L'importanza del dialogo tra maestri buddhisti

La preservazione del Buddhadharma

La preservazione del Buddhadharma tibetano e la questione della libertà tibetana sono strettamente legate. Il Tibet è sempre stato una terra molto vasta, e la comunicazione interna era molto difficile. Ogni lama o monastero rimanevano nella propria area e non vi era molto interesse nell’idea di un senso di comunità. Penso che la tragedia attuale sia dovuta a questa mancanza di cooperazione e comunicazione, e alla mancanza di un senso di responsabilità comune. Perciò dalla nostra passata esperienza possiamo capire come un senso di comunità e l’avere una stretta connessione sia davvero essenziale. È importante che i piccoli gruppi di praticanti del Buddhismo tibetano presenti in vari paesi si incontrino e discutano come lavorare insieme più da vicino, in modo indipendente e liberi da ogni autorità centrale.

Siamo seguaci del Buddha, e di tutti i maestri dell’Università di Nalanda. L’insegnamento di Buddha fu insegnato in conformità con la realtà, e tutto il lavoro dei maestri di Nalanda esiste per aiutarci a comprendere la realtà. Perché? Molti disastri e situazioni indesiderate accadono a causa di un approccio irrealistico. Ogni azione scorretta ed errore nasce dal nostro non conoscere la realtà, perciò un metodo sbagliato porta a ulteriori situazioni insane. Per eliminare ciò dobbiamo agire attraverso una discussione franca, la quale può avvenire soltanto sulla base di un dialogo, con una comunicazione più stretta e una maggiore cooperazione tra di noi.

Ravvivare i voti da bhikshuni

Oggi tra i paesi di fede buddhista dove rimane ancora la tradizione vinaya, come Thailandia, Burma e Sri Lanka, non vi sono più bhikshuni (monache pienamente ordinate). Nel caso cinese, alcuni monasteri in Taiwan effettuano l’ordinazione di bhikshuni, e in un incontro durante il mio secondo viaggio a Taiwan, un bhikshu cinese (monaco pienamente ordinato) sottolineò l’importanza di ravvivare il voto da bhikshuni nelle altre tradizioni.

Questo è il ventunesimo secolo e ovunque si parla di uguaglianza. Anch’io ho espresso recentemente il fatto che tra i tibetani, i cinesi o gli europei, possiamo trovare un numero molto più alto di donne che realmente mostrano un interesse genuino nella religione, e specialmente nel Buddhadharma. Ogni volta che tengo insegnamenti nelle regioni himalayane, ci sono meno uomini tra il pubblico, e più donne.

Perciò, abbiamo bisogno di educazione e di dialogare con i bhikshu più anziani, e penso che preferirei non fossero le monache tibetane a portare avanti questo lavoro; se fossero piuttosto le monache buddhiste occidentali a farsi carico di ciò, potrebbe forse essere più efficace. Naturalmente nessuna delle nostre bhikshuni è ricca, e visto che i soldi sono necessari, vorrei fare una donazione proveniente dai miei diritti d'autore. Non scrivo mai libri aspirando ai soldi, ma questi arrivano automaticamente! Perciò vorrei stanziare una sorta di fondo per questo.

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