Gli aspetti fondamentali della pratica tantrica

Sommario

Ieri abbiamo parlato del significato del tantra, un eterno flusso di continuità. C'è un livello di base - il nostro continuum mentale con i fattori della natura di Buddha che includono le nostre reti di forza positiva e di profonda consapevolezza, la natura relativa e più profonda della nostra mente. Al livello della base danno origine alle nostre rinascite incontrollabili, il samsara. Al livello del sentiero, questi fattori della natura di Buddha non danno più origine alla rinascita e alle esperienze samsariche ordinarie, bensì a stati simili al risultato auspicato e ci aiuteranno a raggiungerlo, come per esempio gli yidam e la nostra comprensione della vacuità. Poi, al livello risultante, questi fattori della natura di Buddha si trasformeranno dando origine ai corpi illuminanti di un Buddha. Tantra significa continuità dei nostri fattori della natura di Buddha in ciascuno di questi tre livelli. 

La parola tantra ha anche la connotazione di telaio su cui si tessono insieme tutte le diverse intuizioni e comprensioni sviluppate nel sentiero dei sutra, in cui si pone l’enfasi sulle cause che porteranno ad ottenere i corpi di un Buddha, mentre nel tantra ci si concentra sullo stato simile al risultato - le cosiddette "purezze". Questo implica immaginare noi stessi già nella forma di Buddha con tutte le sue qualità, come l'influenza illuminata in grado di beneficiare tutti gli esseri. La parola è in una forma illuminata ed è rappresentata dai mantra, il nostro ambiente è puro come quello dei mandala, la nostra mente è pura in termini di comprensione della vacuità e di bodhicitta, il nostro modo di godere le cose è puro, senza alcun disturbo di attaccamento e così via. 

Nella pratica del tantra immaginiamo tutte queste purezze; immaginare di averle adesso è in accordo con bodhicitta, con la quale ci concentriamo sulla nostra illuminazione individuale non ancora accaduta, ma che può avere luogo sulla base di questi fattori della natura di Buddha. Quindi vogliamo rinunciare al livello di base del nostro corpo, parola, mente, ambiente, attività e modi di godere passando al livello puro del risultato attraverso il livello del sentiero. La vacuità della nostra mente, così come la sua natura convenzionale, permette questa trasformazione.

Tutti questi punti che abbiamo discusso si integrano e il tantra è un modo di tesserli l’un l'altro in modo in modo da permetterci di generarli nella mente in un attimo: questo è ciò che miriamo a poter fare con il raggiungimento dell'illuminazione.

Superare i dodici anelli dell'origine interdipendente

A livello di base sperimentiamo non solo la sofferenza della sofferenza - la nostra infelicità - e la sofferenza del cambiamento - la nostra felicità ordinaria che non dura e non soddisfa mai, ma anche e soprattutto il terzo tipo di sofferenza - la sofferenza onnipervasiva ovvero la nostra incontrollabile rinascita ricorrente con i cosiddetti cinque aggregati "contaminati". I cinque aggregati contaminati includono tutti i fattori mutevoli che compongono ogni momento della nostra esperienza e che sono la base per il nostro esperire i primi due tipi di sofferenza - la nostra infelicità ordinaria o felicità, per dirla in termini semplici. 

I nostri cinque aggregati sono "contaminati" dall'ignoranza: la nostra confusione sulla realtà, il nostro non sapere o fraintendere come le cose e noi esistiamo. Questa ignoranza genera un'ulteriore perpetuazione di questi aggregati, anch'essi contaminati dall'ignoranza. I dodici anelli dell'origine interdipendente descrivono come avviene questo processo ed è molto importante capire come funzionano, il che significa capire come funziona il samsara, che è ciò che miriamo a trasformare con il tantra. 

In termini dei dodici anelli, la nostra ignoranza porta alle emozioni disturbanti, che spingono gli impulsi karmici a commettere azioni basate su di loro, che poi imprimono uno strascico karmico sul nostro continuum mentale nell'aspetto delle nostre reti di forza positiva e negativa. Una parte di questo strascico karmico viene poi attivata da più emozioni disturbanti per "proiettare" quel continuum in un'ulteriore rinascita in cui quello strascico karmico matura non solo nel nostro corpo, parola e mente, ma anche nelle nostre attività di corpo, parola e mente, la nostra esperienza dell’ambiente e i livelli di felicità o infelicità che viviamo in ogni momento. Questi sono i fenomeni a livello della base che, con la pratica del sentiero del tantra, immaginiamo essere in forme pure e che, al livello risultante, sono nelle forme pure di un Buddha. L'intero processo di trasformazione nel tantra - in particolare nell’anuttarayoga tantra - comporta la trasformazione di questo ciclo di ripetizione di morte, bardo e rinascita che si verificano attraverso il meccanismo dei dodici anelli.

Se comprendiamo questo allora, con la classe più alta di tantra, invece di attivare questo strascico karmico che ci spingerà solo in un'ulteriore rinascita con un'altra base che porterà a sperimentare sempre più sofferenza, vogliamo concentrarci sulla vacuità con uno stato mentale beato e non con le nostre sensazioni ordinarie. In questo modo possiamo generare i corpi della forma di un Buddha grazie alla rete di forza positiva che è un fattore della natura di Buddha se lo abbiamo dedicato con bodhicitta alla nostra illuminazione. Dalla nostra rete di profonda consapevolezza raggiungiamo la mente dharmakaya di un Buddha. 

Il karma

Quando parliamo di strascico karmico e delle reti di potenziale positivo e negativo, può essere utile chiarire qualche possibile malinteso sul karma. Karma è spesso tradotto come “azioni”, probabilmente perché corrisponde alla parola della lingua parlata “azioni”. Se però lo prendiamo alla lettera, se il piantagrane di cui dobbiamo liberarci sono le nostre azioni, allora tutto ciò che dobbiamo fare è smettere di fare qualsiasi cosa e saremo liberi dalla sofferenza e dal karma. Questo ovviamente non è il significato corretto. 

Guardando le definizioni e le spiegazioni nei testi dei grandi maestri buddhisti indiani, vediamo che il karma si riferisce all’impulsività delle nostre azioni. Secondo una serie di commenti, il karma è strettamente uno stato mentale - l'impulso impellente che ci porta a pensare, parlare o agire compulsivamente sotto l'influenza dell'ignoranza e delle emozioni disturbanti. Secondo un'altra serie di commentari, è così per le azioni della mente ma per le azioni del corpo e della parola il karma si riferisce ai movimenti compulsivi fisici e verbali delle nostre azioni fisiche e verbali. In entrambi i casi, agiamo compulsivamente sotto l'influenza di emozioni disturbanti come avidità, attaccamento, rabbia, ostilità, confusione, chiusura mentale, ecc., che portano non solo a un comportamento compulsivo distruttivo ma anche costruttivo. L’impulsività è presente a causa delle precedenti tendenze e abitudini che abbiamo costruito. 

Per esempio, possiamo essere compulsivamente troppo buoni, il che è piuttosto nevrotico. È il perfezionismo, con cui ci sentiamo obbligati, per esempio, a pulire la nostra casa o a lavarci le mani più e più volte o a offrire aiuto a tutti anche quando non lo vogliono o ne hanno bisogno. Potremmo scrivere e non essere mai soddisfatti di ciò che scriviamo, apportando sempre correzioni senza mai riuscire a finire. Questa è l’impulsività del karma ed il problema: il karma, guidato dall'ignoranza e dalle emozioni disturbanti, determina il livello di base, il samsara, del quale ci sforziamo di purificarci con il tantra per raggiungere l'illuminazione. 

La mente o l’attività mentale

Quando si verifica il ciclo di morte, bardo e rinascita la mente attraversa diversi livelli: quello della morte è il più sottile, poi quello del bardo e, poi con la rinascita, la mente è al suo livello più grossolano. Con l'illuminazione la mente rimane sempre al suo livello più sottile. Ma cos'è la mente?

Quando parliamo della mente nel buddhismo non parliamo di una "cosa"; è molto più facile capirla se la concepiamo in termini di attività mentale. C'è una certa attività cognitiva che va avanti continuamente, momento dopo momento che è di solito definita come chiarezza e consapevolezza, e talvolta è aggiunta la parola "mera" che significa "solo". Diamo un'occhiata a ciascuno di questi termini.

La chiarezza è l'aspetto dell'attività mentale che dà origine all'aspetto mentale di qualcosa, un po' come un ologramma mentale. Questo è ciò che effettivamente accade con l'attività mentale anche da un punto di vista occidentale per esempio, con il vedere, abbiamo fotoni che arrivano e colpiscono le cellule fotosensibili sulle nostre retine che sono tradotti in impulsi elettrici e chimici, vanno in varie regioni del cervello e, in qualche modo, sorge quello che sperimentiamo come un ologramma mentale visivo, una vista. 

Il sorgere di un ologramma mentale, tuttavia, non è come il sorgere di un'immagine in uno specchio. C'è anche un aspetto cognitivo, un impegno cognitivo di sapere o non sapere cosa sia qualcosa, qualche emozione, un sentimento di felicità o infelicità, e così via. Questo è l'aspetto della consapevolezza dell'attività mentale.

Un sorgere mentale e un impegno mentale non sono due attività consecutive. Non è che prima sorge uno spettacolo e poi lo vediamo, o prima sorge un pensiero e poi lo pensiamo. Il sorgere e l'impegno sono un’unica attività, solo descritta da due punti di vista. C'è anche una componente energetica coinvolta nell'attività mentale che è chiamata "vento" nel linguaggio figurato del Dharma. Questo descrive l'attività mentale da un punto di vista energetico fisico. La base fisica grossolana del cervello, il sistema nervoso e così via, sono gli strumenti con cui si verifica l'attività mentale. 

La mente, quindi, è l'esperienza individuale e soggettiva di qualcosa che gli scienziati descrivono, da una prospettiva materiale, oggettiva, in termini di funzionamento del cervello. Le due descrizioni non sono contraddittorie. La parola "mera" o "solo" nella definizione si riferisce al fatto che solo questi aspetti sono coinvolti con l'attività mentale. Non esiste un "io" separato che lo fa accadere o che lo osserva accadere. La scienza sarebbe d'accordo.

La trasformazione dell'attività mentale

Durante il ciclo di morte, bardo e rinascita i diversi livelli di attività mentale che si verificano sono sostenuti da diversi livelli di energia-vento. Proprio come i venti energetici del livello più grossolano della mente sono i più grossolani, quelli del livello più sottile della mente sono i più sottili. Durante la morte, l'attività mentale e l'energia-vento sono quelli più sottili; durante il bardo, entrambi sono sottili e con la rinascita entrambi diventano grossolani. 

Questo livello grossolano di attività mentale e di energia-vento si verifica con la cognizione sensoriale - vedere, sentire e così via. Gli ologrammi mentali che sorgono allora sono costituiti di energia-vento grossolana. Il livello sottile di entrambi si verifica con la cognizione concettuale che avviene nel pensare, immaginare, visualizzare e sognare che sono presenti anche durante il bardo. Gli ologrammi mentali sono costituiti di energia-vento sottile; la mente più sottile, chiamata "mente di chiara luce", e il più sottile vento-energia si manifestano alla morte. Gli ologrammi mentali in questo momento sono costituiti di questa energia-vento più sottile. Quando rinasciamo ripetutamente attraverso il meccanismo dei dodici anelli, la nostra attività mentale e i venti di energia vanno ripetutamente su e giù, da grossolani a sottili e di nuovo indietro, guidati dall'ignoranza, dal karma e dalle emozioni disturbanti. Questo è il livello di base che vogliamo trasformare ed eliminare.

La differenza generale tra chiara luce e rigpa

Dal momento che molte persone si impegnano nello dzogcen vorrei sottolineare, per inciso, la differenza tra chiara luce e rigpa. La chiara luce è il livello sottile della mente con o senza le macchie dello strascico karmico, le abitudini e le tendenze dell'ignoranza e delle emozioni disturbanti. Queste macchie non fanno parte della natura essenziale della nostra attività mentale, sono temporanee e possono essere rimosse. 

Al livello della base, la mente di chiara luce che sperimentiamo alla morte ha ancora queste macchie temporanee e, nei livelli più avanzati le macchie sono parzialmente rimosse invece al livello risultante sono eliminate per sempre. Ma su tutti e tre i livelli, la natura essenziale della nostra attività mentale è pura: questo aspetto puro e non contaminato è rigpa, "pura consapevolezza".

Gli stadi di generazione e completamento dell’anuttarayoga tantra

Nella pratica vera e propria del tantra, nello specifico dell’anuttarayoga tantra, emuliamo questo processo di morte, bardo e rinascita: per la morte emuliamo l'arrivare al livello di chiara luce dell'attività mentale, che abbiamo descritto come l'andare giù per la scala del samsara fino al seminterrato. Una volta lì, non vogliamo risalire quella scala come normalmente faremmo per via delle nostre abitudini di ignoranza, attivando le tendenze karmiche che macchiano questo livello di chiara luce: per evitarlo ci concentriamo sulla vacuità con la nostra emulazione della mente di chiara luce. Fare questo ci permette invece di emulare il salire la scala del nirvana verso l'illuminazione. 

L’anuttarayoga tantra ha due fasi di pratica, lo stadio di generazione e lo stadio di completamento, a volte tradotto come "stadio dello sviluppo" o "di creazione" e la "fase completa". Nello stadio di generazione, che viene prima, non siamo effettivamente in grado di scendere al livello della chiara luce, quindi semplicemente immaginiamo di farlo. Inoltre, abbiamo solo un livello concettuale di comprensione della vacuità e solo un certo livello di bodhicitta non spontanea. Con la nostra simulazione di una cognizione della vacuità dalla chiara luce, immaginiamo di sorgere sotto forma di uno yidam simile al corpo della forma che vogliamo raggiungere. Questo di solito avviene in due fasi: prima in una forma semplice e poi una più complessa, come samboghakaya e come nirmanakaya.

Nello stadio di completamento gli strumenti sono pronti - ora abbiamo raggiunto uno stato congiunto di shamatha e vipashyana - per essere in grado di accedere e manipolare le energie sottili del nostro sistema di energia sottile - i chakra e i canali - in modo da poter finalmente accedere al livello di chiara luce della mente con una cognizione non concettuale della vacuità. Siamo allora in grado di generare un facsimile di un corpo della forma dai più sottili venti di energia, anche se abbiamo ancora bisogno di ottenere un vero arresto delle macchie che ancora oscurano la nostra mente di chiara luce.  

Tutto questo ha a che fare con la definizione di attività mentale che dà origine ad apparenze cognitive con un certo impegno cognitivo. Invece di originare apparenze ordinarie, vogliamo che originare una pura apparenza di una figura di Buddha, il suo mandala e l'ambiente circostante, non solo generando noi stessi nell'aspetto di queste pure apparenze basate sui potenziali dei nostri fattori della natura di Buddha per dare origine alla nostra illuminazione non ancora realizzata, ma anche immaginando tutti gli altri con queste pure apparenze divine, sulla base dei loro fattori della natura di Buddha. Vedete come, in questo modo, tutto questo si lega anche ad amore, compassione ed equanimità? 

Ci sono molti modi di farlo: i Sakya, per esempio, parlano dell'inseparabilità del samsara e del nirvana che si riferisce alla capacità del livello di chiara luce di dare origine sia all'aspetto samsarico che a quello nirvanico. Entrambi i tipi di apparenza hanno la stessa natura dell’essere un aspetto cognitivo, entrambi egualmente derivano dalla comune funzione creatrice di apparenze dell'attività mentale. Quando visualizziamo che tutto è puro intorno a noi non è che non possiamo attraversare una strada perché non vediamo le auto in arrivo. Quello che sperimentiamo è quasi come una sovrapposizione dove possiamo vedere sia il livello del samsara che quello del nirvana simultaneamente, e poi si tratta solo di dove poniamo l’enfasi; altrimenti non potremmo funzionare.

Come viene enfatizzato negli insegnamenti sulla vacuità, dobbiamo comprenderla come sorgere interdipendente: non si contraddicono a vicenda, la vacuità non ostacola la funzionalità delle cose ma piuttosto ne permette il funzionamento. Fare queste visualizzazioni non dovrebbe essere un metodo per spazzare via tutto ciò che accade intorno a noi; è un modo di vedere ciò che è possibile dal potenziale che hanno tutti e anche l’ambiente, non un sovrapporre la nostra visione abituale ma impossibile del modo in cui le cose esistono. 

In breve, nel tantra vogliamo un facsimile di ciò che accadrà nel livello risultante. Nella fase di generazione questo viene immaginato, nello stadio di completamento siamo in grado di far emergere qualcosa dalle energie più sottili. Inoltre, stiamo accumulando forza sempre più positiva non solo stando seduti lì a meditare ma facendo effettivamente qualcosa per aiutare gli altri, oltre ad immaginare che li stiamo aiutando. Non basta solo immaginare o visualizzare, dobbiamo anche agire.

La rinuncia

Attraverso una pratica ripetuta, costruendo un potenziale sempre più positivo e una profonda consapevolezza dedicati alla nostra illuminazione, alla fine saremo in grado di raggiungere lo stato illuminato di un Buddha in cui sono scomparse tutte le cosiddette "oscurazioni" che macchiano le nostre menti di chiara luce. Abbiamo ottenuto un vero arresto di tutti i diversi livelli sottili delle oscurazioni in modo che nessuna apparenza impura sorga di nuovo. Pensando a questo possiamo vedere molto chiaramente che la rinuncia fa parte dell'intero processo: dobbiamo rinunciare all'apparenza ordinaria e al processo di rinascita ordinario. "Rinuncia" - la parola tibetana, ngejung, significa diventare certi: per questo la traduco come determinazione ad essere liberi.

Per inciso, possiamo chiederci nel processo di sviluppo della rinuncia qual sia lo stato emotivo che l’accompagna. Ricordate, abbiamo cinque aggregati e questo significa che ogni stato mentale è composto da molti fattori. Che emozione deriva dalla rinuncia? A livello pratico possiamo sviluppare un po' di rabbia con noi stessi "Questo è così stupido, perché lo faccio?", possiamo sentirci disgustati e stufi di qualcosa. Questo è parte di esso tuttavia l’essere arrabbiati con qualcosa o con noi stessi sentendoci stupidi è un'altra emozione disturbante.

Per esempio, potremmo voler smettere di fumare ma ricaderci e prendere un'altra sigaretta sentendoci infastiditi, delusi e disgustati con noi stessi. Questa visione molto negativa di noi stessi non è uno stato mentale con il quale possiamo effettivamente sviluppare la rinuncia. Funziona in realtà il sentirsi annoiati "Sono stanco di arrabbiarmi, sono così stufo di preoccuparmi, di mangiare compulsivamente, ne ho abbastanza": rinunciamo a qualcosa per noia e per totale perdita di interesse, non per rabbia o disgusto. Questa è una svolta più naturale ed è interessante pensarvi e lavorarvi con la nostra esperienza, specialmente quando abbiamo questi problemi incontrollabili e ricorrenti del samsara.

Nel contesto del tantra, quindi, dobbiamo anche sviluppare la rinuncia - la determinazione ad essere liberi da tutte le apparenze ordinarie e dal nostro attaccamento ad esse. Per farlo, dobbiamo stancarci di dover risalire continuamente la scala del samsara ogni volta che moriamo, senza sapere in quale stanza samsarica finiremo. Dobbiamo perdere ogni interesse.

La trasformazione e la funzione delle forme di Buddha

Gran parte del tantra parla di trasformazione, specialmente dell'aspetto del corpo con cui sorgiamo dalla chiara luce. Come abbiamo visto, uno dei vantaggi del tantra è il concentrarci su noi stessi non nel nostro aspetto ordinario ma in quello di un Buddha. Con il nostro corpo ordinario non abbiamo un oggetto stabile su cui concentrarci, sentiamo questo e quel dolore mentre una forma di Buddha non cambia e non ha dolori: è un oggetto focale stabile su cui possiamo tornare a concentrarci quando le nostre menti vagano. 

È anche importante capire la funzione e il perché di queste forme di Buddha, piuttosto strane dal un punto di vista convenzionale. Perché dovremmo immaginarci con quattro, sei o ventiquattro braccia e tutti questi volti, gambe e tenere tutti questi strumenti rituali? 

Per comprendere queste forme dobbiamo guardare la descrizione dei corpi di Buddha in cui si trasformeranno. Questo è un altro esempio del fatto che il processo di apprendimento del Dharma è come ottenere i pezzi del puzzle: il nostro compito è di metterli insieme, più pezzi riusciamo a mettere insieme, più grande è l'immagine che otteniamo. Questi pezzi si adattano insieme in molti modi, non solo uno. Un altro pezzo del puzzle del tantra riguarda le funzioni dei corpi di Buddha: i corpi della forma adempiono gli scopi degli altri mentre il dharmakaya soddisfa i propri scopi.

Possiamo cominciare a pensare a questo nella cosiddetta "meditazione analitica", la quale ci porta molto lontano nella nostra comprensione e pratica – nell’analizzare, discernere e cercare di capire che cosa è la nostra pratica. Sua Santità il Dalai Lama dice sempre che la meditazione analitica è il tipo principale di meditazione da fare, e lui stesso la pratica. 

Abbiamo bisogno di concentrazione, è vero, ma non è l’aspetto principale che fa progredire lungo il sentiero bensì semplicemente uno strumento da sviluppare; non dobbiamo aspettare finché non otteniamo la concentrazione perfetta prima di poter ottenere la comprensione. La concentrazione deve avvenire con una certa comprensione, non è solo fine a se stessa. Anche un musicista o un atleta possono concentrarsi, così come un leone che insegue un'antilope e un bambino davanti a un videogioco. Tuttavia, la comprensione è ciò che elimina l'ignoranza. 

Vogliamo aiutare gli altri con questi corpi della forma e questa è l'unica ragione per immaginarsi in tale forma fisica: soddisfare i benefici e gli obiettivi degli altri. Sorgiamo in questa forma perché fornisce un metodo per gli altri per superare la sofferenza e raggiungere l'illuminazione. Questo è l’unico scopo e quello della nostra attività illuminata. Preferisco chiamarla "influenza illuminata" perché un Buddha non deve fare nulla ma, come il sole, esercita questa influenza illuminata in molti modi - per calmare le cose, per stimolarle a crescere, per ottenerne il controllo e per fermare con forza le azioni dannose. Questi sono i quattro tipi di influenza che vogliamo esercitare.

A proposito, è meglio tradurre il termine "visualizzazione" con immaginazione; infatti non è solo visiva ma coinvolge tutti i sensi e le emozioni. Immaginiamo di avere questa influenza illuminata e di avere tutte queste braccia, gambe e volti perché sono una rappresentazione grafica di tutto ciò che noi e gli altri vogliamo tessere insieme. Non ci generiamo nell’aspetto del corpo della forma di un Buddha per il nostro bene o per il nostro proprio beneficio, ma per quelli altrui. È qualcosa a cui pensare e poi non è così strano, in realtà. 

Proprio come noi, tutti possono trarre beneficio dalla meditazione di queste figure. Le persone sono diverse e dobbiamo essere in grado di avere figure diverse con diversi numeri di braccia, gambe e volti, perché ci sono così tante cose che devono essere intrecciate insieme. 

Per esempio, ci sono 37 fattori o pratiche che portano alla liberazione o all'illuminazione che sono divisi sui cinque sentieri, il sentiero dell’accumulazione o di costruzione e così via. Sono condivisi da Hinayana, Mahayana e tutte le scuole. Possiamo ricordarli visualizzando noi stessi come Vajrabhairava o Yamantaka con 34 braccia che, insieme a corpo, parola e mente, rappresenta questi 37 fattori. Con la pratica di Vajrayogini ci sono 36 dakini in un cerchio intorno alla divinità al centro, per un totale di 37. Questa forma grafica aiuta non solo noi ma anche gli altri. Anche gli altri avranno bisogno di queste 37 pratiche e, parallelamente, delle 37 pratiche del bodhisattva. Vogliamo presentarci in questa forma a beneficio degli altri in modo che possano usarla come metodo e, naturalmente, nel processo lo stiamo usando anche come metodo. Ricordate che con il tantra ci immaginiamo già al livello risultante, non al livello del sentiero, anche se il farlo è a livello del sentiero. Pensiamoci per qualche istante.

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