Spiegazione delle azioni per l’addestramento a partire dal prendere rifugio

Sono stati definiti vari tipi di azioni per il modo in cui addestrarci a porre effettivamente la direzione sicura di Buddha, Dharma e Sangha nella nostra vita. Indicano chiaramente l’applicazione pratica del rifugio nella nostra vita quotidiana e ciò che effettivamente dobbiamo fare per mantenere questa direzione. 

Per questo, ci sono due elenchi di azioni per l’addestramento. Uno proviene da un testo scritto da un maestro buddhista indiano del passato, Asanga, intitolato Il compendio per l’accertamento (gTan-la dbab-pa bsdu-ba, scr. Vinishcaya-samgraha). L’altro deriva da quelli che sono chiamati gli “insegnamenti quintessenziali”. Gli insegnamenti quintessenziali non derivano da uno specifico testo classico, e possono essere scritti o orali. Ognuno di questi due elenchi ha in sé due suddivisioni: istruzioni relative a ciascuna delle Tre Gemme, singolarmente; istruzioni in comune, relative a tutte e tre.

L’elenco di Asanga

Per prima cosa, passiamo in rassegna l’elenco delle istruzioni che provengono dal testo di Asanga. Ciascuna delle sue due divisioni prevede quattro azioni per l’addestramento.

Affidarci a un insegnante spirituale

Parallelamente a ricevere una direzione sicura dai Buddha, ci affidiamo con tutto il cuore a un insegnante spirituale. Il motivo principale è che abbiamo bisogno di trarre ispirazione da un modello di vita. Per questo, abbiamo bisogno di un insegnante spirituale. E questi non è solo qualcuno che ci fornisce informazioni: possiamo ottenerle da un libro o da Internet. È qualcuno che può davvero ispirarci, essendo per noi un esempio vivente, e, naturalmente, rispondere alle domande e correggerci quando commettiamo degli errori.

Se non abbiamo ancora trovato un insegnante spirituale, dobbiamo cercare di trovarne uno. E ciò può essere molto difficile, specialmente quando abbiamo una scelta limitata. Magari non molti insegnanti vengono dove viviamo e, anche se arrivano, rimangono soltanto pochi giorni e poi passano alla tappa successiva del loro tour di insegnamenti. Magari ci sono così tanti altri studenti che questi insegnanti non hanno il tempo di avere a che fare personalmente con noi. Ci sono, però, molti diversi livelli di insegnanti spirituali. Possono esserci degli insegnanti che ci forniscono solo informazioni, o ci mostrano come sederci correttamente, e così via. Possono essercene altri che ci aiutano soltanto con la discussione, e altri che sono effettive guide spirituali che ci conferiscono voti e ci consigliano nel nostro sentiero spirituale. Possiamo imparare qualcosa da tutti loro.

Qui però stiamo parlando dell’insegnante che ci ispira a livello personale. A tale insegnante ci affidiamo con tutto il cuore. Questa persona potrebbe non essere di ispirazione per nessun altro. Il mero fatto che gli altri tengano in grande considerazione un insegnante non implica che anche noi condivideremo questa impressione. Per usare il gergo occidentale a questo proposito, dev’esserci una qualche chimica personale. Per utilizzare quello buddhista, dev’esserci una qualche relazione karmica. L’insegnante che troviamo di grande ispirazione ci dà l’energia per continuare lungo tutto il sentiero.

Il nostro modello di vita, quindi, non deve necessariamente essere l’insegnante da cui riceviamo molti insegnamenti o indicazioni personali. Potrebbe essere qualcuno come Sua Santità il Dalai Lama, con cui mai potremmo avere un incontro individuale, a tu per tu. Ovviamente, è decisamente meglio se assistiamo agli insegnamenti di Sua Santità, ascoltiamo le sue registrazioni o leggiamo i suoi libri. 

Per quanto riguarda il rifugio, c’è una cerimonia ufficiale che può essere eseguita. Sancendo la nostra presa di rifugio con un evento, formalizziamo che ora stiamo davvero immettendo seriamente questa direzione sicura nella nostra vita. Lo facciamo con un insegnante, ma ciò non implica che questa persona debba effettivamente diventare il nostro insegnante spirituale. Nutriamo rispetto nei suoi confronti perché, in un certo senso, ci ha aperto la porta, ma potremmo non trovarla particolarmente stimolante. Inoltre, non implica che ora abbiamo aderito alla tradizione del Buddhismo che tale insegnante segue. Non ci siamo uniti al club di quella persona e non siamo diventati, in modo esclusivo, parte della loro “squadra di calcio” di Dharma. Prendiamo rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha: non nella persona che esegue la cerimonia.

Per ribadire questo punto: quando ci orientiamo in questa direzione sicura è importante avere modelli di vita e qualcuno che ci ispiri, un insegnante spirituale. La funzione principale di quest’ultimo, secondo i testi della tradizione, è quella di fornirci l’ispirazione e l’energia affinché possiamo iniziare il nostro sentiero, per mantenerci in esso, e per darci l’energia per completarlo. Sebbene in teoria possiamo trarre questa ispirazione dagli esempi di Buddha Shakyamuni e degli arya con elevate realizzazioni, molti di noi trovano difficile relazionarcisi, e certamente non incontriamo nessuno di loro nella nostra vita quotidiana! 

Studiare gli insegnamenti del Buddha

Per mantenere la direzione del Dharma nella nostra vita, dobbiamo innanzitutto addestrarci e studiare gli insegnamenti del Buddha. È molto importante. Sua Santità il Dalai Lama sottolinea più e più volte che, senza studiare e imparare davvero gli insegnamenti, non capiremo nulla. Potremmo eseguire rituali e cose simili, senza alcuna comprensione. Sfortunatamente, ciò non porterà a un grande risultato. 

Per andare in una direzione sicura, dobbiamo sapere qual è questa direzione. Dobbiamo imparare quali sono i metodi. Senza questa conoscenza, come possiamo andare in questa direzione? Ad esempio, se vogliamo leggere, dobbiamo imparare a farlo. Non c’è alternativa.

Concentrarci in particolare sugli insegnamenti per superare le nostre emozioni disturbanti

Il secondo addestramento in relazione al Dharma consiste nel concentrare la nostra attenzione sugli aspetti degli insegnamenti che sono indicati per superare le nostre emozioni disturbanti. Ci sono insegnamenti su tutti gli argomenti. Imparare semplicemente la durata dell’esistenza in ciascuno dei diversi regni può essere bello: è interessante saperlo; tuttavia, non ci aiuterà in modo diretto a superare la nostra rabbia, per esempio, o l’avidità, o l’egoismo. Per andare nella direzione della Gemma del Dharma più profonda – veri arresti e vere menti-sentiero – all’interno degli insegnamenti dobbiamo sottolineare quegli aspetti che ci aiuteranno a superare le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti che sono in noi.

Seguire l’esempio dell’arya Sangha con elevate realizzazioni

Poi, per mantenere la direzione sicura del Sangha – riferendoci all’arya Sangha, ossia ai praticanti con elevate realizzazioni – l’addestramento consiste nel seguire il loro esempio. Non stiamo parlando dell’esempio nell’essere monaci e monache: non si tratta di dover diventare tali. Dopotutto, un essere con elevate realizzazioni può essere monaco o monaca, oppure no. Questo punto si riferisce al fatto che dobbiamo seguire il loro esempio nello studiare, praticare, imparare e lavorare veramente sodo. Questo è il modo in cui tali esseri hanno raggiunto alti livelli di realizzazione – le loro cognizioni non-concettuali della vacuità e delle quattro nobili verità, e così via – e hanno poi continuato ad adoperarsi per la liberazione e l’illuminazione. Questo è l’esempio che dobbiamo seguire.

L’importanza di questi quattro addestramenti nella vita quotidiana

Qual è la loro rilevanza nella vita quotidiana? Esaminiamo il modo in cui vi si applicano. Abbiamo un qualche modello, un insegnante spirituale, e quella persona è fonte di ispirazione quando la nostra situazione si fa difficile. Stiamo imparando i metodi del Dharma e ci stiamo concentrando su quelli che possono aiutarci a superare la rabbia, l’avidità, l’egoismo, ecc. Stiamo seguendo l’esempio dell’arya Sangha nel provare a mettere in pratica gli insegnamenti ogni volta che sorgono difficoltà. E anche quando non sorgono, continuiamo come una sorta di misura preventiva per evitare che esse emergano. Lo stiamo semplicemente facendo, in modo non-duale.

La motivazione soggiacente alla nostra pratica dell’immettere una direzione sicura nella nostra vita consiste nel non volere che le cose peggiorino. Capiamo che, se ci muoviamo in tale direzione sicura, questo ci aiuterà a essere persone più felici e a evitare problemi. Inoltre, comportarci in questo modo ci sembra giusto. Ci sentiamo più felici, con una maggiore pace interiore. Non siamo soltanto delle vittime delle difficoltà che si presentano nella nostra vita. Ci adoperiamo per superare queste difficoltà, e il nostro rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha ci dà la forza e i metodi per farlo.

Ritirarsi dalla ricerca dei piaceri sensoriali

Per quanto riguarda l’assunzione di una direzione sicura da parte di tutte e tre le Gemme, prima di tutto evitiamo che le nostre menti spicchino il volo alla ricerca dei piaceri sensoriali e, come compito principale della nostra vita, lavoriamo invece su noi stessi. Come uno dei miei insegnanti, Geshe Ngawang Dhargyey, era solito dire: “Dovremmo smettere di essere turisti del samsara”. Non è vitale sperimentare tutte le diverse possibilità che la vita samsarica può offrire. La ricerca dei piaceri sensoriali porta soltanto quelle che sono chiamate le “sofferenze del cambiamento”. Questo perché, quando indaghiamo su questi piaceri, ci rendiamo conto che non sono mai duraturi né soddisfacenti. Ne vogliamo sempre di più, e se ne abbiamo troppi in un unico momento stiamo male. Ad esempio, se mangiare il nostro cibo preferito portasse una reale felicità, più ne mangeremmo, in una volta, e più saremmo felici. Invece, ovviamente, c’è un limite.

Contrariamente a ciò, quando consideriamo come la nostra ricerca primaria il lavoro su noi stessi e il tentativo di superare ciò che ci fa perdere la tranquillità, allora avremo, ovviamente, una maggiore pace interiore. Saremo effettivamente più felici, in modo molto più stabile. Potrebbe non essere tanto intenso quanto un rapporto sessuale, ma la felicità che deriva dalla pace interiore è molto più stabile e sicura.

Ciò non significa che dobbiamo rinunciare completamente a tutto ciò che è intrattenimento, buon cibo ed esperienza sessuale; non dobbiamo dare via tutto il nostro denaro, e così via. Significa, invece, che dobbiamo mettere i piaceri sensoriali – in un certo senso – in prospettiva. A volte abbiamo bisogno di rilassarci per poter lavorare in modo più efficiente. Ma consideriamo questo rilassamento quasi come una medicina. Per esempio, una delle preghiere per dedicare i nostri pasti è: “Mangio questo cibo non per avidità, non per desiderio, ma come una medicina per essere in grado di darmi più forza, così da poter continuare ad adoperarmi per aiutare gli altri”.

Se consideriamo il nostro rilassamento – magari l’andare al cinema, o qualunque cosa possa essere – come una sorta di medicina per rinvigorire le nostre energie, allora va bene. Con questo punto di vista, la nostra ricerca di tali interruzioni rimarrà entro certi limiti, sarà moderata, e non ingigantiremo il piacere che potremmo ricavarne. 

C’è uno scherzo secondo cui chi alla fine della vita ha accumulato più giocattoli, più beni materiali, vince. Non è così. Il punto, nella vita, non sta nell’accumulare quanti più gadget e dispositivi elettronici possibili, o nell’avere visto più film di tutti gli altri, o nel fatto che il nostro conto in banca abbia una cifra maggiore di quello di qualcun altro, o che abbiamo mangiato cibi più esotici di chiunque altro. Non è questo il punto della vita, giusto? Nulla di ciò ci darà alcun tipo di soddisfazione duratura, in particolare se pensiamo nella prospettiva delle vite future. 

Chiaramente, quando il nostro focus principale non è sull’intrattenimento, ciò determina effettivamente l’intero tono della nostra vita quotidiana. Quest'ultima, infatti, non si limita a essere soltanto un ascolto di musica in quantità sempre maggiori, o qualcosa del genere. Ci sono persone dipendenti dall’ascolto della musica: che lavorino, siano in giro o camminino, ascoltano sempre il loro iPod, giorno e notte. Dopo aver posto la direzione sicura del rifugio nella nostra vita, distrarci sempre con la musica non è certamente un modo per muoverci in quella direzione. Per farlo, la cosa principale nella nostra vita dev'essere adoperarci per superare i nostri attaccamenti, la nostra avidità, il nostro egoismo, ecc. Ma ricordiamoci che questo non significa perseguire ciò in un modo fanatico e perfezionista. Possiamo ancora divertirci.

Questo è un punto molto interessante: che cosa è effettivamente divertente? Permettetemi di raccontarvi una delle mie storie preferite. Una volta, quando ero in Olanda con il mio insegnante, il vecchio Serkong Rinpoche, stavamo entrambi presso una famiglia benestante. Avevano una barca molto grande, in un lago molto piccolo. Un giorno ci hanno portati a fare un giro sul loro yacht. Eravamo in quel piccolo lago con molti altri yacht e, in fila insieme a loro, ci siamo mossi molto lentamente in cerchio, nel lago, come se fossimo su una specie di cavalcata per bambini in un parco divertimenti. Rinpoche si è rivolto verso di me e ha detto in tibetano: “È questo ciò che loro considerano divertente?”. Ancora una volta, quindi, che cosa è divertente?

Shantideva dice che, se per noi il lavoro di Dharma è divertente, non siamo felici se non quando lo svolgiamo. Ed esso include aiutare gli altri, lavorare su noi stessi, ecc. Ecco che cos’è la perseveranza: trovare piacevole ciò che facciamo. Se svolgiamo una qualche attività con piacere, continueremo a compierla.

In realtà c’è molta gioia nel migliorare noi stessi, nell’abbandonare o diminuire le varie emozioni disturbanti, i diversi conflitti interni, e così via. È un lavoro duro ma molto piacevole, dato che otteniamo sempre più risultati. Ovviamente ci saranno alti e bassi: non è un processo lineare. Eppure, quando vediamo che facciamo progressi è fantastico e pensiamo: “Sto effettivamente facendo qualcosa”.

Un’analogia utile potrebbe essere quella di chi si allena in uno sport. È molto difficile nuotare o correre tutto il tempo. Quando però siamo in grado, grazie all’allenamento, di correre o nuotare più lontano e più veloce, e la nostra resistenza migliora, ci sentiamo veramente bene, giusto? Nonostante le difficoltà, proviamo piacere. La stessa cosa accade con la nostra pratica del Dharma. Ci alleniamo sempre di più e... caspita! Per esempio, ecco che siamo stati in grado di andare a una cena di famiglia con tutti i parenti che troviamo davvero molto irritanti, e non abbiamo perso la pazienza. Siamo stati capaci di essere pazienti, e tutto è andato bene. Abbiamo vissuto la cena in modo decisamente positivo. In effetti, ci è persino piaciuta, nonostante nostro padre o nostra madre dicessero: “Perché non ti sei ancora sposato?”, “Perché non hai figli?”, “Perché non guadagni di più?”, o “Perché non mi chiami più spesso?”. Siamo riusciti a mantenere la nostra pace interiore e ad affrontare la situazione, e ci siamo sentiti veramente bene.

Per riassumere, questa istruzione implica allontanare la nostra mente dalla ricerca dei piaceri sensoriali, e il punto è questo: la pratica del Dharma è, in effetti, più piacevole.

Adottare gli standard etici del Buddha

La successiva istruzione dell'elenco di Asanga degli addestramenti in comune a tutte e tre le Gemme Preziose consiste nell'adottare gli standard etici che i Buddha hanno stabilito. È molto importante. Andare in questa direzione sicura implica che dobbiamo evitare comportamenti distruttivi e agire, invece, in modi costruttivi. Comportarci in questo modo significa seguire l’etica buddhista di base. Se dovessimo agire in modo distruttivo, sulla base delle nostre emozioni disturbanti, ciò produrrebbe soltanto più infelicità, specialmente per noi e forse anche per gli altri. Quando, al contrario, agiamo in modo costruttivo, ciò comporta una maggiore felicità. 

L’etica buddhista non si basa sull’obbedienza. Questo non è affatto il principio dell’etica. In altri sistemi ci sono delle leggi, stabilite da qualche autorità divina o dalla legislazione, ed essere una persona etica significa essere obbedienti, obbedire alle leggi. Il Buddhismo non è così: al contrario, il punto dell’etica buddhista consiste nell'imparare a discriminare, da soli, tra ciò che è utile e ciò che è dannoso. E questo è importante. Tutto, di essa, riguarda ciò che è utile e ciò che è dannoso, non ciò che è buono e ciò che è cattivo, o ciò che è legale e ciò che è illegale. Sulla base di questa discriminazione tra utile e dannoso, nota come “consapevolezza discriminante”, decidiamo di astenerci da ciò che sarebbe dannoso.

Ciò che è dannoso è ciò che sarebbe autodistruttivo e ci farebbe andare in una direzione peggiore – ad esempio, verso una dipendenza sempre maggiore da abitudini distruttive. Una direzione distruttiva dal punto di vista della salute potrebbe includere il tabagismo, ad esempio, ma ci sono anche comportamenti, emozioni e atteggiamenti che sono distruttivi da un punto di vista sociale. In poche parole, una direzione sicura è ciò che sarebbe utile per migliorare noi stessi e la nostra capacità di aiutare gli altri.

Essere compassionevoli

Il successivo addestramento consiste nel cercare di essere il più possibile comprensivi e compassionevoli verso gli altri. Non penso che questo punto necessiti di molte spiegazioni. Anche se ci stiamo adoperando soltanto per la nostra liberazione personale, di certo dobbiamo essere gentili con gli altri e aiutarli.

Compiere offerte speciali in occasione delle festività buddhiste

L’ultimo addestramento consiste nel compiere offerte speciali di frutta, fiori e così via nelle ricorrenze buddhiste quali l’anniversario dell’illuminazione del Buddha. Questo è un punto interessante, in realtà, perché potremmo avere l’atteggiamento di chi non ha bisogno di celebrare le festività. Qual è il punto, in tutto ciò? Potremmo essere offesi dall'associazione con l’esempio del Natale, e il modo in cui è stato commercializzato in occidente, e pensare: “Per che cosa dovrei avere bisogno di questo? È solo la versione buddhista di un albero di Natale e, invece di disporre le luci su di esso, mettiamo le candele da tè in piccole ciotole su un altare?”.

Penso che il punto, qui, stia soltanto nel mostrare rispetto per il Buddha, la tradizione, i maestri e così via. Porgere offerte è un segno di rispetto. Non dobbiamo farlo diventare un problema, e non dobbiamo aspettare una qualche festività buddhista per poter mostrare il nostro rispetto. È qualcosa che possiamo fare ogni giorno. Non dovrebbe diventare come un'abitudine ad andare in chiesa la domenica e a trascorrere poi il resto della settimana facendo tutto ciò che desideriamo. Osservare una festività religiosa ci fa sentire parte di una comunità più ampia e svolge, così, anche una funzione sociale.

Quando prendiamo in considerazione questi addestramenti, troviamo alcune cose che non sembrano esclusivamente buddhiste. Essere compassionevoli e comprensivi con gli altri, seguire un’etica e così via: questi sono atteggiamenti universali, no? 

Per esaminare, tuttavia, i punti specificamente buddhisti già presentati in questo elenco: in primo luogo, consideriamo gli esempi dei grandi maestri buddhisti come i nostri modelli di comportamento. Poi, studiamo gli insegnamenti, in particolare quelli che mirano a ridurre le nostre emozioni disturbanti e seguiamo gli esempi dei grandi esseri altamente realizzati. Certamente abbiamo bisogno di lavorare sodo a tutto ciò. In questo contesto possiamo aggiungere anche l’essere etici, l'essere gentili e comprensivi, il non seguire i desideri sensoriali, rimanendo invece concentrati e fermi sulle nostre priorità, e il mostrare rispetto per la tradizione.

L’elenco degli insegnamenti quintessenziali

Finora abbiamo introdotto gli addestramenti per ciascuna delle Gemme e per le tre in generale, tratti dal testo di Asanga. Allo stesso modo, le istruzioni delle linee guida suggeriscono addestramenti sia per ogni singola Gemma sia per tutte e tre insieme. In relazione alle Gemme considerate singolarmente, ci sono un’azione da evitare e una da adottare in relazione a ciascuna delle tre. In primo luogo, vediamo le azioni da evitare.

In relazione con i Buddha, evitare di trarre la nostra direzione definitiva da altro

Quando traiamo la nostra direzione sicura dai Buddha e la immettiamo nella nostra vita, ciò che dobbiamo evitare è il fatto di ricevere la nostra direzione principale da altro. È una cosa interessante da osservare in noi stessi. Quando stiamo veramente male, siamo di cattivo umore e le cose non vanno bene – in un senso convenzionale – a che cosa ci rivolgiamo per ottenere rifugio e conforto? Al cioccolato, ad esempio? Se stiamo veramente male usciamo, ci strafoghiamo con una grande tavoletta di cioccolata, in qualche modo proviamo un po' di piacere, e poi non ci sembra più così tanto male? Quando le cose non vanno bene, abbiamo bisogno di parlare con un amico? Ci rivolgiamo al sesso? A che cosa ci rivolgiamo? Siamo come un cane che ha bisogno di essere accarezzato sul muso, e che così scodinzola?

L'istruzione quintessenziale qui è la seguente: va bene mangiare del cioccolato se ci sentiamo un po' depressi o tristi, ma questa non è la fonte ultima della direzione nella nostra vita: chiaramente, questa non è il cioccolato. Non si potrebbero applicare i metodi del Dharma per affrontare la situazione difficile?

Rimango stranito quando le persone che si suppone siano fortemente addentro nel Dharma, inclusi alcuni insegnanti di Dharma occidentali, se hanno difficoltà nella loro vita matrimoniale, o per altre questioni, si rivolgono alla psicoterapia anziché cercare di applicare i metodi del Dharma. Lo trovo sempre un po' strano perché, se consideriamo sinceramente il Dharma come la nostra direzione nella vita, presumibilmente siamo convinti che il Dharma offra una soluzione a qualunque problema abbiamo. Ovviamente, questo non significa che, se abbiamo il cancro, mediteremo e il Dharma ci curerà. È semplicemente sciocco. Non significa questo. Andiamo da un dottore. La pratica del Dharma, però, può aiutarci a superare qualsiasi depressione quando abbiamo un cancro.

Se ci sentiamo di dover andare da un terapeuta per poter discutere dei nostri problemi e avere un altro punto di vista, va bene. Ma sarebbe soltanto un’aggiunta, qualcosa di extra rispetto ai tentativi reali di applicare i metodi del Dharma. Il rifugio, la direzione e le pratiche principali che stiamo coltivando per aiutarci a superare i nostri difetti sono i metodi del Dharma. Magari abbiamo bisogno di ulteriori indicazioni su come applicarli, ma abbiamo fiducia che Buddha abbia capito come liberarsi di tutti i problemi.

Riguardo al punto che consiste nel non trarre la nostra direzione suprema o ultima da qualcosa che non sia il Buddha, il Dharma e il Sangha, le istruzioni consistono nel non prendere il nostro rifugio ultimo dagli dèi mondani. Da una prospettiva buddhista, gli dèi di altre religioni sono mondani. Ovviamente, varie altre religioni non converrebbero su questo punto.

Una volta è stata rivolta una domanda su questo punto a Serkong Rinpoche, in Italia. Una persona ha chiesto se, diventando buddhista, le sarebbe stato possibile andare ancora in chiesa. Rinpoche ha risposto: “Gli insegnamenti cristiani sull’amore sono in contraddizione con quelli buddhisti sull’amore?”. Ovviamente non lo sono. Non c’è problema se vogliamo andare in chiesa. Il punto cruciale è: qual è la direzione ultima in cui stiamo andando nella nostra vita? Dobbiamo prendere una decisione. Ciò non significa che dobbiamo eliminare tutto il resto, ma che dobbiamo avere chiarezza sulla direzione che stiamo prendendo. Ci sono cose positive che possiamo imparare da altre tradizioni, e questo va bene, non c’è problema.

Ma, parlando di pratiche e metodi, non dovremmo mescolare tutto in un'unica zuppa. Non andremo in chiesa compiendo poi le prostrazioni, per esempio; o, mentre si stanno svolgendo alcuni rituali, non ci siederemo lì recitando segretamente “Om mani padme hum”. Andare in chiesa e svolgere le nostre pratiche buddhiste sono due attività che possono essere compiute in modo distinto e rispettoso, nel proprio luogo e contesto.

Più specificamente, all’interno della sfera buddhista questa istruzione si riferisce al fatto di non trarre il rifugio ultimo in protettori o spiriti mondani. Non sono affidabili, ci deluderanno. Non vogliamo addentrarci nel culto dei fantasmi e degli spiriti. Forse questo punto è più rilevante per un pubblico tibetano o indiano, ma ci sono anche alcuni occidentali che sono affascinati da vari spiriti e protettori e si addentrano nelle pratiche a essi relative.

La parola “protettore” ci potrebbe far pensare che questi esseri ci proteggano. In alcune tradizioni all’interno del Buddhismo tibetano si dice che alcuni protettori siano emanazioni dei Buddha. Qui però dobbiamo stare attenti. Discutere su quale sia il livello in cui è presente ciascun protettore può portarci a costruire un sistema di qualcosa come una tassonomia biologica delle diverse classi di spiriti e di protettori. Tutto questo diventerebbe un po' come una lezione di biologia. 

Dobbiamo identificare qual è la cosa principale che dobbiamo fare per ottenere la protezione dalla sofferenza. Ed essa è la seguente: fare affidamento sul nostro karma. In altre parole, con l’ispirazione e gli esempi del Buddha, del Dharma e del Sangha come guida, ciò che facciamo e il modo in cui agiamo influenzeranno e determineranno ciò che vivremo in futuro. I protettori possono aiutarci a determinare alcune circostanze o condizioni che ci consentiranno di bruciare alcuni potenziali negativi, sperimentandoli ora in modalità più lievi. In questo modo, i nostri potenziali positivi possono maturare più rapidamente. È lo stesso processo che abbiamo nello svolgere rituali per i Buddha della Medicina. Questi possono fornire circostanze o condizioni per far maturare i potenziali positivi sufficienti a farci superare una malattia, se abbiamo accumulato quei potenziali. Il punto è che, senza potenziali positivi derivanti dal nostro comportamento precedente, non importa quanto ci affidiamo a un protettore o un Buddha della medicina: semplicemente, non avremo le basi per vivere una situazione più felice.

Pertanto, è molto importante che la nostra pratica buddhista non diventi una venerazione del protettore o anche una venerazione del Buddha. Tutto ciò che ci accade dipende da ciò che noi stessi facciamo: da come agiamo, come comunichiamo e come pensiamo. Ancora una volta, abbiamo modelli, abbiamo insegnamenti e abbiamo l’obiettivo che possiamo raggiungere. Ma dobbiamo farlo veramente: dobbiamo andare in quella direzione. Per ripetere in sintesi: dobbiamo essere chiari sulla nostra direzione ultima e, anche se possiamo rivolgerci temporaneamente ad altro per un po' di aiuto, dobbiamo mantenere con chiarezza il nostro tracciato principale.

In relazione al Dharma, evitare di arrecare danni

Per quanto riguarda il fatto di avere la direzione sicura del Dharma, ciò che dobbiamo evitare è l'atto del causare danno o dispetto a esseri umani, ad animali e a tutti gli esseri. Ovviamente stiamo cercando di aiutare gli altri, non di ferirli, ma può essere alquanto difficile. Ad esempio, potremmo dire qualcosa a qualcuno con le migliori intenzioni, non intendendo comunicare nulla di sgradevole o irrispettoso; eppure, per qualche motivo, l'interlocutore potrebbe offendersi molto per ciò che abbiamo detto, fraintenderlo e arrabbiarsi molto o irritarsi. Quando camminiamo, inevitabilmente calpestiamo qualcosa. L’obiettivo è cercare di minimizzare il danno che infliggiamo agli altri, oltre che, ovviamente, non intendere fare del male. Ma, a causa dell’hardware limitato dei corpi ordinari che tutti noi abbiamo, causeremo inevitabilmente del danno ad altri esseri, anche se inavvertitamente. Di nuovo, cerchiamo di minimizzarlo il più possibile.

In relazione al Sangha, evitare la stretta frequentazione di persone negative

Per quanto riguarda il fatto di trarre una direzione sicura dal Sangha, ciò che vogliamo evitare è la stretta frequentazione di persone negative. È un problema molto delicato. Quando non siamo ancora fermamente radicati nel nostro percorso spirituale, le compagnie che frequentiamo possono facilmente influenzarci in un modo o nell’altro. Qui, vogliamo evitare la compagnia di persone che sono sempre impegnate in attività negative e distruttive. Queste potrebbero essere, ad esempio, una banda di strada coinvolta in reati minori o un gruppo di amici che si drogano o si ubriacano sempre.

In questa fase del nostro sviluppo, è molto difficile non essere influenzati dalla compagnia che frequentiamo. Vogliamo essere accettati e non vogliamo offendere i nostri amici. Di conseguenza, potremmo bere, assumere droghe, andare in giro a rigare automobili o creare graffiti sugli edifici. Dopo un po' diventiamo dipendenti da queste attività. 

Questo non significa che dobbiamo dire ai nostri amici che sono persone terribili. Il punto è non passare molto tempo con queste persone quando rappresentano davvero delle influenze negative su di noi. Se siamo veramente deboli, è meglio evitarli del tutto. Ad esempio, se stiamo cercando di superare il problema dell’alcolismo, dobbiamo davvero smettere di trascorrere il tempo con i nostri amici alcolizzati. Ci uniamo a un altro gruppo, Alcolisti Anonimi, e così siamo con altri che, come noi, stanno lavorando per superare l’alcolismo. Otteniamo supporto da loro e dai loro buoni esempi. È qualcosa di simile a questo.

È notevole il modo in cui tutti questi punti si interconnettono l’uno con l’altro. Possiamo iniziare esaminando qual è la cosa più importante nella nostra vita. E questa consiste nell'essere accettati e apprezzati da un gruppo di amici che hanno cattive abitudini? È questa la cosa più importante della nostra vita? Porterà questo a una felicità duratura? O è più importante e più significativo adoperarci per superare i nostri difetti e diventare, così, più capaci di aiutare gli altri? 

Ciò non significa che abbandoniamo la preoccupazione o l’amore per coloro dai quali dobbiamo prendere le distanze. Certo, desideriamo che siano felici, ma dobbiamo stare anche attenti, qui. Da un lato, non vogliamo essere influenzati da loro e cadere in schemi negativi. Ma, d’altra parte, non vogliamo passare all’estremo in cui pensiamo con arroganza che siamo buddhisti e siamo molto meglio di loro. E non è che alla fine salveremo questi esseri inferiori dalla loro vita di peccati. Questo è ovviamente un atteggiamento terribile da avere in noi.

Le persone si allontanano le une dalle altre. È una cosa naturale che accade nella vita. Senza dare a nessuno una sensazione di disapprovazione, o di non essere una buona persona, il punto è il seguente: quando potremmo essere fortemente influenzati in modo negativo da certe persone, è meglio evitarle. Ciò non significa che dobbiamo quindi andare a vivere in una comunità buddhista “santa, davvero santa” o indossare abiti bianchi e diventare vegani. Non significa questo. Ma dobbiamo stare attenti al tipo di influenza cui siamo soggetti. Cerchiamo il più possibile di evitare influenze dannose. E questa influenza negativa non arriva necessariamente solo dalle persone. Può giungerci dalla televisione, dalla pornografia su internet, da film violenti e dai videogiochi. Tutte queste cose possono influenzarci negativamente, aumentando il nostro desiderio o la nostra aggressività.

Tre azioni rispettose da adottare

Gli insegnamenti quintessenziali riguardanti la direzione sicura comprendono tre azioni da adottare come segno di rispetto. Per quanto riguarda i Buddha, mostriamo rispetto per statue, dipinti e altre rappresentazioni artistiche dei Buddha. Per quanto riguarda il Dharma, mostriamo rispetto per tutti i libri, in particolare per i libri di Dharma. Inoltre, per quanto riguarda il Sangha, mostriamo rispetto per le persone con i voti monastici buddhisti, e anche soltanto per le vesti monastiche.

Come segno di rispetto, vogliamo evitare di mostrare mancanza di rispetto. A questo proposito, non appendiamo una raffigurazione di Buddha nel bagno. Non ci sediamo sui nostri libri di Dharma, non li infiliamo sotto le gambe irregolari di un tavolo, in modo che non oscilli. Quando ci sono monaci e monache buddhisti nel nostro centro di Dharma, non li trattiamo come servi che dovrebbero fornirci tutti i servizi per noi perché siamo i grandi e santi praticanti. Non sono lì solo per prepararci il tè, raccogliere i soldi all'ingresso e fare le pulizie, a fine attività. Sfortunatamente, questo accade in molti centri di Dharma. I monaci sono i più interessati a ricevere gli insegnamenti, eppure sono quelli che non sono sempre in grado di partecipare a questi eventi perché devono esserne gli amministratori e organizzatori. Questo non è per nulla corretto.

Per chiarire, non si tratta qui di venerare le statue, i libri, i monaci o le monache o le loro vesti. L’obiettivo principale è mostrare rispetto verso di essi perché rappresentano il Buddha, il Dharma e il Sangha.

Integrare questi addestramenti nella vita

Ancora una volta, per rivedere ciò che abbiamo appena affrontato: vogliamo immettere questa direzione sicura nella nostra vita. Per raggiungere tale obiettivo, che cosa facciamo esattamente?

  • Ci liberiamo di una direzione primaria, nella vita, che provenga da altre cose.
  • Non danneggiamo gli altri.
  • Evitiamo le influenze negative di altre persone.
  • Siamo rispettosi dei simboli della direzione in cui ci stiamo addestrando.

Questo è per noi ragionevole ed è qualcosa che possiamo integrare nella nostra vita quotidiana. Ha rilevanza nella nostra esistenza, non è vero? Siamo rispettosi di certe cose e rimaniamo saldi riguardo alla cosa più importante della nostra vita. Prestiamo attenzione alle influenze negative che possono allontanarci, che potrebbero distoglierci dalla direzione della nostra vita, e cerchiamo anche di trovare condizioni favorevoli che ci aiutino ad andare in tale direzione, così importante per noi. Mostrare rispetto per le raffigurazioni di Buddha, i libri di Dharma, i monaci e le monache è un segno esteriore. Interiormente, però, dobbiamo anche avere rispetto per quello che stiamo facendo della nostra vita. Questo è cruciale, perché potremmo trovarci in circostanze in cui non possiamo rendere la nostra pratica del Dharma visibile agli altri. Magari siamo nell’esercito, in prigione, o addirittura in un reparto ospedaliero con altre persone. Non possiamo sempre accendere l’incenso, disporre delle statue di Buddha, e fare cose simili.

Ad esempio, immaginiamo di restare per il fine settimana in una dacia costituita da una sola stanza, con i nostri genitori. Non è del tutto appropriato, ovviamente, fare le prostrazioni proprio di fronte ai genitori. Potrebbero pensare che sia alquanto strano e iniziare a farci ogni sorta di domande scomode. Dobbiamo evitare di farle. È molto importante essere flessibili in base alle condizioni in cui ci troviamo, ma mantenere la nostra direzione e le nostre priorità sufficientemente chiare. Ciò che veramente conta è il nostro atteggiamento di rispetto per noi stessi e per ciò che stiamo facendo.

Sei addestramenti condivisi, in comune

Successivamente, abbiamo sei addestramenti condivisi, in comune a tutte e tre le Gemme, in base agli insegnamenti quintessenziali. 

(1) Innanzitutto, riaffermiamo la nostra direzione sicura ricordandoci continuamente delle buone qualità del Buddha, del Dharma e del Sangha. Prendere una direzione sicura può diventare qualcosa di leggermente meccanico se finisce per ridursi alla mera recitazione di un verso, quindi è importante riaffermare la nostra motivazione ricordandoci le buone qualità di Buddha, Dharma e Sangha e i benefici di questa direzione sicura. Ciò ci aiuta a preservare ciò che chiameremmo il “sentimento” che sta dietro il nostro rifugio.

(2) Poi, in segno di gratitudine per la loro gentilezza, il loro supporto spirituale e la loro energia, e tutto l’aiuto che ci danno, offriamo la prima porzione delle nostre bevande calde e dei nostri pasti, ogni giorno, al Buddha, Dharma e Sangha. Possiamo versare una piccola porzione del nostro primo tè o caffè al mattino in una piccola tazza e appoggiarla sul nostro altare, oppure possiamo appoggiarvi un pezzo di frutta. Possiamo anche compiere l’offerta semplicemente con la nostra immaginazione. Non importa. Se però offriamo qualcosa di concreto, non lasciamolo lì a marcire o, come in India, non aspettiamo che i topi vengano a mangiarlo. Lo offriamo con gratitudine, ma ovviamente i Buddha non hanno bisogno della nostra tazzina di tè o del nostro pezzo di frutta. Non andranno a bere o mangiare. È semplicemente un segno e, dopo un po', immaginiamo che ci restituiscano quanto offerto, e quindi lo beviamo o mangiamo. Se si tratta di un'offerta di tè o di qualcosa del genere, non la gettiamo nel gabinetto. Non è molto rispettoso. È meglio berla.

Ora, naturalmente, può sorgere un problema pratico sul da farsi con l’acqua delle sette ciotole d’acqua che molti di noi offrono ogni giorno sul proprio altare. Con una grande quantità d’acqua, dovremmo bere ogni giorno? Dobbiamo annaffiare le nostre piante quotidianamente? Probabilmente affogherebbero, se utilizzassimo tutta quell’acqua ogni giorno. Ma quantomeno la versiamo nel lavandino, non nel gabinetto. Sto pensando ad alcuni esempi in alcuni paesi del mondo dove la getterebbero fuori dalla finestra: anche questo sarebbe da evitare.

In ogni caso, quando offriamo il nostro tè o cibo, non è necessario recitare un verso speciale in una lingua straniera che non comprendiamo. Recentemente Dzongsar Khyentse Rinpoche, che stava insegnando a Berlino, ha detto che se i tibetani dovessero recitare un verso in tedesco, che non capiscono, ogni volta che compiono un’offerta o altro, certamente non lo farebbero. Il punto importante è porgere un'offerta. Possiamo anche solo dire, come Serkong Rinpoche era solito suggerire: “Buddha, per favore, prenda questo”. È tutto ciò che dobbiamo dire, e non abbiamo nemmeno bisogno di dirlo ad alta voce. Io di solito dico: “Offro questo al Buddha, al Dharma, al Sangha e a tutti gli esseri. Possano tutti gustare un cibo così meraviglioso”. Non dobbiamo farne spettacolo, ad esempio recitando “om ah hum” con voce profonda e poi sedendo e dedicando il cibo per cinque minuti mentre tutti gli altri al tavolo stanno morendo dalla voglia di mangiare e aspettano solo che finiamo. Possiamo semplicemente porgere l’offerta nella nostra mente. Nessuno deve necessariamente sapere che cosa stiamo facendo. Se altri, al tavolo, stanno porgendo la loro offerta, lasciamo che tutti lo facciano al loro ritmo.

Non abbiamo bisogno di dare spettacolo della nostra pratica di Dharma, specialmente se metterà a disagio altre persone o se inizieranno a prenderci in giro. Questo è molto importante. Non vogliamo metterci in ridicolo. Quando altre persone prendono in giro la nostra pratica spirituale, ciò le toglie tutta l’energia. La nostra pratica di Dharma ha davvero bisogno di essere mantenuta privata. E allora diventa, in un certo senso, sacra per noi. 

(3) La terza linea guida consiste nell'essere consapevoli della compassione del Buddha, del Dharma e del Sangha incoraggiando indirettamente gli altri ad andare nella loro direzione. Ciò non significa che diventiamo missionari e cerchiamo di salvare tutti convertendoli al Buddhismo. Non è ovviamente così. Ma se gli altri sono ricettivi, se gli altri sono interessati, possiamo dar loro un po' di incoraggiamento. Il miglior incoraggiamento consiste nel parlare a partire dalla nostra esperienza. Possiamo spiegare che i metodi buddhisti sono stati di beneficio per noi, ma non sappiamo se lo saranno per gli altri. Sappiamo che ci hanno aiutato. In questo modo, incoraggiamo indirettamente gli altri a provarli per conto proprio.

(4) La quarta linea guida consiste nel ricordare i benefici di avere una direzione sicura, e quindi riaffermarla formalmente tre volte ogni giorno e tre volte ogni notte. Normalmente lo facciamo quando ci svegliamo la mattina e prima di andare a dormire. Non ripetiamo semplicemente le parole: “Traggo una direzione sicura da Buddha, Dharma e Sangha” ma, piuttosto, ci ricordiamo esplicitamente di questa direzione. Spesso accompagniamo ciò con tre prostrazioni, ma non dobbiamo necessariamente includerle. 

(5) La quinta istruzione consiste nel fatto che, qualunque cosa accada, ci affidiamo alla nostra direzione sicura per avere un orientamento. In caso di crisi e così via, questo è ciò su cui faremo affidamento. Non è soltanto pregare: “Buddha, salvami tu”, ma chiederci: “Quale sarebbe il consiglio del Buddha sul modo in cui gestire questa situazione?” E quindi proviamo a migliorarla.

Gli amici possono darci affetto e aiuto, e possono aiutarci con cose meccaniche come il computer o la macchina. Ma, per quanto riguarda i problemi personali della vita, gli amici sono limitati. Hanno i loro problemi. Sfortunatamente, è inevitabile che gli amici generino in noi delusione o disappunto. Abbiamo speranze irrealistiche rispetto al fatto che ci aiuteranno ad alleviare il nostro dolore o i nostri problemi e perdiamo di vista il fatto che non siamo l’unica cosa che accade nella loro vita. Perché dovremmo essere la cosa più importante a cui dover dedicare tutto il loro tempo e la loro energia? Questo pensiero è molto egocentrico, non è vero? Inevitabilmente, con quella aspettativa ci deluderanno. Hanno altre cose da fare, altre preoccupazioni e altri problemi.

I nostri insegnanti potrebbero essere impegnati e non avere tempo. Potrebbero essere via, in qualche altro paese o in altri contesti, ma l’ispirazione degli insegnanti è sempre disponibile. Gli insegnamenti stessi, qualcosa che possiamo applicare: questi sono sempre disponibili. Non ci deluderanno, se siamo effettivamente ricettivi a questa ispirazione e proviamo davvero a mettere in pratica tali metodi. 

(6) L’impegno finale in queste istruzioni consiste nel non rinunciare mai a questa direzione nella vita, qualunque cosa accada. La natura del samsara, la natura della vita, è che abbia alti e bassi. Possiamo guardare alle esperienze di alcuni di questi grandi maestri buddhisti in Tibet: sono stati dei praticanti in modo così intenso per tutta la vita, e poi sono finiti in un campo di concentramento cinese per vent’anni. Potrebbe essere del tutto possibile che si arrendano, percependo che la loro pratica del Dharma è stata inutile, ma non è così. Un altro esempio è costituito da coloro che hanno praticato tanto nella loro vita e poi hanno contratto un orribile e doloroso cancro. Neanche loro rinunciano alla loro pratica di Dharma.

Come un maestro tibetano ha detto in modo molto succinto, che cosa ci aspettiamo dal samsara? Ci aspettiamo che tutto vada per il meglio o che le cose miglioreranno? La natura del samsara è tale per cui va su e giù. A volte andrà giù, e sperimenteremo cose molto spiacevoli, indipendentemente dalle cose positive che abbiamo compiuto precedentemente. Cerchiamo di non scoraggiarci e, indipendentemente da ciò che accade, continuiamo ad andare in questa direzione positiva.

A volte i tibetani amano usare esempi tratti dal mondo animale. Serkong Rinpoche ha sempre amato andare al circo o agli acquari dove addestrano foche o delfini. Quando compiamo la nostra pratica di Dharma e facciamo qualcosa di positivo, ci aspettiamo di essere come una foca o un delfino addestrati, e che il Buddha ci lanci un pesce? Pensiamo che, ogni volta che ci comportiamo in modo positivo, otteniamo una ricompensa? Ovviamente, non è questo il modo in cui pratichiamo questi addestramenti.

Questo ci dà qualcosa a cui pensare. Stiamo semplicemente svolgendo la nostra pratica del Dharma, in un certo senso, come se fosse uno scherzo? Come animali addestrati, stiamo facendo qualcosa di positivo solo per ottenere una ricompensa? O lo stiamo facendo per migliorare la nostra vita e, in ultima analisi, per essere di aiuto agli altri nel miglior modo possibile? Che le cose stiano andando bene o meno, siamo convinti che, a lungo termine, andranno meglio. Quindi non ci arrendiamo mai.

In conclusione

Ciò completa la nostra breve presentazione dei vari tipi di addestramento, specificati da Asanga e negli insegnamenti quintessenziali, circa il modo di allenarci a immettere veramente la direzione sicura di Buddha, Dharma e Sangha nella nostra vita. Ci offre un’indicazione sufficientemente chiara dell’applicazione pratica del modo in cui si ha questa direzione nella vita, così come di quello che facciamo concretamente ogni giorno, e delle linee guida che riguardano ciascuna singola giornata, derivanti dall'avere questa direzione nella propria vita. Prendere rifugio non significa soltanto essere delle brave persone, ma implica anche studiare gli insegnamenti, impararli, mostrare rispetto al nostro percorso spirituale e agli altri che lo seguono, e tutti gli altri punti specifici. È un programma completo per dare un significato positivo alla nostra vita.

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