Domande sugli stadi di avanzamento e sul tantra

Nella nostra sessione precedente, abbiamo parlato degli ostacoli che ci impediscono di essere connessi agli altri, e della natura orribile del nostro comportamento. Prima di continuare, ci sono domande o argomenti che vorreste discutere?

La mia domanda riguarda gli scienziati, ad esempio, che parlano di qualcosa di fronte a un pubblico, e questi fatti che presentano potrebbero suscitare emozioni negative nella gente. Un esempio estremo è quello di Giordano Bruno, che nel XVI secolo fece arrabbiare molto le persone quando parlò di qualcosa che alla fine si rivelò essere vera, l’idea che le stelle fossero soli lontani che avevano i loro pianeti. Fu bruciato sul rogo per questo. In tal caso, sarebbe un’azione costruttiva parlare di qualcosa che è vera ma che allo stesso tempo potrebbe suscitare rabbia in altre persone, o è un mix di comportamenti costruttivi e distruttivi?

Dunque questo è un problema complesso, in effetti, se cominciamo ad analizzarlo. Da un lato, abbiamo la definizione di un comportamento di tipo distruttivo, ovvero un modo di agire, parlare, o pensare che è motivato da un’emozione disturbante – come la rabbia, l’avarizia, l’arroganza, la gelosia, o l’ingenuità. Se la persona stava semplicemente dando questa informazione con arroganza, per mostrare quanto fosse intelligente, allora ciò sarebbe distruttivo. O se lo stava facendo per far arrabbiare la gente, anche questo sarebbe distruttivo.

Tuttavia, quando parliamo dell’ingenuità, l’ingenuità che sta alla base dei comportamenti compulsivi sia distruttivi che costruttivi, la persona probabilmente aveva anche una buona motivazione; ad esempio voleva aiutare le persone, istruirle e informarle, eccetera. Tuttavia, anche se non si trattava di una manifestazione dell’ego – per dimostrare quanto fosse intelligente – è possibile che era ingenuo su come il pubblico avrebbe risposto. Non saper distinguere tra ciò che sarebbe appropriato o inappropriato per un pubblico – questa è ingenuità. Forse la persona non sapeva nemmeno quale fosse il livello del pubblico o come avrebbero risposto – spesso capita così. La gente non è pronta, nella gran parte dei casi, ad affrontare fatti obiettivi, come le statistiche.

Il mio assistente, ad esempio, adora le statistiche e non importa quello che facciamo, spesso cita statistiche e fatti obiettivi. Ogni decisione che dobbiamo prendere si deve basare sull’analisi statistica, e vi confesso che spesso divento impaziente e irritato con lui che cita statistiche tutto il tempo; fortunatamente, non è qui al momento. E sebbene potrebbe aver ragione – non controllo le sue statistiche – ciononostante dobbiamo analizzare la nostra irritazione se facciamo parte del pubblico. E questo è molto interessante.

Questa irritazione potrebbe essere dovuta al fatto che “Non voglio sentire questo”, perché distrugge quello in cui credevo, che si basava semplicemente su “Io la penso così”, che ovviamente non ha alcun fondamento. Dobbiamo anche considerare il fatto che non tutti operano partendo da una base razionale, perché ci sono anche principi emotivi e irrazionali alla base del comportamento delle persone, malgrado le statistiche possano dire: “Le persone agiscono in questo modo, o in quel modo”. L’abilità del relatore, in questo caso, consiste nell’utilizzare un tono di voce appropriato. Non dovrebbe essere un tono di voce che trasmetterebbe “Sei stupido, perché le statistiche dicono questo e quest’altro”. Questo ovviamente provocherebbe irritazione e rabbia nella persona che ascolta; andrebbero molto sulla difensiva. “Le statistiche dicono questo e quest’altro” – una presentazione simile di fatti statistici irriterebbe chiunque.

Ecco perché una della grandi caratteristiche o qualità di un Buddha consiste nei metodi abili. Un Buddha sa come presentare i fatti a piccole dosi, secondo ciò che la gente è pronta a capire, e con un meraviglioso tono di voce e metodo per spiegarlo, che non mette le persone sulla difensiva. Ma questo è molto difficile da fare. Quindi presentare i fatti in sé e per sé non è né costruttivo né distruttivo. Tutto dipende dalla motivazione e dal modo in cui ci si pone – i metodi abili che vengono utilizzati.

Il termine “rifugio” viene da lei solitamente tradotto come “direzione sicura”. Sono queste traduzioni della stessa parola per “rifugio” e “direzione sicura”, e in tal caso per favore potrebbe mostrarci come tradurlo?

 Io traduco rifugio come “direzione sicura” principalmente perché ha questa connotazione. Non è una traduzione letterale. La parola stessa, “sarana” in sanscrito, o “kyab” in tibetano, significa ‘protezione’. La sfida del traduttore sta nel fatto che l’espressione con cui viene utilizzata è, letteralmente, “andare verso la protezione”, che è molto strano da dire nelle nostre lingue. “Prendo rifugio” è come si dice solitamente, e penso che sia comunque un’espressione un po’ strana in inglese [e in italiano, N.d.T.]. Non sono sicuro come sia in russo. Cioè, mi è sempre sembrato come se andassi verso qualcosa, come se andassi al negozio a comprare il latte. In altre parole, è come se andassi dal Buddha, e quindi il Buddha mi darà qualcosa, un rifugio. Tuttavia, questa non è un’azione passiva; il rifugio non s’intende come qualcosa di passivo.

Inoltre abbiamo il rifugio causale e risultante. Il rifugio causale è in coloro che hanno ottenuto l’illuminazione – il Buddha, il Dharma, e il Sangha; l’hanno raggiunto e offrono una direzione sicura. Poi c’è il rifugio risultante, dove noi, come persone comuni, “prendiamo rifugio” nel nostro stesso conseguimento del Buddha, del Dharma, e del Sangha, che ancora non è avvenuto. La nostra realizzazione della buddhità non è ancora avvenuta, ma ‘ciò che non è ancora avvenuto’ esiste come un fenomeno d’imputazione sulla base delle cause per esso. Queste cause daranno origine alla nostra illuminazione quando tutte le condizioni e l’accumulo della forza delle cause, e così via, sono complete, ma queste cause hanno il potenziale di dare origine alla nostra illuminazione. Queste cause fanno riferimento ai nostri fattori della natura di Buddha. Ecco perché comincio sempre prostrandomi a coloro che hanno ottenuto l’illuminazione, alla nostra illuminazione futura che puntiamo a raggiungere, e alla nostra stessa natura di Buddha che ci consentirà di raggiungerla. Tale modo di impegnarsi nel rifugio e nelle prostrazioni si basa su questa analisi del rifugio causale e risultante.

Come posso andare verso la mia illuminazione futura, che non è ancora avvenuta, o verso i miei fattori della natura di Buddha, ma senza fare nulla per raggiungerli o attivarli? Mi daranno protezione da soli senza che io debba far nulla, sottomettendomi soltanto al loro potere? Sono i miei salvatori? Questo non è Buddhismo. Non ha alcun senso prendere rifugio in loro come se fossero i nostri salvatori. Ricordatevi che il rifugio ha la connotazione della protezione. “Andiamo nella loro direzione” sembra funzionare meglio con la connotazione corretta.

Andando verso la loro direzione, proteggiamo noi stessi. Questo è il significato della parola “Dharma”, qualcosa che ci aiuta ad evitare di causare sofferenza  a noi stessi. È qualcosa che ci aiuta ad evitarla – come fare attenzione quando si attraversa la strada, guardando in entrambe le direzioni per evitare che una macchina ci investa. È questo ciò che significa la parola “Dharma” – una misura preventiva, qualcosa che ci evita [di soffrire]. Dharma letteralmente è una parola sanscrita che significa “trattenere” – impedisce che accada qualcosa.

Questa è la mia argomentazione per utilizzare “andare nella direzione”. Inoltre, è una direzione sicura e positiva; sicura nel senso che ci impedisce, ci evita, di creare maggiori sofferenze per noi stessi. Ho inventato questa nuova terminologia basata sulla mia esperienza per cui molte persone tendono a fossilizzarsi nello studio del Dharma a causa della terminologia, e molti non esplorano veramente il significato dei termini. Poi ovviamente il mio assistente direbbe: “Bè, quali sono le statistiche per questo?” Ma non ho statistiche; è semplicemente che la penso così. Quindi – lo confesso – penso sia così sulla base della mia esperienza e le poche persone con cui ho parlato, il fatto che non fanno nessuna indagine dei termini. Non ho statistiche per provarlo. Ha ragione a chiederlo, ma comunque io la penso così.

A volte sento che tutto sta andando bene – tutto va bene con la famiglia, a lavoro, eccetera. Si ha il senso di essere arrivati in cima alla montagna, e l’unica strada è andare giù. Cosa consiglierebbe in questo caso a una persona simile, per cui l’unica strada è andare giù?

Beh, questo non vuol dire necessariamente che dopo un successo l’unica opzione sia quella di andare giù. Se stiamo parlando di un sentiero per l’illuminazione, o un sentiero per la liberazione, ad esempio, questo porta a uno stato che una volta ottenuto rimarrà stabile, non c’è modo di cadere. Con questo risultato otteniamo un vero arresto, la terza nobile verità. È il vero arresto di tutte le cause per tornare giù, quindi non c’è possibilità di regredire. È davvero difficile convincersi di questo, perché si basa sulla comprensione della naturale purezza della mente – che per sua natura non è macchiata o adulterata dalle cause dei problemi.

Uno dei voti lungo il sentiero è di non essere mai soddisfatti della nostra comprensione. Dobbiamo sempre andare avanti fino alla liberazione e all’illuminazione in modo tale da uscire per sempre dal samsara. Vogliamo farlo perché una delle caratteristiche del samsara, l’esistenza che si ripete in maniera incontrollabile, è che le nostre circostanze vanno ripetutamente su e giù. Le cose possono andare davvero molto bene per molto tempo, e potremmo pensare: “Beh, sono proprio riuscito a superare la rabbia”, e poi improvvisamente qualcuno entra nella nostra vita che è la persona più irritante che potremmo mai immaginare. Poi, all’improvviso, dopo molti anni di pratica del Dharma, cominciamo ad arrabbiarci con questa persona. Ve lo posso dire per esperienza personale, questo accade. L’unico modo per affrontarla viene spiegato negli Otto versi dell’addestramento mentale. Questo consiste nel considerare la persona come un tesoro – è entrata nella nostra vita per insegnarci questo – anche se pensavamo davvero di aver ottenuto qualcosa, ma abbiamo ancora molta strada da fare. Un buon esempio è il mio ragazzo delle statistiche – tutti i miei punti di vista, le mie politiche, ogni cosa che facevo, dovevo provarla con le statistiche, ed eccomi qui senza nessuna statistica, semplicemente “la penso così”. E mi sono molto infastidito, ma lui stava agendo come il mio grande insegnante – molto utile.

Ci sono esempi di persone che hanno raggiunto questo stato mentale per cui nessuno è in grado di infastidirle? Esistono queste persone nel mondo di oggi?

Beh, Sua Santità il Dalai Lama dice che si infastidisce ancora. E penso che sia probabilmente la persona più evoluta del mondo di oggi. Tuttavia, lui dice di sentirsi infastidito solo per alcuni secondi, e poi gli passa. Penso che questa sia la direzione verso cui vogliamo andare – che la nostra irritazione duri per pochi secondi, e poi alla fine la supereremo sempre più velocemente.

Pensateci; questo ha molto senso. Da tempo senza inizio – un tempo davvero molto lungo, per sempre – abbiamo accumulato le abitudini dell’ignoranza, della rabbia, eccetera. Queste sono abitudini davvero forti che ora hanno un sacco di potere dietro di loro. D’altro canto, quanto forti sono le nostre abitudini della pazienza, dell’amore e della saggezza, eccetera? Sono molto deboli se le paragoniamo alla rabbia e all’ignoranza senza inizio. Con tutta la nostra pratica – ora torniamo alla neuroplasticità – stiamo cercando di accumulare abitudini positive sempre più forti e indebolire quelle negative. Tuttavia, cancellare completamente quelle negative è molto difficile. Tutto quello che possiamo fare è di renderle gradualmente sempre più deboli, e rafforzare a poco a poco e sempre di più le abitudini positive. È un processo molto graduale.

All’inizio è molto utile cercare di evitare le condizioni, le circostanze, che attivano le abitudini negative. Ecco perché Togme Zangpo dice nelle 37 Pratiche del bodhisattva che quando è troppo difficile rimanere dove siamo cresciuti o abbiamo vissuto, e tutti ci fanno arrabbiare oppure ci attacchiamo a loro eccetera, è importante andarsene per un po’. Facendo così evitiamo le circostanze che innescano questi schemi comportamentali negativi. Così lavoriamo per rafforzare le abitudini positive. Ovviamente, questi schemi che si ripetono incontrollabilmente si manifesteranno dovunque andremo, ma tuttavia abbiamo quest’opportunità in un nuovo posto di dare maggiore enfasi alla generazione di abitudini positive. Tuttavia, quando raggiungiamo un certo livello di stabilità, dovremmo tornare indietro nelle situazioni difficili. E così controlleremo: quanto progresso abbiamo fatto effettivamente? E vogliamo essere messi alla prova, perché questo ci mostra il lavoro che dobbiamo ancora fare. Però ci vuole molto coraggio per fare così. I tibetani traducono ‘bodhisattva’ in tibetano aggiungendo una sillaba che vuol dire ‘eroe, coraggioso’.

Ci vuole molto coraggio per affrontare le nostre emozioni disturbanti e il comportamento distruttivo, e non possiamo accontentarci semplicemente se stiamo riuscendo a tenerli un po’ sotto controllo; dobbiamo davvero perseverare e andare più in profondità. La parola sanscrita per perseveranza è ‘virya’, che è connessa a ‘vira’ che significa ‘un eroe’. È anche connessa alla nostra parola inglese ‘virile’ (e italiana, N.d.T.), sapete, ‘forza virile maschile’. Fondamentalmente, ci vuole un eroico coraggio per perseverare e non mollare. Quindi non mollate! Solo perché le cose stanno andando bene non significa che nessuno entrerà nella nostra vita per metterci di nuovo alla prova. Quando verranno, accoglieteli.

Ho una domanda sul sutra e il tantra. Il sutra è il sentiero delle cause mentre il tantra è il sentiero dei risultati. Da un punto di vista, è possibile raggiungere l’illuminazione tramite la pratica del sutra, e sono necessari tre eoni incalcolabili. Ma allo stesso tempo, nelle opere di Lama Tsongkhapa si dice che praticando il tantra, è possibile raggiungere l’illuminazione in tre anni e tre fasi della luna, e che senza il tantra, è impossibile raggiungere l’illuminazione. Come possiamo comprendere questo punto?

È davvero un problema, nel Buddhismo devo dire, che riguarda il settarismo interno. Ciascun sistema di principi dirà: “Attraverso la nostra comprensione, otterrai la liberazione”, oppure “Tramite la  nostra comprensione raggiungerai l’illuminazione”. Poi, il sistema di principi successivo dice di essere più profondo – non sulla base di statistiche, ma per l’idea che “questo è più profondo”. Quindi dice che “Beh, non puoi arrivare fino alla fine con il sistema precedente, è un passo lungo la strada, ma per andare più in profondità, hai bisogno di questo”, ovvero hai bisogno della loro conoscenza. Abbiamo questi sistemi di principi nel Buddhismo, e persino nei sistemi di principi Mahayana, abbiamo il sutra e il tantra. E all’interno del tantra, ci sono classi differenti e tutti sostengono di poter raggiungere, nei sistemi Mahayana, l’illuminazione attraverso il loro “livello di comprensione”; ecco perché mi sembra ci sia un po’ di settarismo interno.

È molto difficile comprendere questi insegnamenti tramite statistiche. Il mio caro assistente mi ha fatto il lavaggio del cervello per farmi credere nelle statistiche, e dove sono le statistiche che dicono: “Con la comprensione Chittamatra, possiamo arrivare solo a questo punto, e se vogliamo andare avanti abbiamo davvero bisogno del Madhyamaka? Tsongkhapa fondò le sue conclusioni sulle statistiche o semplicemente sulla logica e la sua esperienza? Non lo so.

Se prendete Shantideva, lui sottolinea che i sistemi Hinayana dicono che, tramite la comprensione dell’impermanenza e le quattro nobili verità, potete ottenere la liberazione. Shantideva inoltre evidenzia come tale comprensione elimini le emozioni disturbanti grossolane, ma che rimangono ancora quelle sottili. Questo è uno dei test per vedere se una comprensione ci ha portato alla liberazione: dobbiamo esaminare noi stessi per vedere se abbiamo davvero raggiunto un vero arresto delle emozioni disturbanti o se sono ancora presenti.

In termini di sutra e tantra, Tsongkhapa disse che la visione Prasangika – nel modo in cui l’ha compresa, che è completamente diverso dal modo in cui tutti gli altri l’avevano compresa poiché Tsongkhapa era un incredibile rivoluzionario e la sua visione divenne la visione Gelugpa del Prasangika – questa visione Prasangika è comune sia al sutra che al tantra; non c’è nessuna differenza tra le due. In effetti, la visione è esattamente la stessa per ottenere la liberazione o l’illuminazione. Nessuno aveva detto questo prima; lui disse che abbiamo bisogno esattamente della stessa comprensione per ottenere la liberazione e l’illuminazione con entrambi i sentieri del sutra e del tantra.

Per quanto riguarda la necessità del tantra, stava parlando dell’anuttarayoga tantra, la classe più elevata del tantra, non le altre classi del tantra. Tsongkhapa disse che una volta raggiunto il decimo bhumi, il decimo stadio del bodhisattva, poco prima dell’illuminazione – a quel punto abbiamo bisogno di accedere alla mente di chiara luce con la nostra cognizione non concettuale della vacuità per eliminare i livelli più sottili delle oscurazioni che impediscono l’onniscienza. Per fare questo, abbiamo bisogno dei metodi dell’anuttarayoga.

Di nuovo, se ci sono statistiche per sostenere tutto questo, non ne ho idea. Ciononostante, in termini di teoria ha senso. L’illuminazione avverrà automaticamente? Dobbiamo effettivamente praticare i metodi dell’anuttarayoga per raggiungere realmente l’illuminazione? Di nuovo, non lo so.

Inoltre Kedrup Je, uno dei discepoli di Tsongkhapa, sottolinea come tutti i sistemi dell’anuttarayoga tantra siano uguali nell’essere in grado di portarci all’illuminazione. Non è che uno sia meglio dell’altro, che uno ottiene un’illuminazione migliore dell’altro, sebbene ciascuno dirà, “Siamo il re di tutti i tantra”, oppure “Siamo il migliore”. Queste affermazioni vengono fatte per incoraggiare la gente, ma ciò non significa che un sistema sia migliore dell’altro; che ad esempio Kalachakra sia meglio di Guhyasamaja.

Torniamo all’argomento dei sutra, e questo è il punto che stavo per fare prima, ovvero che da tempo senza inizio abbiamo queste abitudini negative, mentre quelle positive sono molto deboli. Anche se otteniamo una comprensione intellettuale corretta della vacuità, ciò da sola non ci libera. In effetti, non c’è alcun modo di poter ottenere persino la cognizione non concettuale della vacuità semplicemente in base alla comprensione intellettuale. Per fare questo, abbiamo bisogno di una quantità eccezionale di forza positiva – una forza positiva che proviene dal nostro sviluppo della rinuncia, del bodhichitta, eccetera. Se confrontiamo la nostra accumulazione senza inizio di abitudini negative con poche ore di meditazione su abitudini positive, ovviamente non ci libereremo di quelle negative con una pratica così esigua.

Seguendo questa linea di pensiero, allora ha perfettamente senso che avremo bisogno di tre zilioni di eoni in cui accumuliamo forza positiva per le abitudini positive, che è un tempo piuttosto ridotto per superare le nostre abitudini negative se lo confrontiamo al tempo senza inizio in cui abbiamo accumulato la loro forza negativa. Di quanta forza positiva abbiamo bisogno? Non è questo il punto. Il punto è che ci vuole una quantità enorme di forza positiva. Se pensiamo a questo processo in termini di accumulare “merito”, sembra come se prendiamo dei punti e allora vinceremo il gioco. Al contrario, la forza positiva è qualcosa di cui abbiamo bisogno per superare e annientare la forza negativa, che abbiamo accumulato da tempo senza inizio. In che altri modi potremmo sbarazzarcene? È arrogante pensare: “Beh, ho fatto 100,000 prostrazioni e quindi ora non mi arrabbierò mai più”. È molto arrogante, vero? Anche se abbiamo fatto le prostrazioni in maniera perfetta.

Il mio punto è che ci vuole molto coraggio per impegnarsi ad accumulare potenziale positivo per sempre – beh, non per sempre, ma dire “Per tre zilioni di eoni farò questo”. Non siate ingenui. Quando pensiamo di poter raggiungere l’illuminazione in una vita con l’anuttarayoga tantra, potremmo pensare: “Beh, se è così, non può essere così difficile”. Ma questo risultato non avverrà senza cause e non accadrà in questa vita se non abbiamo già accumulato una quantità incredibile di forza positiva in vite precedenti in modo tale che, in questa vita, possiamo fare gli ultimi passi. Sì, possiamo farcela in tre anni e tre fasi della luna come viene detto nel Kalachakra, ma è qualcosa di simbolico. Giungere a tale livello della mente di chiara luce con una cognizione non concettuale della vacuità non è un compito semplice. Dobbiamo avere una forza positiva straordinaria. Sì, possiamo fare il ngondro, le pratiche preliminari, ma è solo una goccia nel mare in termini dell’ammontare di forza positiva di cui abbiamo bisogno per superare queste abitudini negative senza inizio.

Quindi cosa si dovrebbe fare durante questi tre anni e tre cicli della luna?

I testi del Kalachakra dicono: “Puoi ottenere l’illuminazione tramite l’anuttarayoga tantra in appena tre anni e tre fasi della luna”. Cosa significa? Questo si dice anche in altri tantra, ma la ragione per cui si dà questo numero è perché proviene dal Kalachakra. Nel corso di un giorno, il flusso del respiro si alterna per dodici volte tra l’andare principalmente attraverso la narice destra e attraverso la narice sinistra. Quando fa il passaggio da una narice all’altra, un respiro, chiamato un respiro di consapevolezza profonda, entra nel canale centrale. Se consideriamo una durata della vita di cento anni, il numero di respiri che entrerebbero nel canale centrale durante questo tempo sarebbe 21,600. Pertanto, considerando questo stesso numero – il Kalachakra adora avere tutte queste corrispondenze di numeri – se, una volta ottenuta la cognizione non concettuale della vacuità con una mente di chiara luce, impiliamo 21,600 gocce di ciò che si chiama “beatitudine immutabile” nel nostro canale centrale con una mente del genere, allora otterremo l’illuminazione.

Il numero è lo stesso di questo numero dei respiri di consapevolezza profonda. Se prendessimo questo numero di momenti dei cosiddetti respiri di consapevolezza profonda, e li allineassimo consecutivamente, come se li avessimo in ciascun momento, la quantità di tempo che coprirebbe è tre anni e tre fasi della luna. Sulla base di tale simmetria, Si dice che possiamo ottenere l’illuminazione attraverso l’anuttarayoga tantra entro tre anni e tre fasi della luna – questo però non s’intende in senso letterale. Sì, se impilassimo 21,600 gocce di beatitudine immutabile, consecutivamente per ciascun momento, per tre anni e tre fasi della luna, sì, raggiungeremmo l’illuminazione; ma ricordatevi che questo inizia soltanto una volta che abbiamo raggiunto la mente di chiara luce con la cognizione non concettuale della vacuità.

Dobbiamo comprendere il significato di tutti questi numeri, e perché ci sono tutti questi numeri. Così saremo in grado di capire che dobbiamo impegnarci tantissimo, in ogni caso. Tuttavia si dice nel sistema anuttarayoga di Guhyasamaja che quando raggiungiamo la cosiddetta fase della “mente isolata”, se abbiamo praticato l’anuttarayoga tantra con una visione Chittamatra, passeremo automaticamente ad una visione Prasangika. Questo perché diventerà così evidente dalla nostra pratica come l’esistenza delle cose possa essere spiegata per mezzo dell’etichettatura mentale. Tramite la nostra pratica, giungeremo automaticamente a questa realizzazione. Sostanzialmente la nostra visione cambierà in automatico.

Questo mi fa pensare se, quando raggiungiamo il decimo bhumi mediante i metodi del sutra e comprendiamo che, per ottenere l’illuminazione, avremo bisogno di raggiungere una mente di chiara luce con la cognizione non concettuale della vacuità che abbiamo già, a che punto dello stadio di completamento dovremmo incominciare? O dovremmo tornare allo stadio di generazione per accumulare le cause per ottenere i Corpi delle Forme di un Buddha? Non lo so. Queste sono buone domande da fare a Sua Santità il Dalai Lama, o qualcuno come lui.

Ad esempio, dal punto di vista Prasangika, uno shravaka arhat dovrà tornare al sentiero del vedere se prosegue lungo il sentiero dei bodhisattva dopo essere diventato un arhat. Qual è il caso di un bodhisattva nel decimo bhumi del sutra che continua con l’anuttarayoga tantra per sbarazzarsi di quei più sottili oscuramenti che impediscono l'onniscienza?

Siamo finiti nella teoria molto, molto avanzata, ma tornando alla nostra esperienza pratica, la domanda è: a che punto iniziamo la nostra pratica tantrica? Quanto dobbiamo progredire sul sentiero del sutra prima di entrare nel tantra? È questa la domanda di fondo, vero? Potremmo aspettare fino a quando non saremo progrediti davvero tanto prima di cominciare il tantra, ma a che punto lo faremo? Vogliamo evitare di entrare nel tantra prematuramente, prima di avere una buona base nel sutra. Queste sono domande molto importanti.

Tutto questo ci fa tornare al lam-rim. Potremmo studiare il lam-rim nella maniera tradizionale, non avendo nessuna idea dell’argomento successivo – cominciamo semplicemente al livello iniziale, senza avere nessuna idea del livello intermedio e avanzato. Tuttavia, al giorno d’oggi, c’è troppa informazione disponibile; la gran parte di noi ha letto qualcosa sul lam-rim, quindi conosciamo il potenziale del sentiero. Per via di questo, possiamo quindi pensare in termini di “OK, punto all’ambito avanzato, sto puntando al Mahayana e pertanto mentre mi impegno nell’addestramento dello scopo iniziale, qual è l’importanza di questo ambito iniziale? Come si applica per raggiungere l’ambito avanzato, il Mahayana?” Pensando così, stiamo sempre mantenendo il resto del sentiero in mente. Ovviamente, per aiutare gli altri – è così che sto affrontando questo argomento – dobbiamo smettere di agire in maniera distruttiva. Inoltre vogliamo smettere di agire in maniera distruttiva non soltanto perché agire in quel modo ci danneggia, ma anche perché smettere di agire in quel modo aiuta gli altri – teniamo a mente questo obiettivo.

Qual è il vero significato della pratica del tantra, se il tantra è ciò a cui stiamo puntando, perché è così ben noto ora; particolarmente, l’anuttarayoga tantra, la classe più elevata? Qual è l’essenza del tantra? È essere in grado di visualizzarci con un sacco di braccia? E quindi? È questo lo scopo ultimo di tutte le nostre pratiche? No! L’essenza dell’anuttarayoga tantra è di trasformare il processo di morte, bardo, e rinascita per accedere, in modo simile, alla mente di chiara luce. Inoltre, ci consente di generare i Corpi della Forma di un Buddha – invece che le forme del bardo e della rinascita – le forme Sambhogakaya e Nirmanakaya. Fondamentalmente, è questa l’essenza del tantra.

Se abbiamo un’idea generale di tutto il sentiero – stiamo puntando a questo, fin dall’inizio – allora cominceremo dall’ambito iniziale del lam-rim. Se, tuttavia, non crediamo alla rinascita, se davvero non cominciamo a considerarla seriamente, allora trasformare la morte, il bardo, e la rinascita è una sciocchezza totale. Quindi dobbiamo davvero cominciare a pensare a tutto questo, ed esaminare cosa sia la rinascita. E poi, con l’ambito iniziale di base, se agiamo in modo dannoso comprenderemo che otterremo rinascite peggiori, e non vogliamo questo. Al contrario, vogliamo liberarci da tutto questo problema della rinascita, vogliamo trasformare questo processo. Allora proprio dall’inizio stiamo lavorando con questo obiettivo in mente, il quale in effetti è ciò di cui si occupa il tantra.

Se vogliamo semplicemente migliorare le cose in questa vita – quasi tutti noi certamente cominciamo da qui – il nostro interesse nel Dharma si concentrerà sul voler rendere la nostra vita un pochino migliore. Questo obiettivo è assolutamente positivo, ed è ciò che io chiamo “Dharma light”. Non abbiamo bisogno del tantra per questo. Con tale obiettivo, non abbiamo davvero una mente aperta a sufficienza che possa sapere cosa stiamo facendo con queste visualizzazioni; e poi molto facilmente diventa una fuga in un regno di pura fantasia.

Quindi, con un approccio Dharma light, cominciamo, realisticamente, a pensare: “Voglio vedere in che modo il Dharma possa essermi d’aiuto in questa vita”. Benissimo. Il Dharma ha tantissime cose da offrire per questo. Tuttavia, se siamo interessati al tantra, il nostro approccio al Dharma deve essere reale – ciò che chiamo “il vero Dharma”,  e questo deve includere l’accettare la rinascita e tutte le cose in cui il tantra è coinvolto. Se siamo interessati al tantra, allora, come diceva sempre il mio maestro Serkong Rinpoche, beh, siate seri al riguardo. Non è un gioco. Siate seri e cominciate dall’inizio. Fondamentalmente, dobbiamo sapere che cosa stiamo per fare.

Scusatemi, non mi sono fermato più. Non in base a statistiche, ma semplicemente perché “Penso che questo sia di beneficio”. Forse è utile. Facciamo una pausa, e poi torniamo alla nostra discussione.

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