Definizione e implicazioni
La rinuncia (tib. nges-‘byung) è la determinazione ad essere liberi non soltanto da una qualche forma di sofferenza, ma anche dalle sue cause. Essa comporta la volontà di abbandonare quella sofferenza e le sue cause. Richiede quindi un grande coraggio. Non si tratta soltanto di aspirare ad ottenere qualcosa di bello senza pagarne un prezzo.
La rinuncia implica anche la convinzione nel fatto che sia possibile liberarsi di quella sofferenza e dalle sue cause. Non è solamente una pia illusione. E’ credere che un fatto sia vero (tib. Dad-pa) in tutti e tre i modi:
- Crederci con una mente chiara, limpida (tib. dang-ba’i das-pa), libera la mente da emozioni e atteggiamenti disturbanti circa l’o ggetto. Perciò, una corretta rinuncia libera la mente dall’indecisione, dall’autocommiserazione, e dal risentimento di dover rinunciare a qualcosa di desiderabile.
- Credere che un fatto sia vero basandosi sulla ragione (tib. yid-ches-pa). E’ necessario comprendere come la liberazione dalla sofferenza e dalle sue cause sia possibile.
- Credere ad un fatto con un’aspirazione verso di esso (tib. mngon-dad-kyi dad-pa). Come con i due stadi della bodhicitta (lo stadio dell’a spirazione e quello dell’impegno), non dobbiamo meramente desiderare, o volere rinunciare a qualche livello di sofferenza e alle sue cause, basandoci sulla convinzione che siamo in grado di farlo. Dobbiamo effettivamente rinunciare ad entrambi, quanto più ne siamo capaci attualmente, e impegnarci nelle pratiche che ci permetteranno alla fine di ottenere la libertà da essi per sempre.
Inoltre, la corretta rinuncia non è lo stesso di una breve circostanziale esaltata rinuncia (tib. sna-thung spu-sud-kyi nges-‘byung): l’entusiastica e fanatica rinuncia a tutto, basata su di una fede cieca che una fonte esterna ci salverà. Essa comporta un atteggiamento realistico rispetto al duro lavoro richiesto. Potremmo ottenere ispirazione da altri, ma dobbiamo lavorare noi stessi duramente.
In più, è necessario un atteggiamento realistico rispetto al modo in cui si progredisce. Liberarsi dal samsara non è mai un processo lineare, con le cose che migliorano ogni giorno. Fino a quando non ci libereremo per sempre, il samsara continuerà ad avere alti e bassi. Visti dalla prospettiva di un lungo periodo di tempo, si possono vedere i progressi, ma se guardiamo giorno per giorno, i nostri stati d’animo continueranno ad avere alti e bassi.
Perciò, abbiamo bisogno di disciplina e di pazienza per essere in grado di sopportarele difficoltà di seguire il sentiero buddhista, e dello scudo di unaperseveranza gioiosa (tib. go-cha’i brtson-‘grus) per persisterenonostante gli alti e bassi. Con la convinzione di una mente limpida che sostiene la nostra determinazione ad essere liberi, non diventeremo frustrati o costernati.
I due stadi della rinuncia secondo Tsongkhapa
Ne I tre aspetti principali del sentiero (tib. Lam-gtso rnam-gsum), Tsongkhapa differenzia:
- la rinuncia a scopo iniziale, con la quale rivolgiamola nostra preoccupazione primaria piuttosto che al beneficiare questa vita, al beneficiare le vite future;
- la rinuncia a scopo intermedio, con la quale rivolgiamo il nostro interesse primario piuttosto che al beneficiare le vite future, all’ottenere la liberazione dall’incontrollabile ricorrenza delle rinascite nel samsara.
Il primo è un livello di rinuncia sviluppata in comune con i non buddhisti che aspirano ad andare in paradiso. La seconda è esclusivamente buddhista.
Rinuncia Dharma “light”
Possiamo implementare questa differenziazione aggiungendo uno stadio preliminare, la versione Dharma ”light” (come la Coca Cola light). Rinuncia Dharma “light” significa spostare il nostro interesse primario dal gratificare l’immediato momento al beneficiare periodi successivi di questa vita, oppure successive generazioni.
La rinuncia Dharma “light,” tuttavia, è valida come parte del percorso buddhista soltanto quando la consideriamo meramente come un trampolino di lancioper raggiungere i due livelli del “vero” Dharma. Per raggiungere questi livelli, è necessario comprendere correttamente gli insegnamenti buddhisti sulla rinascita, e crederli in quanto fatti, basati sulla ragione. Altrimenti, in che modo potremo lavorare in maniera sincera per beneficiare le nostre vite future od ottenere la liberazione dall’incontrollabile ricorrenza delle rinascite?
Con la rinuncia Dharma “light” dunque, guardiamo ai problemi quotidiani che ci accadono nella vita – nelle relazioni, nell’affrontare le difficoltà, e via dicendo. Guardiamo anche alle cause di questi problemi, e abbiamo la volontà di rinunciare ad entrambi, al fine di migliorare la qualità di questa vita – e non solo nell’immediato, ma anche più in avanti nella vita. Questo tipo di rinuncia è ad un livello in comune alla psicoterapia.
Parallelamente a questo livello, si può avere una versione Dharma “light” del “prendere direzione sicura nella vita” (prendere rifugio). Prendiamo direzione sicura nella nostra vita lavorando per vivere con le nostre nevrosi in modo che ci causino soltanto problemi minimi. Guardiamo a coloro che hanno conseguito ciò, pienamente o in parte, come a coloro che indicano la via.
Rinuncia e direzione sicura provvisorie
Il Lam-rim (Gli stadi graduali del sentiero) presenta il tema del prendere direzione sicura inizialmente in termini di rinuncia a scopo iniziale. Qui, la rinuncia è basata sulla paura delle rinascite inferiori, e sulla fede nel fatto che i Tre Gioielli possano condurre a rinascite superiori. Come le versioni Dharma “light,” anche questo livello di rinuncia e direzione sicura è soltanto provvisorio. Si tratta anche qui di forme non complete, non definitive.
Il Gioiello del Dharma è vera cessazione della sofferenza e delle sue cause, e vero sentiero della mente (vero sentiero) che conduce [alla cessazione]. Allo stadio iniziale, tuttavia, il Gioiello del Dharma non è un effettivo, autentico Gioiello del Dharma. La sofferenza che si aspira a far terminare è soltanto una sofferenza di tipo grossolano; la sua causa è soltanto inconsapevolezza circa le cause e gli effetti comportamentali; la sua cessazione è solamente temporanea; e il sentiero è il trattenersi dai comportamenti distruttivi.
Inoltre, coloro che hanno conseguito il cosiddetto Gioiello del Dharma, sono quelli che stanno negli stati di rinascita superiore – gli esseri umani e gli dei, non i Buddha e non necessariamente la comunità degli arya sangha, di coloro dotati della cognizione non-concettuale della vacuità.
Rinuncia e direzione sicura definitive
Soltanto nello stadio intermedio del lam-rim troviamo la piena, definitiva rinuncia e la piena, definitiva direzione sicura. Le vere sofferenze, qui, sono di tutti e tre i tipi (dolore, cambiamento, e onnipervasiva), la vera causa è la non-consapevolezza della vacuità, la vera cessazione è per sempre – non solo temporanea, come raggiungere piani superiori di rinascita o gli stati meditativi – e il vero sentiero della mente è la cognizione non-concettuale della vacuità.
Conseguentemente, qui, prendiamo l’effettiva direzione sicura nelle nostre vite, e aspiriamo al vero, autentico Gioiello del Dharma della vera cessazione e del vero sentiero, così come esiste pienamente nel continuum mentale dei Buddha, e in parte nel continuum mentale degli arya sangha.
Il livello di rinuncia del bodhisattva e la direzione sicura
Nel livello avanzato del lam-rim della motivazione della bodhicitta, la rinuncia ha come scopo la libertà di tutti gli altri esseri dalla sofferenza samsarica e le sue cause – non solamente la loro sofferenza dal dolore, e non soltanto la sofferenza di alcuni esseri. Questo desiderio che tutti gli altri siano completamente liberi dalla sofferenza e dalle sue cause, con la convinzione che questo sia possibile, è chiamata “compassione.” La compassione è un aspetto del livello di rinuncia del bodhisattva.
Per sviluppare l’abilità di aiutare a liberare tutti gli altri esseri, è necessario l’altro aspetto della rinuncia del bodhisattva. E’ necessario rinunciare non soltanto agli oscuramenti emozionali (tib. nyon-sgrib) che impediscono la nostra liberazione, ma anche agli oscuramenti cognitivi (tib. shes-sgrib) che impediscono la nostra onniscienza. Nuovamente, questo implica comprendere l’onniscienza, gli oscuramenti che la ostacolano, e una ferma convinzione che sia possibile liberarsi per sempre da essi. Implica anche la ferma convinzione che tutti abbiano la possibilità di liberarsi per sempre da questi oscuramenti.
Osservazioni conclusive
Lungo tutto il sentiero buddhista, dunque, è necessaria la volontà di rinunciare alla sofferenza e alle sue cause. Pertanto, dobbiamo riconoscere come fonti della nostra sofferenza: il nostro egoismo, la nostra pigrizia, attaccamento, collera, e via dicendo; abbandonarle quanto più ci è possibile ora; e sforzarci il prima possibile di liberarci da esse per sempre.
Nel tantra, è necessaria una rinuncia ancora più profonda. Si deve essere disposti a rinunciare, e quindi a lasciare effettivamente andare, per quanto possibile, le immagini ordinarie che abbiamo di noi stessi e il nostro identificarci con esse. La rinuncia è veramente una pratica molto profonda e di vasta portata, dal Dharma “light” fino al tantra supremo.