Il significato di karma
Ci sono molte spiegazioni del karma nei diversi sistemi dottrinali buddhisti indiani. Consideriamo il meno complicato, la spiegazione principale seguita dalle tradizioni tibetane non ghelug e anche la spiegazione ghelug di tutti i sistemi di dottrinali buddhisti indiani, eccetto quelli Prasangika e Vaibhashika. Secondo questa spiegazione il karma è letteralmente un impulso mentale, che ci porta nella direzione di un'azione o di un'esperienza. Non è l'azione stessa, è l'impulso che ci porta ad essa. Quando abbiamo l'impulso di aprire il frigorifero, il karma non è in realtà l'aprire il frigorifero, ma l'impulso di trovare qualcosa da mangiare. Può essere un bisogno di agire in modo costruttivo o distruttivo.
È di certo molto complesso, ma in poche parole ciò che accade è che in ogni momento abbiamo una visione periscopica, come se fossimo in un sottomarino e guardassimo attraverso una lente minuscola per vedere solo un po' di quello che sta succedendo, vediamo solo ciò che è proprio davanti al nostro naso. Noi siamo "esseri senzienti", anche se questo termine non significa molto, il termine originale significa che abbiamo una consapevolezza limitata perché abbiamo corpi limitati; non disponiamo di attrezzature all'avanguardia, il nostro hardware è carente. I Buddha, d'altra parte, hanno una consapevolezza onnisciente e un’attrezzatura all'avanguardia; hanno corpi di luce che percepiscono tutto. Noi conosciamo il mondo attraverso gli occhi, le orecchie, il naso e così via e un tipo di cervello che consente solo una visione periscopica; questo corpo e questa consapevolezza limitati sono il samsara, non è colpa nostra, siamo solo in una situazione terribile. Questo è un punto molto profondo, è il significato più profondo del problema della sofferenza onnipervasiva: nascere continuamente con menti limitate e corpi limitati che fungono da base per il bingo karmico e le sofferenze degli alti e bassi della vita samsarica.
Non importa quanto sia bello il nostro sottomarino, guardiamo comunque attraverso un periscopio; non importa quanto sia bello il nostro corpo, siamo comunque limitati. Questo può aiutarci a sviluppare la rinuncia: il disgusto totale di essere bloccati in un sottomarino con una visione periscopica. Ma per favore, con questa immagine non fatevi l'idea sbagliata che ci sia un solido "io" nel nostro corpo e nella nostra mente, è solo un'analogia per aiutarci a comprendere il problema onnipervasivo del samsara. L'intera situazione è ridicola, volere avere un bel corpo è così banale! Anche se è bello averlo, ciò non ci porterà da nessuna parte. Fare i capelli, rinforzare i muscoli, truccarsi, ecc., questo non cambia il fatto che siamo limitati.
Come risultato di questa visione periscopica concepiamo un solido "io" nel nostro corpo e nella nostra mente e un solido "tu" esterno. Perché? Perché questo hardware limitato funziona su un sistema concettuale. Un Buddha non usa un tale sistema operativo, ha una mente totalmente non concettuale. I computer rappresentano il mondo in numeri, combinazioni di zero e uno, accensione e spegnimento, in termini di numeri e lettere sullo schermo e così via. Tuttavia non è il mondo reale, ne è solo una rappresentazione: è come il pensiero concettuale. Viviamo un mondo virtuale come una voce nella nostra testa che dice parole. “Oh mio dio, cosa dovrei fare adesso? Fuori fa caldo, bla, bla, bla". Questo è il sistema operativo dell'essere senziente all’opera.
Dal momento che c'è questa voce che chiacchiera nelle nostre teste, noi pensiamo che ci sia un solido "io" lì dentro. È strano, non è vero? Non solo pensiamo così, ciò che è anche insidioso è che sembra che le cose siano così. Questa credenza ignorante e confusa - e non il "me" impossibile che pensa che esista - è ciò che preme il pulsante nel gioco del bingo karmico: questo fa maturare il karma.
Il bingo karmico è un gioco multidimensionale, un tipo di pallina da ping-pong è una sensazione di felicità, infelicità o neutralità. Un altro tipo di pallina che esce è quello che abbiamo voglia di fare; sulla base di quella sensazione c'è un bisogno, e quel bisogno è il prossimo karma. A causa della confusione, compiamo tutto ciò che abbiamo voglia di fare e succede così in fretta che non ne siamo nemmeno consapevoli. Pensiamo “Certo che posso fare quello che mi sento di fare, è naturale"; quello che ci sentiamo di fare diventa quasi sacro. Quindi mettiamo in pratica l'impulso ma in realtà facendolo o anche solo pensando di farlo, lanciamo un'altra pallina da ping-pong nel gioco.
Da dove viene questo processo? Non dal diavolo o dai demoni. Avviene perché guardiamo il mondo con questo corpo e questa consapevolezza limitati, guardiamo tutto attraverso il periscopio. C'è quella voce sciocca nella nostra testa che ci dà l'impressione che ci sia un solido "io" e un solido "tu". È molto noioso e molto stupido.
Quando moriamo e siamo, per così dire, fuori dal sottomarino sentiamo che stiamo per annegare nell'oceano della visione di chiara luce e di altre visioni che percepiamo. Non possiamo accettarlo, siamo presi dal panico e arriva l'impulso di afferrare il prossimo sottomarino: questa è la rinascita, vogliamo tornare su un sottomarino limitato, premiamo un altro pulsante e arriva una pallina da ping-pong nella forma di un altro corpo limitato. Agiamo per confusione e questa confusione non è una maledizione di Dio, non ci è stato data da qualcuno come sfida per vedere se siamo in grado di uscire dal gioco, non è intrinsecamente presente come il peccato originale, perché siamo cattivi o perché Adamo ha sbagliato; non fa parte della nostra natura innata, anche se è senza inizio. È qualcosa che può essere rimosso, questa è la cosa fondamentale che dobbiamo realizzare.
Per quanto fantastica possa essere la realtà multidimensionale interconnessa, possiamo affrontarla, c'è la possibilità di uscirne. Se lo facessimo non solo ci libereremmo della sofferenza, ma saremmo nella posizione di aiutare gli altri molto di più. Non possiamo aiutare gli altri che si trovano nei sottomarini se siamo anche noi in un sottomarino; se ne siamo però usciti e abbiamo a che fare con l'intero oceano, possiamo aiutare molto di più. Questa è la soluzione: fermare il gioco e uscire dal sottomarino. Riflettiamo un momento su questo.
Siamo tutti in dei sottomarini, guardiamo attraverso i periscopi, vediamo campi visivi molto limitati, con tutta questa spazzatura che arriva dagli altoparlanti - costantemente. Per questo motivo, tutti noi cerchiamo di prendere un nuovo sottomarino quando moriamo, perché pensiamo che ci renderà felici. E nessuno di noi sa cosa succederà dopo. Quando moriremo presi dal panico salteremo in un altro sottomarino. Tutti noi facciamo la stessa cosa, è patetico. Questa è la terribile visione del samsara in un'immagine molto semplice.
Le forze karmiche
Secondo la spiegazione che stiamo considerando, il karma è un impulso mentale che ci porta nella direzione di una certa esperienza. Naturalmente, possiamo scegliere se agire o meno seguendo un impulso. Sentiamo il bisogno di dire qualcosa di spiacevole a qualcuno come "Che brutto vestito indossi oggi" ma, se siamo consapevoli quando si presenta l'impulso, potremmo controllarlo e non metterlo in atto. Spesso mettiamo in pratica i nostri impulsi. Quell'azione stessa è una forza karmica, che può essere positiva o negativa ed è solitamente tradotta come "merito" e "peccato", che trovo termini molto fuorvianti. Le azioni karmiche sono, più precisamente, forze karmiche positive o negative.
Quando un'azione è finita, la forza karmica continua, ma ora come potenziale karmico nel nostro continuum mentale. Il concetto di reti può forse aiutarci qui, ma non è discusso come tale nella terminologia tecnica buddhista, è un'aggiunta occidentale alla spiegazione. Possiamo dire che ogni volta che agiamo in modo positivo o negativo, la forza karmica sia dell'azione che del potenziale karmico lasciato dopo l'azione si collega con le altre forze positive o negative nel nostro continuum mentale, dalle azioni precedenti e dai potenziali karmici depositati. Stiamo parlando di forze che costruiscono il samsara, noi stiamo costruendo il samsara, le forze positive o negative ordinarie danno luogo all'esperienza samsarica.
Se non dedichiamo la forza positiva di un'azione costruttiva per la liberazione o l’illuminazione, essa non agisce come causa di liberazione o illuminazione. I testi non parlano tanto di dedicare forze positive alla liberazione perché è solo quando dedichiamo un'azione costruttiva con bodhicitta che la forza positiva diventa causa dell'illuminazione e costruisce una rete di forza positiva che produce l'illuminazione - la cosiddetta "raccolta di merito".
Le conseguenze karmiche
Quindi, che si tratti di causare il samsara o l'illuminazione, l'azione stessa agisce come una forza karmica. Cosa riamane quando l'azione è finita? Nel nostro continuum mentale rimane non solo la fase potenziale karmica della forza karmica ma anche altro: le "conseguenze karmiche" per coniare un termine che comprende tutto. Ci sono due tipi di conseguenze karmiche: eredità karmiche (sa- bon, seme) e abitudini karmiche costanti (bag-chags). La differenza tra le due è che le eredità karmiche maturano occasionalmente, mentre un'abitudine karmica costante dà risultati in ogni singolo momento in termini della nostra esperienza. Le eredità karmiche includono sia la fase potenziale karmica della forza karmica sia le tendenze karmiche. Ma non ci addentriamo nelle sottili differenze tra queste.
Le eredità karmiche maturano a intermittenza. Un aspetto del loro risultato è il provare diversi livelli di felicità o infelicità, alti e bassi. Tutti i tipi di eredità karmiche diverse maturano in tempi diversi. Ogni singolo secondo della nostra vita cambia e non sappiamo mai cosa sperimenteremo nel momento successivo; potremmo sentirci bene o stare male facendo esattamente la stessa cosa. Non è orribile?
Un altro risultato proveniente da queste eredità è lo sperimentare gli aggregati di una rinascita. A volte sperimentiamo un piacevole stato di rinascita, a volte terribile: non è affatto costante. A volte otteniamo un comodo sottomarino; a volte ne troviamo uno molto scomodo.
L'ambiente in cui nasciamo è chiamato "il risultato dominante " o "risultato globale". Siamo in una parte calma dell'oceano o ci sono correnti pericolose?
Il prossimo risultato è in termini di ciò che ci sentiamo di fare. Cosa ci piace fare? Abbiamo voglia di fare cose simili a quelle che facevamo prima. Non solo non abbiamo idea se ci sentiremo felici o infelici, non sappiamo nemmeno cosa ci sentiremo di fare nel momento successivo.
L'ultimo risultato che proviene dalle eredità karmiche è lo sperimentare situazioni che ci accadono simili a ciò che abbiamo fatto verso gli altri. Se vogliamo sparare ad altri sottomarini che arrivano, un altro arriverà e ci sparerà. Sentirsi felici o infelici, quello che ci sentiamo di fare e quello che ci succede va su e giù continuamente. Tutto questo è orribile.
Le costanti abitudini karmiche producono risultati in ogni momento in termini di percezione periscopica che sperimentiamo costantemente, che è il tema costante durante gli alti e bassi del samsara. In quel contesto, a seconda che ci sentiamo felici o infelici, cosa ci sentiamo di fare e cosa ci sta accadendo, sorgono degli impulsi e agiamo di conseguenza. Questo è ciò che succede con il samsara, per dare una breve presentazione di come il karma opera, in termini molto semplicistici.
Assimiliamolo per un attimo.
Possiamo vedere come è un ciclo. Per analizzare un ciclo in modo più approfondito, c'è il sistema dei dodici anelli dell'origine interdipendente. Gli argomenti del karma e dei dodici anelli sono pezzi dello stesso puzzle.
Come funziona la dedica
Per costruire l'illuminazione un'azione positiva deve essere dedicata a bodhicitta, anche se quella bodhicitta è artificiale. Non deve per forza essere sincera, può anche essere artificiosa. Cosa significa artificiosa? Non è che non abbiamo alcun sentimento: bodhicitta si basa su amore, compassione e responsabilità universale, il che significa che, nel voler diventare noi stessi Buddha, desideriamo che tutti siano felici e liberi dalla sofferenza, e che ci assumiamo la responsabilità di aiutare tutti - tutti gli esseri limitati, tutti gli “esseri senzienti”, non solo perché possano superare le loro sofferenze ordinarie, ma anche perché possano raggiungere la liberazione e l'illuminazione. Guardiamolo più attentamente.
"Tutti gli esseri senzienti" include ogni insetto del mondo. Stiamo davvero lavorando a beneficio di tutte le zanzare del mondo? Diciamo la verità. Prima di tutto, da cosa vogliamo liberare tutti? Presumibilmente dal samsara, il che significa da una rinascita incontrollabile e ricorrente. Se non comprendiamo nemmeno la rinascita, figuriamoci crederci, come potremmo sinceramente lavorare per liberare tutte le zanzare dalla rinascita? Non stiamo nemmeno pensando alla rinascita ma "La-laa-la, possano tutti essere felici, avere un buon pasto, una bella casa ..." Questo è molto bello ma non è la "grande compassione" sottostante a bodhicitta. Anche se siamo sinceri nel nostro desiderio di aiutare solo gli esseri umani - e forse cani e gatti da compagnia - solo in questa vita, ciò non è sufficiente perché la forza positiva delle nostre azioni costruttive possa entrare in rete come forza positiva che causa l'illuminazione. Deve esserci un certo livello di "grande compassione" che si rivolge allo stesso modo a tutti gli esseri limitati.
E se ci fossero atteggiamenti disturbanti mescolati alle nostre azioni costruttive? Ebbene, tenete presente che dobbiamo essere un arhat per essere totalmente liberi da ogni afferrarsi a un "sé" impossibile e da tutte le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti. Questo significa che fino a quando non diventiamo arhat, non possiamo compiere alcuna azione positiva per costruire l'illuminazione? Non è così, possiamo costruire tali azioni molto prima di diventare un arhat; è un punto molto importante. Sua Santità il Dalai Lama lo dice in modo molto carino “A meno che tu non sia un arhat, nessuna azione sarà disinteressata al 100% e priva di visioni errate, atteggiamenti disturbanti e così via. Quindi quello che dobbiamo cercare di fare è ridurre al minimo l'egoismo”.
Non prendiamoci in giro. Fino a quando non ci saremo liberati, ci sarà qualche aspetto del voler essere felici noi stessi o sentirci utili, che in realtà è una cosa dell'ego ma non c'è motivo di sentirsi in colpa per questo. Dobbiamo lavorare con questo al nostro livello e pensare “Sebbene anch'io voglia essere felice, sono davvero sincero nel mio desiderio che gli altri siano felici. Possa questa azione positiva permettermi di aiutarli il più possibile a diventare illuminati”. Questo è abbastanza.
Interiorizzalo per un momento.
Questo può aumentare la nostra fiducia in noi stessi nell'essere in grado di sviluppare una forza positiva che causa l'illuminazione. Come dicono sempre gli insegnamenti e ripete Sua Santità, "L'illuminazione è nelle tue mani".
Se un'azione positiva è sostenuta dalla forza della rinuncia o di bodhicitta, agisce rispettivamente come causa di liberazione o illuminazione. Se l'azione positiva non è sostenuta né da rinuncia né da bodhicitta, ne risulterà un'esperienza più felice nel samsara. L'azione stessa può essere esattamente la stessa; è solo una questione di ciò a cui la dedichiamo. Se non la dedichiamo affatto, verrà automaticamente salvata nella cartella “costruzione del samsara” nel nostro disco rigido mentale interno, e quindi agirà come una piacevole forza positiva di costruzione del samsara. Dobbiamo consapevolmente salvare la forza positiva nella cartella “costruzione dell’illuminazione”, e lo facciamo con la dedica.
Cosa succede se dimentichiamo di dedicare subito la forza positiva ma ce ricordiamo qualche minuto dopo? Conta? Conta finché non ci arrabbiamo: la rabbia distrugge o indebolisce la forza positiva. Ecco perché i testi dicono che la rabbia è così negativa, specialmente la rabbia verso un bodhisattva. Finché non ci arrabbiamo, possiamo spostare la forza positiva dalla cartella “costruzione del samsara” a quella “costruzione dell’illuminazione”; ma quando ci arrabbiamo la cancelliamo. È finita. Dopo averla salvata con una dedica di bodhicitta, non la distruggeremo anche se in seguito ci arrabbiamo. Ci saranno comunque le conseguenze negative della rabbia, ma non è questo il punto.
Quali tipi di azioni possono essere dedicate?
Tutto ciò che è costruttivo, qualsiasi azione compiuta per il desiderio di essere utili, non per avidità o attaccamento, rabbia o ingenuità; qualsiasi azione che non agisce in modo distruttivo anche se l'impulso sorge, perché sappiamo che causerà problemi. Astenersi dal desiderio di evitare la punizione è comunque in qualche modo costruttivo, ma è molto più forte quando ci asteniamo dall'agire in modo distruttivo a causa della comprensione di causa ed effetto karmici. Per fare la dedica dobbiamo pensare "Possa la forza positiva di questa azione agire come causa della mia illuminazione, così potrò aiutare tutti".
Senza l'idea di una interrelazione, tendiamo a pensare a qualsiasi cosa facciamo come a delle azioni isolate, come se raccogliessimo delle buone azioni isolate in una scatola. Questo è il motivo per cui trovo molto utile pensare alle nostre azioni positive o alla nostra comprensione che vada più in profondità, creando un'impressione più forte e connettendosi a tutte le nostre altre azioni e comprensioni positive. La forza diventa sempre più forte e in questo modo agisce effettivamente come una causa per l'illuminazione.
L'idea di una interrelazione è molto utile anche perché porta alla comprensione dell'interdipendenza e dell'origine interdipendente: le nostre buone azioni non sono isolate. Allo stesso modo, se capiamo solo piccoli punti isolati di Dharma e non li colleghiamo mai, e non vediamo mai come si adattano tutti insieme, la nostra comprensione non sarà molto stabile ma accumuleremo solo nozioni. Abbiamo anche bisogno di interconnettere la profonda consapevolezza che otteniamo dalle nostre esperienze di meditazione con tutto il resto che abbiamo imparato. Altrimenti, ancora una volta, saranno solo esperienze isolate senza molto peso.
Le basi dell'etica buddhista
Nel Buddhismo c’è un elenco di dieci azioni distruttive, spesso tradotto come "le dieci azioni non virtuose". "Non virtuoso", tuttavia, proviene da un contesto religioso giudicante: qui non c'è giudizio. La discussione sul karma è strettamente connessa a quella sull'etica, ci sono molti sistemi di etica nel mondo. Il sistema principale in Occidente è una combinazione di pensiero biblico e greco antico: entrambi si basano sull'obbedienza alla legge, una è la legge celeste che viene da Dio e l'altra è una legge creata da un gruppo eletto di cittadini. In entrambi i casi, essere una persona etica è una questione di obbedienza che si traduce in ricompensa, il disobbedire in punizione. L'etica occidentale è molto coinvolta nel giudizio morale: l’essere buono, cattivo, innocente, colpevole porta con sé un pacchetto emotivo di sensi di colpa, paura della punizione e così via.
Nella visione del mondo buddhista non c'è giudizio, giudice e colpa. L'etica non è una questione di obbedienza alle leggi. Esistono alcune relazioni di causa ed effetto comportamentale. Se urti il piede contro una sedia ti farà male e il fatto che faccia male non è una punizione, non è un giudizio etico. Non siamo persone cattive, colpevoli o peccatrici: abbiamo solo sbattuto il piede contro la sedia e ci fa male. Allo stesso modo, se agiamo sotto l'influenza delle emozioni disturbanti avremo problemi ma non perché siamo cattivi, ma perché siamo confusi. Se non agiamo sotto l'influenza di emozioni disturbanti non sperimenteremo problemi così terribili e, in generale, sperimenteremo una felicità che tuttavia non durerà, comunque le cose andranno bene. Quindi, piuttosto che sull'obbedienza, l'etica si basa sulla consapevolezza discriminante.
Se agiamo in un certo modo sperimenteremo risultati corrispondenti. È una nostra scelta, se non ci interessa avere problemi e vogliamo agire in modo distruttivo, va bene. Abbiamo questa scelta. Naturalmente, così facendo potremmo danneggiare gli altri, quindi questa è un'altra considerazione ma, fondamentalmente, quando qualcuno agisce in modo distruttivo è perché è confuso su causa ed effetto, non perché è cattivo. Diventa molto più facile sviluppare compassione per le persone distruttive quando sappiamo che sono così confuse da non sapere che si stanno facendo del male.
In termini di noi stessi, ciò su cui dobbiamo lavorare non è l'obbedienza ma la consapevolezza discriminante, solitamente chiamata “saggezza”, per discriminare tra ciò che è costruttivo e ciò che è distruttivo. Quindi, poiché non vogliamo avere problemi, ci asteniamo dall'agire in modo distruttivo. Se comprendiamo che possiamo farci male stando nel mezzo di una strada molto trafficata e pericolosa, discriminiamo che non stare lì diminuirà le nostre possibilità di essere feriti. Questo ci porta a come sviluppiamo la disciplina etica e a prenderci cura di ciò che ci accade.
Le dieci azioni distruttive
Sebbene esista l'elenco tradizionale delle dieci azioni distruttive, è importante non pensare che ce ne siano solo dieci: possiamo tagliare una torta in dieci parti o possiamo tagliare una parte della torta in dieci parti. Allo stesso modo, qui tagliamo solo una parte dei nostri comportamenti distruttivi in dieci. Esistono ovviamente più di dieci tipi di azioni distruttive.
Inoltre, penso che sia molto importante considerare queste dieci categorie generali anche se molte altre azioni possono essere inserite in esse. Ad esempio, togliere la vita ad altri potrebbe includere anche il rompere il braccio di qualcuno. Dobbiamo essere un po' flessibili. Sono sicuro che le conoscete, così ne parlerò brevemente.
Le tre azioni distruttive fisiche
Le dieci categorie generali di azioni distruttive sono costituite da azioni mentali, verbali e fisiche. Le azioni fisiche distruttive includono il togliere la vita ad altri – uccidere; prendere ciò che non ci è stato dato – rubare; e comportamenti sessuali contrari - comportamenti sessuali che sono contrari al liberarci dalle emozioni disturbanti. Proprio come uccidere può includere fare del male ad altri, prendere ciò che non è stato dato può includere fare una telefonata a lunga distanza dal telefono di qualcun altro senza chiedere, cioè usare qualcosa che non è appropriato per noi da usare.
Queste azioni sono accompagnate da un'emozione disturbante. Ad esempio, vogliamo ferire o uccidere qualcuno perché siamo arrabbiati, non ci piace. Oppure siamo avidi: vogliamo ottenere la nostra eredità più rapidamente. Oppure siamo ingenui: sacrifichiamo qualcuno al dio del sole in modo che i nostri raccolti crescano meglio. Con il furto, è ingenuo pensare di poter prendere qualcosa che appartiene a qualcun altro e che a lui non importi.
Il comportamento sessuale contrario è un'attività sessuale contraria al tentativo di liberarci dalle emozioni disturbanti. Di solito è desiderio ardente, avidità o attaccamento: non siamo soddisfatti del nostro partner, così dobbiamo avere anche quello di qualcun altro. Non siamo soddisfatti della posizione che abbiamo utilizzato, quindi facciamo acrobazie sessuali per trovare qualcosa di ancora migliore. Il nostro comportamento sessuale può anche essere basato sulla rabbia, come nello stupro delle mogli e delle figlie dei nostri nemici. Un esempio di ingenuità è pensare che non importa che il nostro partner non voglia fare sesso, quindi lo forziamo a farlo.
C'è anche l’ingenuità con cui pensiamo che il sesso sia una via verso la liberazione. Sembra divertente, ma non è così insolito. Quando ci esaminiamo, non c'è qualche idea che se la nostra vita sessuale è sana e buona allora porterà a una felicità duratura? Ci sono scuole di pensiero occidentale che sostengono che tutti i nostri problemi derivano dalla frustrazione sessuale e che bisogna cercare l'orgasmo perfetto. È anche ingenuo provare a farlo come facevamo una volta, quando siamo vecchi. Il comportamento sessuale contrario agisce in un modo che ci produce sempre più problemi e infelicità.
Le quattro azioni distruttive verbali
Poi abbiamo le azioni verbali distruttive. Verbale significa comunicazione, non deve necessariamente essere con le parole. Potremmo mentire con le parole, con i gesti o anche con il silenzio. Naturalmente, la menzogna più seria riguarda le nostre conquiste spirituali e l’ingannare gli altri, specialmente se uno è un maestro spirituale, dicendo: "Ho avuto questa straordinaria esperienza di meditazione" e sostenendo la menzogna. Anche l'esagerazione è una forma di menzogna. È molto importante essere totalmente onesti, in particolare riguardo ai nostri risultati e alle esperienze. Potremmo mentire per attaccamento perché vogliamo che le persone ci rispettino, per esempio. Potremmo mentire per rabbia, dando a qualcuno che non ci piace la direzione sbagliata. Oppure possiamo mentire per ingenuità, pensando di poter dire piccole bugie bianche o esagerare e non importa.
Poi c'è il linguaggio che divide, che porta gli amici a separarsi o quelli che sono già separati ad essere ulteriormente separati. È un buon esercizio cercare di allenarci a non parlare di nessun'altra persona a meno che non sia presente. Spesso quando raccontiamo storie su qualcun altro, entra in gioco l'esagerazione che causa divisione, anche se non lo volevamo. Tuttavia, potremmo voler dire qualcosa di divisivo se nostro figlio va in giro con spacciatori, ma dovremmo fare attenzione che non ci siano emozioni disturbanti. Se la gente dice cose cattive su qualcun altro per causare la loro separazione, potremmo pensare che siano terribili, ma questo è giudicante. Non stiamo parlando del giudicare, piuttosto, riconosciamo che questa persona non capisce le conseguenze karmiche di ciò che dice. Per prima cosa, se qualcuno parla sempre di quanto sono terribili gli altri, non iniziamo a sospettare che stia dicendo cose brutte su di noi alle nostre spalle? Il risultato di indurre le persone a separarsi è di essere abbandonati. È molto triste. Se ripetiamo una storia divisiva che abbiamo sentito, la intensifichiamo ed è un'azione negativa anche per noi stessi. È meglio lasciarla decadere, pensando che sia triste che questa persona parli in modo così divisivo e che non ha senso ripeterla.
Poi c'è il linguaggio duro e crudele, dire cose con un'emozione disturbante che ferisce i sentimenti degli altri. Potrebbe essere urlare contro qualcuno, insultarlo o abusarne e potrebbe anche essere addolcito: anche il sarcasmo fa male. Dobbiamo stare molto attenti a ciò che diciamo, a come comunichiamo e così via. Anche fare un mudra maleducato alla persona nell'auto accanto rientra in questa categoria.
Poi abbiamo le chiacchiere oziose e questo può essere sottile. Tendiamo a non prenderlo sul serio ma è davvero abbastanza distruttivo. Per prima cosa, interrompiamo gli altri, come l'incredibile quantità di telefonate che facciamo per raccontare qualche banale evento. Include anche il ripetere le storie, non ha senso, è solo uno spreco di tempo incredibile. Potremmo anche includere la TV o la radio costantemente accese, disturbando tutti intorno a noi. Dobbiamo prestare attenzione a come comunichiamo.
Le tre azioni distruttive mentali
Poi abbiamo i modi di pensare distruttivi. È molto importante qui riconoscere che non stiamo parlando di emozioni disturbanti: proprio come il karma e le emozioni disturbanti sono diversi, lo sono anche le azioni karmiche e le emozioni disturbanti. Non c'è niente che sia sia un impulso karmico che un'emozione disturbante, e non c'è niente che sia sia un'azione karmica che un'emozione disturbante. Ciò che stiamo descrivendo qui in questo elenco sono azioni, modi di pensare che, come gli impulsi karmici che li provocano, sono accompagnati da emozioni disturbanti.
La prima è il pensiero avido. Quando qualcuno acquista una macchina nuova, ne vogliamo una uguale o addirittura migliore. Quindi pensiamo più e più volte a come ottenerne una. Molte emozioni disturbanti sono accompagnate a pensieri avidi: bramosia, gelosia e simili. L'azione distruttiva è il pensarci.
Poi c’è il pensare con cattiveria; non è solo augurare a qualcuno il male ma l’intero pensiero che può portare a complottare per pareggiare un conto e ferire qualcuno. Queste azioni mentali diventano ossessioni, ci divorano, non possiamo togliercele dalla testa e hanno molte sfumature.
L'ultima azione mentale e la decima nell’elenco generale delle azioni distruttive, è pensare con un atteggiamento antagonista distorto. Questo a volte è tradotto come "visioni distorte", il che tende a implicare "eresia" ma queste sono traduzioni inappropriate. Non stiamo nemmeno parlando di un atteggiamento distorto ma di un intero modo di pensare accompagnato da un atteggiamento antagonista distorto. Significa negare qualcosa di vero, costruttivo o eticamente neutro ed esserne molto contrario, come pensare "Credono nella rinascita? Questa è spazzatura completa! Chi la pensa così è un idiota! Dirò loro che…”. Non deve per forza riguardare l’orientamento filosofico, potremmo avere un atteggiamento antagonista distorto del nostro amico che guarda la TV, di qualcuno che studia storia dell'arte o che va in un centro di Dharma che segue una tradizione diversa dal nostro centro di Dharma. Continuiamo a pensarci negativamente, anche se queste cose sono neutre o costruttive.
Pensare con un atteggiamento antagonista distorto non significa solo negare la Triplice Gemma. Quante volte lo facciamo? Non troppe. Una cosa che rientra in questa categoria che però facciamo molto facilmente, è giudicare gli altri. In realtà è un'azione distruttiva molto comune. Vediamo qualcosa che non ci piace e siamo ossessionati dal criticarlo nella nostra mente.
Esistono due categorie generali di azioni costruttive. Uno è semplicemente trattenersi dall'agire in modo distruttivo perché comprendiamo i problemi che sorgeranno; non è semplicemente "Non vado a caccia, pesca e non sparo alle persone". Piuttosto, è come quando una zanzara ronza intorno alle nostre teste e viene l'impulso di schiacciarla, ma non lo facciamo perché ci rendiamo conto che sarebbe distruttivo. Se uccidiamo qualcosa che ci infastidisce, dove tracciamo la linea? Un altro livello di azione costruttiva è fare l'opposto della corrispondente azione distruttiva. Ad esempio, effettivamente salvare la vita della zanzara, metterla in una tazza e portarla fuori, piuttosto che toglierle la vita.
Arrivare a comprendere la necessità dell’onniscienza
Quando parliamo di attaccamento all'esistenza solida, parliamo prima di tutto del percepire una quantità molto limitata di realtà. Le nostre menti limitate fanno sembrare che ciò che vediamo esista in modo solido e indipendente, isolato da tutto il resto. Non solo appare così, ci sembra così. Quando guardo quella persona davanti a me, mi appare e mi sembra che ci sia una giovane donna messicana. Non sembra che questo sia solo un istante di una lunga linea di continuità, dall'infanzia alla vecchiaia. Certamente non appare come un continuum mentale che in questo particolare momento sta generando un corpo femminile messicano e in una vita precedente era una zanzara, un uomo africano o un fantasma. Questa è la visione periscopica, ciò che accade in ogni singolo istante della nostra esistenza. Sembra che questo sia tutto ciò che è tale persona.
Non solo appare e sembra così ma, facendo un ulteriore passo avanti, crediamo che corrisponda alla realtà. Afferrarsi a un'esistenza solida implica anche questo secondo passo. "Afferrarsi" non è molto preciso, è un po' troppo forte. Lo conosciamo e ci crediamo. Abbiamo due serie di abitudini costanti qui: una è l'abitudine costante karmica che causa la visione periscopica, l'altra è l'abitudine costante alla confusione che produce in ogni momento l'apparenza che ciò che vediamo attraverso il periscopio, cioè l'apparenza di un'esistenza solida, sia tutto ciò che c'è. Possiamo vedere che questi due tipi di abitudini costanti operano sempre insieme. Sono conosciute come gli ostacoli che impediscono l'onniscienza di cui un Buddha è libero. Il karma stesso e le emozioni disturbanti che derivano dal credere a ciò che vediamo impediscono la liberazione e fanno continuare gli alti e bassi; ci liberiamo degli alti e bassi con la liberazione e poi ci liberiamo del periscopio con l'illuminazione. Una volta che ci liberiamo della convinzione che ciò che vediamo nel periscopio è tutto ciò che c'è, allora dobbiamo sbarazzarci del fatto che appare e che ci sembra così.
Tsongkhapa ha sottolineato che il processo di conoscenza e di credere in una solida esistenza avviene in ogni singolo momento, non solo quando siamo emotivamente turbati. Il modo in cui l'ha detto è che l'oggetto della confutazione è presente in ogni momento della nostra cognizione, non solo nei nostri folli momenti di cognizione. Inoltre, non accade solo durante la nostra cognizione concettuale, il che significa che dobbiamo iniziare a mettere in discussione ogni singolo momento della nostra cognizione.
Questo è molto profondo. Quando ci guardiamo intorno nella stanza, cosa vediamo? Qualunque cosa vediamo è falsa. A un livello relativo, sicuramente è esatto che ci sono tutte queste persone, ma ogni persona è un continuum mentale che ha interagito con ogni altro continuum mentale da un tempo senza inizio. È incredibile e non lo vediamo. È incredibile anche se non pensiamo in termini di rinascita ma in termini degli antenati di ogni persona. Non lo vediamo e non ci sembra così, ma è quello che abbiamo di fronte. Un Buddha è consapevole di tutto ciò. Possiamo iniziare a percepire cosa significhi onniscienza. Se vogliamo davvero aiutare gli altri, dobbiamo vedere tutte le relazioni, le interconnessioni e così via.
Quando iniziamo a ottenere un'immagine più accurata di cosa sia una mente onnisciente e iniziamo ad apprezzare davvero quanto sia importante raggiungere l'onniscienza per aiutare davvero tutti, il nostro obiettivo per l'illuminazione diventa molto più significativo. Il nostro obiettivo di rifugio e bodhicitta diventa molto più solido. Incrollabile. Se non abbiamo un'idea chiara di cosa significhi essere un Buddha è del tutto superficiale dire che vogliamo raggiungere l'illuminazione. Questo è il motivo per cui è molto importante studiare in dettaglio le qualità della Triplice Gemma, non solo come gli elenchi dei trentadue questo e degli ottanta quello, ma per avere un'idea di cosa significano. Se pensiamo che l'illuminazione sia un mito o una fiaba, è molto difficile vederne effettivamente la necessità, che è una parte così integrante di bodhicitta. Naturalmente ci sono modi per presentare le qualità di un Buddha che sono come raccontare una storia a un bambino, ma non essere soddisfatto di quel livello, ci sono molti livelli più profondi per spiegarle.
Il fondamento di tutta la pratica del Dharma è un rifugio molto sicuro e saldo, una direzione sicura. Non rendiamolo banale, per favore. Richiede un'idea molto chiara di ciò a cui miriamo, qual è l'obiettivo, qual è la direzione in cui vogliamo andare. Più è chiaro, più solida sarà la nostra pratica.
Se uniamo la chiarezza sul nostro obiettivo a una comprensione della natura di Buddha avremo una comprensione genuina e chiara e la convinzione che è possibile raggiungere l'illuminazione per il bene degli altri. Se pensiamo che non sia possibile o abbiamo dei dubbi, a cosa possiamo aspirare? Che senso avrebbe? Se diventare un Buddha fosse una favola, la nostra pratica sarebbe uno scherzo. Il Buddhismo sarebbe ridotto solo a “essere una brava persona” che è ciò che insegna qualunque altra religione.