempo che non è un gatto. Appare "non un gatto"? Esiste un ologramma di "non un gatto?"

Guardo questo tavolo e sorge un ologramma mentale di esso, lo apprendo esplicitamente. Allo stesso tempo apprendo anche "nessuna mela sul tavolo". Questo è implicito. Esiste un ologramma mentale di "nessuna mela sul tavolo?" Pensateci. Come fate a sapere che non c'è nessuna mela sul tavolo? Bene, diciamo "Vedo che non c'è nessuna mela sul tavolo", ma cosa vediamo in realtà? Quando parliamo di apparenze, possiamo capire qualcosa con un'apparenza esplicita o anche con quell'apparenza esplicita sapere qualcosa di implicito da essa. Implicito significa che è in un certo senso da qualche parte implicato al suo interno. Devi vedere un tavolo per capire anche "nessuna mela sul tavolo", il punto è che sta sorgendo un ologramma mentale, ma possiamo sapere di più di quell'ologramma mentale.

Quando ho una determinazione decisa, l'ologramma mentale di un cane, con quello so anche che non è un gatto. Quindi alcune cose le sappiamo con un'apparenza e alcune cose le sappiamo senza. E con una determinazione decisa c'è una decisione "Questo e non quello". Qui stiamo solo parlando del fatto che è un oggetto specifico; non implica necessariamente che sappiamo che è un cane o un gatto. Un bambino guarda il suo orsacchiotto. Sa che è un orsacchiotto? Conosce la parola "orsacchiotto"? Non sa niente, ma ecco dove entra in gioco il riconoscimento. Può ricordare questo oggetto specifico. Ha avuto una determinazione decisa e non è un altro oggetto perché, se arriva un altro oggetto, il bambino lo rifiuterà. È qualcosa di molto, molto basilare.

Oggetti di senso comune

Un altro punto: cosa vediamo quando vediamo? Solo forme colorate o anche quelli che vengono chiamati oggetti di senso comune (’jig-rten-la grags-pa) - oggetti convenzionali dell'esperienza (tha-snyad spyod-yul) per definirli in un altro modo. Quando guardo questa cosa qui, vedo solo forme colorate o vedo anche un cane? Un oggetto di senso comune: un cane è un oggetto di senso comune, è una convenzione su cui siamo tutti d'accordo.

Un oggetto di senso comune è un oggetto che ha estensione spaziale su una raccolta di molecole di classe simile. Quindi è composto da molte parti e si estende anche su diversi dati sensoriali. Un cane è solo forme colorate? Ma se lo accarezzi c'è una sensazione fisica. È anche una sensazione fisica, c'è l'odore. Quindi, un oggetto di senso comune si estende su tutte queste informazioni e nel tempo. Quindi, in un momento cosa vedo? Solo un momento di forme colorate o anche il cane? L'istante successivo il cane si è mosso, quindi le forme colorate potrebbero essere in una configurazione leggermente diversa. Vedo ancora un cane?

In altre parole, qual è l'aspetto mentale? Cos'è l'ologramma mentale? È un ologramma mentale solo di forme colorate o è anche un ologramma mentale di un cane? Cosa ne pensate? Vedete un cane o solo forme colorate?

Vediamo l'oggetto convenzionale perché, anche se non sappiamo cosa sia, non ne conosciamo il nome e così via, diciamo convenzionalmente che stiamo vedendo la stessa cosa di momento in momento.

È qui che i ghelugpa e i non ghelugpa si dividono radicalmente. Secondo i ghelugpa vediamo oggetti di senso comune in modo non concettuale. Non solo forme colorate, anche l'oggetto convenzionale - il cane. Non stiamo parlando di sapere cosa sia, di sapere che è "un cane" e di metterlo nella categoria di "cane" e chiamarlo "cane". Ma vedi un oggetto convenzionale che si estende su tutti i dati sensoriali e su tutte le sue parti e nel tempo. Stiamo solo parlando di un oggetto, non di sapere cosa sia.

I ghelugpa dicono che quando vediamo qualcosa c'è un ologramma mentale non solo di forme colorate ma di un oggetto di senso comune che si estende sui sensi e sul tempo. Le altre tradizioni tibetane, Nyingma, Sakya e Kagyu, affermano che nella percezione sensoriale, non concettuale, non vedi o senti un oggetto di senso comune e che percepire un oggetto di senso comune è concettuale.

Ci sono due tipi di concettuale qui, uno è la sintesi di raccolta (tshogs-spyi) attraverso cui mettiamo insieme informazioni sensoriali da sensi diversi e costruiamo da esse un oggetto di senso comune - anche momenti continui - lo mettiamo insieme come un oggetto. Quindi, i non ghelugpa dicono che questa è una sintesi mentale, un processo concettuale. Ora, in aggiunta è anche un processo concettuale ciò che è, è separato. Quindi la sintesi mentale lo mette insieme come un oggetto che si estende su informazioni sensoriali e tempo, e poi c'è un altro tipo di cognizione concettuale attraverso il mezzo di una sintesi di tipo (rigs-spyi) che aggiunge ad esso ciò che è, "cane". "Questo oggetto è un cane".

Questo diventa molto interessante non solo con la vista ma anche con i suoni del linguaggio; sentiamo davvero parole e frasi? Sentiamo solo un momento alla volta. Quindi cos'è l'ologramma mentale di una frase? È una sintesi mentale di tutti questi momenti di suoni individuali? Questa è una domanda molto interessante. Come comprendiamo il linguaggio quando qualcuno parla? Perché senti solo un momento alla volta? Quindi è una sintesi mentale e solo concettuale, o sentiamo davvero parole e linguaggio?

Quindi ovviamente ci sono due spiegazioni. Ma ci dà qualcosa su cui riflettere davvero, perché penso che con il linguaggio sia molto chiaro che non sentiamo un'intera frase tutta in una volta e tuttavia, incredibilmente, ne comprendiamo il significato. Questo è straordinario. Quindi, ovviamente c'è un qualche ologramma mentale che emerge del suono, di tutti questi suoni. Sono sintetizzati insieme in parole o come vengono messi insieme?

Diventa molto interessante, in realtà, più si analizza. Avete mai ascoltato una lingua di cui non sapete assolutamente nulla e non riuscite nemmeno a dividere i suoni in parole? Stiamo sentendo parole o stiamo sentendo solo suoni? Questo è ciò che va analizzato quando si cerca di capire cosa sono queste apparenze mentali, gli ologrammi mentali, i diversi tipi e così via.

Quasi tutto nella filosofia si basa sulla differenza nella spiegazione del vedere o meno oggetti di senso comune, e sarà diverso a causa di quella differenza. Se gli oggetti di senso comune sono solo sintesi mentali, questo ci porta a pensare che il modo in cui esistono è abbastanza diverso da quando si dice che si vede effettivamente un oggetto di senso comune.

Ma non approfondiremo ulteriormente, perché è un argomento molto vasto e se a ogni stadio confrontiamo le posizioni ghelugpa e non ghelugpa sarà fin troppo confuso, quindi limitiamoci solo alla spiegazione ghelugpa in cui effettivamente conosciamo gli oggetti convenzionali in modo non concettuale.

Cognizione degli oggetti di senso comune, delle loro parti e qualità

Quindi quando parliamo di un ologramma mentale di forme colorate e di un ologramma mentale di un oggetto, si tratta dello stesso tipo di ologramma mentale.

Si tratta di un unico ologramma mentale o di più ologrammi?

I libri di testo ghelugpa hanno diverse interpretazioni di ciò. I diversi monasteri ghelugpa usano libri di testo diversi. Secondo quello di Jetsunpa, usato a Ganden Jangtse e a Sera Je, quando vedi un oggetto convenzionale, nella stessa natura essenziale (ngo-bo gcig) percepisci anche tutte le parti e le qualità, tutte in un unico pacchetto perché, se così non fosse, dovresti essere in grado di percepire la dimensione senza percepire l'oggetto se fossero separati, o una parte senza vedere il tutto.

Ma i libri di testo di Pancen, che sono usati in Ganden Shartse e Drepung Loseling, dicono che sono separati, che l'oggetto convenzionale e le varie qualità, parti e vari dati sensoriali sono separati perché altrimenti, quando ne vedi uno, diciamo la dimensione, allora dovresti anche essere in grado di vedere il colore allo stesso tempo. O quando vedi la qualità, dovresti anche annusarla e avere l'odore allo stesso tempo. Quando tocco il cane con gli occhi chiusi, dovrei anche avere un'immagine della sua forma colorata. Ma l'altra posizione dice che Pancen implica che dovrebbe esserci un oggetto di senso comune separato da una forma colorata e da un odore o una sensazione tattile.

Quindi entrambe le posizioni possono essere discusse logicamente. Non ci sono risposte semplici a domande difficili. Ma questa diventa una domanda molto grande: come percepisci le qualità delle cose? Non solo l'odore, il sapore, la sensazione tattile, la vista, l'udito e così via, ma anche la dimensione, la forma e il colore. Ci sono tutti i tipi di qualità, temperatura, sono tutte in un unico pacchetto o in pacchetti separati?

Ci sono tre posizioni qui. Diciamo che vediamo qualcosa che ha molti colori diversi, un cane maculato. Una posizione dei sostenitori di un numero uguale di oggetti conosciuti e di coscienze che conoscono (gzung-’dzin grangs-mnyam-pa) è che ci sono ologrammi separati per ciascuna delle forme colorate e cognizioni separate di ciascuna delle forme colorate: un numero uguale di forme colorate e attività mentale separata per ciascuna. La posizione dei “mezze uova” (sgo-nga phyed-tshal-pa) è che ci sono molti piccoli ologrammi di ciascuna delle forme colorate, ma solo una coscienza che le conosce. La terza posizione dei sostenitori della diversità non duale (sna-tshogs gnyis-med-pa) è che tutte le macchie colorate e la coscienza di tutti i singoli pezzi fanno parte della stessa cognizione. L'esempio è: un uovo ha sia il bianco che il giallo, costituiscono inseparabilmente un uovo in una cognizione. Dentro l'uovo ci sono sia il bianco che il giallo inseparabilmente. Quindi dentro una cognizione ci sono tutti questi piccoli pezzi e la cognizione di ognuno di loro.

Quindi inizia a diventare molto complicato: come si riconosce un ologramma mentale? Si riconosce l'intera cosa? Tutti i pezzi? Si hanno cognizioni separate di ogni pezzo? Dove viene messo insieme? Pensate all'analogia occidentale qui: vedete qualcosa, quindi i fotoni dalle diverse macchie colorate del cane colpiscono diverse piccole cellule sensoriali. Quindi abbiamo un'intera collezione qui di impulsi elettrici dai neuroni che provengono da ciascuna di queste cellule. Sono tutti conosciuti contemporaneamente in una cognizione? Sono conosciuti da piccole parti separate del cervello e come vengono messi insieme?

Questo è ciò di cui stiamo parlando e sono sicuro che gli scienziati hanno molto da dire su come si vede effettivamente un oggetto intero che ha molti colori o molte parti diverse. Come si fa a vedere l'intera cosa? Deve essere messa insieme? Anche se potrebbe sembrare che stiamo parlando di argomenti molto filosofici, sono esaminati anche dagli scienziati. Sua Santità il Dalai Lama nell'incontrare scienziati cognitivi che studiano il funzionamento del cervello, è molto interessato a correlare la spiegazione buddhista con quella scientifica perché parlano della stessa attività, dello stesso fenomeno, ma una parte lo descrive in termini di processo fisico che sta avvenendo e l'altra, quella buddhista, dal lato dell'esperienza soggettiva.

Cognizione di oggetti inesistenti

Un altro punto: parlavamo dell'apprendimento e di qualcosa che può essere accurato o meno. Puoi avere un ologramma mentale di qualcosa che non esiste, di un omino verde che viene da Marte su un disco volante? Posso averlo ed essere molto paranoico. Ma è qualcosa che corrisponde alla realtà e che puoi vedere con i tuoi occhi? Beh, no. Quindi, è qualcosa che rappresenta un omino verde da Marte, ma in realtà non è la stessa cosa di un ologramma proveniente da un omino verde da Marte là fuori come un oggetto esterno che è la fonte natale di questo ologramma.

Spesso abbiamo ologrammi mentali come questo che proiettiamo persino sulle persone "Sei un mostro!". Cos'è questo? Questi ologrammi mentali di cose che non esistono possono anche essere non concettuali, come un'allucinazione o come quando hai la cataratta e vedi le cose molto sfocate. In realtà vedi una sfocatura, ma la sfocatura non esiste là fuori. Non proviene da una sfocatura esterna che ti invia fotoni.

Ci sono molti tipi diversi di questi ologrammi mentali ma la cosa principale da capire è che stiamo parlando di attività mentale che dà origine alle apparenze mentali. Questa è una caratteristica definitoria. Ma non è solo come uno specchio che dà origine alle immagini, è anche un impegno cognitivo. Secondo i sautrantika ghelugpa non ci sono solo macchie colorate là fuori ma oggetti convenzionali reali che sono la fonte natale di questi ologrammi mentali.

Non posso fare a meno di introdurre la cosa interessante di questa discussione su ghelug o non ghelug: cosa esiste esternamente, "là fuori?" Sono solo fotoni ed elettroni, o ci sono oggetti reali? È solo un campo elettromagnetico o ci sono oggetti convenzionali reali di senso comune là fuori? È qui che porta la discussione: cosa esiste realmente là fuori nel mondo fisico? La scienza dice che è solo un campo elettromagnetico e la sua attività mentale che lo divide in oggetti e lo trasforma in oggetti di senso comune? O ci sono oggetti reali? O sono entrambe le cose?

Queste sono alcune cose su cui riflettere e sono domande importanti in realtà. 

Domande

Se ci sono oggetti esterni di senso comune è difficile capire la spiegazione ghelug della vacuità, mentre è più facile capire quella non ghelug degli oggetti di senso comune che sono una sintesi mentale.

Penso che dobbiamo renderci conto che la vacuità è un'assenza di modi impossibili di esistere, e la spiegazione di questo è diversa in ciascuna delle scuole filosofiche indiane. Quando comprendiamo la vacuità, dobbiamo capire che non esiste una cosa come questo modo impossibile di esistere. Le cose possono sembrare esistere in quel modo, ma non è così.

Questo è qualcosa che approfondiremo e che troviamo nella tradizione ghelugpa, ovvero che ci sono due aspetti dell'attività mentale. Uno è creare un ologramma mentale di ciò che qualcosa è, un oggetto convenzionale o un cane o un gatto; l'altro è creare un'apparenza mentale o un ologramma di come esiste. E queste sono insieme. Quindi, l'aspetto dell'ologramma di come esiste potrebbe non riferirsi a nulla di reale, mentre l'apparenza dell'oggetto convenzionale potrebbe riferirsi a qualcosa che è convenzionalmente reale.

Ma naturalmente si può spiegare sempre di più in termini di cosa sia il modo impossibile di esistere e come viene spiegato da cittamatra, svatantrika e prasanghika ecc., ma è molto chiaro, i ghelugpa fanno questa differenziazione: cosa qualcosa sembra essere e come sembra esistere. Per i non ghelug queste due cose si uniscono, non sono realmente differenziate, mentre per i ghelug lo sono. Come ho detto, a causa di questa differenza di base, un oggetto convenzionale è solo un costrutto concettuale o no, allora molto altro ne consegue. La spiegazione nella comprensione della vacuità in ciascuna di queste tradizioni tibetane dipende molto dalla comprensione di questa distinzione riguardante gli oggetti di senso comune.

Possiamo guardare un cane di lato, da una prospettiva, e vediamo quattro zampe nell'ologramma mentale. Puoi guardarlo da un altro punto di vista, di fronte, e forse vedi solo due zampe. Quale è corretto?

C'è una statua meravigliosa nel museo di Berlino, dove vivo. È un esempio perfetto: è una statua di un leone di qualche antica dinastia e ha cinque zampe. Quando la guardi di lato ne vedi solo quattro maa quando la guardi di fronte c'è un'altra gamba, quindi in realtà ne vedi anche quattro, per come è disposta. Ma ha cinque zampe, in realtà.

Ma questo ci porta a qualcosa di completamente diverso: l'argomento di una caratteristica definitoria (mtshan-nyid) che sarà discusso in modo molto approfondito con le diverse opinioni delle scuole filosofiche indiane. C'è una caratteristica definitoria individuale situata sul lato dell'oggetto che lo rende ciò che è? Avere quattro zampe lo rende un cane, e averne due no? O è un costrutto mentale, la caratteristica definitoria. Quindi, dov'è questa caratteristica definitoria? O è solo una convenzione? Questo è il dibattito.

Non stiamo ancora parlando della cognizione concettuale di una caratteristica definitoria di un cane. In termini di percezione sensoriale c'è una caratteristica definitoria individuale che stabilisce l'esistenza di questo oggetto come un oggetto individuale specifico dal lato dell'oggetto. Questa è la domanda. E per i ghelugpa, tutte le scuole tranne quella Prasanghika affermano che c'è questo tipo di caratteristica definitoria individuale.

L'analogia che posso usare per comprendere questo è un rivestimento di plastica. C'è un rivestimento di plastica attorno a questo oggetto convenzionale che lo rende diverso da qualsiasi altro oggetto convenzionale. O un rivestimento di plastica attorno a queste forme colorate, come una linea scura che le unisce in un oggetto. O i non prasanghika direbbero che è nell'oggetto mentre i prasanghika risponderebbero che è una costruzione mentale, che non è nell'oggetto ma nella mente che lo etichetta mentalmente.

Perché, secondo i ghelugpa, vedi un oggetto convenzionale?

I ghelugpa dicono che, se non lo vedi, diresti come un cittamatra che tutto è nella mente. Non lo spiegano in questo modo ma, se ci si pensa, questo mina la compassione. Se convenzionalmente non ci fossero persone e fosse solo una sintesi mentale di forme colorate e sensazioni fisiche, sarebbe un po' più difficile sviluppare compassione per quell'essere.

I ghelugpa non sostengono necessariamente questo ma è il mio pensiero sul perché, uno degli argomenti a favore della posizione ghelugpa. Non ho mai letto un dibattito che vada in questa direzione. I ghelugpa direbbero che, a meno che non si abbiano oggetti convenzionali di senso comune che siano effettivamente visti in modo non concettuale, è molto difficile presentare le due verità, la verità convenzionale e la verità più profonda. Ciò diventa molto più difficile.

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