Le ultime quattro perfezioni in dettaglio

La pazienza lungimirante

L'atteggiamento lungimirante che segue è quello della pazienza, o tolleranza. Anche questo è un atteggiamento, uno stato mentale, in virtù del quale non ci si arrabbia, ma si è in grado di sopportare difficoltà e sofferenze. Non siamo turbati o infastiditi dalla sofferenza o da chi ci ferisce. Questa è la definizione. E il suo effetto – non significa che non abbiamo più nemici o persone che cercano di ferirci, ma che non ci arrabbiamo, o scoraggiamo, o diventiamo riluttanti ad aiutare; non ci sentiamo frustrati. Non possiamo davvero aiutare gli altri se perdiamo costantemente la calma.

La pazienza di non essere turbati da coloro che ci feriscono

La prima è dunque – ce ne sono di tre tipi – la pazienza di non essere turbato da chi ci ferisce. Si tratta quindi non solo di persone che si comportano negativamente – non arrabbiarsi con loro – ma, più specificatamente, di persone che ci feriscono o che sono cattive con noi, o che ci trattano male. E non significa soltanto che ci prendono a pugni – altri che ci colpiscono – ma potrebbero essere persone che non ci ringraziano, che non ci apprezzano, tutte queste cose. Persone a cui non piacciamo, e noi ci arrabbiamo: “Oh, non sono piaciuto a questa persona!”

E, specialmente quando stiamo aiutando gli altri, è molto importante non arrabbiarsi con loro se non ascoltano i nostri consigli – essere pazienti – oppure se questi non funzionano. Ci sono un sacco di persone che sono molto, molto difficili da aiutare. Dobbiamo cercare di non arrabbiarci con loro, di non perdere la nostra pazienza, ma di sopportare piuttosto tutte queste difficoltà.

È particolarmente importante per un insegnante non perdere la pazienza con gli studenti. Anche se qualcuno è estremamente lento, o molto stupido, resta a noi, come insegnanti – anche non necessariamente insegnanti di Dharma, ma di qualunque cosa – essere pazienti, non arrabbiarci, non sentirci frustrati, ma essere abili nell'insegnare. È come insegnare qualcosa ad un bambino. Non possiamo aspettarci che il bambino sia in grado di imparare velocemente quanto un adulto.

Shantideva sullo sviluppo della pazienza

Ci sono molti, molti modi diversi di sviluppare la pazienza. Shantideva, nel testo “Impegnarsi nel comportamento dei bodhisattva,” spiega molti, molti modi diversi. Non abbiamo davvero tempo di vederli tutti, ma soltanto uno o due.

Se ci bruciamo la mano sul fuoco o sulla stufa – beh, non ci possiamo arrabbiare col fuoco perché è caldo; è la natura del fuoco. E pertanto, allo stesso modo, cosa ci aspettiamo dal samsara? Naturalmente le persone ci deluderanno, le persone ci feriranno, le cose saranno difficili - cosa ci aspettiamo? Se chiediamo a qualcuno di fare qualcosa per noi, ci dovremmo aspettare che non lo faccia correttamente. E se lo fa in modo sbagliato, alla maniera che non ci piaceva, di chi è la colpa? È colpa nostra, per essere stati pigri ed aver in primo luogo chiesto alla persona e non averlo fatto noi stessi. Se dovessimo perciò essere arrabbiati con qualcuno, dovremmo esserlo con la nostra stessa pigrizia. Perché cosa vi aspettate dal samsara?

Questo è un punto molto, molto utile da ricordare a proposito di tutti i diversi tipi di pazienza che dovremmo sviluppare, il quale è, fondamentalmente: cosa mi aspetto dal samsara? Cosa vi aspettate? Che sia facile, che tutto funzioni bene? Che cosa mi aspetto? La natura del samsara, il quale è ogni istante delle nostre vite, è sofferenza e problemi, e cose che non funzionano esattamente nel modo in cui vorremmo, e persone che sono molto difficili e che ci deludono, e così via. Per cui, cosa ci si aspetta? Non sorprendiamoci. È per questo che vogliamo uscirne.

È come lamentarsi, qui in Lettonia, perché l'inverno è freddo e buio. Beh, cosa ci si aspetta dall'inverno – che sia bello, caldo, che si possa passeggiare in giro, prendere il sole in costume? Cosa ci si aspetta? È come la natura del fuoco. La natura del fuoco è quella di essere rovente. Cosa ci si aspetta? Naturalmente ci bruceremo se ci mettiamo dentro la mano, se si prende la pentola rovente dal piano cottura con la mano. Cosa ci si aspetta? Quindi, non ha alcun senso arrabbiarsi.

E quindi solamente un'altra ancora: la pazienza che possiamo sviluppare considerando le altre persone come fossero dei pazzi, oppure dei bambini. Se una persona pazza, oppure ubriaca, ci urla contro, siamo ancora più pazzi noi ad urlarle contro a nostra volta. Oppure, se nostro figlio di due anni dice... quando diciamo ai nostri figli che è l'ora di andare a letto e spegniamo la televisione, e loro dicono: “ti odio!” Prendiamo veramente la cosa sul serio e ci arrabbiamo e ci agitiamo perché ci odiano? È un bimbo. Il bimbo è stanco; lo mettiamo a dormire, a letto. E così, allo stesso modo, vedendo le altre persone, quando si comportano così e sono troppo stanche, sono irritabili, pensare: “sono come dei bambini” oppure “si stanno comportano come persone pazze ora.” Questo ci aiuta a non arrabbiarci con loro.

E anche se qualcuno ci sta rendendo le cose molto difficili, è sempre molto utile vedere tale persona come il nostro maestro: “Questo è il mio maestro di pazienza. Se le persone non mi dessero problemi, non sarei mai in grado di imparare la pazienza o non verrei mai messo alla prova. Sono pertanto molto gentili a rendermi le cose difficili.” Sua Santità il Dalai Lama dice sempre che i cinesi, le autorità cinesi, sono... Mao Zedong è il suo miglior maestro, il suo maestro di pazienza. La persona fastidiosa in ufficio – maestra di pazienza.

La pazienza di sopportare la propria sofferenza

Quindi il secondo tipo di pazienza è quello di accettare e di sopportare le proprie sofferenze. Shantideva parla abbastanza di questo, e dice che nel caso in cui si provi sofferenza, ci si trovi in una situazione difficile, se vi è qualcosa che si possa fare, basta farla – senza arrabbiarsi o infastidirsi, perché questo non aiuterà. E se non vi è nulla che si possa fare, allora perché arrabbiarsi o infastidirsi? Anche questo non aiuterà. Per cui, se è freddo, e abbiamo dei vestiti caldi, perché arrabbiarsi e lamentarsi che è freddo? Indossiamo i vestiti caldi. E se non si hanno vestiti caldi, perché arrabbiarsi e infastidirsi? Ciò non ci farà sentire in ogni caso caldi.

Possiamo inoltre guardare alla nostra sofferenza come... Essere felici al riguardo, nel senso che sta bruciando ostacoli negativi – karma negativo che sta maturando – e ricordare che è positivo se ci si libera di questo ora, perché in futuro potrebbe essere anche peggiore. E pensare inoltre che è una cosa molto buona che questo karma negativo stia maturando ora in questa forma, perché non importa quanta sofferenza si provi, potrebbe sempre essere peggiore. Per cui, in un certo senso, ce la stiamo cavando con poco.

Se andiamo a sbattere al buio col piede contro il tavolo, e fa veramente male – bene, questo è molto positivo, perché avremmo potuto romperci la gamba. “È meglio che sia successo questo piuttosto che rompersi la gamba.” Questo ci aiuta a non arrabbiarci. Dopotutto, saltare su e giù e fare una grande sceneggiata quando ci fa male il piede perché lo abbiamo sbattuto – questo non aiuterà. Anche se la nostra mammina viene e ci dà un bacio, non aiuta; fa ancora male.

Inoltre, se stiamo cercando di fare qualcosa di molto positivo e costruttivo, se vi sono numerosi ostacoli e difficoltà all'inizio, questo è fantastico. Cercare di fare qualcosa di veramente molto positivo, come voler fare un lungo ritiro o qualche buon progetto di Dharma, o fare un viaggio per aiutare gli altri, e così via. Se all'inizio si comincia con grandi ostacoli e problemi – non necessariamente grandi cose (ci si rompe una gamba o qualcosa del genere), ma se vi sono difficoltà all'inizio – ciò è molto positivo perché si può guardare ad esso come: “Va bene, questo sta bruciando gli ostacoli in modo che il resto dell'impresa vada bene.” E si può quindi essere felici del fatto che stiamo bruciando [gli ostacoli] ora piuttosto che avere un grosso problema in seguito.

Come dice Shantideva, la sofferenza e i problemi hanno anche qualità positive. Ciò non significa che dobbiamo uscire a cercarli, perché il sentiero che dobbiamo intraprendere è quello di torturarci e provare sofferenza. Non significa questo. Ma se proviamo sofferenza, allora vi sono diverse buone qualità che possiamo apprezzare, in quanto la sofferenza diminuisce la nostra arroganza, tanto per cominciare; ci rende più umili. Ci aiuta inoltre a sviluppare compassione per gli altri che stanno soffrendo problemi di tipo simile. Ad esempio, se si ha una certa malattia, si possono apprezzare altre persone che hanno la stessa malattia; in caso contrario non si ha idea di cosa sia la loro sofferenza. Invecchiando e provando i dolori della vecchiaia: non si prova molto facilmente compassione per le persone anziane quando abbiamo sedici anni, ma quando ne abbiamo sessanta e si comincia a provare tutto questo sulla propria pelle, allora si prova una grande compassione e si ha comprensione verso gli anziani. Ed inoltre, se comprendiamo il karma (causa ed effetto comportamentali) se stiamo soffrendo, questo davvero ci porta ad evitare molto più fortemente di agire in modo distruttivo e negativo, il quale è la causa della nostra sofferenza, e ad impegnarci più fortemente in azioni positive, costruttive, che saranno la causa della nostra felicità. Ci incoraggia.

La pazienza di sopportare le avversità per il bene del Dharma

Il terzo tipo di pazienza è la pazienza di essere determinati a sopportare le avversità implicate nello studio e nella pratica del Dharma. Quando stiamo cercando di meditare, di lavorare per raggiungere l'illuminazione e via dicendo, questo richiede un periodo di tempo molto lungo, e una tremenda quantità di lavoro e di sforzo, e dobbiamo perciò essere molto realisti al riguardo e non scoraggiarci. Essere pazienti con questo. Essere pazienti con noi stessi. Non significa che dobbiamo trattare noi stessi come dei bambini, ma essere pazienti.

Credo sia molto importante comprendere ed accettare veramente il fatto che la natura del samsara è quella di avere alti e bassi. E questo non significa solamente che si hanno rinascite superiori e inferiori, ma che si hanno alti e bassi tutto il tempo. Per cui a volte abbiamo voglia di praticare; a volte non abbiamo voglia di praticare. A volte la nostra pratica procede bene; a volte non procede bene. Cosa ci aspettiamo? Questo è il samsara. Non migliorerà ogni giorno, pertanto dobbiamo essere pazienti e non essere frustrati, non arrabbiarci e non mollare. “Pensavo di essermi preso cura della mia rabbia e che non mi sarei mai più arrabbiato,” e poi, all'improvviso, succede qualcosa e ci arrabbiamo di nuovo. Succede. Non ci sbarazzeremo di questo fino a quando non diventeremo liberati, un arhat, per cui siate pazienti.

Perseveranza lungimirante

Quindi il quarto atteggiamento lungimirante è chiamato perseveranza. È uno stato mentale, ancora una volta, con il quale si prova felicità nell'agire in modo positivo e costruttivo. E non si tratta di provare piacere giocando ai videogiochi o andando a caccia. Stiamo parlando di gioire per qualcosa che è positivo e costruttivo. E non stiamo parlando di avere semplicemente un atteggiamento da gran lavoratore, in cui odiamo il nostro lavoro ma lo facciamo comunque per un senso di dovere o di colpa, di obbligo, o qualcosa del genere, oppure soltanto in maniera meccanica. Sapete, un maniaco del lavoro. E non si tratta di quello che viene chiamato un “entusiasmo di breve durata,” che significa: siamo tutti eccitati nel fare qualcosa e ci mettiamo una tremenda quantità di sforzo in questo, come dei fanatici, e poi dopo una settimana ci viene l'esaurimento e molliamo. Non stiamo parlando di questo entusiasmo temporaneo. Quello di cui stiamo parlando è qualcosa di duraturo... È per questo che la chiamiamo perseveranza: è duratura; prosegue sempre avanti. E una delle ragioni per cui persiste è che ci piace quello che stiamo facendo, ed è positivo. Questa perseveranza è l'avversaria della pigrizia, l'opposto della pigrizia.

Perseveranza simile ad una corazza

Vi sono tre tipi di perseveranza. La prima è la perseveranza che è simile ad una corazza. Si tratta della volontà di continuare ad andare avanti senza fermarsi. Non importa quanto sia difficile, non importa quanto ci si impieghi, si va avanti senza scoraggiarsi e senza impigrirsi. Se ci si aspetta che il sentiero del Dharma (o qualsiasi cosa positiva si stia facendo) sia infinito, e si è disposti ad andare addirittura negli inferni per poter aiutare gli altri, e così via, allora non ci si farà impigrire o scoraggiare da qualche problema di minore importanza che può nascere. “Niente mi scuoterà.” È come una corazza; ci protegge da qualsiasi difficoltà che sorge. “Non m'importa quanto difficile sarà. Non mi importa quanto ci impiegherò. Io lo farò.”

Più tempo ci aspettiamo di impiegarci per raggiungere l'illuminazione, più rapidamente questa arriverà. Se ci aspettiamo che avvenga in modo immediato e veloce, ci potrebbe volere un tempo infinito. Se siamo ansiosi di ottenere un'illuminazione istantanea, veloce, e di trovare la via facile, veloce, e così via, questo è, in sostanza – come viene detto in alcuni grandi testi, e come spiegano grandi maestri – un segno di egoismo e di pigrizia, del fatto che non vogliamo davvero spendere molto tempo aiutando gli altri e via dicendo. “Basta che raggiungiamo l'illuminazione. Sarà fantastico.” E siamo fondamentalmente pigri. Non vogliamo dedicarci al duro lavoro che questo comporta. La vogliamo scontata, a buon mercato, la più economica possibile. Stiamo cercando un affare. Questo non funziona.

Per cui, se abbiamo questa compassione per la quale pensiamo: “lavorerò per tre zilioni (grangs-med, incalcolabili) di eoni per accumulare forza positiva aiutando gli altri,” questa portata enorme di compassione è ciò che ci porterà molto più velocemente all'illuminazione.

La perseveranza applicata ad azioni costruttive

Il secondo tipo di perseveranza è la perseveranza del condurre azioni costruttive, positive, per accrescere la forza positiva che ci porterà all'illuminazione. In altre parole, gioire e non essere pigri nell'intraprendere le pratiche preliminari (le prostrazioni e via dicendo), nello studiare, nell'imparare, nel meditare, e tutte queste cose che abbiamo bisogno di fare, ed essere felici di farle.

La perseveranza di lavorare per il beneficio degli esseri limitati

Il terzo tipo, poi, è la perseveranza che è coinvolta nel lavorare per aiutare o recare beneficio agli altri. Questa perseveranza nel lavorare per aiutare gli altri viene anche spiegata nei termini dei quattro modi di radunare [discepoli], o di rendere gli altri ricettivi ai nostri [insegnamenti], e delle undici maniere di aiutare gli altri (gli undici tipi di persone che vorremmo aiutare). Ricordate, avevamo l'autodisciplina etica di aiutare in questi undici tipi di situazioni. La pazienza coinvolta nella pratica del Dharma possiamo anche spiegarla nei termini di aiutare in queste undici maniere. E abbiamo poi la perseveranza di aiutare in queste undici maniere. Dunque questo significa che le due cose non sono identiche. Quello a cui ci stiamo riferendo è che, quando stiamo realmente aiutando queste categorie di persone nei diversi modi che sono opportuni, allora, attraverso la perseveranza siamo veramente felici di sforzarci per aiutarle. E, attraverso la pazienza, sopporteremo qualunque difficoltà che ciò comporta. E con l'autodisciplina etica eviteremo tutte le emozioni disturbanti che ci impedirebbero di aiutarle realmente. Si supportano a vicenda.

I tre tipi di pigrizia

Queste diverse tipologie di perseveranza vengono interrotte dalla pigrizia; pertanto, per riuscire a praticarle e a svilupparle, dobbiamo superare la pigrizia. E ve ne sono di tre tipi.

La pigrizia della procrastinazione

La prima è la pigrizia della procrastinazione, rimandare le cose a domani. Per far fronte a questa è necessario meditare sulla morte e l'impermanenza – la morte può giungere in qualsiasi momento – e sulla difficoltà di ottenere una preziosa rinascita umana, la quale ci dà l'opportunità di attuare qualcosa di positivo.

Tuttavia, a proposito di questo, mi viene in mente uno dei miei koan Zen preferiti: “La morte può arrivare in qualsiasi momento, rilassati.” Fa molto bene pensare a questo. È vero che la morte può sopraggiungere in qualsiasi momento, ma se siamo molto tesi e nervosi al riguardo, non saremo mai in grado di realizzare niente – “devo fare tutto oggi” – e si diventa fanatici. Sì, la morte può arrivare in qualsiasi momento. Se vogliamo approfittarne e fare le cose adesso, dobbiamo essere rilassati rispetto a questo fatto, non pieni di questa intensa paura della morte: “non avremo abbastanza tempo.”

La pigrizia di essere attaccati a cose irrilevanti

Quindi il secondo tipo è la pigrizia di essere attaccati a cose irrilevanti. Giusto? Sprechiamo così tanto tempo a guardare la TV, o in chiacchiere con gli amici, a parlare di sport... Questo genere di cose spreca una tremenda quantità di tempo, e si tratta, in sostanza, di pigrizia. È molto più facile sedersi di fronte alla televisione che meditare. O essere attaccati solo a cose ordinarie, mondane, perché le troviamo divertenti, che si tratti di astrologia, qualsiasi cosa sia – questo genere di cose a cui, nuovamente, siamo attaccati perché si è pigri, c'è pigrizia, e non vogliamo cercare di fare qualcosa che è forse più difficile e più significativo.

Questo non significa che non ci fermiamo mai a divertirci o rilassarci. A volte abbiamo bisogno di questo per ravvivarci, ma il punto è quello di non attaccarci a tutto ciò, ed esagerare per via della pigrizia. Si fa una pausa, si va a fare una passeggiata o qualcosa del genere, ma non si rimane attaccati a questo. Quando ne abbiamo avuto abbastanza, si torna a ciò che si stava facendo e che è più positivo.

E il modo di superare questo tipo di pigrizia è quello di pensare a come i piaceri e la soddisfazione provenienti da queste cosiddette realizzazioni mondane ed attività mondane, non possano mai portarci una felicità duratura. Soltanto allenarci veramente ai metodi del Dharma è in grado di far ciò. Se siamo capaci di calciare un pallone tra due pali in una rete, e spendiamo tutto il nostro tempo a fare questo e ad allenarci a questo, ciò non ci conferirà nemmeno una rinascita migliore. Certamente l'essere in grado di calciare una palla dritta non ci conferirà la liberazione o l'illuminazione.

Il punto, quindi, è non attaccarsi. Se lo si fa per rilassarsi, o qualcosa del genere, è una cosa. Ma essere attaccati a questo, e sforzarsi totalmente solo su questo perché si è pigri per fare qualcosa di più costruttivo – questa è pigrizia; è un avversario, un ostacolo, al fatto di gioire veramente nel fare qualcosa di costruttivo.

Superare la pigrizia di non sostituire le batterie del registratore.

La pigrizia delle illusioni d'inadeguatezza

Il terzo tipo di pigrizia è la pigrizia delle illusioni d'inadeguatezza. “Questo è troppo difficile per me. Non lo posso fare. Come può una persona umile come me raggiungere mai l'illuminazione o fare una qualsiasi di queste cose?” Questa è una forma di pigrizia. Non ci proviamo nemmeno, perché pensiamo: “sono incapace.”

Per far fronte a questo, dunque, pensiamo alla natura di Buddha, alle varie qualità che possediamo, e così via. Ci sono molte cose che possiamo ricordare a noi stessi che sono in grado di aiutarci a contrastare ciò. “Se così tante persone sono capaci di trascorrere tutto il giorno lavorando soltanto per un poco di profitto vendendo gomme da masticare o cose del genere, e sono disposti a star seduti lì per ore e ore ogni giorno, allora io sarò capace di usare il tempo [che ho] per essere in grado di fare qualcosa di più significativo. Se sono capace di stare in coda per ore e ore per avere un biglietto per un concerto, o di stare in coda per molte ore per comprare il pane, non dovrei pensare di essere incapace di fare qualcosa di più costruttivo che mi permetta di raggiungere l'illuminazione.”

I quattro supporti per lo sviluppo della perseveranza

Shantideva spiega quattro supporti che sono in grado di aiutarci a sviluppare la perseveranza.

Convinzione nei benefici del Dharma

Il primo è una ferma convinzione nelle qualità positive e nei benefici del Dharma.

Stabilità basata sulla fiducia in se stessi e sulla natura di Buddha

Il secondo è una determinazione e una stabilità basate sulla fiducia in se stessi e sulla natura di Buddha. Se siamo davvero convinti della natura di Buddha – le capacità basilari sono lì – allora abbiamo fiducia in noi stessi; e se abbiamo fiducia in noi stessi, saremo costanti e stabili nel nostro sforzo. Questo è quindi un supporto.

Gioia in ciò che si sta facendo

Il terzo poi è la gioia in ciò che si sta facendo. Un sentimento di soddisfazione personale. È molto soddisfacente ed appagante lavorare allo sviluppo di se stessi e così via, lavorare per aiutare gli altri, per cui questo conferisce un senso di gioia.

Sapere quando riposarsi

Il quarto è sapere quando prendersi una pausa. Non forzare se stessi fino al punto in cui si cede, si rinuncia e non si vuole più tornare indietro. Non spingere se stessi troppo duramente. Ma, d'altra parte, non trattare se stessi come un bambino: ogni volta che ci si sente un po' stanchi, stendersi a fare un pisolino.

E in realtà si tratta di un punto molto interessante. Trijang Rinpoche, il fu tutore giovane di Sua Santità, diede il seguente consiglio. Disse che quando si è veramente tanto di cattivo umore, e ci si sente molto negativi, e via dicendo, e nessuno degli altri metodi di Dharma sembra davvero funzionare o aiutarci, la cosa migliore è fare un pisolino. Fare un breve sonnellino, e quando ci si sveglia, il proprio umore sarà diverso, soltanto per la natura stessa del sonnellino. Molto pratico. Vi piace questo?

Due ulteriori fattori per lo sviluppo della perseveranza

Assieme a questi quattro supporti per la perseveranza, Shantideva sottolinea altri due fattori che ci vengono in aiuto. Questi sono: (a) accettare quel che è necessario praticare, e accettare quel che è necessario smettere di fare; (b) accettare le difficoltà implicate – tutto questo sulla base di un'esame realistico dei tre, e delle nostre capacità di affrontarli. Di accettarli. Accettare di dover fare questo e questo e questo per aiutare gli altri, o per raggiungere l'illuminazione, o per fare qualsiasi altra cosa costruttiva che voglio fare. Ed accettare il fatto che si dovrà smettere di fare questo e quello, ed il fatto che ci saranno avversità. E lo si accetta, prendendosene la responsabilità, dopo aver esaminato molto bene, realisticamente, cosa comporta fare ciò, e la propria capacità di farlo.

Non avere un atteggiamento irrealistico. Se si ha intenzione di fare prostrazioni, centomila prostrazioni, si considera la cosa in modo realistico. Ci saranno difficoltà – ci faranno male le gambe, ci stancheremo, tutte cose del genere – ma terremo a mente i benefici di tutto ciò. E cosa si dovrà smettere di fare? Si dovrà trovare il tempo per farlo, e sarà difficile. E quindi si esamina realisticamente, per capire: “Posso farlo? Ho l'artrite o i reumatismi che m'impediranno di farlo?” Questo genere di cose, accettando quindi la realtà di ciò che comporta. Se la si accetta, allora ci si può mettere il cuore in questo, con gioioso entusiasmo.

Il secondo è che, sulla base di questo atteggiamento realistico di accettare ciò che comporta, dobbiamo prendere il controllo di noi stessi per impegnarci. In altre parole con forza di volontà, questo genere di cose. Non permettersi d'agire in qualsiasi vecchio modo, in qualsiasi maniera, ma [pensare] realmente: “Va bene, ho intenzione di non cadere sotto il controllo della mia pigrizia, e così via.” Prendere il controllo e impegnarsi veramente in questa cosa positiva che vogliamo fare. “ Metterci l'anima,” come diremmo in inglese.

Stabilità mentale lungimirante

Ora è piuttosto tardi e non abbiamo molto tempo per gli ultimi due atteggiamenti lungimiranti. E ciascuno di essi, specialmente nella letteratura sul lam-rim, è trattato molto, molto brevemente. E quindi poi c'è l'enorme sezione che tratta il modo in cui si sviluppano la concentrazione e la meditazione, e il modo in cui si sviluppa la comprensione della vacuità. Per cui ovviamente non c'è tempo per affrontarle. Ci vorrebbero molti giorni per ognuno. Questo quindi può essere lasciato per un'altra volta.

Ma la stabilità mentale... In alcuni testi, si parla di questo come di uno stato della mente che è in grado di focalizzare la nostra attenzione in maniera univoca su qualsiasi oggetto adatto positivo, costruttivo, senza che l'attenzione vaghi, diventi offuscata, assonnata, e via dicendo. Questo sia che si stia facendo meditazione, sia che si stia aiutando qualcuno o ascoltando quel che sta dicendo.

E Shantideva spiega questo in termini di stabilità mentale. Ovvero che in aggiunta a ciò, per ottenere davvero questo tipo di concentrazione, è necessaria una stabilità mentale nella quale non si hanno più gli alti e bassi causati dalle emozioni disturbanti. In quanto sono le emozioni disturbanti che ci fanno diventare... Con la divagazione mentale ci lasciamo trasportare verso qualcosa che è attraente, oppure diventiamo offuscati e pesanti. E quindi egli descrive questo all'interno di una più ampia prospettiva di stabilità mentale ed emozionale. Ed esistono molte divisioni, molte maniere diverse di suddividere i diversi tipi di stabilità mentale. Quasi ciascun testo e tradizione la suddivide in modo differente, per cui non ha senso entrare in un'enorme lunga discussione su tutti i differenti modi in cui può essere divisa – in termini di ciò su cui ci stiamo concentrando, concentrazione in termini di fare questo, in termini di fare quello, e così via.

Consapevolezza discriminante lungimirante

E la consapevolezza discriminante, tradotta a volte come saggezza, è lo stato mentale con il quale siamo in grado di discernere correttamente e in modo definitivo tutti i fenomeni conoscibili, il modo effettivo in cui essi esistono. Possiamo distinguere fra ciò che è utile o dannoso, opportuno o inopportuno, e tutte queste cose. Quindi questo si può applicare alla discriminazione fra il modo in cui le cose realmente esistono, e il modo in cui non esistono (ciò che è impossibile). Ma può anche avere un campo d'applicazione molto più vasto, non solo riguardante la comprensione della vacuità.

Anche questa può essere suddivisa in molti modi diversi, e vari testi la suddividono in modi diversi a seconda della cosa verso cui questa consapevolezza discriminante è diretta, se è in termini di realtà o in termini di cose convenzionali – se si è un dottore, qual è la medicina appropriata da dare e quale quella inappropriata, e via dicendo. Vi sono molti schemi in cui suddividerla, per cui non è necessario trattarli tutti.

Vi sono molti altri punti che possono essere discussi su questi sei atteggiamenti lungimiranti - oppure, come dicevo, esiste una lista di dieci, in cui c'è un'altra serie di quattro, le quali sono in sostanza suddivisioni di questa consapevolezza discriminante – tuttavia per ora credo che questo sarà sufficiente per la nostra introduzione.

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