Generosità lungimirante
Guardiamo ora ai sei atteggiamenti lungimiranti, uno per uno. Il primo è la generosità. La generosità è definita come la volontà di dare. È un atteggiamento, uno stato della mente. Shantideva scrisse:
(V.9) Se la perfezione della generosità significasse eliminare la povertà dell'intero universo, allora il Buddha non perfezionò la generosità, perché la gente è ancora povera.
La perfezione della generosità, dunque, è la totale disponibilità a dare assolutamente tutto.
E generosità non significa che dobbiamo noi stessi diventare poveri, dando via assolutamente tutto quello che abbiamo. Non si sta parlando della povertà come di una qualche virtù, cosa che si potrebbe avere in altre religioni. Significa volontà di dare senza esitazione, senza ostacoli – se è opportuno dare. Si deve usare la discriminazione. Non si dà una pistola a qualcuno per uscire a sparare: “Oh, sarò generoso. Ecco la pistola.” “Ecco qui i soldi per andare a comprare una pistola.” “Ecco qui i soldi per comprare la droga.”
E anche se siamo estremamente poveri e non possediamo nulla, possiamo comunque avere la volontà di dare. Se così non fosse, le persone povere non potrebbero sviluppare la generosità. Per questo motivo, quando vediamo un bel tramonto, siate generosi: “mi auguro che tutti possano godere di questo bellissimo tramonto. Mi auguro che tutti possano godere di questa bellissima vista. Mi auguro che tutti possano godere del bel tempo.” Essere generosi con cose che non possediamo così come con cose che ci appartengono. Ed è il contrario dell'avarizia; l'avarizia è: “non voglio condividerlo, non voglio condividere nulla con nessun altro. Voglio tenerlo per me. Se lo dessi a qualcun altro non ce ne sarebbe abbastanza per me.”
Ma, naturalmente, dobbiamo stare attenti a non diventare dei fanatici qui. Perché, anche se stiamo lavorando per aiutare gli altri, abbiamo bisogno di mangiare, abbiamo bisogno di dormire – abbiamo bisogno di questo tipo di cose. Qui stiamo parlando principalmente del condividere. Non si può dare tutto, fino al punto in cui si muore di fame. Ovviamente nel momento in cui siamo bodhisattva super, super avanzati, è un'altra cosa; ma non lo siamo. In quanto bodhisattva super avanzati potremo sacrificare le nostre vite per aiutare gli altri, ma non al nostro stadio. Possiamo aspirare a questo. Ma quando non siamo pronti a farlo, allora di solito sviluppiamo soltanto una mente molto negativa mentre lo facciamo, e questo non è la cosa più benefica. Non siamo pronti. Come l'esempio del Buddha in una vita precedente, in cui diede in pasto il suo corpo ad una tigre affamata. Non siamo pronti a far questo.
Dobbiamo tuttavia essere disposti, al nostro livello, a dare; essere disposti a donare il nostro corpo agli altri. Questo significherebbe, ad esempio, aiutarli in lavori difficili, utilizzare il nostro corpo per aiutare gli altri, senza aver paura di sporcarci le mani, questo genere di cose. Oppure, quando sarebbe pericoloso salvare qualcuno, farlo davvero. E, ovviamente, donare cose in nostro possesso se ce n'è bisogno e può essere d'aiuto a qualcuno, e condividere, inoltre, quelle che vengono chiamate le radici della virtù (dge-ba'i rtsa-ba), le quali sono praticamente le potenzialità positive della forza positiva che abbiamo incrementato. In altre parole, solo un esempio... Beh, lasciatemi usare un esempio preso dalla mia vita personale: se, come risultato della forza positiva accumulata in vite precedenti, ho costruito così tante connessioni in tutto il mondo con i grandi maestri del Dharma e grandi maestri in India, e via dicendo – le condivido con altre persone, non tenendole soltanto per me stesso. Se c'è una persona adatta, introdurla a questo, usando il potenziale che ho costruito per essere in grado di aiutare gli altri, senza tenerlo soltanto per me stesso. “Mi auguro che altre persone possano beneficiare di tutto il duro lavoro che ho intrapreso nella mia educazione e nei miei studi in India.” Questo è ciò di cui stiamo parlando. Aprire le porte agli altri.
La generosità di offrire aiuto materiale
Ora, vi sono tre o quattro diversi tipi di generosità. Abbiamo innanzitutto la generosità di dare aiuto materiale. Questo significa quindi dare cose di proprio possesso, cose che abbiamo, che si tratti di cibo, vestiario, qualsiasi cosa – denaro – qualsiasi cosa abbiamo. Ma nuovamente – voglio dire, ci arriveremo a questo – dare quando è opportuno. E possiamo anche dare cose che noi non possediamo, che possono essere pubbliche. Questo non significa che andiamo a rubare. Stiamo parlando di offrire cose pubbliche, come ripulire l'ambiente così che altre persone possano goderne. È un dono che si fa agli altri. E, come accennavo: “Mi auguro che tutti possano essere in grado di godere del bel tempo,” e così via.
E non dovremmo pensare qui solo in termini di effettive cose fisiche; diamo anche (come ho detto a proposito di offrire il nostro corpo) il nostro lavoro, diamo il nostro tempo, il nostro interesse, questo genere di cose, diamo energia, incoraggiamento, tutti questi tipi di cose. È essere generosi.
La generosità di offrire il Dharma
La seconda è quindi offrire il Dharma, la generosità di offrire il Dharma. Non ci si riferisce soltanto all'insegnamento, o alla traduzione o trascrizione di insegnamenti, o al fatto di rendere disponibili i libri, o alla costruzione di stupa, e tutte queste cose. È un aspetto di questa generosità. Costruire centri di Dharma, questo tipo di cose, lavorare in questi centri. Ma comporta anche il fatto di rispondere alle domande delle persone, dare loro informazioni quando hanno bisogno di informazioni. Tutti i tipi di cose come queste.
Ed inoltre ciò che abbiamo dalla tradizione Sakya, che viene chiamata offerte di samadhi (o concentrazione), e si riferisce al fatto di offrire o di dare agli altri tutti i diversi aspetti della nostra pratica, della nostra pratica del Dharma. Quindi, tutto quanto abbiamo letto o studiato – offriamo questo agli altri, lo utilizziamo per aiutare gli altri. E tutta la conoscenza che abbiamo acquisito – la offriamo a loro, la utilizziamo. E la convinzione nel Dharma, tutto questo genere di cose. Utilizziamo la nostra concentrazione. Vi è un'intera lista. Queste entrerebbero in tale categoria della generosità di offrire il Dharma, di offrire la nostra pratica.
La generosità di offrire protezione dalla paura
Quindi il terzo tipo di generosità è quella di offrire protezione dalla paura. Questa si può riferire, naturalmente, al fatto di salvare le vite degli altri, animali che stanno per essere macellati, o animali rinchiusi in gabbia – siano essi uccelli, o esseri umani, o qualsiasi altra cosa – e salvare mosche che stanno annegando nella piscina, questo tipo di cose. E salvare gli animali e così via da – non dev'essere specificatamente dalla morte, dalla macellazione, ma proteggerli dal freddo o dal troppo caldo. Se c'è uno scarafaggio in casa nostra, non lo buttiamo fuori dalla finestra, giù di cinque piani, perché “beh, non si fanno male se atterrano in quel modo.” Se non lo vogliamo in casa nostra, lo portiamo fuori; non lo gettiamo fuori dalla finestra, o giù dal water, augurandogli buona fortuna.
Inoltre includeremmo qui il fatto di confortare gli altri quando sono molto spaventati, siano essi i nostri bambini, qualcuno che sta per essere cacciato, o un animale che sta per essere cacciato. Cercate di proteggerlo. Una mosca è stata catturata nella rete di un ragno; se la vediamo, cerchiamo di toglierla di lì. Questa è una situazione complicata, perché allora potremmo dire: “non siamo crudeli con il ragno?” Ma dubito che staremo lì 24 ore al giorno a controllare che il ragno non mangi nulla. Per cui quando abbiamo l'opportunità di salvare queste creature, è bene farlo. Non dobbiamo essere il poliziotto che sorveglia il ragno. Se il gatto sta torturando il topo che ha trovato, glielo portiamo via, lo salviamo.
Questo conduce ad una questione molto difficile, che è quella dell'eutanasia, in particolare con gli animali. Il gatto o il cane sta veramente soffrendo: lo abbattiamo o no? O lo consegniamo a qualcun altro: di solito non siamo noi stessi ad abbatterlo. Non è per niente una questione facile. Da un punto di vista, se l'animale – o un essere umano, peraltro – se interrompiamo il processo naturale della morte e l'esperienza della sofferenza e così via, interrompiamo la maturazione di un certo karma negativo nella sofferenza. E se abbiamo interrotto questo – beh, quell'essere dovrà sperimentare lo stesso tipo di sofferenza in qualche altra vita futura. Perciò, da un punto di vista, questo non è così saggio. Tuttavia da un altro punto di vista, se possiamo in qualche modo minimizzare il dolore che prova, come dare ad una persona col cancro degli antidolorifici e cose del genere, ciò sembra più opportuno. Ma si tratta di una questione molto, molto complicata.
Perché anche Sua Santità, in risposta a questo genere di cose... Perché ci sono queste questioni, di persone che vengono tenute in vita dalle macchine; sono praticamente morte. Oppure, penso, incredibile – spendere un milione di dollari per salvare un bambino prematuro. Sua Santità dice che, nuovamente, se vi sono risorse illimitate, allora è una cosa; ma se ci sono risorse limitate, allora non si spende un milione di dollari per tenere vivo qualcuno che è praticamente cerebralmente morto e non si hanno abbastanza soldi per curare persone che possono riprendersi. Quindi, molto dipende dalle circostanze. La stessa questione con l'aborto e via dicendo.
Perché dobbiamo evitare l'estremo assurdo qui. Se portiamo all'estremo il fatto che “beh, l'animale deve vivere la sua sofferenza al fine di bruciare il karma negativo che è in maturazione” – lo portiamo alla sua conclusione assurda, ad un estremo – ciò significherebbe che non daremmo a nessuno alcuna medicina. “Devono esperire le conseguenze dolorose del loro karma negativo tramite l'essere malati.” Pertanto, ovviamente non è questo il senso, non è per niente questo il senso, in quanto diamo anche medicine e cerchiamo anche di aiutare gli altri a star meglio, e se hanno il karma di superare la malattia, dando loro le medicine e via dicendo, la supereranno. Quindi ovviamente lo facciamo.
Nel caso tuttavia di qualcuno che è cerebralmente morto, e non vi è assolutamente più nulla che... non vi è possibilità che si riprenda, si tratta di una situazione diversa. Ora, in termini di aborto: se, per qualsiasi motivo, una persona ha effettivamente un aborto, allora una cosa che può essere molto d'aiuto è quello che fa una sacerdotessa Zen giapponese in America. Non sono sicuro dove l'abbia appresa, se venisse fatta tradizionalmente in Giappone o no, ma quel che fa, che è estremamente utile, è incoraggiare i genitori (o soltanto la madre se il padre non è lì) a dare un nome al feto che è stato abortito, il quale era un essere vivente – riconoscere questo fatto – e condurre un rituale e un rito funebre che onorino tale persona che per un qualche motivo non hanno voluto sviluppare, e provare rimorso, e dedicarle molte molte preghiere per una rinascita meravigliosa in una situazione che possa essere davvero favorevole. E quindi, in tal modo, sviluppare un atteggiamento molto positivo nei confronti del feto che è stato abortito. E ciò sembra essere estremamente d'aiuto, in particolare per le donne coinvolte – anche gli uomini, ma specialmente le donne – dal momento che avere un aborto può portare in seguito a molti problemi mentali e sensi di colpa.
La generosità di offrire agli altri la nostra equanimità
Nel tantra la generosità di offrire protezione dalla paura ha un'ulteriore interpretazione, la quale si riferisce al fatto di offrire agli altri la nostra equanimità. In altre parole: gli altri non hanno nulla da temere da noi, in quanto non abbiamo intenzione di aggrapparci a loro con attaccamento, o di respingerli con rabbia ed ostilità, o di ignorarli con ingenuità, ma saremo aperti verso tutti. Per cui non hanno da temere che potremmo aggrapparci a loro, respingerli, o ignorarli. Davvero meraviglioso. Grande dono.
La generosità di dare amore
E il tantra parla inoltre di un quarto tipo di generosità, che è il dono dell'amore. E il dono dell'amore non significa andare in giro ad abbracciare chiunque, ma si riferisce al fatto di offrire a tutti il nostro desiderio che siano felici – la definizione di amore – il desiderio che siano felici e abbiano le cause della felicità.
Generosità: come dare correttamente
Discutevamo della generosità stamattina. E nel praticare ognuno di questi atteggiamenti lungimiranti, cerchiamo di includere la pratica di tutti. Quindi, nel praticare la generosità:
- la disciplina etica della generosità consiste nel liberarci da tutti i secondi fini errati o inopportuni.
- Con la pazienza, non c'importano le difficoltà implicate; possiamo tollerare le difficoltà.
- E proviamo gioia nel dare, non lo facciamo per dovere o per obbligo. Questa è la pratica della perseveranza gioiosa del dare, della generosità.
- La stabilità mentale è avere concentrazione nel dedicare la forza positiva che si incrementa con il dare.
- E, con la consapevolezza discriminante, realizziamo che il donatore (noi stessi), il destinatario (la persona che riceve ciò che diamo), e l'oggetto donato nell'atto di dare siano ognuno privi d'una vera esistenza intrinseca; tutti dipendono l'uno dall'altro. Non vi può essere un donatore senza qualcuno che riceve.
Vi sono dunque molte situazioni in cui la pratica del donare qualcosa non viene condotta in maniera corretta od opportuna. Dobbiamo perciò evitarle. La prima situazione sarebbe quella di dare con la speranza che gli altri rimangano colpiti da noi, o pensino che siamo così pii e religiosi, che siamo così meravigliosi. Quando si dà, non è opportuno aspettarsi qualcosa in cambio, nemmeno un grazie, per non parlare di un grande successo nel migliorare la situazione della controparte, la situazione dell'altra persona. Che migliori oppure no, questo dipende davvero dal loro karma personale. Possiamo aiutare, ma non dovremmo aspettarci un successo, men che meno un ringraziamento.
Ricordo che una volta a Dharamsala, in India, durante la stagione dei monsoni, c'era un topo che stava annegando in uno scarico d'acqua e lo tirai su, e lo misi a terra ad asciugare. E mentre era disteso lì, ad asciugarsi, un grosso falco se lo portò via. Tutto quindi dipende dal karma dell'individuo, anche se noi cerchiamo di aiutarlo. Possiamo dare ad una persona tutte le opportunità e aiutarla a cercare di farcela, ma ci possono essere comunque grandi fallimenti. Ho avuto questa esperienza. Ed è importante non vantarsi mai con l'altra persona, e ricordarle in seguito tutto quel che abbiamo fatto per lei, o tutto quello che le abbiamo dato, o aspettarci da lei qualcosa in cambio.
È inoltre una motivazione sbagliata quando si dà per obbligo, pensando che se qualcun altro ha fatto una donazione allora noi dobbiamo fare lo stesso, o addirittura surclassare la persona, e dare di più o fare di più. Dare perché ci si sente in colpa o per competizione: [queste sono anche motivazioni sbagliate.]
Il nostro unico pensiero, quindi, dovrebbe essere soltanto quello di recare beneficio al destinatario, sia temporaneamente che in maniera definitiva. E cerchiamo di fare del nostro meglio; che si abbia successo oppure no, almeno ci proviamo.
Ed è importante non pensare soltanto ad un livello astratto: “sì, voglio aiutare tutti gli esseri senzienti,” ma non aiutiamo a lavare i piatti. Inoltre è importante non sminuire le persone a cui diamo qualcosa, pensando che stiamo facendo loro un grande favore. Loro ci stanno facendo un favore, accettando e permettendoci di accumulare la forza positiva che ci condurrà all'illuminazione e ci renderà capaci di aiutare gli altri. Ci stanno facendo quindi il grande favore di accettare.
È molto importante anche quando altre persone fanno qualcosa per noi. Molte persone sono molto orgogliose e non vogliono accettare alcun aiuto, o non vogliono accettare un invito, o niente di simile: se qualcuno si offre di pagare qualcosa per noi ad esempio. Lo stiamo privando dell'opportunità di accumulare della forza positiva. Questo rientra nei voti del bodhisattva, tra l'altro, di accettare inviti, di accettare quando le persone si offrono di aiutarci, a meno che naturalmente non sia dannoso per loro.
Ricordo Serkong Rinpoche, una volta, quando ero in viaggio con lui – eravamo in Italia – e qualcuno entrò nella sua stanza e gli fece alcune domande e via dicendo, e quando se ne andò lasciò una busta con un'offerta sul tavolo vicino alla porta. E Rinpoche mi disse, in seguito, “questa è la maniera corretta di dare. Non come queste persone che vengono e fanno questa grande, grande sceneggiata di consegnare la donazione personalmente nelle mani del lama in modo che egli sappia chi l'ha data e davvero apprezzi e pensi bene di quella persona.” Meglio farlo in modo tranquillo, anonimo, non facendo una grande sceneggiata, e farlo con felicità, in un modo piacevole e rispettoso.
Ed inoltre non fare aspettare l'altra persona. “Te lo darò, ma aspetta più tardi. Ti aiuto, ma domani,” e poi la si fa aspettare, aspettare, e aspettare. È la stessa cosa. Rinpoche diceva che trovava molto sconsiderato quando... Era uno dei maestri di Sua Santità il Dalai Lama, e molte persone venivano a visitarlo; aspettavano fuori dalla porta. E diceva che ciò era ridicolo, perché quel che avrebbero fatto era di aspettare fino al momento in cui sarebbero giunte direttamente di fronte a lui, e quindi avrebbero fatto quell'elaborata prostrazione. Disse: “tutto quello che stanno facendo è sprecare il mio tempo. La maniera corretta è... Non è necessario che le veda prostrarsi; non è per il mio beneficio che stanno offrendo prostrazioni. Dovrebbero tutti prostrarsi prima di entrare nella stanza, in modo che poi entrino e facciano direttamente quello che vogliono fare.” Voglio dire, i tibetani di solito offrono le kata (sciarpe cerimoniali) o qualcosa di simile. Ma non fatene una sceneggiata. Non si sta cercando d'impressionare l'altra persona donandole qualcosa, anche una dimostrazione di rispetto come la prostrazione. Questo è importante quando i lama vengono in visita. Le prostrazioni sono per il nostro beneficio; non sono per il beneficio del maestro.
Inoltre, qualunque cosa abbiamo deciso di dare, è importante che la diamo noi stessi, personalmente. Atisha aveva un assistente, e l'assistente voleva fare tutte le offerte per il maestro – riempire le ciotole d'acqua e fare tutte queste cose – e il maestro disse: “è molto importante che faccia queste cose io stesso. Hai intenzione di mangiare anche per me?” Dobbiamo quindi farlo... se si ha intenzione di dare, se è possibile, farlo noi stessi, personalmente. E non cambiare idea o pentirsi. Una volta che abbiamo preso la decisione di dare qualcosa, è importante non cambiare la nostra idea o pentirci o riprenderci qualcosa indietro. Oppure insistere, quando abbiamo già dato qualcosa, che questa venga usata nel modo in cui noi vorremmo venisse usata, soprattutto quando diamo a qualcuno del denaro e poi insistiamo perché lo usi in questa o quella maniera. Oppure ancora, si dà qualcosa, e poi... doniamo una foto o qualcosa, e poi non la troviamo appesa al muro quando andiamo lì, e ci sentiamo molto feriti. Una volta che gliel'abbiamo data, è sua; non è nostra.
Ricordo una volta, a Dharamsala, c'era questo monastero dove la qualità del cibo era molto bassa e i monaci non stavano molto bene. E così, tra di noi occidentali, raccogliemmo del denaro e glielo offrimmo per comprare cibo migliore in modo tale che potessero mangiare meglio. E, naturalmente, una volta che consegnammo loro il denaro, venne usato solamente per acquistare più mattoni e costruire un tempio più grande e più bello. Questo infastidì davvero molti degli occidentali, che iniziarono a fare una grande sceneggiata: “dovete comprare cibo migliore,” e cose di questo tipo. Beh, la soluzione era: se volete che mangino meglio, comperate il cibo e dateglielo. Dategli il cibo, così lo debbono mangiare. Non si dà loro il denaro. E quindi si dev'essere un poco astuti. Ed inoltre, comprare quello che gli piace mangiare. E per i tibetani questo significa carne, sebbene alcuni occidentali possano pensare che non si tratti di una cosa tanto buona. Ma comprargli fagioli di soya o tofu, o qualcosa del genere, che non mangeranno mai e che non gli piace, non è appropriato, non è opportuno.
È come... Ero solito portare sempre qualcosa quando incontravo Serkong Rinpoche, e lo vedevo quasi ogni giorno, ma portavo sempre qualcosa. E dopo un po' mi rimproverò dicendomi: “perché mi stai portando tutte queste kata e questo incenso? Non ho bisogno di questa spazzatura.” La chiamò spazzatura. “È terribile. Tutti portano questa spazzatura. Cosa me ne faccio di un migliaio di kata, di queste sciarpe?” e disse: “se hai intenzione di portarmi qualcosa, portami qualcosa che mi piace e che posso usare.” E quindi sapevo che gli piacevano le banane, e gli portai una banana. Portiamo qualcosa che piace, se vogliamo fare un'offerta.
È anche importante portare cose di buona qualità, e non qualcosa che: “beh, non mi piace questo, per cui, ecco, prendilo tu.” Sebbene a volte si debba essere abili con le persone che non vogliono accettare nulla, e si dice: “qualcuno mi ha dato questo, ma non lo userò mai. Per favore, non lo voglio gettare via. Se tu lo vuoi...” Bisogna quindi usare mezzi abili in termini di dare cose alle persone. Ma, credetemi, questi lama hanno già abbastanza incenso; non hanno bisogno di duecento scatole di incenso.
Ci sono anche alcune cose che non è opportuno dare. Come nel caso in cui qualcuno stia seguendo una certa dieta, certe regole alimentari, non gli si offre del cibo che non considera corretto mangiare. Non si dà un hamburger ad un vegetariano; e se qualcuno è a dieta, non gli si porta una torta.
E se qualcuno desidera discutere con noi motivato dalla rabbia o dall'attaccamento, o dall'orgoglio, o soltanto da banale curiosità, è inopportuno discutere od offrirgli i testi buddhisti e così via. Insegniamo e discutiamo di Dharma, e così via, soltanto con persone che sono ricettive. Se non sono ricettive e vogliono solamente litigare con noi e cercare di denigrarci, non è opportuno insegnare o discutere con loro. È una perdita di tempo, e non fa altro che contribuire al loro stato mentale negativo, alla loro ostilità. Si insegna a chi ha una mente aperta, a chi vuole imparare.
Ed inoltre, nel caso in cui insegnassimo, è importante insegnare considerando il livello dell'altra persona; non gli si scarica addosso l'intero oceano del proprio apprendimento e conoscenza soltanto per provare quanto si è intelligenti. È importante dunque non dare insegnamenti troppo avanzati, sebbene a volte sia utile dare insegnamenti un poco più avanzati rispetto al livello a cui si trovano le persone, in un certo senso per ispirarle a lavorare più duramente - rendendoli un poco più accessibili per provare a capirli. E anche nel caso in cui le persone siano un po' arroganti. A volte Sua Santità il Dalai Lama insegna in un modo molto complesso a professori universitari e via dicendo, per dimostrare quanto gli insegnamenti buddhisti siano sofisticati, perché pensano “oh, questo è primitivo,” o cose del genere.
Ricordo una volta che andai con Serkong Rinpoche ad un centro di Dharma occidentale, e le persone lì volevano che Rinpoche insegnasse il capitolo sulla vacuità del testo di Shantideva, in due giorni. E questo è del tutto insensato; è veramente qualcosa che ci si impiega un anno o quasi per farla approfonditamente. Rinpoche insegnò per una parte del tempo, all'inizio, ad un livello così avanzato che nessuno poteva capire quello che stava dicendo, soltanto per sottolineare come fossero stati arroganti a pensare che fosse qualcosa di così semplice da poter essere concluso in due giorni. Non avevano richiesto un'introduzione oppure un sommario. “Insegnaci il capitolo.”
Quindi a volte è necessario, al fine di dare alle persone una sorta di lezione, insegnare ad un livello più avanzato. Ma in generale, a meno che non le si voglia ispirare o via dicendo, è importante insegnare ad un livello a cui le altre persone possano capire. Tuttavia in una grande folla, specialmente... Voglio dire, vedete quando Sua Santità il Dalai Lama insegna, lo fa un po' a ciascun livello delle persone che sono presenti. E quel che è più importante... Il più delle volte, egli insegna ad un livello molto avanzato. Beh, insegna ad un livello molto avanzato perché sta insegnando in realtà ai grandi lama e ghesce e kenpo che si trovano lì. È l'unico ad essere più avanzato di tutti e che possa insegnargli, in modo tale che loro poi possano insegnare e spiegare ai loro studenti. Non insegna dunque al minimo comune denominatore, perché ci saranno altre persone che possono insegnare a questo livello. In una situazione come questa, si insegna al livello più avanzato, in modo tale che l'insegnamento scenda in basso, per così dire, attraverso i ranghi.
Questa storia di Serkong Rinpoche – egli spiegò ad un livello così elevato e complicato soltanto le prime due parole del capitolo (non si trattava di tutta la cosa), solo per dimostrare, parola per parola, quanto fosse complicato.
Inoltre, ovviamente, è inopportuno dare alle persone veleno e armi, e cose del genere, che potrebbero essere usate per ferire se stessi o gli altri. È anche importante dare agli altri solamente quelle cose di cui hanno bisogno. Se qualcuno non ha bisogno di una cosa, ma la vuole soltanto per avidità ed attaccamento, come quando i nostri figli vogliono tutto il giorno la cioccolata, non è opportuno dargliela. E non guardano tutto il giorno la TV. Quindi così, dobbiamo avere questa consapevolezza discriminante: cos'è opportuno, cos'è inopportuno, quando non è opportuno dare, quando lo è, a chi è opportuno dare, e così via. Non praticare quello che... Trungpa Rinpoche coniò questa meravigliosa parola: compassione idiota - non si pensa: “Waah! Devo aiutare tutti a fare tutto,” quando a volte questo è invece inopportuno o stupido.