La rinuncia: metodo di analisi

Il significato della rinuncia: la determinazione ad essere liberi

Questo fine settimana parleremo di un argomento centrale degli insegnamenti buddhisti – la determinazione ad essere liberi, solitamente tradotta come “rinuncia”. Questo termine è un po’ difficile da comprendere, e il motivo principale penso risieda nel fatto che non trasmette bene il significato dei termini originali in sanscrito o tibetano.

Nelle lingue originali, il termine possiede la connotazione di diventare certo, definito; e ha l’ulteriore connotazione di essere certi di voler abbandonare qualcosa. Se guardiamo più in profondità, riusciremo a capire il modo in cui l’ho tradotto: una determinazione ad essere liberi, ad essere liberi da varie fonti di sofferenza e problemi, da vari limiti.

Ciò che stiamo rinunciando, ciò che vogliamo abbandonare e da cui vogliamo liberarci, sono i nostri vari problemi, i limiti e le loro fonti o cause. Dopotutto, il tema centrale degli insegnamenti buddhisti è di eliminare la sofferenza. Tutto ciò che il Buddha insegnò era inteso ad aiutare le persone a superare i vari problemi che affrontano nella vita – non solo in questa vita, ma da una vita all’altra.

Le quattro nobili verità

Lo possiamo vedere molto chiaramente dal primo insegnamento del Buddha, che fu sulle quattro nobili verità. Questi sono i vari fattori che gli altamente realizzati, gli arya, coloro che hanno visto la realtà in modo non concettuale, hanno scoperto.

  • Molte persone hanno identificato vari problemi differenti nella vita, ma ciò che il Buddha ha individuato era il vero problema, il problema più profondo.
  • Altri sono stati in grado di scoprire varie cause di problemi diversi che abbiamo, ma il Buddha ha trovato la vera causa, la causa più profonda di questi problemi.
  • Altri hanno compreso che possiamo trovare sollievo dai nostri problemi, li possiamo bloccare fino a un certo punto, ma il Buddha ha capito che quello che sostenevano era solo un sollievo temporaneo; i problemi tornavano di nuovo. Il Buddha ha realizzato ciò che sarebbe il vero arresto dei problemi.
  • Altri avevano visto che certe tipologie di comprensione ci aprono un sentiero che porterebbe alla liberazione, un vero arresto dei nostri problemi, e hanno anche insegnato che quella comprensione sarebbe una comprensione della realtà. Ma il buddha ha capito che il loro insegnamento non era abbastanza profondo, non sufficientemente efficace, e dunque ha insegnato ciò che era il vero sentiero, ciò che era la vera comprensione in termini di una vera descrizione della realtà. Se capiamo questo, ciò genererà un vero arresto al livello più profondo delle vere cause dei nostri veri problemi.

Quando cerchiamo di comprendere e lavorare con queste quattro nobili verità, è molto importante identificare quali siano i fraintendimenti riguardo i nostri problemi, le loro cause, i loro arresti e le comprensioni che genereranno i loro arresti, e perché sono errati o insufficienti, e poi comprendere quali siano i quattro fatti effettivi – queste quattro nobili verità. Questo è il modo in cui lavoriamo con queste verità.

Ma per superare i nostri problemi e i limiti, ciò che sono questi veri problemi, abbiamo bisogno di sviluppare la determinazione ad essere liberi da essi. Questo non significa semplicemente dire, “Vorrei liberarmi da questi problemi”, ma vuol dire inoltre che siamo determinati a liberarci dalle loro cause, le loro vere cause, perché abbiamo identificato quali sono queste vere cause.

Il lam-rim, gli stadi graduali del sentiero

I vari problemi e limiti che affrontiamo sono trattati nella struttura nota come lam-rim, gli stadi graduali del sentiero. Con questi, lavoriamo per superare i vari livelli dei problemi in maniera progressiva.

Se esaminiamo ciò che il Buddha aveva identificato come i veri problemi, ne abbiamo tre livelli diversi:

  • Infelicità – questo solitamente si riferisce alla sofferenza della sofferenza, ma fondamentalmente all’infelicità. L’infelicità più drammatica che sperimentiamo riguarda gli stati di rinascita peggiori.
  • Una volta che abbiamo affrontato questo, possiamo poi concentrarci sul livello successivo di problemi: la nostra felicità ordinaria, che non dura mai, non ci soddisfa mai, eccetera.
  • Alla base di questa felicità problematica ordinaria, nonché dell’infelicità, c’è un terzo livello di sofferenza, che si manifesta nella nostra rinascita che si ripete in modo incontrollabile. Questa è la base per sperimentare gli alti e bassi incontrollabili della nostra esperienza di vita, ovvero i momenti felici e infelici.

Poi, a un livello più profondo, sebbene il Buddha non citò quest’altro problema, parlando di vera sofferenza, la prima nobile verità, un problema ulteriore consiste nei nostri limiti nell’essere in grado di aiutare gli altri, ed è necessario superare anche questa difficoltà.

I tre livelli della motivazione graduale

I tre livelli della motivazione graduale del lam-rim affrontano questi vari problemi e limitazioni. 

  • Con una motivazione di ambito iniziale, lavoriamo per superare l’infelicità, specificatamente l’infelicità degli stati peggiori di rinascita.
  • Con una motivazione intermedia, lavoriamo per superare i problemi della felicità ordinaria, della felicità insoddisfacente, degli stati di rinascita migliori, e della rinascita che si ripete in modo incontrollabile.
  • Con una motivazione di ambito avanzato, lavoriamo per superare i limiti che ci impediscono di essere onniscienti, di conoscere tutti i modi per aiutare tutti.

Con ciascuno di questi ambiti di motivazione graduale, possiamo parlare di una determinazione ad essere liberi da quel livello di problema o limite. Sebbene gli insegnamenti specificatamente sulla rinuncia, la determinazione ad essere liberi, si trovino nei testi del lam-rim nel contesto dell’ambito di motivazione intermedia, possiamo applicare questo principio che vogliamo sviluppare – questa determinazione ad essere liberi – a tutti i tre stadi del lam-rim.

Tsongkhapa, la fonte della tradizione Gelug, indica proprio questo nel suo testo I tre aspetti principali del sentiero – un testo molto importante della tradizione. Qui lui parla di due livelli di rinuncia, due livelli di questa determinazione ad essere liberi. Parla prima della rinuncia con cui non aspiriamo a provare le cose piacevoli di questa vita, dato che ci impediscono di sfruttare al meglio la nostra preziosa rinascita umana, ma invece sviluppiamo un interesse particolare, un interesse principale di migliorare le vite future. Questo è il primo livello di rinuncia, e ciò indica quello che sviluppiamo al livello iniziale. Vogliamo interessarci alle nostre vite future, alle nostre future rinascite, e ovviamente vogliamo evitare rinascite peggiori. Per fare questo, abbiamo bisogno di cambiare il nostro focus principale: non cerchiamo di beneficiare solo questa vita, ma puntiamo a migliorare le nostre vite future con la determinazione di liberarci da questa ossessione per la vita in cui ci troviamo ora.

Stiamo cercando di espandere la nostra mente, la nostra comprensione, il nostro modo di vedere le cose, tralasciando le ricompense immediate di questa vita – le conseguenze immediate di quello che facciamo – e concentrandoci sulle conseguenze di lungo termine delle nostre vite future. Questo vuol dire i potenziali, le abitudini, le tendenze e così via, che accumuliamo sui nostri continua mentali e che proseguiranno e avranno conseguenze di lungo termine.

Il secondo livello di rinuncia che Tsongkhapa cita nel suo testo è la rinuncia con cui non aspiriamo a provare le cose piacevoli delle vite future, ma sviluppiamo invece un interesse intenso ad ottenere la liberazione. Quando pensiamo alla rinuncia, solitamente pensiamo a questo. 

La tradizione Sakya di “Liberarsi dai quattro attaccamenti”

Uno dei testi fondamentali della tradizione Sakya si intitola Liberarsi dai quattro attaccamenti. Fu rivelato da Manjushri a Sachen Kunga Nyingpo, il primo dei cinque grandi maestri fondatori della tradizione Sakya in Tibet. Sachen Kunga Nyingpo nacque 34 anni dopo la morte di Atisha, il grande maestro indiano che introdusse gli insegnamenti graduali del lam-rim in Tibet. Il testo recita: 

Se ti attacchi a questa vita, non sei un praticante di Dharma. Se ti attacchi al samsara (la rinascita che si ripete in maniera incontrollabile), questa non è rinuncia. Se ti attacchi ai tuoi obiettivi, questo non è l’obiettivo di bodhichitta. Se ti afferri ad un’esistenza stabilita da sé, questa non è la visione.

Nella tradizione Sakya, allora, il materiale che troviamo prima con Atisha e la tradizione Kadam che si è evoluta a partire da lui, e dopo nei testi lam-rim della tradizione Gelug, è organizzato in termini di questa determinazione ad essere liberi, e di liberarsi dall’attaccamento a questi quattro fenomeni differenti.

Penso sia molto importante, per superare un punto di vista settario secondo cui potremmo pensare che “Noi abbiamo la verità esclusiva del nostro lignaggio”, comprendere che nelle varie tradizioni tibetane viene presentato lo stesso materiale, strutturato però in modo leggermente diverso. E perché no? Avere molti modi differenti di organizzare il materiale – l’architettura delle informazioni, la chiamiamo nell’era digitale – aiuta a incontrare i vari bisogni di un’ampia varietà di lettori e fruitori.

Al momento sono coinvolto nella creazione del nostro nuovo sito web, e a questo scopo abbiamo identificato le sei tipologie più comuni di lettori. In base a questo, stiamo pianificando lo sviluppo di un’architettura informativa che si adatti a ciascuno di queste tipologie di lettori, in modo tale che ognuno possa accedere al materiale nel modo più semplice. È la stessa cosa, in termini di come si può organizzare il materiale dei sutra seguendo il lam-rim, oppure seguendo la struttura di Liberarsi dai quattro attaccamenti, o la struttura dei Quattro pensieri che volgono la mente al Dharma, eccetera. Ci sono molte architetture informative per il Dharma.

Nel contesto dell’insegnamento Liberarsi dai quattro attaccamenti, vediamo che i due tipi di rinuncia o determinazione ad essere liberi sottolineati da Tsongkhapa corrispondono alla liberazione dai primi due tipi di attaccamento spiegati da Sachen Kunga Nyingpo: attaccarsi a questa vita e attaccarsi al samsara. Il maestro Sakya aggiunse a queste due la determinazione ad essere liberi dall’attaccamento alle nostre preoccupazioni egocentriche – l’egoismo – e l’attaccarsi ad un’esistenza che si stabilisca da sé. Entrambe sono incluse nella presentazione di Tsongkhapa sulla motivazione dell’ambito avanzato.

Il Dharma “light” e il vero Dharma

Penso che potremmo anche aggiungere un altro livello qui, un livello che ho chiamato Dharma “light” contrapposto al “vero Dharma”, ovvero gli insegnamenti buddhisti senza la presentazione della rinascita. Sua Santità il Dalai Lama utilizza un’architettura informativa leggermente diversa per presentare lo stesso punto, quando parla di scienza buddhista, filosofia buddhista, e religione buddhista.

La scienza e la filosofia buddhista sarebbero ciò che io chiamo Dharma “light”, che forse non è il termine migliore. La scienza e la filosofia buddhista sono dei termini più rispettabili – Sua Santità è certamente più abile di me. La religione buddhista si riferirebbe al vero Dharma. È semplicemente un’architettura informativa differente. Certamente non intendo sminuire la scienza e la filosofia buddhista come qualcosa di meno reale della religione buddhista utilizzando le parole Dharma “light” e “vero Dharma”, quindi spero che le persone non fraintendano.

Questo livello di rinuncia del Dharma “light”, che penso sia importante avere prima dei quattro livelli standard – ovvero prima di credere nella rinascita – sarebbe rinunciare a lavorare soltanto per il beneficio nel breve termine di questa vita, invece di essere interessati al beneficio di lungo termine in questa stessa vita. Ad esempio, indebitarsi molto per comprare una nuova macchina, un nuovo computer, un nuovo appartamento e così via e non pensare affatto che non saremo mai in grado di ripagare il debito. Dunque, non pensare alle conseguenze di lungo termine di questa vita, ma puntare semplicemente alla gratificazione immediata di ciò che vogliamo ora. Abbiamo bisogno di sviluppare la determinazione ad essere liberi da questo, perché produce problemi incredibili, giusto? Questo sarebbe il livello di Dharma light, e possiamo vedere che è un livello molto serio, non è qualcosa che possiamo prendere alla leggera.

Penso che possiamo anche aggiungere, oltre a questi quattro livelli di liberarsi dell’attaccamento, un livello specifico per il tantra. Nel tantra, abbiamo bisogno di sviluppare la determinazione ad essere liberi dalla creazione di apparenze ordinarie e dall’attaccamento ordinario a queste apparenze. In altre parole, attaccarsi al fatto che le nostre menti danno origine ad apparenze ordinarie di corpi e ambienti samsarici, invece di avere come interesse principale le nostre menti che danno origine alle apparenze di forme di Buddha (yidam) e mandala – apparenze pure. E invece di attaccarsi a un’esistenza che si stabilisce da sé di apparenze samsariche ordinarie o di queste cosiddette apparenze nirvaniche dei mandala eccetera, il nostro interesse principale è nella vacuità di queste apparenze.

L’importanza della meditazione analitica

In questo fine settimana, vorrei discutere tutti questi livelli differenti di determinazione ad essere liberi. Per ciascuno di essi, propongo di seguire uno schema d’analisi. Sua Santità il Dalai Lama sottolinea sempre l’importanza della cosiddetta “meditazione analitica”. È questo che genera in noi una comprensione e una trasformazione chiara, invece di recitare mantra o compiere dei rituali. Sua Santità sottolinea questo tutto il tempo, perché le persone tendono a limitare la loro pratica del Dharma ai rituali e alle recitazioni senza quasi nessuna comprensione, e ciò apporta davvero pochi benefici.

Il Buddha non ci ha insegnato che se vogliamo superare i nostri problemi, il vero sentiero per superarli è di pregare di esserne liberi. Ci ha insegnato che il vero sentiero per eliminare l’ignoranza – l’inconsapevolezza che è alla base dei nostri problemi – è la comprensione della realtà. Non pregate semplicemente di essere liberi.

Ci sono molte tipologie differenti di schemi analitici che possiamo usare per cercare di comprendere gli insegnamenti buddhisti. Ciò che si usa nel Buddhismo è lo schema educativo in tre parti che si trova in tutti i sistemi indiani di educazione:

  • Bisogna ascoltare gli insegnamenti e convincersi di averli ascoltati correttamente.
  • Poi bisogna pensare a quello che avete letto, o ascoltato, per comprenderlo e analizzarlo per convincersi che l’insegnamento è corretto.
  • Poi la meditazione consiste nel familiarizzare la mente con quella comprensione, in modo tale da integrarla nella nostra vita. Questo si fa tramite la ripetizione, quella che spesso è comunemente chiamata “pratica”.

L’analisi poi è presente sia nel processo cognitivo che in quello meditativo, ma a volte c’è un po’ di confusione in questo ambito. Abbiamo bisogno di analizzare per comprendere un certo insegnamento, e dunque l’analisi è molto coinvolta in questo secondo passo, il processo cognitivo. Se volete chiamarla meditazione, va bene, ma questo non è il significato classico di meditazione. Ma per la gran parte di noi, questo è ciò che facciamo quando ci impegniamo nella cosiddetta meditazione analitica. Cerchiamo di comprendere, di capire qualcosa.

Come risultato di questa analisi, giungiamo a una conclusione. Ad esempio, la conclusione che ciò che possiedo in questa vita è impermanente; non durerà per sempre. Dunque, arriviamo a una conclusione, ne siamo convinti, e capiamo perché la conclusione è corretta: in questo caso, le cose sono impermanenti. Questa è la conclusione del processo cognitivo.

Poi, il processo di meditazione è quando l’abbiamo già compreso e ora vogliamo discernerlo (traduco qui la parola analisi più precisamente come discernimento). In altre parole, facciamo nuovamente tutta questa analisi, ma questa volta non per convincersi e capire – l’abbiamo già capito – ma per rinfrescarlo nella nostra mente, in modo tale da poter discernere, ad esempio, che la mia giovinezza, la mia salute, è impermanente. Non durerà per sempre. Questa vita non durerà per sempre, e dunque discerniamo questo fatto. Questa tecnicamente si chiama “meditazione analitica”.

E poi la stabilizzi – si chiama infatti “meditazione stabilizzante”. Dunque, ci concentriamo sul nostro corpo, ad esempio, e abbiamo la comprensione generale che è impermanente, e rimaniamo concentrati su tale comprensione con tutte le istruzioni dello shamatha – uno stato mentale calmo e posato. Ciò stabilizza la comprensione.

Una volta ottenuta una comprensione stabile con uno stile di meditazione shamatha sul fatto che il nostro corpo è impermanente, allora possiamo provare, il che è molto difficile, ad applicare lo stile di meditazione vipashyana. A questo livello non stiamo parlando degli stati effettivi di shamatha e vipashyana – ma di quello stile di meditazione. Lo stile della meditazione vipashyana è che allora ci concentriamo nuovamente sul corpo, con quella comprensione della sua impermanenza, ma invece di avere la comprensione generale dell’impermanenza come facciamo con lo stile di meditazione shamatha, noi discerniamo tutti i dettagli e tutte le ragioni, potendolo fare senza divagazione mentale – senza avere pensieri o torpore mentale. Dunque, si tratta di uno stato molto più avanzato del semplice shamatha, ma è sulla base dello shamatha che abbiamo la vipashyana. Tutto questo è molto chiaro nella presentazione di questi punti da parte di Tsongkhapa nel Lam-rim chen-mo, la sua Grande presentazione degli stadi graduali del sentiero.

Penso sia molto utile comprendere e sapere queste varie fasi di come trasformiamo i nostri atteggiamenti, trasformiamo la nostra comprensione e il nostro comportamento, attraversando queste varie fasi di ascoltare gli insegnamenti, riflettere su di essi, e meditare in termini di meditazione analitica o di discernimento, stabilizzandola poi con gli stili di meditazione shamatha e vipashyana. Questo è un processo graduale, un sentiero graduale.

Uno schema analitico allora è molto utile per essere in grado di addestrarci in questo processo. Nei vari scritti di Tsongkhapa, possiamo trovare molti schemi analitici differenti con cui spiega come meditare in modo appropriato – in altre parole sapere su cosa concentrarci, sapere come la mente si concentra su quell’oggetto, molti fattori differenti. Queste sono istruzioni estremamente benefiche e importanti da imparare, se vogliamo progredire seriamente utilizzando i metodi buddhisti di meditazione.

Essere creativi con la meditazione analitica

Poi abbiamo bisogno di essere creativi. Essere creativi significa che, sebbene Tsongkhapa e i grandi maestri non specificarono come applicare tutti questi metodi a ciascun piccolo punto del Dharma, abbiamo bisogno di mettere insieme vari metodi analitici che abbiamo imparato dai testi e applicarli a ciascun punto particolare del Dharma che vogliamo comprendere e sviluppare in noi stessi. Penso sia un processo molto creativo – non che inventiamo qualcosa di nuovo, ma mettiamo insieme i vari pezzi che abbiamo imparato creando uno schema che sarà appropriato per l’argomento su cui vogliamo lavorare.

È come un dottore che impara varie cose dai libri di medicina, ma poi deve mettere insieme i vari pezzi secondo quello che ha imparato, per poter lavorare con ciascun paziente e le varie malattie specifiche. In maniera simile, in un certo senso ci stiamo addestrando con il Dharma per diventare dottori della mente – non nel senso di psichiatri o psicologi ma, in quanto praticanti buddhisti, riuniamo insieme ciò che abbiamo imparato da tutti gli insegnamenti in un metodo efficace che ci permette di affrontare ogni problema specifico che emerge nella nostra vita. In base a questa metodologia, ho creato uno schema per lavorare con la determinazione ad essere liberi in ciascuno di questi sei livelli che ho specificato.

Se vogliamo lavorare su vari problemi utilizzando i metodi buddhisti, è molto importante essere organizzati, avere una procedura su come affrontare effettivamente il problema e, ovviamente, seguire – di questi tempi lavoro tantissimo con internet – ciò che è chiamato in questo settore “l’approccio agile”. Con questo approccio, modifichiamo ciò che stiamo facendo man mano che andiamo avanti, in base a quello che succede. Se adottiamo un certo approccio, un certo metodo, e man mano che ci lavoriamo su scopriamo che vengono alla luce alcuni problemi, allora modificheremo il nostro approccio in modo tale da prenderci cura anche di quei problemi. Magari sarà necessario cambiare alcune cose – questo è l’approccio agile.

Quando iniziamo qualunque progetto, e nello specifico quando lavoriamo su noi stessi, è molto importante non diventare rigidi e inflessibili. Non significa che dobbiamo inventare cose nuove, ma vuol dire semplicemente che siccome abbiamo una vasta conoscenza del Dharma, allora in qualunque situazione ci troviamo mentre lavoriamo su noi stessi, se emerge qualcosa di inaspettato, ad esempio all’improvviso viene fuori tantissima paura nella nostra meditazione, allora introduciamo qualcos’altro che abbiamo imparato nel Dharma per affrontare questo problema specifico che è emerso. Questo vuol dire essere agili e flessibili. 

Ecco perché Sua Santità sottolinea così tanto l’educazione. L’educazione buddhista – se vogliamo seguire le pratiche buddhiste, abbiamo bisogno di conoscerle; abbiamo bisogno di conoscere gli insegnamenti. 

Confutazione eccessiva e confutazione insufficiente dell’oggetto da confutare

Okay, ecco lo schema che ho messo insieme e che trovo molto utile. Se volete, potete aggiungere altri dettagli a questo schema per la vostra pratica.

Innanzitutto, abbiamo bisogno di adottare il punto principale che Tsongkhapa sottolineò moltissimo nella sua discussione su come si fa la meditazione vipashyana sulla vacuità, ovvero identificare correttamente l’oggetto da confutare, e non confutarlo eccessivamente o in modo insufficiente. Questo è un approccio molto intelligente e ragionevole che Tsongkhapa sottolineò così tanto – dobbiamo renderci conto che questo punto può essere applicato con grande efficacia a quasi tutti gli insegnamenti del Dharma – ogni punto del lam-rim.

  • Identificate l’oggetto da confutare che vogliamo eliminare.
  • Non confutatelo eccessivamente eliminando troppo.
  • Non confutatelo in modo insufficiente eliminando così troppo poco.

Qui, dunque, abbiamo bisogno di identificare correttamente l’oggetto di cui vogliamo liberarci – in altre parole, non vogliamo essere liberi da qualcosa di più di questo, perché non è necessario e potrebbe anche essere dannoso. E non vogliamo nemmeno liberarcene in modo insufficiente, perché così avremmo ancora un problema.

Identificare le cause e gli svantaggi dell’attaccamento

Molti altri passi seguono da questo:

  • Come suggerito dalla seconda nobile verità, abbiamo bisogno di identificare correttamente la causa di attaccarsi a questo.
  • Poi l’approccio adottato in tutti gli insegnamenti del lam-rim è di identificare gli svantaggi di attaccarsi a questo. Ciò ci aiuta ad essere motivati ad eliminarlo. Troviamo questo nei Quattro pensieri che volgono la mente al Dharma, meditare sugli svantaggi del samsara. Dobbiamo applicarlo qui perché è molto rilevante.
  • Poi, come suggerito dalla terza nobile verità, il vero arresto, abbiamo bisogno di avere un’idea chiara e corretta di ciò a cui stiamo puntando, e nuovamente, di non sopravvalutarla o sminuirla.
  • Poi dobbiamo sapere quali sono i benefici di ottenere questa libertà?
  • E cosa faremo quando avremo ottenuto questo stato di libertà? Non vorremo semplicemente passare il tempo in qualche terra pura godendoci la vita; non è questo ciò che vogliamo fare con la nostra liberazione, ad esempio.
  • Poi, in termini della quarta nobile verità, abbiamo bisogno di avere un’idea chiara e corretta dei metodi per ottenere questa libertà, e non sopravvalutare o sminuire la loro efficacia.
  • E poi seguendo l’approccio della natura di Buddha, abbiamo bisogno di aver fiducia che il metodo funzionerà – e non sopravvalutare o sminuire la sua efficacia – e che possiamo raggiungere l’obiettivo mettendo in pratica tale metodo. 

Questa è la metodologia che voglio applicare alla nostra determinazione ad essere liberi da questi sei livelli di situazioni e abitudini problematiche in cui ci troviamo. Che domande avete?

Domande sulla purificazione del karma

Quando cerchiamo di eliminare il karma negativo, stiamo effettivamente cercando di eliminare tutto il karma negativo che abbiamo, o stiamo cercando di abbandonare tipologie specifiche di ostacoli karmici? In altre parole, ci sono certe eliminazioni che ottieni con ciascuna pratica, e questo vuol dire che in fondo non stiamo eliminando tutto il karma?

Bisogna distinguere se stai lavorando specificatamente per purificare il karma, in altre parole per purificare ed eliminare le tendenze e i potenziali karmici, oppure se stai lavorando per eliminare le emozioni disturbanti che li attivano, le quali generano l’accumulazione di ulteriori potenziali karmici.

Quando lavoriamo con le pratiche di purificazione, solitamente puntiamo ad eliminare solo i potenziali negativi, non i potenziali karmici positivi; tuttavia, per ottenere la liberazione dal samsara, dobbiamo anche sbarazzarci dei potenziali karmici positivi. Ma cominciamo con quelli negativi. Se facciamo la purificazione di Vajrasattva, ad esempio, ci concentriamo sul purificare i potenziali negativi, e questo li disattiverà in un certo senso, ma non li eliminerà totalmente dal nostro continuum mentale. Non matureranno in sofferenza, ma comunque rallenteranno il nostro raggiungimento della liberazione – Tsongkhapa è molto chiaro su questo punto.

Avere una pratica di purificazione di Vajrasattva di successo – che è estremamente difficile da fare perché richiede una perfetta concentrazione, una perfetta motivazione eccetera – non assicura che non accumuleremo più potenziali negativi. Ma se vogliamo eliminare tutti i potenziali e le tendenze karmiche, incluso quelle positive, quelle che semplicemente perpetuano il samsara, allora abbiamo bisogno di meditare sulla vacuità.

In questo caso, non stiamo facendo una pratica specifica di purificazione nello stile di Vajrasattva. Ma, come indicato molto chiaramente nei dodici anelli dell’origine dipendente, ciò a cui stiamo puntando con la nostra meditazione sulla vacuità è di eliminare i nostri atteggiamenti ed emozioni disturbanti che attiveranno potenziali e tendenze karmiche. Vogliamo sbarazzarci del primo anello dell’origine dipendente, che è l’inconsapevolezza o ignoranza, che ci farebbe accumulare ulteriori potenziali karmici, positivi o negativi.

L’ignoranza, o inconsapevolezza, è ciò che causa le emozioni disturbanti, le quali causano il comportamento karmico compulsivo, che a sua volta genera ulteriori potenziali e tendenze karmiche, positive o negative.

E ricordate, i potenziali karmici positivi ci legano al samsara tanto quanto quelli negativi. Accumuliamo potenziali karmici positivi quando ci aggrappiamo a questo senso di voler essere un perfezionista, ad esempio, perché “io devo essere perfetto”. Beh, questo migliorerà il vostro samsara, ma è sempre samsara. È positivo, ma si tratta sempre di samsara.

Poi quando lavoriamo con la comprensione della vacuità per fermare inizialmente questi dodici anelli dell’origine dipendente, innanzitutto lavoreremo sull’eliminazione delle emozioni disturbanti e dell’inconsapevolezza basati su dottrine, e poi elimineremo quelle che sorgono in modo automatico – quindi ci sono varie fasi. Così ci sbarazzeremo degli oscuramenti emotivi, e otterremo la liberazione – non ci saranno più potenziali o tendenze karmiche. Ma poi abbiamo bisogno di eliminare le oscurazioni cognitive che impediscono l’onniscienza, e per questo continuiamo a lavorare con la comprensione della vacuità. Qui ci concentriamo sull’eliminazione delle abitudini costanti non solo di aggrapparci a un’esistenza veramente stabilita in sé e per sé, ma anche delle abitudini costanti del karma.

Questo schema di pensare ai benefici e ai difetti è molto logico; si basa sulla ragione. Ma a volte il nostro comportamento non è così logico. È irrazionale; ad esempio, potremmo sapere logicamente che non è necessario per noi vedere alcuni video su YouTube, ma tuttavia lo facciamo. O ad esempio, ci sono alcune pratiche come forse le pratiche dei mantra che sembrano piuttosto illogiche, ma forse possono aiutare per questo comportamento irrazionale. Oppure d’altro canto, forse potresti anche spiegare quali siano le ragioni alla base della pratica dei mantra.

Innanzitutto, abbiamo bisogno di renderci conto come la nostra inconsapevolezza o ignoranza, e le abitudini che si sono accumulate per via di questo non hanno alcun inizio sui nostri continua mentali. Ciò significa che sono molto, molto forti. Non sarà facile superare questa forza incredibile di abitudini negative, perché si sono accumulate da un tempo senza inizio. In aggiunta ad una comprensione corretta della realtà che si oppone direttamente alla nostra inconsapevolezza, la nostra ignoranza, abbiamo bisogno di una quantità enorme di forza positiva affinché le nostre menti siano in grado di superare quest’inerzia di negatività che si è accumulata da un tempo senza inizio. Se comprendiamo questo in profondità, allora diventa perfettamente ragionevole che abbiamo questo insegnamento di accumulare forza positiva per tre zilioni di eoni per essere in grado di raggiungere l’illuminazione. Perché? Perché ci stiamo opponendo ad una quantità di negatività che non ha alcun inizio. Così riusciremo a capire, e avremo pazienza.

Ci sono molti modi per accumulare forza positiva – il cosiddetto “merito”. Non voglio fare delle grandi liste, ma tu hai chiesto specificatamente dei mantra, e se l’uso del mantra sia qualcosa di razionale o irrazionale. Il mio maestro Serkong Rinpoche spesso diceva che le tre cose più potenti nell’universo sono la tecnologia, la medicina, e i mantra. Non era una persona irrazionale, era uno dei maestri di Sua Santità il Dalai Lama – molto razionale – il maestro di dibattito di Sua Santità. Ci sono voluti molti decenni di riflessione prima di cominciare ad avere un’idea di cosa volesse dire riguardo l’importanza dei mantra. Al livello più profondo – la parola letteralmente significa ‘proteggere la mente’- i mantra lavorano sulla modellazione delle energie sottili del corpo. Queste energie sottili del corpo agiscono come i trasportatori dei nostri atteggiamenti ed emozioni disturbanti.

Possiamo comprendere questo usando un esempio semplice di quando siamo nervosi. C’è chiaramente un’energia nervosa nella nostra mente, non solo nel corpo, quando siamo disturbati e nervosi. La nostra mente non è lucida e spesso i pensieri si scatenano. Nelle arti marziali e nello yoga ci sono vari metodi fisici per lavorare su queste energie sottili, e per poterle controllare in modo tale da influenzare la mente. Negli insegnamenti buddhisti, sottolineiamo i mantra come un metodo più sottile di lavorare con queste energie sottili; modellarle e controllarle, e questo ha anche un effetto enorme sui nostri stati mentali e il comportamento. Come la medicina e la tecnologia, è uno dei metodi più potenti per beneficiare noi stessi e tutti gli altri.

Ovviamente, il livello con cui lavoriamo adesso quando recitiamo i mantra è un livello iniziale – ci sono molti altri livelli più avanzati nella classe più elevata del tantra, l’anuttarayoga tantra. Ma cominciamo a questo livello. Cercate solo di non recitare i mantra con la comprensione errata che queste siano come parole magiche e che se le recitiamo abbastanza spesso, vinceremo un premio, una ricompensa.

Quando chiesi al giovane Serkong Rinpoche, la reincarnazione del mio maestro, cosa intendesse dire il suo predecessore quando affermava che i mantra sono una delle tre cose più potenti al mondo, lui rispose che si stava riferendo al mantra della prajnaparamita (la perfezione della saggezza o la consapevolezza discriminante di vasta portata) nel Sutra del cuore:

“Poiché è così, la lungimirante consapevolezza discriminante è il (grande) mantra che protegge la mente, il mantra che protegge la mente di grande conoscenza, il mantra che protegge la mente che è insorpassato, il mantra che protegge la mente pari all’ineguagliato, il mantra che protegge la mente che pacifica completamente tutta la sofferenza. Poiché non è ingannevole, deve essere conosciuto come la verità. Nella lungimirante consapevolezza discriminante, il mantra che protegge la mente è stato proclamato, ‘Tadyatha, (om) gate gate paragate parasamgate bodhi svaha. La natura effettiva: andato, andato, andato oltre, andato ben oltre, stato purificato, così sia’. O Shariputra, un bodhisattva mahasattva dalla grande mente ha bisogno di addestrarsi così (per il comportamento che sia) nella profonda e lungimirante consapevolezza discriminante”.

Se comprendiamo la pratica del mantra in termini della pratica della lungimirante consapevolezza discriminante della vacuità, allora è in effetti la cosa più potente dell’universo. Dunque, possiamo comprendere il potere dei mantra sia dal lato del metodo che da quello della saggezza.

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