La dipendenza dai social media e dai messaggi di testo

Perché condividiamo quello che proviamo nei social media?

Il Buddhismo parla sempre dell’idea di evitare due estremi, dicendo che al contrario è molto meglio seguire una via di mezzo. Un estremo è ingigantire tutto quello che accade a questo “io”, pensando che sia importante comunicarlo a tutto il mondo perché interessa tutti. In realtà a nessuno interessa quello che abbiamo mangiato a colazione questa mattina o se era buona oppure no. Eppure in qualche modo pensiamo che sia davvero importante. Poi le persone mettono un “like” sotto i nostri post. Ma perché ci interessa sapere a quante persone piace cosa abbiamo mangiato a colazione questa mattina? Cosa dimostra? È una cosa interessante su cui riflettere.

Forse le persone non hanno abbastanza conversazioni reali e vogliono semplicemente condividere con altri? Beh, sì, immagino che ci sia un senso di solitudine. Ma in un certo senso questo ci isola ancora di più perché invece di avere delle interazioni reali con gli altri, lo facciamo in quello che pensiamo sia l’ambiente protetto del nostro computer o del nostro cellulare.

Quello che voglio veramente suggerire è esaminare il motivo per cui sentiamo il dovere di condividere come stiamo. Da un lato, è perché pensiamo che tutti si interessino e che sia importante per loro sapere cosa abbiamo mangiato a colazione e se ci è piaciuto oppure no. Ovviamente questo è un esempio banale, ma se non ci sono abbastanza persone a mettere un “like” sotto il nostro post, ci buttiamo giù. Ne facciamo una questione troppo importante – “io”, quello che faccio, quello che sento – e soprattutto quello che ne pensano gli altri. Invece di avere fiducia in noi stessi e affrontare la nostra vita, è come se volessimo teletrasmetterla al mondo intero, quasi pensando di essere talmente importanti che gli altri lasceranno perdere tutto quello che stanno facendo per leggere il nostro messaggio. Non è un’esagerazione della nostra importanza? E poi, oltre a tutto ciò, c’è l’insicurezza, che non è uno stato mentale molto tranquillo. Poi stiamo tutto il tempo a controllare cosa fanno gli altri, per essere certi di non perderci nulla.

In ogni modo, i due estremi che dobbiamo cercare di evitare sono da un lato il pensare che siamo la cosa più importante al mondo e dall’altro il pensare che non siamo nulla. O da un lato il pensare che tutti devono sapere come ci sentiamo, sia che li interessi oppure no, e dall’altro l’ignorare completamente quello che sentiamo.

Ovviamente ci sono situazioni in cui è importante comunicare come ci sentiamo, per esempio se abbiamo una relazione con qualcuno e ci sentiamo davvero infelici. Va bene dire agli altri come ci sentiamo invece di tenercelo per noi, nel momento in cui è necessario che gli altri sappiano come ci stiamo sentendo: “Quello che hai detto mi ha veramente ferito” e così via. Ma possiamo farlo in maniera equilibrata senza esagerare, e allo stesso tempo senza negarlo. Ovviamente, se stiamo parlando di una relazione, sono coinvolte due persone è il modo in cui si sente l’altra persona è altrettanto importante (e allo stesso tempo anche quello non è niente di speciale).

Quando parliamo dell’addestramento degli atteggiamenti, non si tratta soltanto dei nostri atteggiamenti, ma anche degli atteggiamenti di tutte le persone che sono coinvolte in una certa situazione. In altre parole, la mia prospettiva non è l’unico punto di vista, giusto? Questo è uno dei principi fondamentali usati nella terapia familiare, in cui ogni membro della famiglia può riferire quello che prova nell’ambiente familiare. Quindi se i genitori litigano tra di loro, possono apprendere dai loro figli l’impatto che questo ha su di loro. Altrimenti potrebbero non esserne consapevoli. Il loro punto di vista non è l’unica cosa che avviene in questo tipo di configurazione familiare.

Come superare la predilezione per sé stessi

Nell’addestramento degli atteggiamenti o nell’atteggiamento mentale tradizionale, l’enfasi principale sta nel superare questa preoccupazione per noi stessi che normalmente chiamiamo la “predilezione per noi stessi” e nell’aprirci al pensare agli altri. Abbiamo finora visto alcuni modi in cui è possibile fare questo, per esempio immaginando noi stessi da una parte e tutti gli altri dall’altra e pensando: “Chi è più importante? Io come singolo individuo o tutti gli altri messi insieme?” e abbiamo anche preso l’esempio del traffico: “Sono veramente più importante io di tutte le altre persone bloccate in questo ingorgo, tanto che devo arrivare a tutti i costi e gli altri non mi interessano affatto?”

Nel momento in cui ci apriamo e pensiamo a tutte le altre persone bloccate nell’ingorgo del traffico, la cosa importante è che questo sia veramente basato sulla realtà. La realtà è che tutti sono bloccati nell’ingorgo del traffico. Non siamo gli unici ad essere bloccati, no? Quindi quando parliamo di migliorare il nostro atteggiamento, lo facciamo sulla base della realtà; vediamo la realtà e allineiamo il nostro atteggiamento ad essa. Un mio amico, un maestro buddhista, ha detto una volta che l’approccio Buddhista può essere interamente riassunto in un’unica parola: “realismo”.

A causa del modo in cui a volte il Buddhismo viene a volte presentato, spesso le persone pensano che tutto quello di cui si tratti siano visualizzazioni fantastiche e rituali, una specie di Disneyland buddhista. Ma davvero questo non è affatto il senso del Buddhismo. Ci sono anche queste cose, nessuno lo nega, ma sono un mezzo per cercare di allinearci ancora di più con la realtà. Quando usiamo questi metodi, comprendiamo la differenza tra la realtà e la fantasia, e il potere dell’immaginazione.

Siamo esseri umani, dunque cosa ci distingue dagli animali? Ci sono molte cose che potremmo elencare, ma la cosa più importante è che abbiamo la forza dell’intelligenza e dell’immaginazione. Possiamo imparare ad utilizzare entrambe. Un esempio è il caso in cui abbiamo un forte desiderio sessuale per un’altra persona. Questo può essere decisamente disturbante. Quindi possiamo cambiare questa situazione, usando sia la nostra intelligenza che la nostra immaginazione.

Il grande maestro buddhista indiano Aryadeva ha scritto nel suo Trattato in 400 Versi (sct: Catuhshataka-shastra-karika) (III.4):

Chiunque può trovare una qualsiasi altra persona attraente e venire colto da un’infatuazione nei suoi confronti e deliziarsi della sua bellezza. Ma se questa è una cosa comune anche tra i cani eccetera, O sciocco, perché sei così attaccato alla tua?

In altri termini, se un cane o un maiale trova il proprio partner sessuale tanto attraente, cos’è che rende il nostro partner così speciale? La qualità dell’attrattività sessuale deriva interamente dalla mente del singolo individuo; non è qualcosa di intrinseco all’oggetto dell’attrazione. Altrimenti un maiale troverebbe il nostro partner veramente attraente e desiderabile e viceversa noi troveremmo il partner del maiale desiderabile. A livello intellettuale, questo è del tutto corretto. Con la nostra immaginazione, ci immaginiamo questi maiali e ciò ci aiuta a capire il punto. Quindi non c’è davvero nulla di speciale in una persona che troviamo desiderabile. Io trovo questa persona desiderabile, questa persona trova un’altra persona desiderabile. È come al ristorante: una persona sceglie una cosa dal menu e un’altra persona ne vuole un’altra. E allora? Niente di speciale.

Se estendiamo questo modo di pensare, le cose diventano molto interessanti. Per quale motivo chiunque dovrebbe trarre piacere nel fare le cose nello stesso modo in cui le faccio io? C’è certamente predilezione per sé stessi dietro al pensiero: “Il modo in cui faccio questa cosa è giusto”. Poi ci secchiamo se qualcuno organizza la sua scrivania o le cartelle del suo computer in maniera diversa: “È tutto sbagliato!”. È bene riconoscere che ci sono molti modi diversi di fare le cose, esattamente come ci sono molti diversi oggetti del desiderio sessuale.

Quando leggiamo o sentiamo di questo allenamento mentale in cui l’enfasi principale sta nell’arrestare la predilezione per noi stessi e nell’iniziare a pensare agli altri, non dobbiamo spingerci fino in fondo nel pensare che stiamo lavorando per essere di beneficio per ogni essere nell’universo. Possiamo certamente pensare, come abbiamo visto prima: “Sono uno tra i sette miliardi di esseri umani su questo pianeta, insieme a infiniti animali e insetti. Tutti si stanno sentendo felici, infelici o né l’uno né l’altro, quindi non c’è nulla di speciale in me”. Pensiamo al modo in cui stiamo nel contesto di tutti gli altri esseri e la nostra mente è molto più aperta invece che nel solito “io, io, io”. È come con il riscaldamento globale: dobbiamo pensare al modo in cui tutti quanti ne saranno affetti, perché non riguarda solamente una persona.

Quindi non dobbiamo andare così lontano per mettere effettivamente in pratica un cambiamento positivo, passando dalla predilezione per noi stessi alla predilezione per gli altri. Possiamo anche muoverci su scala più ristretta, osservando i nostri immediati dintorni – “Non ci sono soltanto io in questa relazione” o “Non ci sono soltanto io in questa famiglia”. In questo modo piano piano prestiamo sempre più attenzione a un gruppo più grande. Forse non riusciamo ancora a includere l’intero universo, ma possiamo incominciare su questa scala, non soltanto a un livello superficiale dei “like” di Facebook, ma con veri incontri diretti con altre persone.

Certamente questo è limitato, perché possiamo raggiungere molte più persone attraverso i social media di quante ne possiamo raggiungere nella nostra vita quotidiana. Ma quando un social network virtuale sostituisce il contatto e le relazioni interpersonali, ecco dove inizia il problema. Potremmo essere insieme a qualcuno eppure non realmente lì, perché stiamo scrivendo messaggi ad altre persone. Oramai è diventato un fenomeno comune, non soltanto tra i teenager, ma ci sono anche bambini che raccontano di sentirsi molto trascurati, perché i loro genitori stanno costantemente scrivendo messaggi e non prestano loro alcuna attenzione.

Vari modi di praticare l’addestramento mentale

Ci sono molto livelli in cui possiamo praticare l’addestramento mentale. Non c’è bisogno di includere nessuna pratica esotica; tutto ciò di cui abbiamo bisogno è utilizzare la nostra intelligenza in termini di ciò che troviamo realistico. Quello che è realistico è che non siamo l’unica persona nell’universo e non siamo neppure la persona più importante dell’universo, ma ovviamente non è vero neanche il contrario. Siamo uno tra tanti esseri nell’universo, ne siamo parte. Possiamo usare la nostra immaginazione in termini di empatia, per cercare di comprendere la situazione delle altre persone e il modo in cui si sentono e come vivono le cose.

La nostra intelligenza e la nostra immaginazione sono strumenti molto potenti che possiamo usare. Possiamo esercitare la nostra intelligenza attraverso la logica e possiamo esercitare la nostra immaginazione tramite metodi come l’immaginazione, non nel senso di far diventare il nostro intelletto come un computer o vincere la medaglia d’oro del visualizzare ogni sorta di fantastici dettagli, ma nel senso di superare le difficoltà e i problemi nella nostra vita. A un livello più ampio, possiamo anche farlo per essere poi in grado di aiutare gli altri a fare la stessa cosa. È bene avere questo tipo di prospettiva molto, molto ampia, in cui possiamo comprendere e immedesimarci con chiunque in termini di qualsiasi cosa che sia accaduta in passato, che stia accadendo in questo momento o che potrebbe potenzialmente accadere in futuro. Questo certamente implica un bel po’ di intelligenza e di immaginazione!

Possiamo riportare tutto ciò nella nostra vita di tutti i giorni in molti modi differenti. Il livello più semplice è questo pensiero di “nulla di speciale” che ci porta a comprendere che qualsiasi cosa accada, bella, brutta o neutra, non è nulla di particolarmente speciale. Attraverso tutta la storia, per lo meno dagli antichi Greci fino ad oggi, tutti hanno sempre detto: “Questo è il periodo peggiore di tutti: le nuove generazioni sono del tutto degenerate, orribili e corrotte”. Se consideriamo la letteratura nel corso dei secoli, tutti hanno detto questa cosa, ma non è proprio vera. Non c’è nulla di speciale in quello che sta accadendo, non c’è nulla di speciale in noi e non c’è nulla di speciale nel modo in cui ci stiamo sentendo. È semplicemente uno scorrere continuo, spinto da infinite cause e condizioni che interagiscono tra di loro. Dobbiamo affrontare questa cosa nel modo più benefico possibile, usando la nostra intelligenza e la nostra immaginazione per immedesimarci con noi stessi e con gli altri.

Riassunto

Ognuno di noi è solamente uno tra sette miliardi di esseri umani su questo pianeta, ma nessuno di noi è poi tanto diverso da tutti gli altri. Quando cerchiamo di superare questo nostro atteggiamento di predilezione per noi stessi, automaticamente diventiamo più realisti: capiamo che siamo tutti nella stessa barca, invece di pensare che tutti ce l’abbiano con noi. Non c’è nulla di particolarmente speciale in noi, questa è una realizzazione che genera un miglioramento enorme nella qualità del nostro benessere emotivo e delle nostre interazioni con gli altri.

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