Commentario sul “Testo radice per la mahamudra” – Ghesce Ngawang Dhargyey

In questo commentario, Ghesce Ngawang Dhargyey sottolinea specialmente i metodi per meditare sulla natura convenzionale della mente e per ottenere uno stato di shamatha – uno stato mentale quieto e stabile – con una concentrazione esclusiva che accompagna ciascun momento di questa natura man mano che avviene naturalmente in ciascuno momento di attività mentale.
Namo mahamudraya – omaggio alla mahamudra, il grande sigillo della realtà.
Rispettosamente m’inchino ai piedi del mio guru senza pari, signore di ciò che pervade dovunque, maestro di coloro con conseguimenti effettivi, che espone, in una maniera spoglia, la sfera vajra della mente forte come il diamante, separata da (ciò che può essere espresso dalla) parola, inseparabile dalla mahamudra, il grande sigillo della realtà, la natura onnipervasiva di ogni cosa.

Il IV Panchen lama, precettore di Sua Santità il V Dalai Lama si prostra al suo guru radice, ovvero al suo principale mentore spirituale, Kedrub Sanggye Yeshe (mKhas-grub Sangs-rgyas ye-shes), da cui ricevette questo lignaggio della mahamudra (il grande sigillo).

Poi c’è la promessa dell’autore su ciò che intende comporre.

Riunendo insieme e condensando accuratamente l’essenza degli oceani dei sutra, dei tantra, e degli insegnamenti quintessenziali, io scriverò alcuni consigli riguardanti la mahamudra secondo la tradizione Gelug-Kagyu del paterno Dharmavajra, un mahasiddha con supremi conseguimenti effettivi, e dei suoi discendenti spirituali.

L’insegnamento quintessenziale della mahamudra qui presentato è quello dell’adattamento Gelug della tradizione Kagyu. Si basa sulla visione pura (dag-snang) di Manjushri che il fondatore della scuola Gelug, Je Tsongkhapa (rJe Tsong-kha-pa Blo-bzang grags-pa) aveva ricevuto che chiariva gli insegnamenti mahamudra che aveva studiato con i suoi molti maestri Kagyu. Prima di questo testo, non fu messo per iscritto.

Tsongkhapa passò il suo lignaggio vicino (nye-brgyud) oralmente a Togden Jampel Gyatso (rTogs-ldan ’Jam-dpal rgya-mtsho), uno degli otto discepoli che lo seguirono nel suo famoso ritiro sui preliminari e l’estensore della sua biografia (spirituale) segreta. Jampel Gyatso lo trasmise, a sua volta, a Baso Choje (Ba-so Chos-rje Chos-kyi rgyal-msthan), il quinto successore al trono di Ganden di Tsongkhapa. Da lui, passò a Dharmavajra (Chos-kyi rdo-rje), un mahasiddha (un grande praticante con conseguimenti effettivi), e da lui al suo figlio spirituale o discepolo principale Gyalwa Ensapa (rGyal-ba dBen-sa-pa Blo-bzang don-grub). Quest’ultimo passò il lignaggio a Kedrub Sanggye Yeshe, che lo trasmise a sua volta all’autore, il IV Panchen Lama. Inoltre, il IV Panchen Lama è riconosciuto come la reincarnazione di Gyalwa Ensapa.

Togden Jampel Gyatso era anche il destinatario immediato del lignaggio di lam-rim (il sentiero graduale) di Tsongkhapa. Lo passò a Kedrub Je (mKhas-grub rJe dGe-legs dpal-bzang), che lo trasmise a sua volta a Baso Choje. Il lignaggio di lam-rim allora passò fino al IV Panchen Lama attraverso la stessa linea di maestri come nel lignaggio Gelug-Kagyu della mahamudra.

Pe questo, ci sono le pratiche preparatorie, i metodi effettivi, e le procedure conclusive. Quanto alle prime, al fine di avere una porta per entrare negli insegnamenti e un palo centrale da tenda per (erigere) una mente Mahayana, prendi ardentemente la direzione sicura del rifugio e sviluppa un obiettivo di bodhichitta. Non fare in modo che queste siano semplicemente parole che escono dalla tua bocca.

Molti maestri indiani – come Atisha, il fondatore della tradizione Kadam, e i suoi maestri spirituali Dharmakirti di Suvarnadvipa e Shantipa – sottolinearono di prendere in questa vita la direzione sicura del rifugio nelle Tre Gemme Preziose del Buddha, del Dharma, e del Sangha. Questa è la linea di confine tra l’essere un buddhista o meno. Sakya Pandita (Sa-skya Pan-di-ta) ha affermato questo in modo succinto: “Se non prendi in questa vita la direzione sicura del rifugio, non sei un buddhista”.

In maniera simile, il paterno Padampa Sanggye (Pha-dam-pa sangs-rgyas) disse: “Affida la tua mente, il cuore, e il petto alle Tre Gemme Preziose e la loro ispirazione seguirà fortemente, O gente del Dingri”.

Con la determinazione del bodhichitta, tu lavori per ottenere l’illuminazione piena della Buddhità per essere il più possibile in grado di aiutare gli altri ad ottenere la liberazione dalla sofferenza. Le opere di Shantideva e Atisha, nonché molti testi tantrici, dimostrano il fatto che sviluppare questo obiettivo o motivazione sia l’unico ingresso al sentiero Mahayana.

In effetti, tra i maestri di tutte le tradizioni del Buddhismo in Tibet, non c’è stato nessun disaccordo sul fatto che il modo di condurre i discepoli lungo il sentiero per l’illuminazione sia attraverso le pratiche preliminari della direzione sicura, il bodhichitta, le offerte del mandala, la purificazione di Vajrasattva, e il guru-yoga. Questi preliminari straordinari nonché quelli comuni della meditazione lam-rim (il sentiero graduale) sono particolarmente evidenti nelle opere di Jetsun Milarepa (rJe-btsun Mi-la Ras-pa bZhad-pa rdo-rje) e il suo discepolo Gampopa (sGam-po-pa bSod-nams rin-chen), il quale unì le due correnti delle tradizioni Kadam e mahamudra. Pure la tradizione Sakya del Separarsi dai quattro attaccamenti (Zhen-pa bzhi-bral), che proviene dal maestro Dragpa Gyaltsen (Grags-pa rgyal-mtshan), evidenzia molto questo.

Poi, siccome vedere la natura effettiva della mente in effetti dipende dal rafforzare le reti che costruiscono l’illuminazione e purificarti dagli oscuramenti mentali, indirizza (verso il tuo guru radice) almeno centomila ripetizioni del mantra in cento sillabe e quante più centinaia di prostrazioni possibili, compiute mentre reciti L’ammissione delle cadute.

La costruzione e lo smantellamento ripetuto di case da parte di Jetsun Milarepa per il suo guru Marpa erano tutte per eliminare gli ostacoli al suo progresso spirituale. Avendo superato gli impedimenti accumulati dalle sue precedenti azioni distruttive, Milarepa fu in grado di ottenere l’illuminazione piena nella sua stessa vita.

Sia Marpa che Je Tsongkhapa avevano l’abitudine di prostrarsi mentre recitavano L’ammissione delle cadute (lTung-bshags), popolarmente noto come L’ammissione davanti ai trentacinque buddha. Come pratica preliminare (ngondro) per rafforzare una rete che costruisce l’illuminazione di forza positiva (collezione di merito) e per purificare gli ostacoli, Jey Tsongkhapa offrì trentacinque set di 100.000 prostrazioni, uno per ciascuno dei trentacinque buddha, nonché diciotto set di 100.000 offerte del mandala.

La recitazione dell’Ammissione delle cadute tre volte ogni mattina e tre volte ogni sera è il metodo speciale per ripristinare voti del bodhisattva indeboliti, mentre la meditazione Vajrasattva con la ripetizione del mantra in cento sillabe è specialmente efficace per voti tantrici degenerati. Per purificarti accuratamente dagli ostacoli che sorgono da questi impegni rotti, hai bisogno di completare queste pratiche con le quattro forze opponenti. Dopo aver dichiarato apertamente le tue trasgressioni, hai bisogno di rimpiangere questi sbagli, promettere di cercare di fare del tuo meglio per non ripeterli, riaffermare la tua base di direzione sicura e bodhichitta, e applicare le rispettive pratiche di meditazione come opponenti per contrastare le tue cadute.    

In aggiunta, fai richieste ripetute e sentite al tuo guru radice inseparabile da tutti i Buddha dei tre tempi.

Il tuo guru radice è colui che dà potenziamenti tantrici, e la cui ispirazione è la radice di tutti i tuoi conseguimenti effettivi. È il mentore spirituale a cui ti affidi completamente. Tutti i maestri delle quattro tradizioni tibetane principali concordano che una relazione sana con un maestro spirituale è essenziale per la realizzazione della vacuità.

Il Tantra di Kalachakra afferma: “Anche se dovessi fare offerte a tutti i Buddha del passato, presente e futuro, e praticare la generosità per gli esseri limitati per eoni, ancora potresti non essere in grado di ottenere l’illuminazione. Ma, affidandoti pienamente e in modo appropriato al tuo mentore spirituale in maniera sana, il conseguimento della mahamudra diventa facile”.

Il Tantra di Guhyasamaja sottolinea anche questo punto. Gampopa disse che quando realizzò l’inseparabilità tra la sua mente e quella del suo guru radice Jetsun Milarepa, conseguì la mahamudra.

Quanto ai metodi fondamentali effettivi, sebbene ci siano molti modi di affermare la mahamudra, ce ne sono due quando sono suddivisi secondo i sutra e i tantra. 

Ne I profondi quattro tipi della mudra (Zab-pa’i phyag-rgya rnam-bzhi), ad esempio, Drikungpa Jigten Gonpo (‘Bri-gung-pa ‘Jig-rten mgon-po), il fondatore della tradizione Drikung Kagyu, spiegò i quattro tipi della mudra (i sigilli) secondo i tre veicoli. In tal modo, stava elaborando la spiegazione data da Drogon Rinpoche (‘Gro-mgon Ras-pa bSod-nams grags-pa), un discepolo del I Karmapa (Kar-ma-pa Dus-gsum mkhyen-pa). Il primo Karmapa era un discepolo diretto di Gampopa, mentre Drikungpa era il discepolo di un altro discepolo di Gampopa Pagmodrupa (Phag-mo gru-pa).

  • Secondo la tradizione Hinayana degli shravaka (gli ascoltatori), la mahamudra è lo stato del nirvana (rilascio totale) senza nessun residuo di aggregati fisici o mentali
  • Nella tradizione sutra Mahayana dei bodhisattva, è l’unico sapore di vacuità e compassione.
  • Nella tradizione tantra Mahayana della classe anuttarayoga in generale, la mahamudra è la manifestazione, al livello più sottile della mente di chiara luce, della consapevolezza profonda (ye-shes) che è una consapevolezza beata che sorge simultaneamente ad una consapevolezza non concettuale della vacuità.
  • Nel contesto specifico della pratica del tummo nello stadio di completamento (rdzogs-rim) dell’anuttarayoga (gtum-mo, energia-calore), la mahamudra è la sopracitata consapevolezza profonda stabilita spontaneamente attraverso il mero ricordo della vacuità, grazie alla familiarità con metodi come il tummo.

Secondo Go Lotsawa (‘Gos Lo-tsa-ba gZhon-nu dpal), un contemporaneo di Pagmodrupa, c’è soltanto una mahamudra – ovvero la consapevolezza profonda non concettuale, definitiva, della vacuità stessa.

In questo testo, tuttavia, Il IV Panchen Lama spiega una divisione duplice della mahamudra nel sutra e nel tantra, innanzitutto la seconda in breve e poi la prima in dettaglio.

Il secondo è una mente di chiara luce di grande beatitudine, che si manifesta tramite metodi abili quali il penetrare i punti vitali del corpo vajra sottile e così via.

Secondo Un goccio di mudra (Phyag-rgya thig-le), l’etimologia nascosta di “phyag-rgya chen-po”, il termine tibetano per “Mahamudra”, è come segue. “Phyag” significa la consapevolezza profonda della vacuità; “rgya” indica la liberazione da tutti i fenomeni samsarici; e “chen-po” implica la “coppia unita” (zung-‘jug, scr. yuganaddha) – ovvero, la coppia unita di vacuità e apparenze. Abbiamo bisogno di comprendere la presentazione tantrica della mahamudra in termini di questa etimologia.

Per praticare la mahamudra dei tantra, devi per prima cosa ricevere puramente i quattro potenziamenti (dbang, iniziazione) nella classificazione più elevata del tantra, l’anuttarayoga. Poi, è essenziale mantenere la purezza dei voti tantrici e del bodhisattva che hai preso e di mantenere le pratiche di connessione stretta (dam-tshig, scr. samaya) che hai promesso di seguire. Inoltre, devi aver acquisito competenza nella prima fase della pratica anuttarayoga, lo stadio di generazione (bskyed-rim), fino al punto in cui ottieni stabilità nella sua pratica. Ciò implica purificare il tuo corpo, parola, e mente attraverso la meditazione sul mandala e i mantra di una figura di Buddha (yidam, divinità di meditazione) secondo le istruzioni di un maestro tantrico pienamente qualificato.

Il corpo vajra (rdo-rje lus) corrisponde al tuo corpo fisico sottile quando viene utilizzato per la pratica tantrica. Esso contiene 72.000 canali di energia (rtsa, scr. nadi), tra cui otto di questi sono principali. Tra gli otto, il più importante è il canale centrale di energia (rtsa dbu-ma, scr. avadhutisushumna), che corre parallelo e leggermente davanti la tua colonna vertebrale. Nodi del canale normalmente bloccano il canale centrale, e pertanto il vento-energia (rlung; scr. prana) non può passarci dentro o attraverso.

Le visualizzazioni dello stadio di generazione attivano il sistema energetico sottile. Una volta attivato, poi nel secondo stadio della pratica anuttarayoga, lo stadio di completamento, tu impieghi vari metodi per sbloccare i nodi del canale e fare sì che i venti-energia entrino, dimorino, e si dissolvano nel canale centrale di energia. Lo scopo è di ottenere una consapevolezza profonda della vacuità con la risultante coscienza sottile beata.  

Una cognizione concettuale della vacuità con questa sottile coscienza beata si chiama un modello di mente di chiara luce (dpe’i ‘od-gsal, chiara luce che si avvicina). Quando dissolvi completamente tutti i venti-energia così da raggiungere il livello più sottile di coscienza, la cognizione non concettuale beata della vacuità con essa si chiama una mente di chiara luce effettiva (don-gyi ‘od-gsal).

Varie tradizioni danno nomi differenti a questi livelli sottili e più sottili della mente quando hanno una cognizione beata della vacuità. Questi includono la sillaba breve “a” del livello definitivo (nges-don a-thung), la goccia che non si dissipa (ma-bshig-pa’i thig-le), la mente che non inventa (ma-bcos-pa’i sems), la mente primordiale (gnyug-sems), e così via. Questi sono tutti sinonimi. 

La mahamudra delle tradizioni di Saraha, Nagarjuna, Naropa e Maitripa, è la quintessenza della classe anuttarayoga del tantra per come è insegnata ne I (Sette testi dei) Mahasiddha e I (Tre) volumi principali
Il primo si riferisce ai modi di meditare sulla vacuità come indicato direttamente nei (Sutra della prajnaparamita) brevi, intermedi, e vasti. Il sommamente realizzato Arya Nagarjuna disse, “A parte questo, non c’è nessun altro percorso della mente che porta alla liberazione”.

Secondo un’altra etimologia nascosta del termine mahamudra, “mudra” significa necessità assoluta o prerequisito, qualcosa senza la quale non si raggiunge un punto finale. “Maha” significa grande comprensione. Pertanto, il termine mahamudra implica che per ottenere la liberazione o l’illuminazione attraverso i sentieri degli shravaka, dei pratyekabuddha, o dei bodhisattva, non c’è altro metodo all’infuori di quello basato sulla cognizione non concettuale della vacuità.

Non c’è nessuna differenza tra la vacuità conosciuta tramite i metodi del tantra e quelli conosciuti tramite i metodi del sutra. La differenza riguarda il livello della mente che la conosce non concettualmente. Con i metodi del tantra anuttarayoga, la vacuità viene conosciuta non concettualmente dal livello più sottile di coscienza a cui si accede facendo in modo che i venti-energia entrino, dimorino, e si dissolvano nel canale centrale dell’energia. Con i metodi del sutra, è conosciuta non concettualmente da un livello più grossolano della mente.

Qui darò istruzioni rilevanti sulla mahamudra secondo queste sue intenzioni e discuterò i metodi che ti portano a conoscere la mente, faccia a faccia, in linea con l'esposizione dei maestri del lignaggio.

Sebbene la natura della coscienza primaria (rnam-shes) e dei fattori mentali (sems-byung, consapevolezze secondarie) che l’accompagnano sia la stessa, “conoscere la mente, faccia a faccia” nella mahamudra si concentra principalmente sul riconoscere la natura della coscienza primaria. 

  • Una coscienza primaria conosce meramente la natura essenziale (ngo-bo) di cosa è un fenomeno. Ad esempio, la coscienza dell’occhio conosce una visione semplicemente come una visione.
  • Un fattore mentale conosce lo stesso oggetto nello stesso modo in cui lo fa la coscienza primaria che l’accompagna, e lo conosce cognitivamente in maniere speciali. Alcuni svolgono funzioni che aiutano la consapevolezza principale a conoscere un oggetto, come l’attenzione e la concentrazione. Altri aggiungono un sapore emotivo alla conoscenza dell’oggetto, come ad esempio compassione o rabbia.

[Vedi: Le menti primarie e i 51 fattori mentali]

“Conoscere la mente, faccia a faccia” (sems-kyi ngo-sprod) significa letteralmente “incontrare il volto della mente”. “Incontrare il volto di qualcuno” è anche il modo in cui i tibetani esprimono “l’essere introdotti a qualcuno”. I testi dei grandi maestri di lignaggio, assieme all’ispirazione e alle istruzioni del tuo maestro spirituale, possono portarti a “incontrare il volto” della natura della tua stessa mente. In questo senso, possono “portarti a conoscere la mente, faccia a faccia”.

Per quanto riguarda la conoscenza della natura della mente faccia a faccia, esistono due livelli. Uno si riferisce al conoscere la natura superficiale della mente, faccia a faccia, che significa la sua natura funzionale, operativa, convenzionale – in altre parole, ciò che è. L’altra si riferisce al conoscere, faccia a faccia, la natura più profonda della mente – come esiste, la sua vacuità. Questa distinzione concorda con la presentazione Madhyamaka delle due verità riguardo ogni cosa: la verità superficiale (kun-rdzob bden-pa, verità relativa) e la verità più profonda (don-dam bden-pa, la verità definitiva).

Il riferimento ai maestri del lignaggio nel testo si riferisce ai maestri dei due lignaggi della tradizione Gelug-Kagyu della mahamudra. Il lignaggio distante (ring-brgyud) passa dal Buddha attraverso i grandi mahasiddha indiani e i primi maestri Kagyu del Tibet fino a Je Tsongkhapa. Il lignaggio vicino (nye-brgyud) passa da Manjushri direttamente a Tsongkhapa e lungo la linea dei suoi discepoli successivi che padroneggiarono e trasmisero questi insegnamenti. Il punto importante qui è la necessità che il lignaggio di un insegnamento non sia interrotto affinché l’insegnamento sia vitale, rilevante, ed efficace.

Dal punto di vista dei nomi attribuiti individualmente, ci sono numerose tradizioni, come quelle del sorgere simultaneo come fusione, la scatola dell’amuleto, il possedere i cinque, le sei sfere di uguale sapore, le quattro sillabe, il pacificatore, l’oggetto da tagliare, lo dzogchen, la visione madhyamaka discorsiva, eccetera. 

La tradizione conosciuta con il “sorgere simultaneo come fusione” (lhan-cig skyes-sbyor) risale a Gampopa. Gli insegnamenti di questa tradizione Kagyu della mahamudra implicano la pratica iniziale dei quattro preliminari (sngon-‘gro, “ngondro”). I quattro sono prostrarsi mentre si prende la direzione sicura, la meditazione Vajrasattva della purificazione, l’offerta del mandala, e il guru-yoga. A questo segue la meditazione per sviluppare uno stato mentale calmo e posato (zhi-gnas, scr. shamatha, quiescenza mentale) che abbia una concentrazione assorbita (ting-nge-‘dzin, scr. samadhi). Poi si passa alla meditazione per sviluppare uno stato mentale eccezionalmente percettivo (lhag-mthong, scr. vipashyana, visione profonda speciale) con la realizzazione della vacuità. Queste pratiche puntano al conseguimento di una coppia unita – ovvero, il conseguimento non duale di un Corpus di Forme di un Buddha (gzugs-sku, scr. rupakaya, corpo della forma) e un Corpus che racchiude tutto (chos-sku, scr. dharmakaya). Secondo il sistema del tantra, il conseguimento di questa coppia unita proviene dalla realizzazione di una consapevolezza beata che sorge simultaneamente come fusa con una consapevolezza profonda della vacuità. Secondo il sistema del sutra, proviene dalla realizzazione delle apparenze che sorgono simultaneamente come fuse con la vacuità.

La tradizione della scatola dell’amuleto (ga’u-ma) risale a Kedrub Kyungpo Naljor (mKhas-grub Khyung-po rNal-‘byor), il fondatore della tradizione Shangpa Kagyu. La tradizione Gelug deriva la sua pratica del protettore Mahakala a sei braccia dallo Shangpa Kagyu. La sua spiegazione della mahamudra descrive la meditazione che unisce una consapevolezza beata ad una consapevolezza profonda della vacuità come simile al processo di unire la metà anteriore a quella posteriore di una scatola per amuleti.

La tradizione del possedere i cinque (lnga-ldan) si trova in tutti i lignaggi Dagpo Kagyu. I dodici lignaggi Dagpo Kagyu risalgono a Marpa, attraverso Jetsun Milarepa, fino a Gampopa, da cui prende il nome. I dodici derivano o da discepoli diretti di Gampopa, o da discepoli diretti del discepolo di Gampopa Pagmodrupa. La tradizione del possedere i cinque viene particolarmente discussa nelle canzoni di uno dei discepoli di Pagmodrupa, Drikungpa Jigten Gonpo. Je Tsongkhapa studiò la tradizione del possedere i cinque con uno dei suoi principali maestri del bodhichitta, Drikung Channgawa (‘Bri-gung sPyan-nga-ba Chos-kyi rgyal-po), un grande maestro della scuola Drikung Kagyu.

Secondo questo set di insegnamenti, la mahamudra è come un leone e la sua pratica senza la tradizione orale di possedere i cinque è come un leone privato della sua vista. La mahamudra che possiede i cinque, allora, si riferisce alle seguenti cinque pratiche fatte in unione alla mahamudra:

  1. La meditazione bodhichitta
  2. La visualizzazione di te stesso come una figura di Buddha
  3. Essere fermamente convinti delle buone qualità e la gentilezza del tuo mentore spirituale e apprezzarle
  4. La meditazione non concettuale sulla vacuità
  5. Preghiere di dedica

La tradizione delle sei sfere di uguale sapore (ro-snyoms skor-drug) risale a Rechungpa (Ras-chung rDo-rje grags-pa), che, come Gampopa, era un discepolo diretto di Jetsun Milarepa. Rechungpa nascose questi insegnamenti come un testo tesoro (gter-ma, “terma”). Furono scoperti e resi noti da Drogon Tsangpa Gyare (‘Gro-mgon gTsang-pa rGya-ras), che, assieme al suo guru Lingrepa (gLing Ras-pa Pad-ma rdo-rje), fondò la tradizione Drugpa Kagyu. Lingrepa era un discepolo del discepolo di Gampopa, Pagmodrupa. Le sei sfere di uguale sapore si riferiscono a pratiche per trasformare sei condizioni normalmente avverse in sentieri per sviluppare la consapevolezza profonda di apparenza e vacuità. Queste sei sono:

  1. concezioni distorte
  2. emozioni e atteggiamenti disturbanti
  3. malattia
  4. danni causati da dèi e spiriti
  5. sofferenza
  6. morte

Un esempio di questo tipo di pratica, che si riferisce alle concezioni distorte, consiste nel trasformare qualunque cosa tu senti in un mantra, qualunque cosa tu vedi nella forma di una figura di Buddha, e qualunque cosa tu conosci nella consapevolezza di apparenza e vacuità. Queste pratiche possono essere effettuate soltanto dopo aver ricevuto un potenziamento del tantra anuttarayoga. Il suo scopo è di eliminare l’attrazione compulsiva e l’attaccamento ad apparenze ordinarie.

La tradizione delle quattro sillabe (yi-ge bzhi) che si trova ampiamente nei vari lignaggi Kagyu, deriva da Maitripa, che assieme a Naropa furono i principali maestri spirituali indiani di Marpa. Essa spiega la mahamudra in termini del significato nascosto delle quattro sillabe della parola sanscrita amanasi (yid-la ma-byed-pa), che significa “non tenere a mente” oppure “non prestare attenzione (in modo errato)”. Le quattro sillabe connotano:

  1. tagliare fino allo stato radice fondamentale della mente convenzionale
  2. acquisire certezza con i metodi per calmare e stabilire la mente in concentrazione
  3. troncare la connessione della mente con punti in cui può deviare nella cognizione concettuale della vera esistenza e in stati distruttivi
  4. Trasformare la mente nella natura di percorsi di consapevolezza profonda

La tradizione del pacificatore (zhi-byed) risale al paterno Padampa Sanggye, un maestro dell’India del sud che era anche un discepolo di Maitripa nonché del longevo Nagarjuna. Il suo nome deriva da un passo del Sutra del Cuore (Shes-rab snying-po, scr. Prajnaparamitahrdaya Sutra) per cui il mantra della prajnaparamita (la consapevolezza discriminante lungimirante) è il pacificatore di tutta la sofferenza. La sua filosofia è puramente Prasangika-Madhyamaka, in accordo con gli insegnamenti di Nagarjuna, e i suoi punti specifici del sutra si basano sull’Antologia dei sutra (mDo-rnams kun-las btus-pa, scr. Sutrasamuccaya) di Nagarjuna.

La tradizione del troncamento (gcod, “chod”) è composta da insegnamenti funzionali della tradizione del pacificatore. Secondo questi, puoi troncare tutti i vincoli che ti legano alla continua rinascita con sofferenza nel samsara attraverso la pratica delle meditazioni prima separate e poi unite sulla vacuità e sul bodhichitta. Questa tradizione originariamente aveva come sua base filosofica gli insegnamenti Prasangika Madhyamaka. In tempi successivi, tutta la tradizione tibetana buddhista adottò i suoi metodi e cambiò di conseguenza l’enfasi della sua base filosofica. Ci sono due lignaggi principali di questa tradizione. Il lignaggio paterno del troncamento risale allo stesso Padampa Sanggye fino a Kyoton Sonam Lama, (sKyo-ston bSod-nams Bla-ma), mentre il lignaggio del troncamento materno parte da Kyoton Sonam Lama fino alla materna Machig Labdron (Ma-gcig Lab-sgron).

Gli insegnamenti dello dzogchen (rdzogs-chen, grande completezza) furono introdotti nel Tibet da Padmasambhava (Guru Rinpoche) e Vimalamitra e sono la specialità della tradizione Nyingma. Un’etimologia del termine dzogchen è che “dzog” (completezza) si riferisce al fatto che tutti i fenomeni – quelli che appaiono ed esistono nel samsara o nel nirvana – sono completi (nel senso che non hanno bisogno dell’aggiunta dell’esistenza convenzionale o che la vera esistenza venga tolta) e pertanto sono già perfetti secondo una visione corretta della vacuità. “Chen” (grande) si riferisce alla grande liberazione dall’esistenza samsarica e dalla sua sofferenza grazie alla realizzazione della vacuità.

La visione discorsiva del madhyamaka (dbu-ma’i lta-khrid) si riferisce alla comprensione degli insegnamenti Prasangika-madhyamaka di Nagarjuna sulla vacuità spiegati da Jey Tsongkhapa e trasmessi nella tradizione Gelug da lui fondata.

Ciononostante, quando esaminato da uno yogi, erudito nelle scritture e la logica ed esperto (nella meditazione), i loro significati definitivi convergono tutti nella stessa direzione prevista.

Il Mahayana suddivide le parole del Buddha in insegnamenti interpretabili (drang-don) e definitivi (nges-don). I primi non devono essere considerati letteralmente, ma al contrario sono espressioni dei metodi efficaci e abili del Buddha utilizzati per guidare i discepoli verso comprensioni più profonde. Pertanto, richiedono l’interpretazione di un maestro spirituale per portare i discepoli alla realizzazione intesa. Insegnamenti del significato definitivo, tuttavia, non richiedono interpretazioni ulteriori. Possono essere considerati letteralmente come il significato profondo verso cui sono condotti i discepoli. Tutte le tradizioni precedentemente citate insegnano lo stesso significato inteso, ovvero la comprensione più profonda della vacuità, che è l’insegnamento definitivo del Buddha. Tutti gli altri insegnamenti del Buddha sono interpretabili e conducono a questa comprensione più profonda. 

Realizzando come tutti gli insegnamenti del Buddha siano metodi abili non contradditori per ottenere la liberazione e l’illuminazione attraverso la cognizione non concettuale della vacuità, tu eviti l’errore grave di abbandonare la tua direzione sicura nel Dharma avanzando visioni settarie. 

E pertanto per questa (tradizione sutra della mahamudra), tra i due metodi, ovvero il ricercare uno stato meditativo dopo aver ottenuto una visione corretta (della vacuità) e ricercare una visione corretta dopo lo stato meditativo, (la mia spiegazione) qui si baserà sul secondo metodo. 

La divisione dei metodi di meditazione mahamudra in due categorie generali si riferisce soltanto al sistema del sutra. Queste due divisioni dipendono dal fatto se la concentrazione assorbita nella meditazione per sviluppare uno stato mentale calmo e posato (shamatha) si ottiene prima o dopo aver raggiunto una comprensione della vacuità. Il primo metodo consiste nell’ottenere prima una comprensione corretta della vacuità e poi di sviluppare lo shamatha totalmente assorbito sulla vacuità. Il secondo metodo consiste prima nel conseguire lo shamatha focalizzato su un oggetto diverso dalla vacuità e poi di sviluppare una visione corretta della vacuità e di applicare lo shamatha a quest’ultima.

Quanto al luogo adatto e favorevole alla pratica della meditazione di shamatha, Maitreya ha spiegato in Una filigrana per i sutra Mahayana (mDo-sde rgyan, scr. Mahayanasutralamkara) che ha bisogno di possedere le seguenti cinque condizioni:

  1. La fornitura di cibo e acqua facilmente reperibile,
  2. L’approvazione e la benedizione dei tuoi mentori spirituali o di grandi maestri del passato che hanno meditato lì,
  3. Una posizione appartata e tranquilla con un clima congeniale,
  4. Altri meditatori vicini per essere ispirati,
  5. Tutte le istruzioni necessarie e i testi sulla pratica.

Inoltre, per uno sviluppo efficace della concentrazione assorbita nella meditazione di shamatha, è essenziale mantenere una precisa autodisciplina etica. Questo non solo elimina la distrazione mentale, ma ti consente anche di avere pochi bisogni. L’accontentarsi pacificamente di una vita semplice è un ulteriore condizione favorevole per questo tipo di meditazione.

Su un sedile favorevole alla stabilità mentale, assumi la postura del corpo in sette punti e liberati puramente con un giro di nove assaggi del respiro.

Per la pratica della mahamudra, crea una piattaforma di meditazione fatta di legna, elevata di tre o quattro pollici dalla terra [circa 10 centimetri, N.d.T.]. Al di sotto di essa, posiziona un fascio di erba kusha con le punte che si rivolgono verso il centro. Sopra la piattaforma, appoggia un cuscino con la parte posteriore leggermente rialzata. Sotto o sopra questo cuscino, disponi dei chicchi di grano formando il disegno di buon auspicio di una swastika.

La postura in sette punti è quella di Vairochana, la figura del Buddha con cui identificarsi per purificare il tuo aggregato della forma. Le sette parti di questa postura standard di meditazione si riferiscono alle posizioni delle gambe, le mani, la colonna vertebrale, la bocca, la testa, gli occhi e le spalle. Siediti nella posizione vajra, conosciuta nell’hatha yoga come la postura del loto pieno, con i tuoi piedi incrociati e che poggiano sulle cosce opposte. Riposa le tue mani sui tuoi piedi rovesciati, con la mano sinistra sotto la destra, e con i pollici che si toccano, formando un triangolo al livello dell’ombelico. Mantieni la colonna vertebrale dritta come una freccia per consentire alle correnti dei venti-energia nel tuo corpo di scorrere liberamente attraverso i canali energetici senza ostacoli. Mantieni le tue labbra rilassate, non serrate, e non stringere i denti. Lascia che la lingua tocchi gentilmente il tuo palato superiore per trattenere la saliva, affinché la tua bocca non diventi secca, e per evitare di sbavare. Se c’è una salivazione eccessiva, puoi inghiottire, ma questa posizione della lingua dovrebbe minimizzare la salivazione.

Piega la tua testa leggermente in avanti e verso il basso. Se viene sollevata troppo in alto, sarai in grado di vedere troppo e la tua mente si distrarrà. Se è piegata troppo verso il basso, ti verranno le vertigini. Tieni gli occhi socchiusi, posando liberamente lo sguardo verso la vicinanza della punta del naso, senza sforzarli in una posizione innaturale di occhi incrociati. Se sono totalmente aperti, di nuovo vedrai troppo e ti distrarrai con facilità. Se sono chiusi, la tua mente tenderà ad intorpidirsi e potresti addormentarti.

Tieni le spalle dritte e allo stesso livello. Questo è anche essenziale per il passaggio appropriato e senza ostacoli del vento-energia attraverso il tuo corpo. Inoltre, mantieni i tuoi gomiti leggermente piegati, lasciando un piccolo spazio tra il tuo corpo e le braccia per la ventilazione.

Questa postura di meditazione in sette parti viene anche chiamata ‘in otto parti’ aggiungendo il metodo del respiro. Nelle meditazioni oltre a quelle specifiche riguardanti il respiro, respira attraverso il tuo naso con calma, senza sforzarti e non in modo innaturale. Fai che la tua inspirazione sia della stessa lunghezza della tua espirazione, con nessuna delle due troppo profonda o troppo superficiale, e non trattenere il respiro.

La pratica dei nove assaggi del respiro è estremamente efficace per ridurre la divagazione mentale e gli stati disturbati della mente. Chiudi la narice sinistra con il dito anulare sinistro e inspira lentamente attraverso la narice destra. Senza fare una pausa, cambia le mani, chiudi la narice destra con l’anulare destro ed espira lentamente attraverso la narice sinistra. Ripeti questa sequenza per tre volte e poi ripetila ancora per tre volte, ma stavolta inspira attraverso la narice sinistra ed espira attraverso la narice destra. Gli ultimi tre respiri si fanno attraverso entrambe le narici.

I nove assaggi del respiro possono essere praticati con o senza la visualizzazione seguente dei canali energetici. Visualizza il tuo corpo vuoto come un pallone. Se hai ricevuto un potenziamento tantrico per una particolare figura di Buddha, potresti inoltre visualizzarti nella forma di tale Buddha; altrimenti non lo puoi fare.

Visualizza il tuo canale energetico centrale come parallelo e leggermente davanti alla tua colonna vertebrale, cavo, dello spessore di un bambù di medie dimensioni, bianco da fuori e rosso dentro. La sua estremità superiore s’incurva come il manico di un ombrello, che passa sopra la sommità della tua testa e terminando tra le sopracciglia. L’estremità inferiore è quattro dita sotto l’ombelico. Visualizza il canale energetico di destra (ro-ma, scr. rasana, pingala) di colore rosso, dello spessore di un gambo di grano, che inizia sei dita sotto l’ombelico, e che corre vicino al canale centrale terminando alla narice destra. Visualizza il canale energetico di sinistra (rkyang-ma, scr. lalana, ida) di colore bianco, dello stesso spessore e lunghezza di quello destro, che termina alla narice sinistra.

Quando inspiri per le prime tre volte attraverso la narice destra ed espiri con la sinistra, visualizza l’estremità inferiore del tuo canale energetico di destra che si inserisce nell’estremità inferiore del canale di sinistra. Quando inspiri, immagina che il tuo respiro nella forma di raggi di luce bianca purificante fluisca giù attraverso il canale energetico di destra e si accumuli nel canale sinistro, in cui il vento-energia dell’emozione disturbante del desiderio bramoso (‘dod-chags, scr. raga) è bloccato e frustrato. Quando espiri attraverso la narice sinistra, visualizza il tuo desiderio bramoso che ti lascia nella forma di raggi di luce nera.

Quando inspiri per le seconde tre volte dalla narice sinistra espirando dalla destra, immagina che l’estremità inferiore del tuo canale energetico di sinistra si inserisca nell’estremità inferiore di quello di destra. Quando inspiri, visualizza il respiro nella forma di luce bianca che fluisce giù lungo il canale energetico di sinistra e si accumula in quello di destra in cui il vento-energia dell’emozione disturbante della rabbia e dell’ostilità (zhe-sdang, scr. dvesha) è bloccato e frustrato. Quando espiri attraverso la narice destra, immagina che la tua rabbia fuoriesca nella forma di luce nera.

Quando inspiri ed espiri per le ultime tre volte da entrambe le narici, visualizza le estremità inferiori dei canali energetici di sinistra e di destra che si inseriscono nell’estremità inferiore del canale energetico centrale. Quando inspiri immagina il tuo respiro nella forma di luce bianca che va giù attraverso i canali energetici di destra e di sinistra accumulandosi nel canale centrale in cui il vento-energia dell’emozione disturbante dell’ingenuità (gti-mug, scr. moha, chiusura mentale) è bloccato e frustrato. Quando espiri, visualizza la tua ingenuità che fuoriesce [dal punto] tra le sopracciglia nella forma di luce nera.

Una volta che hai ripetuto un giro di nove assaggi del respiro, non ripeterlo con altri giri. Se con il primo giro non riesci ad eliminare la tua divagazione mentale grossolana, un altro metodo è come segue. Inspira ed espira da entrambe le narici in silenzio, senza forza, con la tua inspirazione della stessa lunghezza dell’espirazione, e senza trattenere il respiro. Concentrandoti totalmente sul tuo respiro, conta nella mente ciascun giro di inspirazione ed espirazione come uno per ventuno giri. Siccome è normalmente difficile concentrarsi persino su una sola cosa alla volta, concentrandovi sia sul respiro che sul contare, rimane poco spazio per pensieri estranei.

Avendo separato accuratamente stati offuscati della consapevolezza da quelli lucidi, allora, con una mente puramente costruttiva, indirizza (verso il tuo guru radice) la tua presa di una direzione sicura e la riaffermazione del tuo obiettivo di bodhichitta. Medita in seguito su un sentiero profondo di guru-yoga e, dopo aver fatto centinaia di richieste molto forti e sentite, dissolvi il tuo guru (visualizzato) in te stesso.

Il guru-yoga è fondamentale a tutte le tradizioni tibetane del Buddhismo. Per la meditazione mahamudra, l’esecuzione sei volte al giorno di uno Yoga in sei sessioni (Thun-drug) è la forma più comunemente praticata del guru-yoga. I seguaci della tradizione Gelug spesso eseguono inoltre Una cerimonia di offerta ai maestri spirituali (Bla-ma mchod-pa, “Lama chopa,” “Il Guru Puja”) del IV Panchen Lama.

Compi richieste intense al tuo guru per l’ispirazione e il successo nella tua pratica mentre reciti il mantra del suo nome sanscrito. Per questo, nella tradizione Gelug, solitamente si recita il verso “migtsema” (dmigs-brtse-ma) di Tsongkhapa, all’interno della struttura delle Centinaia di Divinità di Tushita (dGa’-ldan lha-brgya-ma), mentre si visualizza il guru radice nella forma di Tsongkhapa.

I seguaci delle tradizioni Kagyu recitano versi simili, mentre visualizzano i loro maestri spirituali nella forma di Vajradhara o di Marpa, Milarepa o Gampopa.

Mentre esegui il guru-yoga e compi richieste intense, visualizza il tuo guru radice difronte a te. Alla conclusione di questo preliminare essenziale, immagina che venga sulla sommità della tua testa, sedendosi lì con il viso rivolto nella tua stessa direzione, e poi affondandosi e dissolvendosi nel tuo cuore. Senti che il tuo corpo, parola, e mente si siano fuse indistintamente con quelle del tuo guru. 

Assorbiti per un po’ senza vacillare in quello stato che è senza il gorgoglio della creazione di apparenze e delle apparenze (di “questo” e “non quello”). Non creare nulla con pensieri, ad esempio, di aspettative o preoccupazioni. Questo non significa, tuttavia, che interrompi tutta l’attenzione come se fossi svenuto o ti fossi addormentato. Piuttosto, devi legare (la tua attenzione) al palo della presenza mentale affinché non vaghi, e usare la vigilanza per essere consapevole di ciascun movimento mentale.

Dopo questi preliminari, inizia formalmente la meditazione concentrandoti senza la minima divagazione mentale, esclusivamente su uno stato mentale non strutturato o indeterminato. Questo è uno stato mentale privo di qualunque preconcetto, dubbio, desiderio, o aspirazione per scopi temporanei o definitivi riguardanti il futuro o il passato. Ciò non significa, tuttavia, che tu interrompi tutta l’attenzione conscia come se stessi dormendo o fossi svenuto. Al contrario, fissa la tua attenzione (yid-la byed-pa) risolutamente sul suo oggetto, uno stato mentale non strutturato, mentre la mantieni fermamente con la presenza mentale (dran-pa) che non lascia mai andare. Inoltre, dai alla vigilanza (shes-bzhin) il compito di osservare a distanza per controllare che la tua presenza mentale mantenga la sua presa e che la tua attenzione rimanga concentrata. In altre parole, mantieni la tua vigilanza costantemente pronta a percepire qualunque divagazione mentale (rnam-g.yeng), torpore (bying-ba, “sprofondare”), oppure volatilità della mente (rgod-pa, agitazione mentale).

[Vedi: Terminologia della concentrazione]

In generale, ci sono quattro categorie di oggetti di concentrazione da utilizzare in meditazione:

  • oggetti diffusi di concentrazione (khyab-pa’i dmigs-pa),
  • oggetti di concentrazione per purificare il proprio comportamento (spyad-pa rnam-par sbyong-ba’i dmigs-pa),
  • oggetti di concentrazione con conoscenza (mkhas-pa’i dmigs-pa),
  • oggetti di concentrazione per purificarsi da emozioni e atteggiamenti disturbanti (nyon-mongs-pa rnam-par sbyong-ba’i dmigs-pa).

[Per maggiori dettagli, vedi: Oggetti di concentrazione per sviluppare shamatha e vipashyana]

(1) Gli oggetti diffusi sono chiamati così perché pervadono o includono tutti gli oggetti di concentrazione nelle altre tre categorie. Si riferiscono ad oggetti visualizzati su cui ci si concentra concettualmente con o senza pensiero discorsivo (rnam-rtog) riguardo ad essi. Nel primo caso, sono oggetti visualizzati su cui ci si concentra mentre si cerca di raggiungere la vipashyana e pertanto l’analisi accompagna la concentrazione, ad esempio l’analisi della loro non staticità o della loro vacuità. Nel secondo caso, sono gli stessi oggetti visualizzati, ma quando ci si concentra su di essi mentre si cerca di realizzare lo shamatha e pertanto senza nessuna analisi di accompagnamento. Così ciascun oggetto nelle tre categorie seguenti potrebbe fungere da un oggetto di concentrazione per lo shamatha o per la vipashyana, e questo dipende dal fatto se l’analisi tramite il pensiero discorsivo non accompagna o accompagna la concentrazione.

(2) Gli oggetti di concentrazione per purificare il proprio comportamento sono per purificare il comportamento dominato da un’emozione disturbante specifica o stato della mente. Ad esempio, per eliminare il comportamento basato sul desiderio bramoso o l’attaccamento, ti focalizzi su qualche aspetto di un cadavere visualizzato come un esempio di bruttezza o sporcizia. L’analisi della bruttezza o sporcizia del corpo potrebbe accompagnare o meno la concentrazione. Per eliminare il comportamento basato sulla rabbia, ti concentri su un amico, un nemico, o una persona neutrale con un atteggiamento che l’accompagna in cui desideri che lui o lei sia felice e abbia le cause della felicità.

(3) Gli oggetti di concentrazione con conoscenza sono oggetti come, ad esempio, i cinque aggregati quando ci si concentra su di essi mentre conosci qualcosa su di loro. Ad esempio, con i quattro piazzamenti ravvicinati della presenza mentale (dran-pa nyer-bzhag bzhi, quattro presenze mentali vicine), ti concentri sul tuo corpo mentre conosci la sua sporcizia o bruttezza, sulle tue sensazioni di felicità o infelicità mentre conosci la loro natura problematica, sulla tua mente (coscienza primaria) mentre conosci la sua non staticità, e su tutti i fenomeni (consapevolezze secondarie diverse dalle sensazioni di felicità, oppure tutti i cinque aggregati) mentre apprendi che sono privi di un “io” veramente esistente.

(4) Gli oggetti di concentrazione per purificarti da emozioni e atteggiamenti disturbanti sono per purificarli tutti insieme, non semplicemente alcuni specifici. Ce ne sono di due varietà: oggetti per indebolire meramente l’eredità (sa-bon, semi, tendenze) delle emozioni e atteggiamenti disturbanti, e oggetti per sbarazzarsi di loro alla radice. Nel primo caso, ti concentri su ciascuno degli stati di rinascita e sulle emozioni e atteggiamenti disturbanti che avvengono con essi. Mentre fai questo, tu consideri come quelli inferiori abbiano una base errata grossolana, mentre come quelli superiori ne abbiano una più sottile. Nel secondo caso, ti concentri sui sedici aspetti delle quattro nobili verità.

[Vedi: I sedici aspetti delle quattro nobili verità]

La meditazione mahamudra, tuttavia, non impiega nessun oggetto di concentrazione proveniente da queste quattro categorie generali per sviluppare la concentrazione assorbita. Invece, per sviluppare uno stato calmo e posato di shamatha, usa la mente stessa come oggetto di concentrazione. Questo, tuttavia, viene suggerito solo alle persone di grande intelligenza come un modo per sviluppare la concentrazione assorbita da utilizzare nella meditazione mahamudra nel sistema del sutra o del tantra.

Stringi con fermezza (la presa della tua presenza mentale) su ciò che ha la natura essenziale di chiarezza e consapevolezza, e osservala con decisione. 

L’istruzione per la meditazione è di fissare la tua attenzione sulla natura della mente stessa come un fenomeno non statico che ha l’abilità di produrre apparenze cognitive (chiarezza) e conoscerle in modo valido (consapevolezza).

In generale, secondo il sistema di principi Sautrantika, la tua mente può conoscere le cose in sette modi. Due di essi sono validi (tshad-ma), ma con tre di essi, tu puoi apprendere (rtogs-pa) qualcosa in maniera corretta. Con un modo valido di conoscere, tu hai una consapevolezza fresca, non fraudolenta, di qualcosa che puoi conoscere in modo valido. Con l’apprendimento, tu conosci un oggetto in maniera sia accurata che definitiva. Attraverso la cognizione diretta (mngon-sum, percezione nuda), tu hai una valida cognizione non concettuale di entità oggettive non statiche (rang-mtshan). Una cognizione inferenziale (rjes-dpag) è di entità metafisiche statiche (spyi-mtshan) e sorge affidandosi ad una valida linea di ragionamento. Con la cognizione successiva (bcad-shes), tu apprendi correttamente ciò che hai già fatto attraverso uno dei due precedenti modi validi di conoscere. Sebbene tale consapevolezza sia non fraudolenta, è tuttavia non valida perché non è fresca.

Con gli altri quattro modi di conoscere, tu nemmeno apprendi correttamente il tuo oggetto. Con presunzione (yid-dpyod), tu salti ad una conclusione corretta per nessuna ragione, o per un motivo errato, o persino per uno corretto ma senza sapere perché. Sebbene un oggetto validamente conoscibile possa apparire a te, con una cognizione non determinata (snang-la ma-nges-pa, percezione inattenta), non ne sei pienamente consapevole. Con indecisione vacillante (the-tshoms), non sei in grado di decidere cosa appare a te, e con la cognizione distorta (log-shes), comprendi le cose in maniera errata.

Il sistema di principi Prasangika non afferma la cognizione successiva come un modo di conoscere qualcosa, siccome ciascun momento in un flusso di continuità di cognizione di un oggetto è privo di un’esistenza veramente stabilita. Pertanto, siccome ciascun momento di cognizione sorge in maniera fresca, il Prasangika non include “fresca” come un criterio affinché una cognizione sia valida. Inoltre, il Prasangika ridefinisce la cognizione nuda con “cognizione diretta”. È una cognizione che sorge senza affidarsi direttamente a una linea di ragionamento. Secondo questa formulazione, la cognizione diretta può essere concettuale o non concettuale.

Pertanto, comprendendo la differenza tra i modi validi e non in cui la tua mente conosce le cose, concentrati sulla natura della tua mente come qualcosa che, cambiando di momento in momento, può ciononostante avere una consapevolezza fresca e non fraudolenta di qualunque apparenza cognitiva che essa produce.

Qualunque pensiero possa sorgere, riconoscili come quello e quello. In alternativa, come un duellante, tronca i pensieri completamente, bang-bang, non appena sorgono. 

Rafforzando con decisione la tua attenzione, cerca di percepire questa natura nuda della tua mente nella maniera più chiara e netta possibile, e non focalizzarti su nient’altro.

Quando sorgono pensieri estranei mentre cerchi di concentrarti, il metodo qui suggerito è di riconoscerli semplicemente per quello che sono. Questo significa semplicemente discernere e identificare che “Questa è divagazione mentale”, “Questo è torpore mentale”, “Questa è volatilità della mente”. Avendo riconosciuto questi pensieri per quello che sono, non perseguirli ulteriormente e non analizzarli. Invece, ritorna immediatamente a concentrarti sull’oggetto di meditazione. In alternativa, come il tuo opponente in un duello, tronca nettamente i pensieri immediatamente, non appena sorgono. 

Una volta che li hai troncati completamente e hai stabilizzato (la tua mente), allora, senza perdere la presenza mentale, rilassati e sciogliti. 

Infine, quando hai eliminato tutta l’attività mentale estranea e la tua mente si è stabilizzata in uno stato di lucidità, continua la meditazione in una maniera rilassata e naturale. Concentrati sulla mente come qualcosa che dà origine alle apparenze mentali che sorgono e che può conoscerle in maniera valida. Non fare sì che la tua presenza mentale o la memoria di questo diminuisca.

Per meditare in modo appropriato, hai bisogno internamente di una forte concentrazione, mentre la tua mente è esternamente rilassata e gioiosa. Se sei troppo teso, sperimenterai volatilità mentale. Se sei troppo rilassato, proverai torpore mentale. Pertanto, come le corde di una chitarra, fai in modo che la tua mente non sia né troppo tesa né troppo allentata.

Come è stato detto, “Rilassati e sciogli la sua tensione ferma e lì c’è lo stato stabilito della mente”. E altrove, Quando la mente stessa, intrappolata in un groviglio, si scioglie, non c’è alcun dubbio che si libererà da sola”. Come queste affermazioni, sciogliti, ma senza nessuna divagazione.
Quando osservi la natura di qualunque pensiero che sorge, esso scompare da solo e spunta una totale nudità. In maniera simile, quando fai un’ispezione nel momento in cui sei stabilizzato, tu vedi una chiarezza e una nudità non ostruttiva e vivida. (Questo è) ben noto come “le (menti) stabilizzate e in movimento mischiate insieme”.

Questi due metodi, allora, sono (1) osservare i tuoi pensieri e vedere come scompaiono nella chiara nudità della tua mente, e (2) analizzare la tua mente e giungere anche in questo modo alla sua nuda chiarezza.

(Pertanto,) non importa che pensiero sorga, quando, senza bloccarlo, tu riconosci (che è) un movimento (della mente) e ti sei stabilizzato sulla sua natura essenziale, (tu scopri) che è come l’esempio del volo di un uccello confinato in una barca. Come si dice, “Proprio come un corvo che è volato via da una nave dopo aver girato nelle direzioni deve ritornare sulla nave…”

Fissarti sulla natura di un treno di pensieri che è sorto mentre mediti non significa lasciare che la tua mente in modo cieco vaghi lungo questo treno di pensieri. E nemmeno significa fare un’analisi profonda della natura vacua della distrazione. Avendo identificato ciò che è sorto nella tua coscienza, e dove potrebbe portarti, semplicemente concentrati su di esso. Ad esempio, se mentre mediti il tuo naso comincia a pruderti, questo metodo particolare consiste nel concentrarti sul prurito, ma non di grattarti. Grattarsi vuol dire seguire il treno di pensieri che ti distraggono. Concentrandoti semplicemente sul prurito, alla fine scomparirà e così tornerai al tuo oggetto originario di concentrazione, la tua mente come qualcosa che può produrre apparenze mentali di cose e che le può conoscere in maniera valida.

Esistono effettivamente sei modi in cui la mente può arrivare a stabilizzarsi in uno stato di assorbimento totale (mnyam-bzhag).

  1. Stabilizzarsi come il sole non oscurato dalle nuvole, la tua mente priva di tutti gli ostacoli come la divagazione mentale, il torpore, e la volatilità.
  2. Stabilizzarsi come un’aquila che vola alta nel cielo, la tua mente medita perfettamente senza applicare sforzo.
  3. Stabilizzarsi come il movimento dell’oceano causato dal vento, la tua mente può soltanto incresparsi in superficie nella sua concentrazione, ma mai in profondità.
  4. Stabilizzarsi come un bambino che osserva [le decorazioni] murali di un tempio, la tua mente non guarda mai i dettagli del suo vagabondare, ma semplicemente vedendo la forma grossolana della sua distrazione, prosegue con la meditazione.
  5. Stabilizzarsi come un uccello che vola nel cielo e non lascia traccia, a prescindere da quali sensazioni di piacere, dolore, o neutrali tu provi, questi non lasciano nessuna traccia sulla tua mente che semplicemente continua a meditare senza attaccamento. 
  6. Stabilizzarsi come lana grezza che si ammorbidisce quando viene inzuppata d’acqua, la tua mente diventa rilassata e flessibile assorbita nella meditazione, con le tensioni precedenti di rabbia e attaccamento che diminuiscono.
Dalla coltivazione di (metodi come questi, tu realizzi che) siccome la natura essenziale della mente totalmente assorbita è lucidità e chiarezza, non ostruita da nulla, e non stabilita come nessuna forma di fenomeno fisico, essa è, come lo spazio, una totale nudità che consente a qualunque cosa di spuntare ed essere vivida. Ciononostante, sebbene la natura effettiva della mente possa essere vista in maniera diretta, con una percezione eccezionale, proprio così, non può essere considerata come un “questo” ed essere indicata (verbalmente).

Non importa quanto sia chiaro e concentrato lo stato mentale che hai raggiunto con la coscienza primaria, ciò non è considerato uno stato effettivo calmo e posato di shamatha a meno che non sia accompagnato dalla consapevolezza secondaria nota come un senso di benessere fisico e mentale (shin-sbyangs, flessibilità). Con questa realizzazione, che arriva automaticamente come il risultato di addestrare la mente attraverso le nove fasi di stabilizzazione della mente (sems-gnas dgu), tu ottieni una grande flessibilità per utilizzare la tua concentrazione assorbita in maniera illimitata per scopi costruttivi.

[Vedi: Conseguire lo shamatha]

I grandi meditatori delle Montagne Innevate sono praticamente di una sola opinione nel proclamare che questa impostazione (della mente) a proprio agio, che non considera (come un “questo”) qualunque cosa sorga, è un’istruzione per mettere a portata di mano la forgiatura della Buddhità. Comunque sia, io, Chokyi Gyaltsen, dico che questo metodo è un meraviglioso mezzo abile affinché i principianti conseguano la stabilizzazione della loro mente ed è un modo per conoscere, faccia a faccia, (meramente) la natura superficiale della mente che nasconde qualcosa di più profondo.

È un errore comune pensare che quando hai eliminato il tuo torpore mentale grossolano tu abbia conseguito lo shamatha e sei praticamente illuminato. Sebbene questa eliminazione sia un grande risultato, può essere uno stato fuorviante e potenzialmente pericoloso, siccome potresti sprofondare in uno stato di assenza mentale.

Quanto ai metodi che possono portarti a conoscere, faccia a faccia, la natura effettiva (più profonda) della mente, io ora presenterò gli insegnamenti del mio guru radice, Sanggye Yeshe, che (come il suo nome suggerisce letteralmente) è (l’incarnazione della) consapevolezza profonda dei Buddha. Assumendo l’apparenza di un monaco vestito di zafferano, lui ha eliminato l’oscurità che avvolgeva la mia mente.
Dimorando in uno stato di assorbimento totale come prima, e, con una piccola (porzione di) consapevolezza, come un pesciolino che nuota veloce in uno stagno limpido senza disturbarlo, ispeziona con intelligenza l’identità dell’individuo che è il meditatore. È proprio come disse il nostro reale protettore del rifugio, l’altamente realizzato Arya Nagarjuna, “Un individuo non è terra, non è acqua, non è fuoco, né vento, né spazio, e neanche coscienza. Né lui o lei è tutti loro. Eppure, che individuo c’è separato da questi? 

Etichettare una corda striata come un serpente e una rete di elementi costituenti come una persona individuale sono la stessa cosa nel senso che entrambi sono imputazioni o proiezioni di un’etichetta mentale su una base per l’etichettatura. Differiscono, tuttavia, nel senso che non c’è un serpente convenzionalmente esistente quando una corda viene etichettata come “serpente”, ma c’è una persona convenzionalmente esistente, che accumula e sperimenta gli effetti del karma, presente con una rete di elementi costituenti e coscienza. Comprendere questa differenza è assolutamente fondamentale. 

“E proprio come un individuo non è perfettamente esistente perché lui o lei è (ciò che può essere etichettato su) un conglomerato di sei costituenti, in maniera simile nessuno dei costituenti è perfettamente esistente perché ciascuno è (ciò che può essere etichettato su) un conglomerato (di parti)”. Quando cerchi e, così, non puoi trovare nemmeno un mero atomo di un assorbimento totale, qualcuno totalmente assorbito, e così via, allora coltiva la concentrazione assorbita sulla (vacuità) come lo spazio, in maniera esclusiva, senza nessuna divagazione.
Inoltre, quando sei in uno stato di assorbimento totale, (scruta la tua) mente. Non stabilita come nessuna forma di fenomeno fisico, è una nudità totalmente non ostruttiva che dà origine alla proiezione e la nascita cognitiva di un’ampia varietà di cose – un continuum di chiarezza e consapevolezza senza ostacoli (incessante), che si impegna (con oggetti) senza discontinuità. Sembra che non dipenda (da nessun’altra cosa). Ma quanto all’oggetto concettualmente implicato della mente che si aggrappa (alla sua esistenza nel modo in cui appare), il nostro guardiano, Shantideva, disse: “Ciò che si chiama “un continuum” e “un gruppo”, come ad esempio un rosario, un esercito eccetera, non è veramente (un’interezza trovabile)”. Per mezzo dell’autorità scritturale e le linee di ragionamento (come questa), assorbiti totalmente nella mancanza di un’esistenza stabilita nel modo in cui appaiono le cose.
In breve, come è stato detto dalle labbra preziose del mio mentore spirituale, Sanggye Yeshe, onnisciente nel vero senso della parola, “Quando, a prescindere da ciò che è emerso cognitivamente, ne sei pienamente consapevole nel senso di (avere la sua esistenza stabilita meramente dal suo essere) ciò che può essere cognitivamente colto da un pensiero concettuale, la sfera più profonda della realtà sta sorgendo senza aver bisogno di affidarsi a nient’altro. Immergere la tua consapevolezza nello stato di (questa) nascita assorbendosi totalmente in maniera esclusiva, oh santo cielo!”. Similmente, il venerato (e paterno Padampa Sanggye) disse: “In uno stato di vacuità, la lancia della consapevolezza deve essere fatta roteare. Una visione corretta (della realtà) non è un’ostruzione tangibile, O persone del Dingri”. Tutte queste affermazioni arrivano allo stesso punto.
Al termine (della tua meditazione), dedica qualunque forza positiva e nobilitante sia stata accumulata dal meditare sulla mahamudra, il grande sigillo della realtà, nonché le tue reti di azioni costruttive simili all’oceano dei tre tempi, verso la grande illuminazione senza pari.
Avendo acquisito familiarità in questo modo, allora a prescindere da cosa sia emerso come un’apparenza di un oggetto cognitivo alla tua rete sestuplice (di coscienza), ispeziona accuratamente il suo modo di apparire. Il suo modo di esistere diverrà chiaro, denudato e distinto. (Questo è) il punto essenziale affinché qualunque cosa sia sorta cognitivamente sia come ciò che riconosci.

Il venerabile Maitripa disse: “L’indagine ravvicinata di qualunque cosa sorga nella tua mente è il punto essenziale di una visione corretta della vacuità”.

In breve, qualunque oggetto appaia cognitivamente, come ad esempio la tua mente eccetera, accertati del suo modo di esistere – non aggrapparti ad essa, [pensando] (che esista nel modo in cui appare) – e sostieni sempre (quella certezza).
Quando sai (che una cosa esiste) così, (tu vedi che) ciò si applica in maniera uniforme all’identità di tutti i fenomeni del samsara e del nirvana. Aryadeva diede anche voce a questo quando disse: “Chiunque veda un fenomeno, vede tutto. Qualunque vacuità di una cosa è la vacuità di ogni cosa”.
Davanti al volto dell’appropriato assorbimento totale sulla natura effettiva (di ogni cosa) in questo modo, c’è semplicemente il troncamento degli estremi mentalmente inventati riguardo (ogni cosa del) samsara e del nirvana, come un’esistenza (intrinseca, trovabile), l’inesistenza (totale), e così via. Eppure, dopo che ne sei emerso, quando ispezioni, (tu vedi che) il sorgere dipendente del funzionamento di ciò che è esistente in maniera meramente imputata, semplicemente da nomi, innegabilmente e naturalmente ancora sorge cognitivamente, come sogni, miraggi, riflessi della luna nell’acqua, e illusioni.

Tutte le apparenze del samsara e del nirvana assomigliano a miraggi nel senso che la loro esistenza è stabilita soltanto dall’etichettatura mentale. Ciononostante, sono diversi dai miraggi siccome le persone comuni non possono percepire che il loro modo di apparire differisce dal loro modo effettivo di esistere, mentre possono capire la differenza nel caso dei miraggi. Nel fatto che l’esistenza di tutte le cose è stabilita soltanto dall’etichettatura mentale, sii soddisfatto che le cose esistono convenzionalmente. La persistenza nel compiere analisi ulteriori è controproduttiva. Questo punto è uno degli orientamenti principali della visione Prasangika-madhyamaka.

(Quando realizzi simultaneamente che) le apparenze non oscurano la vacuità e la vacuità non fa cessare le apparenze, tu stai manifestando, in quel momento, il percorso mentale eccellente (che conosce dal singolo punto di vista) che la vacuità e il sorgere dipendente sono sinonimi.
L’oratore di queste parole è stato il rinunciatario chiamato Losang Chokyi Gyaltsen, che ha ascoltato molti (insegnamenti). Grazie alla sua forza positiva, che tutti gli esseri erranti diventino velocemente dei Buddha trionfanti attraverso questo percorso della mente, all’infuori di cui non c’è un secondo ingresso verso uno stato di serenità.
(Colofone dell’autore:) ho compilato questi metodi che ti portano a conoscere, faccia a faccia, il grande sigillo della realtà, la mahamudra, alla ripetuta richiesta precedente di Gedun Gyaltsen, (che detiene la laurea monastica de) L’accademico infinitamente colto dei dieci campi di conoscenza, e di Sherab Sengee di Hatong, (che detiene la laurea monastica di) Maestro dei dieci testi difficili. Hanno visto che le otto cose transitorie di questo (mondo) sono come drammi di follia e ora vivono isolati in luoghi remoti, seguendo lo stile di vita di un saggio e prendendo questo sentiero della mente come la loro pratica essenziale. Inoltre, molti altri discepoli, che desiderano praticare la mahamudra al suo livello definitivo, me l’hanno richiesto.
Inoltre, (ho specialmente composto questo testo ora siccome) il grande trionfante Ensapa, l’onnisciente, maestoso comandante dei nobilitanti con conseguimenti effettivi, disse in una delle sue canzoni di esperienza per istruire sé stesso e gli altri: “Ho compilato le istruzioni riguardanti il lam-rim (gli stadi graduali dei percorsi mentali) dalla tradizione Kadam, partendo dall’affidarsi a un maestro spirituale fino allo shamatha e alla vipashyana. Ma, alla fine, non sono stato in grado di mettere ora per iscritto le istruzioni definitive sulla mahamudra, che non sono incluse tra questi sentieri della mente sopracitati, le quali non sono molto conosciute al momento alle genti della Terra delle Nevi”. Pertanto, ciò che non fu messo (per iscritto) a quel tempo per via del fatto che si trattava di [materiale] riservato, era inteso per un periodo successivo.
Inoltre, ad esempio, nel Sutra del Loto si affermava che: “Siccome deve essere realizzato pienamente dalla consapevolezza profonda dei buddha (Sanggye Yeshe), non potresti mai dire a coloro che scriverebbero di loro iniziativa (prematuramente) riguardo questo metodo che tu sei illuminato. Se ti chiedi perché, il motivo è che coloro che sono i guardiani della direzione sicura hanno rispetto per i tempi”.
Pertanto, anche affinché profezie come questa vengano soddisfatte, io – il rinunciatario Losang Chokyi Gyaltsen, che non ha lasciato degenerare il lignaggio di ispirazione da coloro che hanno praticato schiettamente questo percorso della mente partendo dal Maestro Universale senza pari, il Re degli Shakya, fino al mio guru radice, l’onnisciente Sanggye Yeshe, essendo diventato io stesso un membro di questo lignaggio, e non lasciando che lo stretto legame della sua pratica venga perso, e che ha sostenuto gli insegnamenti quintessenziali dei sutra e dei tantra – ho compilato questo presso il monastero di Ganden.

Leggi il testo originale “Testo radice per la mahamudra” del IV Panchen Lama.

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