La cognizione ingannevole o la cognizione apparentemente nuda
Ci sono altri modi di conoscere oltre all’elenco tradizionale di sette. Quello delineato in modo più dettagliato è la cognizione ingannevole (’khrul-shes) anche chiamata “cognizione apparentemente nuda” (mngon-sum ltar-snang). Sembra essere una cognizione nuda ma non lo è.
La cognizione ingannevole può essere concettuale o non concettuale. È un modo di conoscere che è ingannevole rispetto al suo oggetto apparente (snang-yul): mescola e confonde il suo oggetto apparente con l’effettiva entità oggettiva (rang-mtshan) che è il suo oggetto d’impegno (’jug-yul).
È ingannevole in termini di cosa qualcosa sia realmente; mentre la cognizione distorta è ingannevole rispetto a ciò che esiste realmente. Piuttosto che confondere ciò che appare con qualcos’altro, come il confondere la nostra idea di chi sei con chi sei realmente, la cognizione distorta confonde ciò che pensiamo tu sia con qualcosa di impossibile. Ad esempio, è distorto pensare di essere il principe azzurro o la principessina, il partner perfetto, il più meraviglioso che possa mai esistere, che soddisferà ogni cosa come in una fiaba e vivremo felici e contenti, perché nessuno può esistere in quel modo. Mentre pensare che una persona sia Susanna e non Maria, quando in realtà è Maria, è semplicemente sbagliato riguardo alla sua identità convenzionale, confuso con qualcosa che esiste. Questa è la differenza: sebbene entrambi siano sbagliati, pensare che Maria sia la principessina è una cognizione distorta, mentre pensare che sia Susanna è una cognizione ingannevole.
La cognizione ingannevole può essere concettuale o non concettuale.
La cognizione ingannevole concettuale
Nella cognizione ingannevole concettuale l’oggetto che appare è un’entità metafisica (spyi-mtshan), vale a dire una categoria, come la categoria “cane”. Il suo oggetto d’impegno è un cane reale, un’entità oggettiva. Le cognizioni concettuali sono ingannevoli nella misura in cui mescolano e confondono la categoria con l’oggetto reale con cui si impegna. Cosa significa?
Ad esempio, quando pensiamo che un cane specifico rientri nella categoria generale dei cani, pensiamo che tutti i cani siano come questo. Questa è un’aspettativa, non è vero? Avevamo un cane a cui piaceva sedersi sulle nostre ginocchia, ora ne prendiamo un altro e diamo per scontato che sarà uguale. Questo è ingannevole perché questo nuovo cane potrebbe non amare affatto sedersi sulle nostre ginocchia, e quindi ne siamo delusi.
Ma che dire di un partner? Avevamo un partner che ci ha abbandonato o è stato sconsiderato, e ora proiettiamo questo sul partner successivo. Lo facciamo sempre, generalizziamo un’esperienza passata e poi proiettiamo qualcosa da quella, in altre parole, da questa categoria, su qualcos’altro che inseriamo in quella stessa categoria.
Prendete un momento per riflettere su questo, perché sono sicuro che tutti possono riconoscere come spesso sperimentiamo ciò che potremmo chiamare “falsa proiezione”. Ad esempio, siamo rimasti delusi da questo centro buddhista e se andiamo in un altro proiettiamo che ne saremo delusi. Oppure, andiamo al cinema e decidiamo in anticipo che non ci piacerà, non ci piacerà la festa, o abbiamo questa riunione di famiglia e sarà orribile, perché in passato non è stata molto bella.
Immaginiamo che ciò che rappresenta la categoria nella nostra mente sarà tutto ciò che successivamente inseriamo in questa categoria. La cognizione ingannevole concettuale è, inoltre, distorta quando, ad esempio, pensiamo a un unicorno. Potremmo avere un’immagine mentale di un unicorno dei cartoni animati che però non corrisponde a nulla di reale, probabilmente un cavallo con un corno sul capo, perché non ci sono unicorni veri. Non possiamo effettivamente visualizzare un unicorno.
Ciò è distorto e, come ho detto, un esempio comune è pensare che le cose saranno come in una fiaba. Se facciamo questo o quello, vivremo felici e contenti. Questa è una fiaba quando concettualizziamo in questo modo. Ciò non corrisponde alla realtà, è distorto.
La cognizione ingannevole non concettuale
Con la cognizione ingannevole non concettuale l’oggetto che appare è un ologramma mentale (rnam-pa), mentre l’oggetto d’impegno è un’entità oggettiva effettiva. In questo caso, anche la cognizione ingannevole è distorta. Un esempio è vedere una sfocatura o sentire il suono di un tinnito. Non è solo ingannevole ma è anche distorto perché ciò che vediamo o sentiamo non corrisponde alla realtà.
I sette tipi di cognizione apparentemente nuda o distorta
Esistono sette tipi di cognizione apparentemente nuda o ingannevole. I primi sei sono concettuali e l’ultimo è non concettuale.
[1] Cognizione apparentemente nuda di ciò che è ingannevole
La prima è la cognizione apparentemente nuda di ciò che è ingannevole. Si tratta di cognizioni distorte concettuali che non sono in accordo con i fatti, come immaginare che il suono sia permanente. Ulteriori esempi sono ciò che immaginiamo di vedere nei nostri sogni e anche nelle fantasie. Ad esempio, quando sogniamo il nostro amico e crediamo di vederlo realmente, stiamo riconoscendo il suo ologramma mentale così come appare nel sogno con la categoria “il nostro vero amico”, confondendo la finzione con la realtà.
Quando sogniamo potremmo riconoscere che è un sogno, ma questo è qualcos’altro. È comunque un sogno e non corrisponde a ciò che convenzionalmente diremmo essere la realtà di senso comune. È concettuale. Ciò che appare nei nostri sogni è solitamente composto da molti pezzi diversi di cose che abbiamo sperimentato prima, uniti insieme nel sogno in modi spesso molto bizzarri che non si adattano davvero nella realtà; eppure, li riconosciamo nelle categorie di oggetti oggettivi.
È lo stesso processo con le nostre fantasie e immaginazioni. Qui è inclusa anche l’idea sbagliata secondo cui un bambino spaventato pensa che ci sia un mostro sotto il letto.
[2] Cognizione apparentemente nuda di conoscere qualcosa di superficiale
Questa è una cognizione concettuale in cui pensiamo a un oggetto fisico, come un tavolo, attraverso la categoria statica "tavolo" o a uno stato mentale, come la tristezza, attraverso la categoria statica "tristezza". L’entità oggettiva "tavolo" è composta di atomi e non è statica: cambia in ogni momento. Anche l’entità oggettiva "tristezza" cambia in ogni momento, tuttavia, quando le riconosciamo attraverso una categoria statica, sembrano essere anch’esse statiche e senza parti, come la categoria. Tali cognizioni concettuali non sono distorte perché ci sono, di fatto, oggetti oggettivi di senso comune come tavoli che sono solidi e stati mentali di tristezza che durano per un periodo di tempo.
[3] Cognizione apparentemente nuda in una cognizione inferenziale
Questa è la cognizione concettuale di un ragionamento usato per dimostrare una tesi nella cognizione inferenziale. Tale cognizione concettuale avviene attraverso le tre categorie di accordo, congruenza e incongruenza che costituiscono un ragionamento. Qui, mescoliamo e confondiamo gli oggetti apparenti - le tre categorie statiche - con gli oggetti concettualmente impliciti (zhen-yul), il vero ragionamento in tre parti.
Ricordate, nella cognizione inferenziale abbiamo un ragionamento in tre parti per dimostrare una tesi, come nell’esempio che abbiamo usato per dimostrare che il rumore che fa il nostro vicino passerà, perché è stato creato dall’uomo.
- Questo rumore è stato prodotto da un essere umano.
- Tutto ciò che è creato dall’uomo pass, come gli eventi storici.
- Niente di ciò che dura per sempre è stato creato dall’uomo, come i continua mentali.
Quando riconosciamo concettualmente queste tre affermazioni di fatto, le inseriamo nelle categorie "accordo", "congruenza" e "incongruenza" di un ragionamento. Sono le tre affermazioni di fatto che effettivamente dimostrano la tesi, non le categorie statiche "accordo", "congruenza" e "incongruenza". La cognizione inferenziale è ingannevole, quindi, perché sembra che le categorie dimostrino la tesi, non le affermazioni. Tuttavia, è corretto che il ragionamento dimostri la tesi.
Nel sistema Sautrantika, i ragionamenti in tre parti sono auto stabiliti come aventi la capacità di dimostrare una tesi. Ma da un punto di vista prasanghika, perché dovrebbero dimostrare qualcosa per loro potere? Dopo tutto, le tre sono semplicemente affermazioni di fatti. È solo che abbiamo questo concetto che dimostrano qualcosa quando le mettiamo insieme.
Questo ci porta a un punto su cui a volte rifletto. Esiste un ordine logico, o un’equità, intrinsecamente esistente nell’universo? Se esiste, dov’è? Un ordine logico nell’universo è solo qualcosa che la nostra mente usa per darvi un senso? Dove esiste la logica? Questo è un punto molto interessante. La logica, in realtà, è un costrutto mentale che ci consente di dare un senso all’universo. Secondo i prasanghika può essere stabilita solo come un mezzo valido di cognizione semplicemente in termini di etichette mentali con categorie. Tuttavia, ci affidiamo alla logica per sapere che qualcosa di non ovvio, come il rumore che fa il vicino, finirà a un certo punto.
[4] Cognizione apparentemente nuda di qualcosa che deriva da una cognizione inferenziale
La cognizione apparentemente nuda di qualcosa che deriva da una cognizione inferenziale è la cognizione della conclusione raggiunta da un ragionamento. Proprio come la cognizione concettuale del ragionamento in tre parti utilizzata nell’inferenza è ingannevole, lo è anche la cognizione concettuale della conclusione dimostrata dal ragionamento. Nel nostro esempio, mescola l’impermanenza del rumore che il nostro vicino sta facendo con la categoria statica di “impermanenza”.
[5] Cognizione apparentemente nuda di qualcosa che ricordiamo
La successiva è la cognizione apparentemente nuda di qualcosa che ricordiamo. Cosa significa ricordare qualcosa o qualcuno, ad esempio nostra madre? Non è non concettuale; non la stiamo effettivamente vedendo. È concettuale. Qual è l’oggetto che appare, la cosa più vicina alla coscienza se pensiamo a un oggetto che appare graficamente? È la categoria statica di nostra madre e poi lo specificatore statico “nient’altro che nostra madre”, che specifica cosa ricordiamo di lei. Uno di questi due oggetti statici ha una forma? No, i fenomeni statici non hanno forma; invece, c’è anche un ologramma mentale che la rappresenta quando pensiamo a lei.
Nostra madre sembrava molto diversa quando era neonata, bambina e in tutte le altre fasi della sua vita. Ma, per ricordarla e pensare a lei, la rappresentiamo con una sola immagine mentale. È ingannevole perché non sembrava sempre così, vero? Ma quando la ricordiamo, pensiamo che ciò che appare nella nostra cognizione concettuale sia lei. Vedete cosa c’è di ingannevole?
È molto interessante quando pensiamo, ad esempio, a una relazione che abbiamo con questa o quella persona. Come la pensiamo o la ricordiamo? Abbiamo qualcosa che la rappresenta, un’immagine mentale, parole mentali o persino un sentimento emotivo come quando ci manca la nostra relazione con quella persona. Ma nessuno di questi è la totalità della relazione, vero? Anche se abbiamo un’intera sequenza di pensieri sulla nostra relazione, stiamo comunque pensando solo a un certo aspetto di essa.
Naturalmente, quando menzioniamo il tono emotivo della nostra memoria, questo è un complesso di fattori mentali che accompagnano il ricordare nostra madre o il pensare a lei. A seconda di cosa usiamo per rappresentarla quando la ricordiamo, le emozioni saranno diverse. Possiamo ricordare i bei momenti o quelli difficili. Ma, indipendentemente da come la ricordiamo o pensiamo a lei, si basa su una tendenza a pensare a lei e alla categoria “mia madre”. Questa tendenza è un’imputazione sul nostro continuum mentale.
Ricordate causa ed effetto. Niente può essere una causa senza che ci sia un effetto. Pertanto, quella tendenza a pensare a nostra madre è lì solo finché possiamo ricordarla. È molto interessante quando pensiamo a Napoleone o Cleopatra, nessuno può più ricordarli. Possiamo immaginarli, ma non possiamo ricordarli perché non abbiamo sperimentato di vederli o sentirli. Se non possiamo più ricordare qualcosa, non è più un ricordo e non c’è più la tendenza a ricordarlo. Forse possiamo dire che abbiamo ancora alcuni ricordi inconsci di vite passate, ma nella maggior parte dei casi ciò è abbastanza difficile da convalidare. In ogni caso, quella tendenza a pensare a nostra madre verrà attivata da qualche circostanza e quindi avremo una cognizione concettuale del ricordarla.
Quando ricordiamo qualcuno che cambia in ogni momento, come nostra madre, possiamo rappresentarla con molte immagini mentali diverse. Ma è lo stesso quando ricordiamo o pensiamo a qualcosa di statico, che non cambia, come il numero due? Anche in questi casi, possiamo rappresentare questo fatto con varie immagini mentali: due dita, due mele o il numero scritto in numeri inglesi, arabi o cinesi.
[6] Cognizione apparentemente nuda di qualcosa che speriamo
È una cognizione concettuale in cui immaginiamo qualcosa che non è ancora accaduto, come la casa completata che stiamo costruendo o il sito web completato che stiamo realizzando. È un’aspettativa, speriamo che questo accadrà. Abbiamo un concetto di casa completata, una categoria che rappresentiamo con qualcosa, e questo è ciò che proiettiamo su ciò che non è ancora accaduto, mescolando e confondendo i due.
Un altro esempio è mescolare e confondere un pacco che speriamo arrivi domani, un pacco non ancora consegnato, con la categoria di pacco già consegnato. Speriamo e ci aspettiamo che domani arrivi. “Aspettarsi” significa che ci crediamo davvero. Ci aspettiamo davvero che arrivi e, naturalmente, possiamo essere molto delusi se non arriva nulla. Le aspettative non sono affatto affidabili.
Naturalmente, questo tipo di cognizione ingannevole può essere mescolato a un’indecisione. Non siamo davvero sicuri di cosa accadrà. Speriamo che accada qualcosa, come la consegna di quel pacco, ma potremmo oscillare tra il pensare che arriverà o forse no. Potremmo anche essere totalmente convinti che arriverà e, se accade, allora si tratta di supposizione, di una corretta ipotesi. Cosa ci ha reso così sicuri che sarebbe successo? Può essere semplicemente perché lo pensavamo. Non è una ragione determinante, vero?
Ad esempio, l’ultima volta che abbiamo fatto un ordine simile online, è arrivato in tre giorni; quindi, presumiamo che anche questo ordine impiegherà solo tre giorni. Ma non c’è una pervasione logica che, poiché ci sono voluti tre giorni l’ultima volta, ci vorranno tre giorni questa volta. Presumiamo e speriamo che accada la stessa cosa. Abbiamo un concetto che proiettiamo sulla situazione, che questo è ciò che accadrà. È una cognizione ingannevole.
Dicono sempre di non avere aspettative nella meditazione, di meditare e basta perché se abbiamo aspettative avremo anche delusioni.
[7] Cognizione apparentemente nuda, non concettuale
Infine, c’è la cognizione apparentemente nuda non concettuale. L’esempio è vedere una sfocatura. Vediamo qualcosa senza gli occhiali e sembra una sfocatura. Sembra che ci sia effettivamente una sfocatura lì e che sia un’entità oggettiva, ma ciò non corrisponde alla realtà. Un altro esempio è vedere una luna doppia quando siamo strabici.
La cognizione valida in cui la determinazione dell’oggetto è autoindotta
L’ultima forma di cognizione presentata nel testo è chiamata “cognizione in cui la determinazione dell’oggetto è autoindotta” (rang-las nges-pa’i tshad-ma). Esiste anche la “cognizione in cui la determinazione dell’oggetto è indotta da un’altra cognizione” (gzhan-las nges-pa’i tshad-ma). I termini tibetani per queste sono più brevi di quelli italiani.
Un esempio che abbiamo menzionato prima era vedere qualcuno per strada. Se è ovvio chi è, sappiamo che non abbiamo bisogno di ulteriori informazioni per determinare o accertare la sua identità o esserne decisi. Questa è una cognizione in cui la determinazione dell’oggetto, o la risolutezza al riguardo, è autoindotta. Oppure, potremmo sapere validamente che la persona dovrà avvicinarsi prima che possiamo effettivamente determinare chi è. Questa è una cognizione in cui sappiamo che la determinazione, l’accertamento o la risolutezza sull’oggetto, deve basarsi su un’altra cognizione.
È molto importante sapere quando abbiamo bisogno di un’ulteriore cognizione per essere sicuri di qualcosa, perché molti di noi hanno la tendenza a trarre conclusioni false prematuramente. Pensiamo di aver capito qualcosa, quindi decidiamo che non abbiamo bisogno di fare domande o analizzare ulteriormente, quando in realtà non capiamo affatto. Pensiamo di aver capito abbastanza nella nostra meditazione, quando non è così.
Sapere di non avere informazioni o prove sufficienti per essere decisivi su qualcosa è un modo molto importante del sapere che dobbiamo coltivare. Ad esempio, quando qualcuno ci sta spiegando qualcosa, spesso non gli diamo la possibilità di finire e saltiamo alla conclusione che è evidente ciò che sta cercando di dire. Molto spesso ci sbagliamo e, anche se abbiamo ragione, l’altra persona si irrita molto perché non le lasciamo finire ciò che sta dicendo.
Io stesso sono sovente piuttosto colpevole di questo. Deriva dall’impazienza; saltiamo alla conclusione che è ovvio cosa qualcuno intende, e non abbiamo bisogno che spieghi ulteriormente per capire. È molto complicato, specialmente quando la persona si ripete. Richiede molta diplomazia, specialmente con una persona anziana che si ripete. Ma se ciò che qualcuno dice non è chiaro, dobbiamo chiedere chiarimenti.
È importante sapere quando non siamo certi di qualcosa, ad esempio se abbiamo sentito correttamente o meno ciò che qualcuno ha detto. Quando ascoltiamo insegnamenti e l’insegnante usa parole strane nella nostra lingua quando sappiamo che non è madrelingua dobbiamo chiedere la definizione del termine che ha appena detto.
Esistono cinque tipi di cognizione valida in cui la determinazione dell’oggetto è autoindotta:
[1] Cognizione nuda valida tramite consapevolezza riflessiva
La cognizione nuda valida tramite consapevolezza riflessiva determina ed è decisiva di per sé su quali siano tutte le componenti mentali di una cognizione. Senza dover fare affidamento su alcuna ulteriore cognizione, determina e registra in modo decisivo la coscienza primaria e tutti i fattori mentali che costituiscono la cognizione di cui fa parte.
[2] Cognizione nuda valida yoghica
È decisiva di per sé sul suo oggetto. Secondo i sautrantika è una cognizione non concettuale, con un’unione di shamatha e vipashyana, dell’impermanenza grossolana o sottile, o della mancanza di un "io" grossolano o sottile impossibile. Non ha bisogno di affidarsi ad un’altra cognizione per accertare ed essere decisiva sul suo oggetto.
[3] Cognizione inferenziale valida
La cognizione inferenziale valida è decisiva sulla conclusione a cui è giunta attraverso un ragionamento, non ha bisogno di basarsi su altro per determinare di cosa si tratta.
[4] Cognizione nuda sensoriale valida di qualcosa che svolge la sua funzione
Quando vediamo qualcosa che svolge la sua funzione, è evidente che sta facendo qualcosa, che sta succedendo qualcosa. Non abbiamo bisogno di affidarci a nient’altro per determinarlo.
[5] Cognizione nuda sensoriale valida di qualcosa di familiare
Questo è un esempio interessante. Se vediamo qualcuno ogni giorno che cammina per strada è ovvio che sappiamo chi è. Se vedo mia madre o mio figlio ogni giorno è ovvio che, al mattino non ho bisogno di chiedere “Chi sei?”. Abbiamo abbastanza familiarità con loro, è ovvio chi sono dal primo momento in cui li vediamo.
Cognizione valida in cui la determinazione dell’oggetto è indotta da un’altra cognizione
Con una cognizione valida in cui la determinazione dell’oggetto è indotta da un’altra cognizione sappiamo validamente che saranno necessarie informazioni aggiuntive, un’altra cognizione, per determinare in modo decisivo che cosa sia l’oggetto. Ci sono tre tipi:
[1] Cognizione nuda sensoriale valida per la prima volta
Con una cognizione sensoriale valida per la prima volta vediamo qualcosa, ad esempio, un nuovo dispositivo che abbiamo acquistato, e non è ovvio come usarlo. In realtà, è molto interessante quando acquistiamo un nuovo dispositivo: ci sono alcune persone che pensano di non aver bisogno di istruzioni su come usarlo, per loro è ovvio. Ma cosa succede?
Basano la loro affermazione sull’esperienza precedente.
Sulla base dell’esperienza precedente ci aspettiamo che, poiché siamo stati in grado di capire altri dispositivi da soli, possiamo adattare questo a quella categoria e presumiamo che saremo anche in grado di capirlo. Se lo capiamo, la nostra sicurezza si basava sulla supposizione, su una buona ipotesi.
E se il dispositivo fosse una sedia? Ogni volta che vedi una sedia diversa, hai bisogno di leggere le istruzioni su come sederti? Se sappiamo come sederci sulla sedia nuova, è solo una buona supposizione?
Questo è un buon esempio. Se compriamo una sedia nuova, abbiamo bisogno di istruzioni per sapere come sedervicisi? Dobbiamo fare una distinzione. Ci sono alcune cose che sono ovvie, come sedersi su una sedia, e altre che non lo sono. Ad esempio, se compriamo una cassettiera da IKEA di trentasette pezzi, non è ovvio come montarla.
Dov’è situato il fattore che rende qualcosa evidente?
Di sicuro nella mente e non nell’oggetto. Mia madre è morta di Alzheimer. Arrivò a un punto in cui non aveva idea di come mettere gli occhiali, di come sdraiarsi una volta a letto. Per lei non era ovvio come sarebbe per noi. Per un ingegnere informatico potrebbe essere abbastanza ovvio come usare un nuovo dispositivo. Se compriamo un nuovo cellulare e abbiamo molta esperienza con i cellulari, potremmo probabilmente capire come usarlo. Per qualcuno che non ha mai usato un cellulare prima, non è ovvio come usarlo.
Non è esattamente vero. Un bambino di un anno e mezzo riesce a capire come funziona un iPad. Riesce a usare un’applicazione senza che nessuno glielo insegni.
Un bambino che riesce a capire come usare un iPad impara per tentativi ed errori oppure ci riesce subito?
Per tentativi ed errori.
Per tentativi ed errori, quindi deve riprovare perché la prima volta non è stato chiaro il modo corretto di utilizzarlo.
Un bambino di un anno e mezzo non capisce davvero cosa fa con l’iPad.
Giusto, puoi capire come funziona qualcosa, ma questo non significa che tu capisca come funziona.
La maggior parte delle persone non capisce nemmeno come funziona il proprio corpo e tuttavia sa mangiare cibo sano.
Esatto. Con la supposizione giungiamo a una conclusione giusta e forse per la giusta ragione. Se mangiamo questo o quel tipo di cibo ci sentiremo meglio, ma non capiamo davvero perché.
Per mangiare, dobbiamo mettere il cibo in questa cavità sul nostro viso, la bocca, e non nel naso. In realtà, il bambino non lo sa, di solito impariamo per imitazione, ma non c’è anche una conoscenza istintiva?
Ci sono degli istinti, ma da dove vengono? Il Buddhismo direbbe dalle vite precedenti. La scienza potrebbe dire dall’evoluzione, che significa anche vite precedenti, anche se non le nostre ma degli altri. Ci sono molti tipi di abitudini: di questa vita, che continuano dalle vite precedenti, specifiche e così via.
Spesso alcune persone sono convinte di riuscire a capire qualcosa, pensano che usare un nuovo dispositivo sia ovvio e si rifiutano di guardare le istruzioni. Di conseguenza, spesso lo rompono. Non dobbiamo essere così arroganti e pensare di poter capire tutto da soli e di non aver bisogno dell’aiuto di nessuno. È importante sapere quando abbiamo bisogno di aiuto.
In realtà è molto interessante. Ad esempio, quando progettiamo un nuovo dispositivo o un sito web, vogliamo rendere il più ovvio possibile come usarlo in modo che il design di qualcosa possa essere più facilmente compreso. Come facciamo a sapere quando un nuovo design è più ovvio e più facile da capire come usarlo rispetto a quello vecchio? Come lo sappiamo? Con i test utente. In altre parole, l’abbiamo testato con 100 persone e 95 sono state in grado di capire come usarlo. Quindi, c’è una probabilità del 95% che la maggior parte delle persone sarà in grado di capire come usare il nuovo design. Ma non possiamo garantirlo.
Basiamo la nostra decisione di usare un nuovo design su un’inferenza: da questo gruppo di test utente deduciamo che sarà la caratteristica dell’intera categoria di persone che lo useranno. Potrebbe essere così o meno. La nostra ipotesi è un esempio di cognizione ingannevole concettuale. È molto difficile, non è vero? Per i test utente, dovresti scegliere un gruppo casuale. Ad esempio, per un sondaggio telefonico su chi vincerà le elezioni si chiamano semplicemente 1.000 persone scelte a caso. Ma perché dovrebbe essere vero che questo particolare gruppo di 1.000 persone rappresenta l’intera popolazione?
Calcolano un margine di errore.
Ma su cosa basi il tuo calcolo?
Bisogna usare formule matematiche.
Ma su cosa si basano le formule matematiche? Si basano sulla probabilità, non è vero? In ogni caso, ci sono state varie elezioni in cui tutti i sondaggi precedenti indicavano che qualcuno avrebbe vinto e nelle elezioni vere e proprie il risultato è stato molto diverso. In ogni caso, non c’è bisogno di andare oltre in questa direzione.
Abbiamo una cognizione nuda sensoriale valida di qualcosa per la prima volta e poi, se non riusciamo a capirlo al primo tentativo, sappiamo che dobbiamo riprovare o dobbiamo chiedere a qualcuno le istruzioni.
La cognizione sensoriale nuda quando la mente è disattenta
Il prossimo tipo di cognizione valida per cui abbiamo bisogno di ottenere ulteriori informazioni per accertare ciò che percepiamo è la cognizione sensoriale nuda quando la nostra mente è disattenta; quando stiamo leggendo, guardando il nostro telefono o siamo profondamente assorti in qualcosa, qualcuno ci dice qualcosa e non vi prestiamo attenzione. Allora sappiamo di dover chiedere di ripetere. Riconosciamo di non aver sentito veramente le loro parole, o di non aver ascoltato ciò che hanno detto. Quando ciò accade, è importante riconoscerlo e chiedere di ripetere.
La cognizione sensoriale che ha una causa di inganno
Poi c’è la cognizione sensoriale che ha una causa di inganno. Ad esempio, molte persone hanno bisogno di occhiali da lettura. Camminano o guidano per la città e non riescono a leggere i segnali. Qui, sapremmo validamente che per leggere un segnale dobbiamo indossare gli occhiali. Sappiamo che dobbiamo rimuovere la causa di inganno, la nostra scarsa vista, per poterlo leggere.
Questo è valido in quanto sappiamo che dovremo indossare gli occhiali ma, la cognizione stessa è ovviamente distorta perché stiamo vedendo una macchia e non è una macchia.
Ci sono altri argomenti che vengono discussi nei testi, ma forse non è così necessario approfondirli ora. Possiamo avere un’idea generale dei vari modi del conoscere da ciò di cui abbiamo discusso.
Revisione
Cosa abbiamo trattato finora? I sette modi fondamentali del conoscere:
- cognizione nuda
- cognizione inferenziale
- cognizione susseguente
- cognizione non determinante, con la quale non possiamo determinare con decisione cosa sia qualcosa
- supposizione, un’ipotesi corretta ma instabile perché priva di solide basi
- indecisione, con cui non possiamo decidere questo o quello
- cognizione distorta
Oltre a queste sette, ci sono le varie sottocategorie di cognizione ingannevole o apparentemente nuda. Ad esempio, sembra che stiamo effettivamente vedendo qualcosa nei nostri sogni, ma questo non è certamente vedere e non è cognizione nuda. È ingannevole perché nel sogno sembra che ciò che vediamo sia reale. Anche se riconosciamo che è un sogno, sembra comunque reale e che stia realmente accadendo.
C’è anche una cognizione valida se è ovvio cosa sia qualcosa o se abbiamo bisogno di ottenere ulteriori informazioni. Questo è lo schema di base.
L’obiettivo principale del Buddhismo in generale è liberarci dall’ignoranza, dalla nostra inconsapevolezza di causa ed effetto e di come noi, gli altri e tutto esistiamo. Per questo è necessaria una cognizione valida sia di causa ed effetto che della vacuità di modi impossibili in cui proiettiamo l’esistenza delle cose.
Per liberarci dalla nostra inconsapevolezza dobbiamo essere in grado di valutare ciò che percepiamo e come lo comprendiamo, identificare cosa non va nella nostra cognizione e quali sono i fattori che creano problemi. Questi non includono solo il modo di conoscere qualcosa, ma anche i fattori mentali, tutte le emozioni disturbanti, gli impulsi compulsivi e così via che accompagnano il nostro modo di conoscere. E si noti che l’inconsapevolezza, le emozioni disturbanti e così via possono accompagnare anche modi validi di conoscere. Quindi, dobbiamo liberarci sia dei modi non validi di conoscere che dell’ignoranza per poterci liberare della sofferenza e delle sue cause.
Avete domande?
I tre fattori mentali coinvolti nella decisione
Ho una domanda sulla decisività, ad esempio sulla differenza tra cognizione inferenziale e supposizione. La differenza potrebbe dipendere dalla persona? Ad esempio, quando si sente la vocale in una parola straniera che qualcuno sta dicendo e si determina qual è la parola che sta dicendo, potrei essere sicuro che è una "a", ma un’altra persona potrebbe aver bisogno di più dati ed essere un po’ più prudente nella sua valutazione. Cos’è questa risolutezza ed è qualcosa di oggettivo?
La decisività è oggettiva? Dov’è? Innanzitutto, non possiamo davvero parlare di decisività indipendentemente dall’accuratezza. Possiamo essere decisi su qualcosa di corretto o di scorretto. Ma la decisività stessa implica tre fattori mentali: (1) distinzione (’du-shes), (2) consapevolezza discriminante (shes-rab) e (3) ferma convinzione (mos-pa).
Se non siamo in grado di distinguere, usando il tuo esempio delle vocali, qualcuno che dice in inglese "hot" o "hat", non possiamo essere decisivi su ciò che ha detto, se ciò che immaginiamo abbia detto è accurato o meno. Il cinese è un meraviglioso esempio con i toni. "Ma" o "maa": qualcuno potrebbe non essere in grado di distinguere la differenza tra le due, ma una è la parola per madre e l’altra per cavallo. Cosa ha detto qualcuno, cavallo o madre? Dobbiamo essere in grado di distinguere la caratteristica definitoria. Se non siamo nemmeno consapevoli che il tono fa una distinzione tra le parole in cinese, non saremo in grado di distinguere le due parole l’una dall’altra.
Quando andai per la prima volta in India per studiare con i tibetani, non c’erano libri di testo per il tibetano parlato. Il mio professore all’università non sapeva nemmeno come si pronunciasse il tibetano. Quindi per prima cosa dovetti imparare a distinguere i diversi suoni nella lingua parlata, perché ci sono otto suoni diversi che suonano tutti come la lettera "t" o "d" per un inglese. Per parlare e capire il tibetano parlato, dobbiamo essere in grado di distinguerli tutti; anche se possiamo distinguerli correttamente o in modo errato. Questo è il primo fattore mentale necessario per essere decisivi.
Il fattore successivo è la consapevolezza discriminante; aggiunge certezza alla distinzione. Distinguere è sapere che è questo e non quello. La consapevolezza discriminante è che è sicuramente questo e non quello.
Il terzo fattore è la ferma convinzione della nostra decisione, niente ci farà cambiare idea. Ciò di cui siamo convinti può essere positivo o negativo. Quando è positivo e corretto, siamo così convinti che questa sia la cosa giusta da fare, che ci dà forza. Ma potremmo anche essere così convinti di qualcosa di negativo o scorretto da essere chiusi mentalmente e testardi al riguardo. Non importa cosa dice qualcuno o quale logica viene usata, abbiamo "ragione".
Questi tre fattori lavorano insieme, indipendentemente dal fatto che ciò di cui siamo convinti sia corretto o meno. Come facciamo a sapere che è corretto? Ci sono vari modi per convalidare qualcosa. La scuola Sautrantika direbbe che, se qualcosa funziona e se produce il risultato dichiarato, è corretto. Ad esempio, proviamo una dieta e, se funziona, perdiamo peso. Quindi, naturalmente, potremmo fare l’errore di ridurre il risultato a una sola causa. Ciò risale alle leggi del karma secondo cui un risultato non deriva da una sola causa ma da una combinazione di molti fattori che influenzano la situazione. Ad esempio, siamo convinti che, poiché abbiamo preso questa certa pillola, abbiamo perso peso. Quindi presumiamo e speriamo che, se prendiamo questa pillola o seguiamo questa dieta, perderemo peso. Ma, allora non abbiamo distinto tutte le diverse variabili che influenzeranno se perderemo peso o meno, come quale cibo e quale quantità mangiamo e se facciamo anche esercizio fisico.