Mi è stato chiesto di dire qualcosa in merito all’etica sessuale buddhista. La sessualità è un tema che ovviamente è di interesse a molte persone. Specialmente quando si vive in una comunità ristretta in un luogo di campagna, com’è il vostro caso, ci può essere molta confusione riguardo alla sessualità e alle relazioni sessuali. Un comportamento sessuale sconsiderato da parte nostra o del nostro partner[i] può creare molta sofferenza. Può essere utile dare un’occhiata ai consigli che il Buddhismo ci offre a tale proposito.
Vorrei impostare la discussione di oggi in maniera piuttosto informale. Quindi prima parlerò per un po’ e poi, andando avanti, se avete delle domande, per favore, fatele. Più tardi nel pomeriggio, possiamo avere una discussione con domande e scambi di opinioni.
Il retaggio etico occidentale
In generale, l’approccio etico buddhista è molto diverso da quello occidentale. Nella cultura occidentale, fondamentalmente abbiamo l’unione di due sistemi etici: uno è quello di provenienza biblica e l’altro proviene dalla Grecia antica.
Nel contesto biblico, c’è un insieme di norme che riguardano l’etica che sono state assegnate da un’autorità superiore. Fondamentalmente, avere un comportamento etico significa seguire queste norme. Se obbediamo alle norme, siamo “buoni” – siamo “brave persone”. Verremo ricompensati in paradiso. Se invece non obbediamo a queste norme, siamo “cattivi” e allora verremo puniti nell’oltretomba. In questo modo, l’etica è una questione di obbedienza a un’autorità superiore. Ci chiediamo sempre “Cosa dovrei fare?”. C’è sempre questa idea del “dovere” – “Dovrei fare questo, ma non lo sto facendo, quindi sono cattivo, sono in colpa”. Perdiamo la fiducia in noi stessi e diventiamo insicuri, perché ci chiediamo sempre: “Cosa dovrei fare?”.
Anche nella Grecia antica troviamo un insieme di norme, ma non ci sono comandamenti dati da un’autorità divina. Le norme vengono definite dai cittadini. Rappresentanti dei cittadini si riuniscono in un’assemblea legislativa e definiscono leggi per il benessere e la prosperità della società. In seguito, è di nuovo una questione di obbedienza. Dobbiamo obbedire alle leggi. E in questo modo, non siamo semplicemente delle “brave persone” dal punto di vista morale, in questo caso siamo anche dei “bravi cittadini”. Se non obbediamo alle leggi, siamo “persone cattive” e dobbiamo pagare una multa oppure finiamo in prigione.
Dunque la nostra etica occidentale è la combinazione di questi due sistemi. Entrambi sono basati sull’obbedienza a delle norme. L’etica buddhista non è affatto così. Noi occidentali, quando ci avviciniamo al Buddhismo, rimaniamo confusi perché ci aspettiamo che il Buddhismo ci dica cosa “dovremmo” fare e cosa “non dovremmo” fare. Per questo motivo, quando ascoltiamo insegnamenti buddhisti sull’etica, tendiamo ad accettarli come se fossero comandamenti biblici oppure leggi giudiziarie.
L’etica buddhista e la rinuncia
Invece, il fondamento etico del Buddhismo è del tutto diverso. L’etica buddhista è basata sull’insegnamento principale dato dal Buddha: le quattro nobili verità o i quattro fatti della vita. Fondamentalmente la vita è dura, la vita è difficile. Ma c’è un motivo per cui è così e se vogliamo liberarci dalle difficoltà della vita, dobbiamo eliminarne la causa. Quello che Buddha ha insegnato in questo contesto è che ci sono alcuni tipi di comportamento che ci creeranno problemi e sofferenza in futuro. Se vogliamo evitare di soffrire, dobbiamo evitare questi tipi di comportamento. Se invece non ci importa di quanti problemi causiamo a noi stessi, non fa nulla. Possiamo andare avanti a comportarci in questo modo. Ognuno di noi ha la scelta.
Buddha non ha dato comandamenti morali come nella Bibbia. Buddha non ha mai detto “Dovete fare questo e se non lo fate, siete cattivi”. Piuttosto, Buddha ha detto “Se fate questo, creerete problemi a voi stessi. Se non volete avere questi problemi, smettete di comportarvi così”. Se continuiamo a fare ciò che ci crea problemi, questo non ci rende una “persona cattiva”. E se non ci comportiamo così, se ci tratteniamo dal farlo, questo non ci rende una “brava persona”. Se continuiamo a comportarci in una maniera che ci crea problemi, allora siamo sciocchi e questo è triste. Se smettiamo di comportarci in questo modo, siamo saggi. Tutto qui.
L’etica buddhista, quindi, è prima di tutto una questione di scelte riguardo a quello che facciamo. Attraverso la pratica buddhista, miriamo a sviluppare atteggiamenti costruttivi come la rinuncia. Osserviamo i nostri problemi e decidiamo “Questo non è divertente. Non voglio più avere questi problemi”. Quindi, tramite la rinuncia, decidiamo, con determinazione, che dobbiamo liberarci da questi problemi. Più specificamente, decidiamo che saremo noi stessi a toglierceli di torno. Nessuno ce ne libererà tranne noi stessi. Smettiamo di crearne le cause e in questo modo i problemi che ne derivano non sorgeranno più.
Per esempio, se i nostri problemi derivano da una rabbia terribile o da un attaccamento ossessivo, allora, siccome non vogliamo più avere questi problemi, rinunciamo a loro e alle loro cause. Sviluppiamo quella determinazione che dice: “Cercherò di cambiare. Sono disposto ad abbandonare la mia indole collerica e la mia rabbia. Sono disposto ad abbandonare il mio attaccamento. Ci proverò”. Senza la determinazione ad abbandonare quei lati negativi della nostra personalità, non avremo alcun tipo di progresso nella nostra pratica buddhista.
Difficilmente il semplice recitare e praticare il rituale di una puja, senza essere disposti ad abbandonare il nostro attaccamento o la nostra rabbia, riuscirà ad avere un impatto su quei tratti distruttivi del nostro carattere, come la rabbia. Questo perché non applichiamo alla nostra vita di tutti i giorni nessun atteggiamento positivo che sviluppiamo durante la puja. Il rituale diventa solo una specie di cosa marginale che facciamo tanto per divertirci, un po’ come guardare la televisione tutte le sere. Quindi se siamo davvero interessati ad ottenere la liberazione dai nostri problemi, la questione dell’etica buddhista assume un’importanza fondamentale.
Essere onesti riguardo ai nostri scopi
Nella pratica buddhista, è importante evitare l’ipocrisia. Molte persone che entrano in contatto con il Buddhismo, se guardano onestamente dentro di sé, a cosa mirano? Molte persone non aspirano veramente a raggiungere l’illuminazione. Non cercano neppure la liberazione. La maggior parte delle persone vogliono semplicemente rendere un po’ migliore la loro situazione samsarica – la loro vita normale di tutti i giorni.
E questo va bene. Buddha ha insegnato metodi per migliorare la nostra situazione nel samsara, per esempio come ottenere una rinascita migliore. Questo fa parte degli insegnamenti buddhisti. Ma molti di noi, in ogni caso, non credono all’esistenza di vite future e tantomeno sono interessati a migliorarle. Vogliamo migliorare il nostro samsara in questa vita, proprio adesso. Anche questo va bene. Ma non dovremmo fingere ed essere disonesti, dicendo “Sto cercando di diventare un Buddha per il bene di tutti gli esseri senzienti”, quando in realtà questa non è affatto la nostra finalità. Ovviamente, la condotta etica che dobbiamo adottare per raggiungere l’illuminazione o per migliorare il nostro samsara è la stessa. Ma se siamo realistici e onesti riguardo ai nostri scopi finali, non avremo molte difficoltà ad adottare una condotta etica buddhista.
Ancora una volta, una delle questioni che dobbiamo affrontare è che la maggior parte di noi s'avvicina al Buddhismo partendo da un contesto giudaico-cristiano. Quindi tendiamo a pensare “Dovrei cercare di ottenere l’illuminazione, perché allora diventerò una brava persona, un buon discepolo, un buon buddhista. Se non cerco di diventare Buddha e di aiutare tutti, ma semplicemente cerco di migliorare il mio samsara, sono una persona cattiva, un cattivo discepolo, un cattivo buddhista”. Di nuovo mettiamo l’enfasi sul “dovere”. Ci concentriamo su quello che “dovremmo” fare.
Non è così nel Buddhismo. Andiamo avanti nel modo più appropriato per noi, a seconda del livello in cui ci troviamo. Non c’è “dovere”. Non c’è “se fai questo, sei buono e se non sei ancora arrivato a questo livello, sei cattivo”. Non possiamo dire “Se sei un adulto è una cosa buona e se sei un bambino è una cosa cattiva. Quindi anche se spiritualmente sei ancora un bambino, devi essere un adulto e comportarti in maniera tale”.
La questione principale, quindi, nel cercare di seguire l’etica buddhista, è di cercare di capire la relazione tra la causa comportamentale e il suo effetto: ovvero la relazione tra il nostro comportamento e il livello di felicità o sofferenza che ne derivano di conseguenza. Questo è cruciale. Senza essere convinti di questa relazione, non c’è motivo per seguire il sistema etico buddhista.
Comportamento distruttivo e i suoi effetti
Se prendiamo in considerazione quello che nel Buddhismo viene chiamato “comportamento distruttivo,” esso è un comportamento motivato da collera, attaccamento o avidità, oppure ingenuità. Queste tre sono le principali emozioni disturbanti – emozioni o stati d’animo che disturbano la nostra pace mentale e ci fanno perdere l’autocontrollo. Alcuni insegnamenti aggiungono altri due fattori che sono sempre concomitanti con un comportamento distruttivo: la mancanza di dignità morale e l’assenza di considerazione riguardo al modo in cui il nostro comportamento si rifletterà sugli altri, ad esempio sui nostri genitori o i nostri maestri spirituali. Quello che è certo dal punto di vista del karma è che un comportamento che sia motivato da queste emozioni disturbanti e da questi stati d’animo sarà la causa di sofferenza, o meglio “maturerà” come sofferenza.
Ora dobbiamo capire questa affermazione. Non è così semplice. Non stiamo parlando degli effetti delle nostre azioni su qualcun altro, perché questi sono incerti. Possiamo regalare dei fiori a una persona, con molto amore, e questo può causare una terribile allergia e farla stare molto male. D’altro canto potremmo rubare la macchina di qualcuno e rendere questa persona estremamente felice perché in ogni caso voleva disfarsene e ora può ricevere i soldi dell’assicurazione e comprare una nuova macchina. Dunque gli effetti delle nostre azioni in termini di felicità o sofferenza per gli altri non sono affatto certi. Anche se ovviamente cerchiamo di non nuocere ad altri, nonostante tutto non siamo in grado di predire quello che succederà a loro. Potremmo cucinare un pasto delizioso e il nostro ospite muore soffocato mangiandolo. Come facciamo a sapere quello che accadrà?
Ma, secondo gli insegnamenti buddhisti, quello che è certo riguardo alle nostre azioni è il risultato che esse avranno su di noi. Non stiamo parlando di un effetto immediato. Se stupriamo qualcuno, nell’istante dello stupro possiamo provare il piacere di un orgasmo sessuale. Non stiamo dunque parlando del grado di felicità direttamente risultante da un’azione. Stiamo parlando di qualcosa che sperimenteremo nel lungo termine – l’effetto di lungo termine sulla nostra mente e in termini delle nostre esperienze future che risulteranno da inclinazioni ed abitudini che abbiamo sviluppato.
Per esempio, potremmo avere una relazione extraconiugale e in quel momento godere molto del piacere di essere con la nostra amante. Più tardi però, al di là di problemi relazionali che avremo nelle nostre vite future, già in questa vita avremo senza dubbio molti problemi con la nostra famiglia. Quindi non stiamo parlando del piacere immediato che possiamo provare quando abbiamo una relazione sessuale, bensì dell’effetto risultante nel lungo termine.
La motivazione per la nostra condotta sessuale
Dunque il punto principale da considerare quando parliamo dell’etica buddhista in merito alla sessualità è la motivazione per la nostra condotta sessuale. L’attività sessuale, come atto fisico, non è poi tanto differente dal mangiare, nel senso che è una funzione biologica che deriva dall’avere questo tipo di corpo. Se abbiamo questo di corpo, esso avrà fame, quindi dovremo nutrirlo. Allo stesso modo, se abbiamo questo tipo di corpo, ci saranno degli ormoni sessuali. Ci sarà una funzione biologica relativa al sesso che in qualche modo dovremo gestire. Ma in ogni modo, c’è una grande differenza tra il soddisfare l’appetito sessuale e il soddisfare l’appetito per il cibo: possiamo vivere senza sesso, ma non possiamo vivere senza cibo.
L’attività sessuale, come anche il mangiare, può essere motivata da un’emozione o un atteggiamento disturbante, costruttivo oppure neutro. In funzione della motivazione, anche l’atto sessuale o il nutrirsi possono diventare distruttivi, costruttivi oppure neutri. Per esempio, se mangiamo spinti da una tremenda avidità e attaccamento – semplicemente ci ingozziamo come un maiale – questo è autodistruttivo. Se invece mangiamo perché dobbiamo essere forti per poterci prendere cura della nostra famiglia – per poter avere la forza e l’energia per lavorare, e così via – questa è una motivazione positiva e il nutrirsi diventa un’azione costruttiva. Se infine mangiamo solo perché è ora di mangiare e perché tutti gli altri stanno mangiando, allora eticamente parlando è un’azione neutra.
La stessa cosa vale per il sesso. Se facciamo sesso motivati da un tremendo attaccamento e desiderio, oppure motivati da rabbia, come quando i soldati stuprano le mogli e le figlie dei loro nemici, allora è un’azione distruttiva. Se facciamo sesso per mostrare affetto e aiutare qualcuno – un partner appropriato – nella speranza che questo farà sentire l’altra persona un po’ più felice, allora è un’azione costruttiva. Se infine facciamo sesso solamente perché non riusciamo ad addormentarci e in questo modo saremo stanchi e potremo addormentarci meglio, allora è un’azione neutra.
Il risultato che deriva da una stessa azione varia in funzione della motivazione. “Distruttivo” significa che ci causerà problemi in futuro. Per la maggior parte delle persone, la motivazione negativa dell’atto sessuale che lo rende un’azione distruttiva e dunque causa di problemi in futuro, è in genere attaccamento e desiderio bramoso. Quello su cui dobbiamo lavorare, nel contesto della rinuncia, non è l'atto sessuale in sé, ma questo attaccamento e desiderio bramoso.
Facciamo un esempio. Immaginate di essere alla ricerca dell’orgasmo perfetto. Questa ricerca ci rende perennemente insoddisfatti dell’esperienza sessuale che abbiamo. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa di meglio. Vogliamo sempre avere di più e non possiamo mai goderci quello che abbiamo nel presente. Questo atteggiamento ci rende frustrati ed infelici. Ci porta a non avere mai un’esperienza sessuale soddisfacente.
Lo stesso vale nel caso in cui siamo sempre alla ricerca del partner sessuale perfetto. Non troveremo mai il partner perfetto. Saremo sempre insoddisfatti, e sarà il nostro atteggiamento mentale a renderci infelici. L’attività sessuale motivata da questo tipo di atteggiamento è distruttiva – è auto-distruttiva. Quando parliamo di un’azione distruttiva, intendiamo sempre autodistruttiva.
Quindi è questo ciò che dobbiamo abbandonare – il mito del partner perfetto o dell’orgasmo perfetto, e il desiderio bramoso che questo mito genera. Il nostro desiderio bramoso è basato sull’idea ingenua che “da qualche parte là fuori c’è il partner perfetto con cui avrò l’orgasmo perfetto”. Questo è un mito. È una favola per bambini. Non accadrà mai. Mi dispiace, ma è così.
Avere una relazione sessuale con il partner altrui
Dobbiamo avere un atteggiamento più realistico nei confronti della sessualità. Se andiamo a vedere gli insegnamenti che indicano quali siano i comportamenti sessuali di tipo distruttivo, troviamo elenchi di ogni genere. Ma il punto comune a tutti questi elenchi è l’avere una relazione sessuale con il partner di qualcun altro. Se andiamo ad osservare questo aspetto, dobbiamo cercare di capire per quale motivo questo comportamento è distruttivo, perché ci crea dei problemi? Ci sono due situazioni in cui questo tipo di azione distruttiva può aver luogo: nel caso in cui già abbiamo un partner sessuale o nel caso in cui non lo abbiamo. Andiamo a vedere il primo di questi due casi.
Se diciamo che è un comportamento distruttivo perché ci causerà guai con il nostro partner – il nostro partner ne sarà ferito – o se diciamo che il partner dell’altra persona ne sarà ferito, ebbene questo è un tipo di infelicità che deriverà dal nostro comportamento. Ma non è sicuro. Forse siamo in una relazione in cui per il nostro partner va bene. Forse l’altra persona è in una relazione in cui per il suo partner va bene. Questo è possibile.
Ma dobbiamo essere molto sensibili a questo proposito, perché il nostro partner potrebbe dire “Per me va bene se tu hai una relazione sessuale con qualcun altro, non m’importa,” ma in realtà lui o lei ci sta dicendo questo semplicemente per paura di perderci. Temono che se faranno delle obiezioni, potrebbero perderci e quindi preferiscono non dire nulla o dire che va bene. Ma dentro di loro possono soffrire molto. È fortemente necessario essere sensibili nei confronti dei nostri partner per capire se sono davvero sinceri quando ci dicono che va bene.
E se questo comportamento va bene soltanto in una direzione, cioè per il nostro partner va bene se abbiamo una relazione sessuale con qualcun altro, ma per noi non va bene se il nostro partner ha una relazione sessuale con qualcun altro, allora c’è ovviamente qualcosa che non va. Anche pensare all’altra persona con cui stiamo avendo una relazione sessuale in termini di “Beh, fintanto che il suo partner non lo viene a sapere – e non lo verrà mai a sapere- allora va bene” è imprevidente. Inevitabilmente, il partner dell’altra persona prima o poi lo verrà a sapere.
Secondo i testi buddhisti, il risultato principale che deriva dall’avere una relazione sessuale con il partner di qualcun altro è che le nostre relazioni di coppia diventeranno instabili. I nostri partner saranno infedeli. Anche se in questo momento non abbiamo un partner, questo potrà accadere in relazioni di coppia che avremo in futuro. Inoltre, anche se l’infedeltà del nostro partner è un risultato che non necessariamente avrà luogo in questa vita, ciononostante le conseguenze del nostro adulterio possono, in questa vita, prendere forma di un divorzio e di tutti i problemi che ne conseguono.
Secondo i testi, un’ulteriore cosa che accadrà quando abbiamo una relazione sessuale con il partner di qualcun altro, è che questo diventerà il motivo per commettere molte altre azioni distruttive: per esempio, dovremo mentire riguardo alla nostra relazione. Possiamo persino arrivare ad uccidere o rubare se qualcuno inizia a ricattarci per mantenere il segreto in modo che il nostro partner non lo venga a sapere o noi non rischiamo di perdere il lavoro. Dobbiamo liberarci del ricattatore in modo da non venire scoperti. Una gravidanza indesiderata con un partner extraconiugale può portarci ad abortire il feto. Queste cose possono senz’altro accadere, anche se non c’è certezza che accadranno.
Nella discussione in merito a partner sessuali impropri, i testi classici buddhisti non fanno una distinzione a seconda se abbiamo già un partner sessuale oppure no. Comunque, io penso che specialmente nel nostro contesto occidentale moderno, dobbiamo ammettere che le conseguenze negative che ho appena menzionato sorgerebbero in entrambi i casi. Allo stesso modo, i testi classici non menzionano conseguenze negative nel caso in cui abbiamo già un partner ed abbiamo una relazione sessuale con qualcun altro che non ha un partner oppure che non ha limitazioni alla propria attività sessuale imposte da parte dei propri genitori o dai propri voti. Ma penso che anche in questo caso ci sarebbero le stesse conseguenze negative in termini di sofferenza.
Insoddisfazione
Se andiamo ad osservare in profondità, scopriamo che quello che rende l’avere una relazione sessuale con il partner altrui un’azione distruttiva è l’insoddisfazione. Se abbiamo già un partner, è l’insoddisfazione implicita nei confronti del nostro partner che ci spinge a cercare una relazione con qualcun altro. Ma anche se non abbiamo un partner, siamo spinti ad avere una relazione sessuale con il partner di qualcun altro perché siamo insoddisfatti dalla possibilità di trovare un partner tra coloro con cui sarebbe appropriato avere una relazione. Forse non ci abbiamo neppure provato.
L’insoddisfazione è la principale responsabile dietro quasi ogni forma di comportamento sessuale improprio menzionato nei testi classici – fare sesso usando orifizi del corpo impropri, in momenti impropri, in luoghi impropri e così via. Il punto dietro tutto ciò è l’insoddisfazione. Per esempio, possiamo fare sesso nell’intimità della nostra camera da letto, di notte quando nessuno potrebbe venire a bussare alla nostra porta. Ma siamo insoddisfatti di questo – non è abbastanza eccitante. E così scegliamo di fare sesso nel cortile in pieno giorno, quando chiunque potrebbe passare e vederci e dunque creiamo ogni sorta di imbarazzo o scandalo. Oppure potremmo scegliere di fare sesso in pieno giorno sul pavimento del soggiorno, quando i nostri bambini potrebbero entrare in qualsiasi momento e vederci. Questo potrebbe causare loro un grande trauma.
L’insoddisfazione può avere vari aspetti. Di fondo, siamo insoddisfatti di ciò che abbiamo e vogliamo di più. Per esempio, possiamo avere una certa prassi sessuale stabilita con il nostro partner nel senso di fare sesso in certe posizioni e modalità accettate di comune accordo. Non si tratta necessariamente di essere rigorosamente puritani: c’è solo una posizione e basta. Ma diciamo che abbiamo un repertorio concordato di modalità per fare sesso.
Prima di tutto, perché un tale repertorio sia appropriato, esso non può includere attività sessuali che siano convenzionalmente considerate distruttive sia per noi che per il nostro partner. Se il nostro repertorio concordato consiste nell’incatenare e torturare l’altra persona prima o durante l’atto sessuale, un tale comportamento sadomasochistico è inaccettabile. Oppure se abbiamo un rapporto sessuale non protetto con qualcuno che potrebbe contagiarci con una malattia a trasmissione sessuale, o con qualcuno a cui potremmo trasmettere questo tipo di malattia nel caso in cui noi ne siamo infetti, allora anche questo sarebbe distruttivo ed inaccettabile. Le forme ed i modi dei nostri atti sessuali devono essere, da un punto di vista convenzionale, ragionevoli e sani.
Ovviamente possono esserci molte opinioni differenti, sia a livello culturale che a livello individuale, riguardo a quali forme di sessualità siano ragionevoli e sane e quali invece siano distruttive, ma lasciamo da parte questa discussione. Quello che rende l’atto sessuale distruttivo in questi casi è che siamo insoddisfatti del nostro schema di comportamento che abbiamo stabilito di comune accordo con il nostro partner come non distruttivo, e invece andiamo a cercare in manuali di istruzioni per il sesso esotico o esoterico e vogliamo sperimentare cento posizioni diverse che rendano il sesso più eccitante. Possiamo anche pensare “Facciamo sesso a testa in giù,” perché cerchiamo un qualche tipo di piacere sessuale idealizzato che non troveremo mai e poi mai. Stiamo cercando un tipo di esperienza sessuale idealizzata e questo è semplicemente un mito, proprio come il mito del partner perfetto o dell’orgasmo perfetto. Non succederà mai.
Questo è il vero piantagrane, l’insoddisfazione, questa spasmodica ricerca di qualcosa che sia sempre di più oppure sempre meglio. Questo desiderio si basa sulla bramosia “IO, IO, devo avere di più”. Specialmente in posti come questi, in cui una comunità di persone con un sincero affetto reciproco vive a stretto contatto, lontano dalla città, e dove a volte persone che già hanno una relazione di coppia possono avere relazioni sessuali con i partner di altri, è importante esaminare la motivazione per questo comportamento. È importante chiedersi se esso è basato sull’insoddisfazione con il proprio partner e sulla ricerca di qualcosa che sia migliore e ancora migliore.
Se il nostro comportamento è basato su questo tipo di atteggiamento, sarà senz’altro autodistruttivo. Ci causerà inevitabilmente problemi e infelicità. Se poi esso causerà felicità o sofferenza per il nostro nuovo partner o quello attuale, è un’altra questione. Ma sicuramente creerà problemi per noi. Abbiamo la scelta: se vogliamo continuare ad essere infelici e frustrati, perché questo tipo di ricerca spasmodica è destinata a crearci frustrazione, allora siamo liberi di continuare così. Va bene, è una nostra scelta. Ma se vogliamo mettere fine a questa infelicità, a questa continua ansia e frustrazione e a questa continua ricerca di qualcosa di meglio, allora dobbiamo astenerci da questo tipo di attività.
“Il corpo è bello” e l’amore libero
Un altro aspetto importante è che potremmo ingannarci riguardo a cosa costituisca un comportamento sessuale innocuo. In Occidente, abbiamo l’idea che “il corpo è bello”. Il culto del corpo è forse un retaggio culturale della Grecia antica e poi del Rinascimento. Conoscete questo tipo di atteggiamento: “Il corpo giovanile è così bello e perfetto” e quasi lo veneriamo. Con questo tipo di atteggiamento nei confronti del corpo, quando facciamo sesso, lo vediamo come una cosa bellissima e meravigliosa. Siamo davvero convinti che l’atto sessuale porterà grande felicità all’altra persona e a noi. Stiamo parlando dell’idea tipicamente occidentale de “l'amore libero,” che alcune persone hanno.
Per esempio, possiamo trovarci in una relazione sessuale con un partner e incontrare qualcuno ad una festa che troviamo attraente e sexy. Potremmo pensare: “Non sono veramente insoddisfatto con il mio partner. Ma il corpo di questa persona è così bello, devo assolutamente accarezzarlo. Dobbiamo fare l’amore e celebrare la bellezza dei nostri corpi. Fare l’amore sarà bellissimo”. Possiamo addirittura pensare: “Fare l’amore sarà molto spirituale”. Con questo modo di pensare così ingenuo, in realtà inganniamo noi stessi. Alla base della nostra convinzione che il sesso sia “libero” e completamente innocente, bello e addirittura spirituale, possono esserci un grande desiderio, bramosia e attaccamento, sostenuti dall’ingenuo culto del bel corpo.
Come occidentali, a molti di noi non piacciono gli insegnamenti buddhisti riguardo alla consapevolezza di cosa si trova sotto la pelle, di cosa c’è dentro lo stomaco e dentro gli intestini e così via. Ma se ignoriamo la realtà che si trova all’interno del nostro corpo, ci abbandoniamo al mito del bel corpo e in questo modo il corpo diventa l’oggetto del nostro desiderio ossessivo.
Il Buddhismo spiega il desiderio bramoso come un’emozione disturbante basata su una concezione errata del proprio oggetto. Più precisamente, è basata sull’esagerazione delle qualità positive o dell'attrattività del suo oggetto. Nel caso in cui l’oggetto sia il corpo, il desiderio bramoso considera come pulito e meraviglioso qualcosa che di fondo è sporco. Provate a stare in piena estate per una settimana senza farvi la doccia o senza lavarvi i denti e vedrete quanto è pulito il corpo. Il nostro desiderio bramoso considera qualcosa che di fondo ci creerà solo problemi come una fonte di massima felicità. O considera qualcosa di impermanente come permanente. O qualcosa che non ha alcuna essenza solida come qualcosa con un’essenza solida. Quando agiamo ingenuamente sotto l’influenza di queste concezioni errate, ci creiamo problemi.
E dunque, ancora una volta, se vogliamo evitare infelicità come risultato del nostro comportamento sessuale, quello che dobbiamo fare è evitare di idealizzare il sesso. Questo non significa che non dobbiamo più avere alcuna attività sessuale. Ma semplicemente non idealizzarla. In altre parole, dobbiamo essere realistici riguardo al corpo dell’altra persona e al nostro. Spesso i piedi sudano e puzzano. Questo è quello che è, quindi è inutile far finta che non sia così e che il corpo sia sempre così bello e meraviglioso come in un film di Hollywood – non è così!
Inoltre il sesso non porterà la felicità definitiva né all’altra persona né a noi. Quindi se pensiamo: “Avrò una relazione sessuale con questa persona e questo risolverà tutti i suoi problemi e la renderà felice” oppure “Risolverà tutti i miei problemi e mi renderà felice,” questo è un mito. Questo non accadrà, ovviamente. Forse porterà a noi o al nostro partner un certo temporaneo sollievo, ma bisogna essere realistici. Il sollievo è solo temporaneo. Non c’è nulla di profondo. Non c’è nulla di speciale. Ovviamente, non durerà. Quindi non dobbiamo ingannare noi stessi a questo proposito.
E se stiamo sdraiati abbracciati all’altra persona, certamente il braccio che sta sotto finirà per addormentarsi. Inevitabilmente, finiremo per avere ogni sorta di scomodità. Dobbiamo accettare tutto ciò in quanto parte dei problemi generali del samsara. Lo stesso vale per il sesso. Anche esso inevitabilmente sarà carico di problemi. Così, se abbiamo una visione romantica ed idealizzata del sesso, ne deriverà molta infelicità. Dobbiamo essere realistici.
Breve riepilogo
Penso che questi siano i punti salienti dell’etica sessuale buddhista riguardo a come minimizzare la quantità di problemi e infelicità che ci causiamo con il nostro comportamento sessuale. Dobbiamo esaminare con grande onestà la motivazione della nostra attività sessuale, sia con i nostri partner sia con i partner altrui, se siamo attratti da questo tipo di attività. Dobbiamo anche esaminare con attenzione come vediamo il sesso: lo stiamo idealizzando oppure lo vediamo in maniera più realistica? Se siamo interessati a liberarci definitivamente dei nostri problemi – o anche se non abbiamo degli scopi tanto nobili, ma siamo semplicemente interessati a migliorare la nostra situazione nel samsara e ad avere meno problemi in questa vita – dobbiamo cercare di evitare una condotta sessuale che sia motivata da un’emozione disturbante o qualche tipo di fantasia. Poi ovviamente dobbiamo anche fare il nostro meglio per non causare problemi all’altra persona tramite la nostra condotta sessuale, anche se è molto difficile essere certi di quali saranno gli effetti delle nostre azioni su qualcun altro.
Ricordate, nell’etica buddhista non c’è nulla che dice “Dovete fare questo o non dovete fare quello”. È tutta una questione di non voler continuare a causare problemi a noi stessi e di avere una comprensione realistica della legge di causa ed effetto in merito al nostro comportamento.
Mostrare affetto
Un ultimo punto prima di aprire la discussione è la questione di come mostrare affetto per gli altri. Indipendentemente dal fatto che siamo in una relazione di coppia ed abbiamo un partner, se proviamo un affetto molto profondo per un’altra persona, qual è una maniera appropriata di mostrare quest’affetto? Alcune persone potrebbero pensare che l’unica maniera di mostrare affetto è attraverso la sessualità. Non necessariamente attraverso un rapporto sessuale con l’altra persona che arrivi fino all’orgasmo, ma per esempio attraverso un’interazione che sia intenzionalmente stimolante da un punto di vista sessuale – stimolante per noi, per l’altra persona o per entrambi. Ma ovviamente questo metodo non si applica a tutti coloro per cui proviamo affetto. Per esempio, io provo un grande affetto per il mio cane e spesso gli mostro questo affetto accarezzandolo. Ma non penserei mai di avere un rapporto sessuale con il mio cane né di stimolarlo sessualmente.
Questa diventa una questione interessante se andiamo a considerare come le manifestazioni di affetto possono essere influenzate culturalmente. Per esempio, quando gli occidentali vanno in India o nel Medio Oriente, a volte restano confusi dalle manifestazioni d’affetto che le persone di questi paesi esibiscono. Questo perché in India e nella maggior parte del Medio Oriente, è del tutto possibile che due amici dello stesso sesso passeggino tenendosi per mano o si tengano per mano molto a lungo. Un tale comportamento verrebbe interpretato in maniera molto differente in Occidente. In India e nel Medio Oriente, non ha alcuna connotazione sessuale. In queste aree culturali, tenersi per mano è una maniera appropriata di mostrare affetto ed amicizia per una persona dello stesso sesso, mentre nella cultura britannica o americana, questo avrebbe una connotazione sessuale e dunque sarebbe inappropriato per degli eterosessuali.
Un altro esempio: nella cultura dell’Europa occidentale, un uomo può salutare una donna baciandola sulla guancia una, due, tre o anche quattro volte, a seconda del paese, e questo non ha alcun tipo di connotazione sessuale. In realtà semplicemente si appoggia la guancia al viso dell’altra persona e non c’è contatto tra le labbra e la faccia dell’altro. Ma in India, per esempio, un uomo non farebbe mai una cosa del genere. Invece nel Medio Oriente islamico, gli uomini salutano in questo modo altri uomini, assolutamente senza alcuna connotazione sessuale.
Un altro punto interessante è che le persone occidentali sembrano avere questa necessità di dire “Ti amo”. È come se esprimendo il nostro amore a parole lo si rendesse vero. Come se le nostre parole potessero conferire una reale esistenza al nostro amore. E se anche tu mi dici che mi ami, allora questo renderebbe il tuo amore reale. Viceversa, se non mi dici “Ti amo” oppure non lo dici abbastanza spesso, questo implica che non mi ami veramente. È interessante, dal punto di vista della vacuità, vedere come erroneamente immaginiamo che le parole possano creare o provare la reale esistenza delle nostre emozioni.
Ma se guardiamo la società indiana tradizionale, le persone non si dicono “Ti amo” a vicenda, neppure alla moglie o ai loro bambini. In Tibetano, l’espressione “Ti amo” neppure esiste. L’amore e l’affetto vengono dimostrati tramite le nostre azioni e non tramite le nostre parole.
Il punto rilevante qui è: per poter esprimere un profondo affetto che sentiamo per qualcuno, abbiamo bisogno di avere un qualche contatto a carattere sessuale con questa persona? Se pensiamo di sì, forse ci stiamo ingannando. La nostra vera motivazione potrebbe essere non soltanto ingenuità, ma anche desiderio bramoso. L’ingenuità potrebbe esprimersi pensando: “Devo avere un rapporto sessuale con te per dimostrarti l’autenticità del mio affetto. Questo è l’unico modo per esprimere veramente il mio amore”. Anche se non pensiamo in un modo tanto estremo, possiamo sentire una forte esigenza di esprimere il nostro amore baciando appassionatamente l’altra persona sulle labbra. Questo è un punto importante su cui riflettere. Baciando appassionatamente una persona sulle labbra, esprimiamo e dimostriamo veramente il nostro amore? Ed è l’unico modo per farlo? Questo è un punto molto interessante, specialmente nel momento in cui esaminiamo sempre più in dettaglio le motivazioni per la nostra attività sessuale.
Ma forse per il momento basta così, per questa presentazione iniziale. Ora possiamo discutere alcune domande.
Sesso, divertimento e varietà
Cosa si può dire del divertimento? Il sesso è anche divertente e qualcosa di bello per entrambe le persone. Inoltre, tanto per restare nel campo dell’analogia con il cibo e l’appetito, non mi va di vivere solamente a pane e acqua ogni giorno. Quindi cerco di cucinarmi ogni tanto un pasto appetitoso oppure di tanto in tanto uscire a cena fuori, tanto per rendere le cose interessanti con un po’ di varietà. Non è forse un atteggiamento ragionevole da avere per poter restare sani e contenti?
Ci sono due punti che emergono dalla tua domanda. Il primo punto è che il sesso è divertente. Sì, il sesso può essere divertente. Il problema nasce quando idealizziamo il sesso e immaginiamo che sia la cosa migliore da fare per essere felici. Avremo molti meno problemi se ci godiamo il sesso per quello che è, senza ingigantirne l’importanza. Sicuramente è divertente. Ma non è una felicità ideale ed eterna. Mangiare è piacevole e anche divertente, ma quando abbiamo finito di mangiare, dopo un paio d’ore abbiamo fame di nuovo. La stessa cosa vale per il sesso.
Il secondo punto che emerge dalla tua domanda è l’analogia secondo cui ci stancheremmo di mangiare soltanto pane e acqua tutti i giorni, quindi ogni tanto è naturale desiderare qualcosa di più interessante. Pensare in questo modo la dice lunga sul tipo di relazione sessuale che abbiamo con il nostro partner. Se questa relazione sessuale ci appare come pane e acqua, allora c’è qualcosa che non va in questa relazione. Avere rapporti sessuali in maniera esotica – l’equivalente del cucinarsi un pasto appetitoso – o avere rapporti sessuali con qualcun altro, tanto per cambiare – l’equivalente dell’andare a cena fuori – non risolverà questo problema. Anzi, probabilmente lo peggiorerà.
Ho fatto questo esempio solo a causa della tua analogia tra l’appetito per il cibo e l’appetito sessuale. Va bene ed è bello mangiare pane ed acqua, ma non tutti i giorni, se vogliamo mantenere vivo un minimo di divertimento.
Questo pone una domanda interessante: cos’è il divertimento? Il divertimento è una cosa molto difficile da definire. Qualcuno ha una definizione di “divertimento?” Tanto per fare un esempio, mi ricordo di una volta in cui ero in Olanda con il mio maestro Serkong Rinpoche. Eravamo ospiti di alcune persone molto ricche che avevano un grande yacht. Lo tenevano ormeggiato in un lago olandese molto piccolo e un giorno ci hanno portato a fare un giro. Sembrava di veleggiare in una vasca da bagno. Tutto quello che potevamo fare era girare in tondo su questo piccolo lago, in fila con un’altra cinquantina di grandi barche che facevano la stessa cosa. Il commento a tutto questo evento che Serkong Rinpoche mi fece in tibetano fu: “E questo loro lo chiamano divertimento?”
Dunque, che cos’è il “divertimento”? È divertente andare su un ottovolante che ci darà la nausea e ci rende completamente terrorizzati? È questa la vera felicità?
Insoddisfazione e noia
Ad ogni modo, torniamo al discorso della sessualità e al fatto di renderla interessante. Questo ci porta a tutta la discussione di cosa sia la noia e come nasca. Io penso che la noia nasca dall’avere troppe scelte a disposizione e dunque un’aspettativa di varietà. Nell’Occidente moderno, ci viene insegnato fin da bambini ad aspettarsi la varietà. In Occidente a un bambino viene sempre chiesto: “Cosa vuoi? Che vestiti vuoi metterti oggi? Cosa vuoi mangiare oggi?”. Fin dalla tenera età, un bambino occidentale impara a fare delle scelte all’interno di una vasta gamma di possibilità. Naturalmente, il bambino si aspetterà che questa vasta gamma di scelte sia sempre disponibile.
Prendete per esempio i supermercati occidentali oppure il numero dei canali televisivi. Ci sono centinaia di scelte. Sulla base dell’aspettativa di trovare sempre qualcosa di interessante nella gamma di possibili scelte, presto arriva la noia, perché non siamo mai soddisfatti con quello che abbiamo. Speriamo sempre che ci sia qualcosa di nuovo o di diverso che sia più interessante o delizioso.
Questa aspettativa di varietà, e la noia che spesso l’accompagna, sembrano estendersi anche al nostro atteggiamento occidentale moderno nei confronti della sessualità. Come occidentali moderni, ci piace molto avere varietà nella nostra vita sessuale, poiché tendiamo ad annoiarci avendo sempre la stessa cosa. Questa varietà potrebbe venire intesa in termini di varie posizioni con il nostro partner, oppure in termini di avere una varietà di partner. Quindi dobbiamo pensare al ruolo della noia nella nostra ricerca di maggiore divertimento durante il sesso. Dobbiamo pensare a cosa troviamo interessante e cosa non ci interessa più, e quali sono i limiti di ognuna delle due cose e perché?
E per quanto riguarda il modo migliore in cui, come occidentali moderni, possiamo gestire la nostra aspettativa acquisita e il nostro bisogno di varietà, io penso che, come dicevamo prima, una soluzione possa essere il concordare un repertorio insieme al nostro partner sessuale fisso, piuttosto che l’avere relazioni sessuali con altri partner, al di fuori della nostra relazione. Se abbiamo definito di comune accordo con il nostro partner un certo regime sessuale, che non significa soltanto una posizione, ma diciamo che implica un repertorio di varie posizioni, allora questo ci dà un po’ di varietà. Quello che ci causerà problemi con il nostro partner, anche se abbiamo questo tipo di varietà, è il continuo ricercare un nuovo modo perfetto per fare l’amore. Questa ricerca è basata sull’insoddisfazione e sulla continua frustrazione, perciò non riusciamo a goderci quello che abbiamo. Questo atteggiamento è quello che ci crea problemi.
Non penso si possa affermare che sia intrinsecamente distruttivo il voler avere rapporti sessuali in molte posizioni diverse con il nostro partner e che da questo necessariamente deriverà infelicità e sofferenza. Il problema è un atteggiamento di noia, insoddisfazione, e la continua ricerca di qualcosa che sia più interessante e più divertente. Questo è valido anche nel caso in cui pensiamo di sperimentare qualcosa di diverso e magari anche più divertente con un nuovo partner, anche solo una volta ogni tanto, per poi tornare alla nostra “dieta” sessuale abituale.
Puoi dire qualcosa di più in merito all’insoddisfazione?
L’insoddisfazione e l’aspettativa sono fortemente connesse tra loro. Derivano entrambe dal proiettare e dall’aggrapparsi a qualcosa che non esiste. In questo caso, quello che stiamo proiettando è il partner ideale, il partner perfetto. Deve esserci un Principe Azzurro o una Principessa Azzurra su un cavallo bianco, che sarà il partner o la partner perfetta. Faremo l’amore e ci saranno fanfare e fuochi d’artificio di sottofondo e sarà come un terno al lotto. Questa è completamente una fantasia. Non accadrà mai. Quindi l’insoddisfazione nasce dal credere a questo mito, a questa favola che il Principe o la Principessa Azzurra stiano lì fuori ad aspettarci, e che esista un orgasmo da terno al lotto.
Alleviare una situazione domestica difficile
Quando abbiamo una relazione sessuale con un’altra persona che non condivide la nostra vita di tutti i giorni con tutti i suoi problemi e che non è stanca alla fine di una giornata pesante passata al lavoro oppure con i bambini, tutto è più facile. C’è molta più leggerezza se siamo al di fuori della relazione di coppia con il nostro partner abituale. C’è una grande differenza nella qualità dell’esperienza sessuale con qualcun altro.
E qual è la motivazione?
Trovare sollievo e rendere la nostra situazione più leggera.
Beh, ancora una volta penso che ci siano vari modi per alleggerire una situazione del genere. Dobbiamo prendere in considerazione causa ed effetto. Potremmo andare a fare jogging, praticare uno sport, andare al cinema, masturbarci in bagno o avere un rapporto sessuale con una prostituta, con una persona che non sia in una relazione oppure con il partner di qualcun altro. Nella nostra ricerca di un modo per alleggerire la nostra situazione, quale di queste scelte sarebbe meno e quale più distruttiva? O sono tutte uguali?
Una forma di inconsapevolezza o ignoranza riguarda gli aspetti karmici di causa ed effetto. Potremmo pensare che dalle nostre azioni non deriverà alcuna conseguenza, o semplicemente preferiamo non pensarci. Ma dobbiamo pensare agli effetti che il nostro comportamento avrà in una tale situazione, non soltanto su di noi, ma anche sul nostro partner, sul partner dell’altra persona, se lui o lei ha un partner, ed anche sui bambini eventualmente coinvolti. Dobbiamo anche pensare alle conseguenze sulla comunità nel suo insieme, visto che vivete in una comunità così ristretta. In certi casi, se assaggiamo un frutto esotico e poi ritorniamo alla nostra dieta a pane e acqua, saremo ancora più infelici.
Ovviamente, molto dipende dalla singola situazione. Ma dobbiamo veramente esaminare la nostra motivazione, i sentimenti di tutte le persone coinvolte e, a un livello più basilare, la relazione con il nostro partner. Dobbiamo esaminare le conseguenze di ciascuna delle scelte che abbiamo a disposizione. Non è così facile. È possibile ottenere quel sollievo e quell’alleggerimento della situazione in maniera diversa dal cercare ed avere una relazione sessuale con qualcun altro? O è il solo modo possibile? E se pensiamo che questo sia il solo modo possibile, allora c’è un’altra domanda importante: perché è l’unico modo possibile? Avere una relazione sessuale è una maniera di mostrare amore a questa persona, perché abbiamo sentimenti profondamente amorevoli nei suoi confronti, oppure stiamo semplicemente cercando di avere una relazione sessuale con chiunque sia disponibile? Anche questa è una questione interessante.
Inoltre, dobbiamo vedere quale livello stiamo cercando di raggiungere nella nostra pratica spirituale. Aspiriamo alla completa liberazione o all’illuminazione? In questo caso, cercheremo di evitare tutto ciò che creerà sofferenza o che limiterà la nostra capacità di aiutare gli altri. Dunque, ci asterremo da qualsiasi relazione extraconiugale, poiché questo certamente creerà dei problemi che faranno sì che altri non si fidino di noi. Oppure stiamo cercando di migliorare la nostra situazione nel samsara? In questo caso, sceglieremo la meno pesante tra le azioni distruttive o, meglio ancora, cercheremo di trovare una soluzione che sia eticamente neutra. La stessa cosa vale anche se non stiamo seguendo alcun sentiero spirituale.
Relazioni insoddisfacenti
Se aspiriamo a raggiungere la liberazione, per esempio, questo significa che dobbiamo rimanere in una situazione in cui siamo insoddisfatti o addirittura infelici? Come facciamo a sapere quando è ora di terminare una relazione?
Quando una relazione diventa reciprocamente distruttiva e non siamo in grado di porvi rimedio, è certamente ora di mettere fine a questa situazione. Gli insegnamenti buddhisti non dicono mai che dobbiamo restare in una situazione che sia difficile o negativa. Ma è importante essere onesti con l’altra persona. Se dobbiamo chiudere una relazione, chiudiamo una relazione. Non teniamo una relazione in piedi e allo stesso tempo stiamo con qualcun altro, perché molto probabilmente questo non farà altro che peggiorare le cose.
Penso che uno dei motivi che portano a relazioni insoddisfacenti e ai grandi problemi che esse implicano sia il fatto che ci si imbarca in una relazione con l’aspettativa che durerà per sempre. Capisci, l’idea del “finché morte non ci separi”.
Da un punto di vista buddhista, ragioniamo in termini di infinite vite passate e future. Una relazione intima con qualcuno non è qualcosa di limitato soltanto ai confini di questa vita. Se abbiamo una relazione intensa con qualcuno, è perché ci sono connessioni karmiche da vite precedenti. Allo stesso modo, quando mettiamo fine ad una relazione e ci separiamo, non è che la connessione karmica venga annullata e non incontreremo mai più o non avremo mai più alcuna relazione con questa persona nelle vite future. Non possiamo buttar via qualcuno come se stessimo buttando nell’immondizia un vecchio ortaggio andato a male.
Dunque, se noi e il nostro partner decidiamo che la cosa migliore è terminare la nostra relazione, per esempio chiedendo il divorzio oppure non abitando più insieme oppure non avendo più rapporti sessuali, la cosa migliore è cercare di farlo con un tono positivo, non con uno negativo. Se possibile, cerchiamo di mantenere una specie di relazione amichevole, fosse anche solo in termini del nostro comportamento nei confronti dell’altro. Questo è particolarmente importante se ci sono bambini coinvolti. E se entrambi continuiamo a vivere nella stessa piccola comunità, allora quando ci incontriamo dobbiamo necessariamente cercare di essere gentili. Se ci trattiamo in maniera ostile a vicenda, questo inevitabilmente finirà per avere un effetto negativo sulle altre persone intorno a noi.
Dunque ho capito bene che la connessione karmica con qualcuno non finisce nel momento in cui finisce la nostra relazione intima con questa persona? Semplicemente la relazione cambia la sua espressione? La connessione cambia forma, quindi anche se io sono cattivo ed ostile nei confronti della mia ex partner, tuttavia sono ancora connesso con questa persona? Quindi stai dicendo che è meglio relazionarsi con questa persona in qualche maniera positiva, anche se meno intensa ed intima. Questo vuol dire lasciare che la forma cambi ma mantenendo l’idea di un concatenamento di vite e della continuità del karma. Ho capito bene?
Sì, anche se le cose potrebbero non essere così facili, specialmente se la separazione è partita da parte del nostro partner e noi ci sentiamo ancora tristi o feriti. Ma in qualche modo, dobbiamo superare questo dolore e cercare di sviluppare uno stato d’animo più positivo. La cosa più importante è andare avanti con la nostra vita, senza restare ancorati a pensieri del passato. In ogni caso non abbiamo scelta. La vita va avanti.
Se ci stiamo ancora identificando come parte di una relazione negativa o insoddisfacente, continueremo a provare dolore e a coltivare sentimenti negativi nei confronti del nostro ex partner. Ma, se abbiamo iniziato un nuovo capitolo nella nostra vita – sia esso un capitolo in cui siamo single oppure uno in cui abbiamo una nuova relazione – e ci identifichiamo con esso, allora avremo un contesto emozionale molto più stabile. E con una maggiore stabilità emozionale e maggiore fiducia nella nostra capacità di vivere la nostra vita, saremo anche in grado di avere un certo atteggiamento positivo nei confronti del nostro precedente partner. Saremo in grado di concentrarci maggiormente sulle sue qualità positive, piuttosto che sui suoi difetti e sulle difficoltà che abbiamo avuto nella nostra relazione.
Esprimere un senso di connessione con tutti
Non siamo in qualche modo collegati e connessi con tutte le persone e tutte le cose? Semplicemente abbiamo una connessione più intensa quando siamo in una relazione di coppia con qualcuno.
Questo ci riporta alla stessa questione che ho sollevato prima riguardo a come esprimere questo senso di connessione e se è necessario esprimerlo attraverso una relazione sessuale, tenendosi per mano, cenando insieme, uscendo insieme o quant’altro.
La questione del come mostrare affetto è veramente difficile. Questo perché, se andiamo a vedere la risposta dal punto di vista strettamente del Dharma, bisognerebbe mostrare affetto nel modo migliore affinché l’altra persona possa riceverlo e comprenderlo senza rischio di travisamenti. La nostra manifestazione d’affetto deve essere comunicata accuratamente all’altra persona, giusto?
Ora, con certe persone o esseri viventi, è facile. Posso mostrare affetto al mio cane dandogli delle pacche sulla testa o dandogli un osso. Questi sono modi adeguati per mostrare affetto ad un cane e il cane può comprenderli ed apprezzarli. Non mi viene in mente di mostrare affetto al mio cane allo stesso modo in cui lo farei con un essere umano, anche se a volte potrei voler abbracciare il mio cane. Ma in verità al mio cane non piace essere abbracciato. Questo è un modo non appropriato per mostrare affetto a un cane. D’altronde la maniera in cui i cani manifestano affetto tra di loro, specialmente quando stanno per accoppiarsi, è che il maschio mordicchia il collo della femmina. Ma per un essere umano questo sarebbe un modo inappropriato di mostrare affetto al proprio cane o ad un altro essere umano.
Allo stesso modo, tra gli esseri umani ci sono molti modi diversi, sia appropriati che inappropriati, di manifestare affetto a uomini, donne, bambini, adulti, indiani, italiani, tedeschi, inglesi, americani, giapponesi e così via. Le differenze non derivano solo dalla persona a cui stiamo mostrando affetto, ma anche a seconda del fatto che sia un uomo, una donna, un bambino, un adulto e in funzione della nostra relazione con l’altro, delle circostanze in cui ci incontriamo, delle persone che ci circondano e così via. In ogni caso, spesso abbiamo una sensazione inconsapevole che “i miei sentimenti esistono veramente e solidamente e devo esprimerli a modo MIO”. C’è un grande IO, IO, IO coinvolto, che fa sì che agiamo in maniera compulsiva.
Questo aggrapparsi ad un solido “io” è estremamente difficile da superare. È così difficile perché ci inganniamo pensando che se esprimiamo affetto per una persona, allora siamo una persona amorevole. Non pensiamo mai che il nostro comportamento potrebbe mettere l’altra persona a disagio oppure che potrebbe essere distruttivo. Pensiamo di essere una persona amorevole e se l’altra persona non accetta la nostra manifestazione di amore ed affetto, allora ci sta rifiutando.
D’altro canto, se lo mostriamo in un modo tale che l’altra persona sarebbe in grado di accettarlo e comprenderlo ma che non è il MIO modo di mostrare affetto, allora siamo insoddisfatti. La manifestazione di affetto non ci sembra vera. Per esempio, supponiamo che il MIO modo di mostrare affetto sia di avere un contatto fisico con l’altra persona, per esempio abbracciandola, e che questo sia l’unico modo che a me sembra vero. Questo sarà un gran problema se io sono un uomo e se provo affetto per una donna musulmana tradizionale e che non sia mia moglie.
La necessità di meditare per affrontare il desiderio che sopravviene all’improvviso
Cosa fare nella situazione in cui bisogna affrontare il desiderio nell’istante in cui sopravviene, questo desiderio di piacere fisico che arriva tutto d’improvviso? Per esempio, incontriamo qualcuno, ci sentiamo uniti a questa persona e abbiamo un modo piacevole di comprenderci a vicenda. Poi all’improvviso ci capita di sentire attrazione fisica e il desiderio di avere un rapporto sessuale. Questa è una situazione molto comune che penso ognuno conosca. È facile comprendere, condividere e seguire tutte le idee che hai spiegato finora. Ma in quel momento non vogliamo pensarci. Confidiamo in questa emozione che sopravviene e pensiamo che vada bene metterla in atto. Come possiamo affrontare questa situazione, dunque, in quel momento? Come hai detto prima, il problema da affrontare non è la sessualità in sé, ma l’emozione che c’è dietro.
Beh, vedi, il problema non è limitato solo al sesso. Per esempio, i bambini possono comportarsi male e, in quel momento, ci arrabbiamo e li sgridiamo. Intellettualmente sappiamo che questo non serve a niente: non è il modo migliore per gestire la situazione. Ma la situazione nella sua immediatezza è così forte che istintivamente ci arrabbiamo e li sgridiamo. Voler avere un rapporto sessuale con una persona è la stessa cosa. Non c’è una gran differenza in termini di come gestire l’emozione del momento.
In entrambi i casi, l’unica cosa che è d’aiuto è aver praticato molta meditazione in precedenza. Con la meditazione, possiamo sviluppare l’abitudine benefica di essere attenti, consapevoli di quanto sta succedendo, applicare degli antidoti e così via. Se acquistiamo sufficiente familiarità, le nostre nuove abitudini sorgeranno anche nel momento in cui sopravviene il desiderio e allora saremo in grado di applicarle.
La sindrome del “cane famelico” e Nutrire il Demone
C’è un altro fatto che può influenzare la nostra difficoltà a controllare il desiderio sessuale che sopravviene all’improvviso nel momento in cui siamo con qualcuno. Questo non riguarda necessariamente tutti, ma alcune persone hanno la sensazione: “Ecco un’occasione per fare sesso con qualcuno” e inconsapevolmente si sentono come un cane famelico. Sia che abbiano già un partner oppure no, pensano: “Se non approfitto di questa occasione, poi non ne avrò un’altra”. Così, anche se l’altra persona non è la scelta ideale come partner, prendono quello che gli capita. Una variante di questa sindrome capita spesso con persone che stanno attraversando una crisi di mezza età e che hanno la sensazione che questa sia la loro ultima occasione prima di diventare vecchi e brutti.
Se abbiamo esperienza con questo tipo di sindrome, può essere molto utile esaminare perché ci sentiamo come un cane famelico. Dobbiamo esplorare quell’aggrapparsi ad un “io” solido che sottostà alla nostra fame di affetto – questo atteggiamento che dice: “mi merito affetto”, “perché tutti gli altri ricevono affetto tranne ME?”, “Nessuno mi
Una maniera efficace per superare questa sindrome è il metodo sviluppato da Tsultrim Allione, chiamato “Nutrire il Demone”. È un adattamento da lei sviluppato della pratica buddhista del chod, in cui si tronca il proprio attaccamento al sé dando in pasto il proprio corpo ai demoni.
Il metodo consiste nel mettere un cuscino di fronte a noi e poi stare seduti di fronte ad esso; si identifica un qualche problema emozionale che abbiamo, per esempio il sentirci assetati di affetto. Questo sentimento di carenza affettiva finora ci ha spinto ad andare sempre in giro a cercare compulsivamente nuovi partner. Immaginiamo e cerchiamo di sentire come il problema sia sempre in agguato dentro di noi, come una specie di demone che ci perseguita. Poi cerchiamo di immaginare che aspetto abbia questo demone. Che tipo di forma e di colore ha? È viscido? Ha mille braccia e mani che cercano di afferrare qualcuno? Ha spine appuntite sulla schiena e zanne affilate? È grande e grosso oppure piccolo ed emaciato?
Poi immaginiamo che il demone esca da dentro di noi e si sieda sul cuscino. Allora gli chiediamo “che cosa vuoi?” Poi, possiamo immaginare che il demone ci risponda, oppure che realmente ci andiamo a sedere sul cuscino e, guardando dove eravamo seduti prima, rispondiamo: “Voglio affetto. Voglio poter ricevere affetto senza che nessuno mi interrompa o me lo tolga” o qualsiasi altra cosa che il demone voglia.
A quel punto ritorniamo dove eravamo seduti, se ci eravamo spostati, e, nella nostra immaginazione, nutriamo il demone. Diamo al demone tutto quello che vuole – in questo caso, affetto fisico – e glielo diamo direttamente noi. Lo nutriamo senza limiti finché non ne ha avuto abbastanza. Questo può essere molto efficace. Tsultrim Allione ha verificato molti benefici da questo metodo, specialmente con pazienti affetti da AIDS o malati di cancro. Pare che aiuti a rafforzare il sistema immunitario. Ora provatelo voi con qualsiasi problema che sentite di avere.
[Meditazione]
Gli effetti di Nutrire il Demone
Avete commenti o domande riguardo a questa pratica?
Ho provato un grande senso di ricchezza durante questa pratica. Mi sentivo veramente in grado di dare tutto, mentre normalmente non ho questa sensazione. E invece durante questa meditazione sentivo che c’è così tanto che posso dare. Penso che questo sia un effetto collaterale importante. Oltre a nutrire questo demone e ad affrontare questo tipo di problema, ci dà anche la sensazione che abbiamo così tanta ricchezza da dare.
Questo senso di ricchezza è simile a quello che avviene nella pratica del tantra quando consacriamo le offerte. Prima purifichiamo gli oggetti che stiamo offrendo, per esempio fiori, incenso, candele o cibo, tramite la nostra comprensione della vacuità. Poi le trasformiamo in nettare e altre sostanze pure. Alla fine, le moltiplichiamo fino a farle diventare una quantità infinita, in modo che possiamo fare offerte in maniera illimitata. Non finiranno mai. Se riusciamo veramente a fare nostra questa procedura per fare le offerte, allora in questa pratica del nutrire il demone, possiamo sentire che c’è una quantità infinita di affetto, o attenzione, o qualsiasi altra cosa che il nostro particolare demone vuole avere, che noi possiamo dare.
Ho trovato anche che fosse una cosa molto naturale dare al demone tutto ciò che voleva. Una volta che l’ha avuto, se ne va. Ma come è possibile? Prima siamo così tanto identificati con il demone dentro di noi, non vogliamo dare niente a nessuno. È davvero strano.
Sì, è davvero strano. Funziona, perché diamo al demone ciò che noi stessi vogliamo e ciò di cui abbiamo bisogno e questo è molto curativo. La soluzione è dare ad altri ciò di cui noi stessi abbiamo bisogno. Se abbiamo avuto una relazione problematica con uno o con entrambi i nostri genitori, per esempio, l’unico vero modo per superarlo è di essere un buon genitore per i nostri figli o per altri bambini. Abbiamo bisogno di dare a loro quello che avremmo voluto avere per noi, ma possibilmente non in maniera nevrotica bensì in maniera positiva. Questo può veramente curarci. Molte persone seguono questo metodo nel senso di dare ai loro bambini i vantaggi materiali e le opportunità che non hanno avuto da bambini. Ma in termini psicologici, è importante dare loro l’attenzione e l’affetto che ci sono mancati.
Dare al demone tutto quello che vuole mi dà un senso di grande soddisfazione.
Penso che questo accada perché questa pratica ci dà la fiducia in noi stessi che davvero siamo in grado di dare qualcosa ad altri. Abbiamo qualcosa da offrire e l’essere in grado di darlo a qualcuno che lo accetti, ovvero il demone, ci conferisce un forte senso di autostima.
Una ragione più profonda per cui questa pratica funziona è perché, in un certo senso, come nella pratica del chod, stiamo troncando questo solido “io”. Stiamo troncando questo solido “io” perché identifichiamo il nostro problema con il demone, che rappresenta l’identità dell’«io» solido. Per esempio, se il demone vuole essere amato e noi gli diamo amore e comprensione illimitati fintantoché non è soddisfatto e se ne va via, questo “io” solido che si identificava con il demone non c’è più. Questo ci dà l’opportunità di rafforzare un senso di “io” che sia salutare. Avendo dimostrato a noi stessi che siamo capaci di dare, il nostro senso di autostima basato su questo “io” salutare viene rafforzato. Questo ci permette di dare liberamente ad altri quello di cui noi stessi avevamo disperatamente bisogno. Questo è tutto il punto della pratica del chod, di troncare questo “io” così solido.
Mentre facevo questo esercizio, il mio demone era la sensazione di ansia che io sento in me stessa quando cerco irrefrenabilmente di capire cosa gli altri si aspettano da me. Quello che ho dato al demone è stato lo spazio per essere se stesso, senza dover sempre essere di gradimento agli altri. È stata una sensazione molto liberatrice.
Questo è un buon esempio di come affrontare il problema nascosto che può spingerci ad avere relazioni sessuali al di fuori della nostra relazione di coppia. Forse sentiamo che nella nostra relazione di coppia, dobbiamo sempre fare ciò che il nostro partner si aspetta da noi. Dunque ci sentiamo claustrofobici e cerchiamo disperatamente di trovare un partner al di fuori della relazione con cui possiamo sentirci a nostro agio. Come stava dicendo prima qualcuno, possiamo divertirci con loro senza tutta la pressione ed i problemi che proviamo quando siamo a casa. Ma se abbiamo dato al demone, e dunque a noi stessi, lo spazio per essere noi stessi, il nostro senso di claustrofobia inizia ad andarsene. Possiamo essere più rilassati anche se siamo in una situazione domestica difficile. Inoltre ci permette di dare spazio anche al nostro partner.
Dunque questo tipo di pratiche meditative possono essere molto efficaci per affrontare quell’insoddisfazione nell’ambito di relazioni sessuali che altrimenti ci porterebbero a cercare di avere sempre di più e ancora di più, irrefrenabilmente. Questa compulsione è un demone, dunque nutrite il demone!
Gestire l’attrazione fisica per la bellezza
Pensi che l’essere attratti da altre persone sia quasi sempre connesso con l’insoddisfazione nei nostri rapporti di coppia?
No, non necessariamente. È possibile provare un enorme piacere dalla bellezza altrui, senza che questo ci renda ansiosi, fintantoché non ci aggrappiamo a questa persona. Godetevi semplicemente la bellezza. Non dobbiamo toccare tutto quello che troviamo bello, per esempio un bel tramonto o un falò.
Vedere la bellezza e goderne non deve necessariamente essere disturbante. Quando le nostre menti sono piene di attaccamento, basato su un senso solido dell’«io» che forse sente una carenza d’amore, allora effettivamente vedere la bellezza in un’altra persona ci disturba. Questo significa che non possiamo godere di questa bellezza in maniera pura, senza confusione.
Nella pratica del tantra, facciamo un’altra trasformazione con le offerte. Immaginiamo che possiamo goderne in una maniera pura, senza alcuna confusione. Riuscire a sviluppare questa abitudine benefica è uno dei motivi per cui si fanno così tante offerte nei rituali tantrici. Immaginiamo di godere di queste offerte senza alcun fattore disturbante, senza alcuna confusione, proprio nello stesso modo in cui ne godrebbe un Buddha. E poi cerchiamo davvero di goderne in questo modo. Con abbastanza pratica e familiarità, riusciremo a godere della bellezza di altre persone senza che questo ci metta a disagio. Non sentiremo più che abbiamo l’esigenza di toccare questa persona oppure avere un rapporto sessuale con lei. Con questo atteggiamento più aperto e rilassato, in realtà proviamo molto più piacere.
Per capire meglio quello che intendo dire, provate a pensare a quanto ci sentiamo rilassati quando possiamo godere della bellezza di un uccello selvatico che vediamo in un campo, senza la bramosia di averlo come “mio”. Se ci attacchiamo alla sua bellezza, allora ci irrigidiamo. Cerchiamo di catturarlo e, se ci riusciamo, lo mettiamo in una gabbia a casa nostra. Il povero uccello ora è in una prigione. Pensate che si senta felice?
La spinta a toccare qualcuno
Stiamo parlando di diversi sensi qui. Si potrebbe interpretare questa cosa nel senso che guardare va bene, ma toccare no. Com’è che toccare fa così tanta differenza, specialmente nel momento in cui possiamo stringere la nostra mano intorno ad un oggetto e sentirne la forma?
Questa è una domanda molto interessante ed importante. In termini di analisi della vacuità, se tocchiamo qualcosa, questo la rende reale? Toccare qualcuno lo rende reale? Dobbiamo investigare questo aspetto in profondità. Dopotutto, ci sono persone con disturbi psicologici che hanno una compulsione a toccare tutto, per esempio tutti i vestiti che si trovano sugli scaffali di un negozio.
Per quanto riguarda il tenere qualcosa nelle nostre mani, se pensiamo all’afferrarsi alla vera esistenza, l'afferrarsi è un modo molto forte di tenere mentalmente stretto un oggetto. Se, in aggiunta a questa presa mentale, teniamo fisicamente qualcosa in mano, la nostra presa fisica rafforza la nostra presa psicologica. Ecco perché ci sentiamo più sicuri quando stringiamo qualcosa o quando abbracciamo qualcuno o qualcuno abbraccia noi. Ci sentiamo anche più sicuri quando sentiamo una coperta che ci avvolge. Anche se nella teoria buddhista della cognizione diciamo che la coscienza visiva si impossessa della visione, quella uditiva dei suoni, e così via, a livello conscio non sperimentiamo la cognizione mentre teniamo fisicamente un oggetto.
C’è anche una bella differenza tra il tenere o lo stringere un pezzo di stoffa e il toccare o lo stringere la mano di qualcuno o toccare una parte del loro corpo. La differenza ha a che fare con l’esigenza biologica e psicologica che gli umani e la maggior parte degli animali hanno di avere un contatto fisico con un altro essere e con il bisogno di affetto. Studi medici hanno dimostrato che la mancanza di contatto umano fisico e di affetto può ostacolare seriamente lo sviluppo di un bambino. Anche con gli adulti, e in particolar modo con gli anziani, il contatto umano fisico e l’affetto hanno un ruolo importante nel rafforzare il sistema immunitario e dunque nell’assicurare una buona salute e una lunga vita. Quindi, nel caso del voler toccare o stringere qualcuno, ci sono fattori biologici che contribuiscono a questa spinta.
Ciononostante, c’è una differenza tra un sano contatto fisico e l’ossessione o la compulsione per averlo. Dobbiamo comunque discriminare tra modi appropriati e non appropriati di avere un contatto fisico in relazione alla grande varietà di persone che incontriamo e conosciamo.
La spinta a sperimentare il piacere dell’orgasmo
A volte abbracciare qualcuno non basta. All’improvviso questo porta ad avere un rapporto sessuale. Cosa si può fare quando sentiamo che abbracciarsi non basta?
Dobbiamo esaminare molto attentamente la nostra spinta ad avere un orgasmo. Quando gli uomini hanno un orgasmo, questo annuncia la fine del loro piacere sessuale. L’esperienza dell’orgasmo è un piacevole rilascio di tensione che viene accumulata prima e durante l’atto sessuale, ma questo non mette fine solo alla tensione, bensì anche al piacere. Così, se l’uomo cerca un piacere prolungato nell’esperienza sessuale, avere un orgasmo è la sconfitta. Nel caso delle donne, anche se sono in grado di avere orgasmi multipli e il loro piacere non finisce con il primo di essi, nonostante ciò anche nel loro caso questa energia di piacere finirà dopo essere stata rilasciata.
La domanda interessante dunque è: cosa vogliamo veramente? Vogliamo l’orgasmo, che metterà fine a tutto quanto, o vogliamo l’affetto e il contatto fisico che lo precedono? Per molte persone, questi ultimi sono più importanti dell’orgasmo finale, specialmente man mano che invecchiamo. Certo non sono altrettanto sensazionali, ma sotto molti aspetti sono più soddisfacenti. E se qualcuno obiettasse che anche dopo l’orgasmo possiamo ancora stare sdraiati insieme e continuare a scambiarci affetto, questo può certamente essere il caso. Ma i fumatori in genere hanno voglia di fumare una sigaretta e in generale, la maggior parte delle persone si addormenta subito.
È molto interessante confrontare un orgasmo con un prurito. Se pratichiamo la meditazione di consapevolezza e concentriamo la nostra attenzione su di un prurito, scopriremo che in realtà il prurito è una sensazione di grande piacere. Ma è troppo piacevole, quindi sentiamo il bisogno irrefrenabile di grattarci ed eliminarla. È troppo forte e dunque distruggiamo questa sensazione di piacere. Con l’orgasmo avviene una cosa molto simile. Man mano che il piacere sessuale aumenta mentre ci avviciniamo al picco dell’orgasmo, siamo irrefrenabilmente attratti verso il punto in cui il piacere finirà. Di fatto stiamo distruggendo questa consapevolezza beata, proprio come distruggiamo un prurito. È molto interessante.
Se analizziamo in questa maniera la nostra spinta compulsiva ad avere un orgasmo, questo può aiutarci ad essere soddisfatti con modi più appropriati di dare e ricevere affetto dai partner altrui oppure da persone che in generale sono al di fuori della nostra relazione di coppia. Provare affetto per qualcuno non porta necessariamente ad un atto sessuale e all’orgasmo.
Gestire la tensione sessuale
Ho letto in un giornale che innamorarsi e avere un rapporto sessuale in questo stato mentale di euforia rilascia all’interno del corpo degli ormoni che possono dare dipendenza. Per questo motivo, siamo dipendenti da questo stato euforico. Invece, in una relazione in cui non siamo più innamorati del nostro partner e il rapporto sessuale non è più così eccitante, bensì una semplice routine, il rilascio ormonale non è così forte. Quindi cerchiamo un nuovo stato di euforia. Questo ci spinge a cercare un nuovo partner che sia più eccitante al di fuori della nostra relazione di coppia.
Pensa all’esempio di due magneti. Se teniamo i due magneti appena appena separati, la tensione e, se vuoi, l’eccitazione sono più grandi che se i magneti si toccano. Se siamo alla ricerca dell’euforia ormonale come viene descritta nei giornali, può essere molto più eccitante essere semplicemente in compagnia di una persona che troviamo attraente, ma che sarebbe un partner sessuale inappropriato, piuttosto che essere a letto con loro in intimità.
Pensateci. Quando proviamo una forte attrazione per qualcuno e li guardiamo, essi occupano la maggior parte della nostra attenzione. Ma se stiamo abbracciati ad una persona per molto tempo, allora guardiamo il muro o il letto, e non la persona, oppure teniamo gli occhi chiusi. Se l’abbraccio si prolunga, nella maggior parte dei casi iniziamo a sentirci leggermente annoiati. La nostra mente inizia a divagare. È molto difficile tenere la nostra attenzione focalizzata sull’altra persona. Possiamo persino iniziare a fantasticare di qualcun altro. D’altra parte, se siamo a qualche palmo di distanza dall’altra persona, saremmo molto concentrati su di lei. C’è una specie di tensione magnetica tra di noi.
Il trucco sta nel godere di questa tensione magnetica, senza l’ossessione di distruggerla, come distruggeremmo un prurito o la crescente tensione di un orgasmo. È come superare il soffrire del solletico. Molte persone diventano matte a causa del solletico, ma in realtà, soffrendo il solletico ci impediamo di godere della sensazione piacevole di venire solleticati. Quello che dobbiamo fare è decidere che non soffriamo il solletico. Capire questa cosa è soltanto una questione del nostro atteggiamento mentale, semplicemente non ci identifichiamo più con l’idea di essere una persona che soffre il solletico. Con questo cambio di atteggiamento, possiamo rilassarci e goderci la sensazione del solletico.
Possiamo fare una cosa simile con la tensione del vedere una bella persona sconosciuta che ci attrae e ci eccita, o con la tensione dello stare insieme a questa persona se diventiamo amici, o anche la tensione di avere un contatto affettuoso con lei. Possiamo semplicemente godere di questo piacere eccitante – sia che lo descriviamo in termini di una scarica ormonale oppure no – senza avere bisogno di distruggerlo mediante un comportamento sessuale inappropriato.
Penso di aver avuto un’esperienza simile con lo yoga, quando abbiamo fatto esercizi in coppia. A volte tocchiamo il nostro partner ed è bello toccarsi, ma lo chiamiamo il “tocco vuoto”. È una specie di toccarsi consapevolmente con le mani e con le sensazioni, ma senza spingere o forzare e senza contaminarlo con l’attrazione o l’attaccamento. Semplicemente essere in contatto e sentire la connessione, il calore e la buona volontà che sono presenti in questo contatto. Posso goderne molto, senza che acquisti un connotato sessuale.
Questo è un buon esempio di quello di cui stavamo parlando. In questo modo potete vedere che esistono dei modi per gestire la spinta ad avere un comportamento sessuale inappropriato.
Forse questo è un buon momento per chiudere la nostra discussione. Vi ringrazio molto.
Riassunto
Questi sono, a mio avviso, alcuni dei punti cruciali dell'etica sessuale buddhista, che riguardano il modo in cui minimizzare la mole di problemi e di infelicità che infliggiamo a noi stessi con il nostro comportamento sessuale. Dobbiamo esaminare molto onestamente la motivazione per la nostra condotta sessuale, sia con il nostro partner, che con il partner di qualcun altro se siamo attratti da questo tipo di attività. Dobbiamo anche esaminare da vicino il modo in cui consideriamo il sesso. Lo stiamo idealizzando oppure lo stiamo vedendo in modo realistico? Se siamo interessati a liberarci dai nostri problemi - o anche se non ci interessa un obiettivo così elevato, ma siamo semplicemente interessati a migliorare il samsara e ad avere meno problemi in questa vita - dobbiamo cercare di evitare una condotta sessuale che sia motivata da un'emozione disturbante o da qualche fantasia. Poi, ovviamente, dobbiamo cercare di fare del nostro meglio per non causare problemi all'altra persona con il nostro comportamento sessuale, sebbene sia molto difficile garantire quali saranno gli effetti delle nostre azioni su qualcun altro. Ricordate, non c'è nulla nell'etica buddhista che afferma: “dovresti fare così e non dovresti fare così”. È tutta una questione di voler smettere di causare problemi a noi stessi, e di avere una comprensione realistica delle cause ed effetti comportamentali.
[i] Per semplicità grammaticale e facilità di lettura, la parola “partner” verrà utilizzata solo nella forma maschile. In tutto il documento, per “partner” s'intende sia un partner femminile che maschile.