Osservazioni introduttive
Quando parliamo di religioni o di spiritualità in generale, è importante coltivare rispetto per ciascuna delle diverse tradizioni. Per questo, è fondamentale conoscerle e apprezzarne l'essenza per comprenderne il valore. Questo è parte del valore della promozione dell'armonia religiosa.
Nel dialogo interreligioso ci sono sempre tre domande: "Chi sono io?" o "Cos'è il sé?" e "Quell'io, o sé, da dove viene?" e "C'è un inizio o no, e cosa accadrà alla fine, c'è una fine o no?". Tutte le principali religioni cercano di rispondere a queste tre domande.
Che cos'è il sé?
Ora, per la prima domanda: "Cos'è il sé, l’"io"? Se si segue semplicemente una fede in cui si venerano spiriti locali, non ci si preoccuperà molto di queste tre domande. Quando accade una tragedia, si prega semplicemente una divinità locale. Alcune delle religioni più importanti addirittura tremila anni prima del Buddhismo avevano indagato queste tre domande. Di recente, ho incontrato uno studioso di un'università egiziana che mi ha raccontato che nell'antica civiltà egizia, cinquemila anni fa, anche loro avevano sviluppato una filosofia religiosa e concetti sull'aldilà. Quindi queste domande risalgono a molto, molto tempo fa.
Ora, per rispondere alla domanda "Cos'è il sé?", che si tratti di una religione teistica o non teistica, entrambe possono parlare di un sé indipendente che esiste al di fuori del corpo e che "possiede" il corpo. È indipendente dagli aggregati del corpo e della mente. Affermano che esiste un sé inalterato, senza parti e indipendente. Probabilmente il concetto di anima che troviamo in molte religioni ha questi tre aspetti.
Il Buddhismo è l'unica religione che afferma che non esiste un sé indipendente dagli aggregati del corpo e della mente. In generale parla in termini di impermanenza, sofferenza, assenza di sé e vacuità. Questi sono [parte dei] quattro tratti distintivi del Dharma o quattro sigilli per etichettare una prospettiva come basata sul discorso illuminante del Buddha, in contrapposizione alla sua natura non buddhista. [Assenza del sé e vacuità – ovvero totalmente privo di un sé impossibile – costituisce il terzo dei quattro sigilli.] I quattro sono: i fenomeni condizionati [influenzati] sono impermanenti [non statici]; i fenomeni contaminati sono sofferenza o comportano sofferenza; tutti i fenomeni sono privi [e vuoti di un'anima o di un sé impossibile]; e il nirvana è pace [una pacificazione della sofferenza.]
Queste sono quindi le due risposte fondamentali alla domanda “Cos’è il sé?”: [o esiste un sé indipendente dal corpo e dalla mente, oppure non esiste alcun sé].
Il sé ha un inizio?
Alcuni sostengono che il sé non abbia origine da alcuna causa sulla base degli aggregati, quindi sia spontaneo. Anche riguardo all'origine dell'universo affermano che non abbia origine dal nulla, da alcuna causa. Questo è in realtà il punto di vista della scienza. In India, c'è la posizione materialista Charvaka che lo afferma. Ma poiché "nessuna causa" è qualcosa di scomodo, la maggior parte delle persone sostiene che debba esserci una causa e una condizione.
La scuola filosofica indiana Samkhya afferma che l'universo proviene dalla materia permanente e primordiale – ciò che chiamano prakriti, con i suoi tre costituenti universali, i tre guna – questa è la posizione di una causa statica o permanente. Ma altri, seguaci del dio creatore Ishvara, ad esempio, affermano che il cosmo viene all'esistenza attraverso la volontà di un essere trascendente. Tutte le religioni teistiche hanno una versione simile: Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Tutte affermano che Dio ha creato il sé [l'anima]. Quindi, il concetto di creazione è la loro risposta alla domanda "Da dove vengo?".
Ora, all'interno delle religioni teistiche, ci sono due punti di vista. Il primo è che esiste una sola vita [su questa terra,] questa vita: questo è il punto di vista del Cristianesimo, per esempio. L'altro è che ci siano molte vite, la reincarnazione: questo è il punto di vista indiano. Quindi, dal punto di vista indiano, Ishvara o Brahma creò l'anima con molte vite e ogni vita ha una forma leggermente diversa, a causa del karma. Pertanto, queste posizioni indiane accettano sia un creatore che la causalità. Il Cristianesimo parla solo di questa vita che è creata da Dio. Penso che questa sia un'idea molto potente e utile, credere in questo porta un forte senso di intimità con Dio. C'è più possibilità di seguire il desiderio di Dio, di amarlo e di aiutare il prossimo.
Una volta, quando visitai una comunità musulmana in Ladakh molto vicino al confine con il Pakistan, uno dei miei amici, un sacerdote musulmano locale, disse che un vero credente nell'Islam dovrebbe estendere il suo amore a tutti gli esseri creati da Allah, come farebbe con Allah stesso. Questo è simile al punto di vista buddhista di amare tutti gli esseri senzienti. Pertanto, in queste religioni teistiche in cui Dio crea l'anima, si avverte un sentimento di profonda vicinanza a Dio, e quindi un maggiore entusiasmo nel praticarne gli insegnamenti.
Esiste però un altro gruppo di religioni, che include i giainisti, i buddhisti e una parte dei Samkhya, che non accettano un creatore. Dicono che tutto avviene semplicemente a causa di cause e condizioni.
Abbiamo quindi una visione teistica e una non teistica riguardo all’origine dell’"io", e qui la posizione non teistica è quella dei giainisti, dei buddhisti e di una parte dei samkhya. Dal loro punto di vista, non c'è un inizio: esiste solo la legge di causalità.
Ora, non conosco la risposta precisa del Samkhya a questo proposito. Se la materia primordiale subisce continue perturbazioni, allora, poiché sia questa che il sé sono verità ultime, e gli altri ventitré fenomeni di cui parlano sono perturbazioni della materia primordiale, e il sé conosce la materia primordiale, allora la domanda è: "Il sé nasce dalla materia primordiale come qualcosa che si manifesta da essa o sono completamente separati?". In realtà, credo che affermino che sono completamente separati, ma qual è la relazione esatta?
Il Buddhismo, d'altra parte, rifiuta l'idea di un sé indipendente non solo dall'universo, ma anche dagli aggregati di corpo e mente. Afferma che il sé [che esiste convenzionalmente, il semplice "io"] è qualcosa che dipende dagli aggregati: dipende dal corpo e dalla mente.
Per quanto riguarda la sua origine, poiché il sé può esistere ed essere compreso solo in relazione o in dipendenza dagli aggregati, la questione dell'inizio del sé ci porta alla questione dell'inizio del continuum degli aggregati. Tutti abbiamo un corpo e una mente. Poiché la base per etichettare il sé è principalmente il continuum dell'attività mentale o della consapevolezza [individuale], la domanda è: "Esiste un inizio del continuum dell'attività mentale [individuale]?"
Ora, per quanto riguarda i fenomeni esterni, ci sono cause di ottenimento (nyer-len-gyi rgyu) e condizioni che agiscono simultaneamente (lhan-cig byed-pa’i rkyen). Una causa di ottenimento è quella da cui si ottiene l'effetto come suo successore e che cessa di esistere quando il suo successore sorge [come un seme che è la causa di ottenimento per una pianta], mentre le condizioni che agiscono simultaneamente aiutano la causa di ottenimento a produrre l'effetto [come il terreno, l'acqua e la luce solare che sono le condizioni che agiscono simultaneamente per una pianta].
La cognizione visiva, oltre a questi due fattori causali, richiede un oggetto esterno come condizione focale (dmigs-rkyen) per il suo sorgere, mentre i sensori visivi degli occhi sono ciò che viene chiamato la condizione dominante (bdag-rkyen). Un momento di cognizione necessita anche di una condizione immediatamente precedente (de-ma-thag rkyen) per realizzare la continuità della sua natura essenziale (ngo-bo) come consapevolezza. Così, per un momento di cognizione visiva, la condizione immediatamente precedente è il momento di consapevolezza immediatamente precedente. La mera cognizione mentale che prende come oggetto una forma ha come condizione immediatamente precedente il momento immediatamente precedente della mera cognizione visiva della forma. Ora, per quanto riguarda la cognizione concettuale di questa forma che segue la mera cognizione mentale di essa, essa necessita anche di un momento precedente nel suo continuum di coscienza come condizione immediatamente precedente. [Questa è la cognizione nuda mentale di quella forma.] Quella condizione immediatamente precedente è anche la causa che l'ha ottenuta? Credo di sì, ma non è così chiaro.
Le cognizioni nude sensoriali [e nude mentali] sono cognizioni della sola natura essenziale (ngo-bo) di qualcosa [il tipo generale di cosa qualcosa è, come il suo essere una forma visiva]. Non sono cognizioni della natura funzionale di qualcosa (rang-bzhin) [cosa qualcosa fa o come funziona]. Dopo questa [sequenza di] cognizione nuda [visiva e mentale] [di una forma], c'è una cognizione mentale concettuale [di quella forma], che la conosce attraverso una categoria di significato (don-spyi). Questa [sequenza] produce anche la cognizione concettuale [di quella forma] in termini di "me" e "mio". Quindi queste cognizioni concettuali hanno le loro cause di ottenimento.
La cognizione sensoriale nasce in risposta alle condizioni immediatamente circostanti, ma nel sonno profondo, senza sogni, la cognizione sensoriale non si manifesta invece quella mentale è presente.
Ora, nel tantra [anuttarayoga] parliamo di diversi livelli di sottigliezza della coscienza. C'è il livello chiaro della mente del sonno e ci sono pratiche per riconoscerlo. Questo suggerisce che abbiamo attività mentale anche nel sonno profondo. Nei Cinque stadi (Rim-lnga), il testo di Nagarjuna riguardante Guhyasamaja, e anche nei commentari e nei testi di Nagabodhi sull'argomento, troviamo una presentazione delle tre menti sottili creatrici di apparenze (snang-gsum) [congelamento dell'apparenza (snang-ba; apparenza, apparenza bianca), diffusione della luce (mched-pa, aumento, apparenza rossa) e soglia (nyer-thob; prossimo conseguimento, apparenza nera)] e i quattro vuoti (stong-pa bzhi) [vuoto (stong-pa), molto vuoto (shin-tu stong-pa), grande vuoto (stong-pa chen-po), tutto vuoto (thams-cad stong-pa). I primi tre vuoti sono livelli di attività mentale che corrispondono alle tre menti sottili creatrici di apparenze, mentre il vuoto totale corrisponde al livello più sottile dell'attività mentale, la mente chiara e luminosa (’od-gsal).]
Il quarto stato di vuoto, il vuoto totale, è preceduto [immediatamente] dai tre stati di vuoto precedenti. Queste tre [menti sottili che creano apparenze, i primi tre vuoti] sorgono [in sequenza] con la sequenza progressiva (lugs-’byung) [della dissoluzione dei livelli più grossolani di coscienza nella mente di chiara luce al momento della morte]. Sono seguite [in sequenza, dopo un periodo di mente di chiara luce] dalla sequenza inversa (lugs-ldog) [dei tre]. Una similitudine delle sequenze progressiva e inversa si verifica nel sonno ed è possibile riconoscerle. Lo stesso vale per il periodo del bardo tra la morte e la rinascita: una sequenza progressiva [di dissoluzione] si verifica anche [alla sua conclusione]. Quando la mente di chiara luce del bardo cessa, [allora, nell'istante successivo, con l'inizio della sequenza inversa,] si verifica la coscienza della nascita [al momento del concepimento].
Il punto è che ciascuno di questi diversi livelli di coscienza o mente ha la sua causa di ottenimento [da cui sorge come suo successore] e come afferma il Commentario di Dharmakirti sulla cognizione valida (di Dignaga) (Tshad-ma rnam-’grel, sanscr. Pramāṇavārttika): "La causa di ottenimento di una coscienza deve essere una coscienza". Quindi, possiamo comprendere molto bene questa affermazione da questa analisi di Guhyasamaja. Pertanto, la coscienza dell'esistenza di nascita [al momento del concepimento] ha come causa di ottenimento la mente di chiara luce del bardo.
Quanto alle scuole filosofiche indiane non buddhiste che affermano l'esistenza di vite precedenti e atman, parlano di un sé statico e immutabile che ottiene o si appropria di una nuova nascita e abbandona la vecchia. Usano la premessa dell'esistenza di vite passate e future per stabilire l’atman come agente e appropriatore [della rinascita]. Ma il Buddhismo rifiuta un sé o atman statico e immutabile, affermando l'esistenza di vite passate e future sulla base di un continuum [individuale] di coscienza. [Ciò deriva dal fatto che la causa di ottenimento di una coscienza, in altre parole il suo precedente momento di coscienza, cessa quando dà origine al momento successivo. Pertanto, poiché un continuum individuale di coscienza è non statico e cambia di momento in momento, anche il sé etichettato o attribuito a esso deve essere non statico.]
Il sé ha una fine?
Ora la questione se un sé abbia o meno una fine. [Alcune religioni teistiche affermano che] dopo la morte, aspettiamo un giudizio finale e poi andiamo in paradiso e all'inferno. Se andiamo in paradiso, suoniamo musica davanti a Dio e questo è molto bello. Il Buddhismo dice qualcosa di molto simile e parla anche degli inferni [ma li definisce entrambi come rinascite seguite da ulteriori rinascite]. Ora, non so se in quel tipo di spiegazione [teistica] ci sia davvero una fine del sé [quando raggiunge il paradiso o l'inferno]. Alcune tradizioni brahmaniche affermano che un sé individuale si fonde con il Grande Brahma, quindi questa è una vera fine o no? Anche questo non lo so. Alcune religioni non teistiche come il Giainismo accettano il moksha [la liberazione] e alcune delle loro scritture affermano che il moksha è come una sorta di paradiso che rimane lì per sempre.
Non conosco l'esatta posizione di queste scuole giainiste, ma nel Buddhismo ci sono due asserzioni. Una è che quando si raggiunge il nirvana [la liberazione], per il resto della vita il corpo continua [così come la mente e il sé, etichettati nel continuum di entrambi]. Questo è noto come "nirvana con rimanenza". Ma una volta che gli aggregati appropriati [di corpo e mente ] ottenuti dal karma precedente cessano al momento della morte, allora [con la fine del corpo] cessano anche il continuum della coscienza e il sé. Questo è il "nirvana senza rimanenza". Quindi a quel punto non c'è più alcun sé. [Il sé è giunto alla fine].
L'altra affermazione, vale a dire quella del Buddhismo mahayana generale, tuttavia, è che non vi è alcuna ragione per cui vi sia una cessazione della coscienza principale. I pensieri basati su una cognizione ingannevole e distorta giungono a una fine, poiché esiste una comprensione opposta che ne elimina la base. [La corretta comprensione e la cognizione distorta si escludono a vicenda e quindi non possono esistere simultaneamente in un singolo momento della mente.] Ma non c'è nulla di simile a questo che possa opporsi alla mente di chiara luce. Per questo motivo, le menti di chiara luce [individuali] non hanno fine, e quindi anche un sé che è etichettato in dipendenza da una mente di chiara luce non ha fine. Anche se le abitudini della cognizione ingannevole possono giungere alla fine, non c'è motivo per cui una mente di chiara luce debba finire. Pertanto, il Buddhismo ha due posizioni: una che un sé ha una fine e una che non ha fine.
Riepilogo
Negli ultimi tremila anni e più, diverse tradizioni religiose si sono sviluppate e hanno cercato di rispondere a queste tre domande. Tutte queste grandi religioni presentano due aspetti: un lato religioso e un lato filosofico, in altre parole, un aspetto che riguarda gli insegnamenti pratici per domare il cuore e il supporto filosofico per sostenerli. Fede e ragione devono procedere di pari passo in tutte le tradizioni. Il Buddhismo afferma che gli insegnamenti pratici rappresentano il lato del "metodo" e gli insegnamenti filosofici che li sostengono rappresentano il lato della "saggezza". Il lato pratico, come metodo, implica principalmente lo sviluppo di un desiderio [come il desiderio di poter aiutare tutti a superare la propria sofferenza].
A volte descrivo due categorie di religione: religione divina e religione senza Dio. Il Buddhismo è senza Dio. Da un punto di vista teistico e religioso, non è una religione autentica ma una forma di ateismo. Alcuni amici dicono che il Buddhismo è "un mezzo per arrivare a Dio", e quindi non è anti-Dio; mi correggono in questo modo.
Credo che nelle religioni teistiche il concetto fondamentale di religione sia Dio. Alcuni buddhisti sostengono che il Buddhismo derivi dal Buddha, ma Buddha Shakyamuni discendeva dall'essere un essere senziente limitato. Fino a Bodh Gaya, secondo l'opinione comune, era ancora un essere limitato. La tradizione sanscrita parla dei quattro corpi del Buddha, i quattro kaya, quindi è un po' diverso; ma la precedente tradizione pali afferma che la prima parte della vita del Buddha Shakyamuni fu quella di essere senziente limitato e che in seguito divenne un Buddha illuminato. Quindi, sebbene gli insegnamenti del Buddha provengono da un essere illuminato, tuttavia il Buddha stesso proveniva da un essere limitato. Quindi il Buddhismo proviene dal livello umano, non da un Dio. Se Dio è un essere pienamente illuminato, se affermiamo questo, allora il Buddha è come un Dio. Ma comunque proveniva dall'essere un essere limitato.
Il punto di vista e la teoria buddhisti si basano sulla realtà esistente. Prendiamo ad esempio le quattro nobili verità. La sofferenza e la sua causa: esistono nella realtà. La spiegazione dell'altruismo si basa sulla natura della realtà. Il concetto di nirvana si basa su questa. Alcuni testi buddhisti affermano: "Afferra la natura essenziale della realtà come base; sviluppa un metodo basato su quests come sentiero e, da questo, otterrai il risultato".
Quindi, distinguo la scienza o la filosofia buddhista dalla religione buddhista. A livello di scienza buddhista, non c'è discussione sulla valutazione morale ma solo l'indagine su ciò che è la realtà. Il modo per condurre questo tipo di indagine deve essere oggettivo e imparziale. Abbiamo bisogno di scetticismo, è molto importante. Il dubbio porta a interrogarsi e l'interrogarsi porta all'indagine e questo porta a risposte [oggettive]. Quindi, soprattutto nella tradizione sanscrita dell'università di Nalanda in India [seguita dal Buddhismo tibetano], c'è una grande enfasi sulla logica. Perché mettere in discussione le cose per praticare? Perché abbiamo bisogno di conoscere la realtà: la pratica deve essere basata sulla realtà, quindi l'indagine è importante.
Se la religione si basa solo su citazioni scritturali, allora non dipende realmente dal ragionamento. Possiamo citare passaggi scritturali, ma la validità della citazione deve essere stabilita dalla logica. Nel Buddhismo, parliamo di tre tipi di fenomeni: ovvi, oscuri ed estremamente oscuri. Quest'ultima categoria non può essere conosciuta direttamente con la semplice cognizione, né può essere conosciuta per inferenza logica ma solo affidandosi a una fonte di informazione autentica o a qualcuno con una conoscenza valida. [La validità di tale fonte di informazione deve essere stabilita dalla logica.]
La scienza buddhista, quindi, indaga la natura di ciò che esiste. Ciò che esiste ha due aspetti: il mondo fisico e il mondo mentale. La scienza moderna è molto avanzata nel campo dell'indagine del mondo materiale rispetto alla comprensione buddhista. Quindi è utile per i buddhisti imparare dalla scienza moderna. Ma per quanto riguarda i fenomeni della mente e della coscienza, la scienza moderna è solo agli inizi, nella fase di quella che chiama "scienza morbida". Dall'antica conoscenza indiana sulla mente – buddhista, giainista e induista – possiamo ricavare molte informazioni. Alcuni scienziati mostrano un desiderio di collaborare e questo è molto utile.