Commentario a "I tre aspetti principali del sentiero" - il Dalai Lama

Tsongkhapa spiega che la rinuncia, il bodhichitta e una corretta visione della vacuità sono i tre sentieri della mente essenziali per raggiungere l’illuminazione attraverso i veicoli di pratica del sutra e del tantra.

Introduzione

Poiché ci troviamo qui in un posto speciale, Bodh Gaya, dobbiamo stabilire una motivazione speciale: l’obiettivo di bodhichitta di ottenere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri. Questo deve essere completamente sincero. Il Buddha stesso ottenne la sua illuminazione per il potere del suo obiettivo puro di bodhichitta. Tutte le sue qualità e realizzazioni si fondarono su tale motivazione illuminante. Per raggiungere lo stesso risultato, abbiamo bisogno di pregare per sviluppare noi stessi il più possibile una mente simile e fare in modo che cresca sempre.

In questi ultimi giorni abbiamo accumulato qualche forza positiva (merito) attraverso questi insegnamenti. Continuiamo ora con I tre aspetti principali del sentiero di Je Tsongkhapa. Questi tre si riferiscono alla rinuncia, al bodhichitta, e ad una visione corretta della vacuità.

La rinuncia si basa sull’atteggiamento con cui allontaniamo completamente le nostre menti da tutti i desideri per il samsara, l’esistenza che si ripete in modo incontrollabile. Il nostro ottenimento della liberazione si basa sull’avere una simile rinuncia. Il bodhichitta è l’atteggiamento o l’intenzione di ottenere l’illuminazione per beneficiare tutti gli esseri limitati (esseri senzienti). La visione corretta della vacuità è la realizzazione dell’effettiva natura dimorante della realtà.

Per quanto riguarda la visione corretta o la comprensione della vacuità, della realtà, dell’esistenza non intrinseca, se è mantenuta da una mente della rinuncia, porta alla liberazione. Porta alla liberazione eliminando le oscurazioni che impediscono la liberazione, ovvero le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti, i fattori mentali che ci tengono legati nell’esistenza compulsiva del samsara. Se la comprensione della visione corretta della vacuità è mantenuta da una mente di bodhichitta, essa elimina anche le oscurazioni riguardanti tutto il conoscibile, e che impediscono l’onniscienza – ovvero le abitudini di afferrarsi ad un’esistenza vera e intrinseca. Rimuoverle porta all’ottenimento dell’illuminazione. Pertanto, una visione corretta della vacuità è il principale opponente che distrugge i due set di oscurazioni, ed è assistito dalla rinuncia oppure sia dalla rinuncia che dal bodhichitta.

Gli insegnamenti Hinayana implicano la rinuncia e la visione corretta della vacuità per raggiungere il loro scopo, la liberazione. Il Mahayana aggiunge ad essi il bodhichitta per eliminare tutte le oscurazioni completamente. Pertanto, i tre aspetti principali del sentiero – rinuncia, bodhichitta, e vacuità – incorporano l’essenza di tutti gli insegnamenti Hinayana e Mahayana.

I nostri famosi tantra, che hanno l’argomento profondo dei corpi sottili, venti-energia, canali-energia, e gocce-energia, hanno come base gli stessi tre aspetti principali del sentiero – la rinuncia, un obiettivo di bodhichitta estremamente forte, e una piena comprensione della vacuità per come è insegnata da Nagarjuna e dai suoi due figli spirituali. In aggiunta a questi, nel tantra noi impostiamo il nostro orgoglio o dignità sul potenziale di ciò che possiamo ottenere dai venti sottili e dalla coscienza. In questo modo, noi manteniamo la dignità di un Corpo della Forma o un Corpo di Dharma di Profonda Consapevolezza di un Buddha, oppure di entrambi. Sebbene non abbiamo effettivamente questi corpi di Buddha al momento della pratica, tuttavia in base al nostro forte obiettivo di bodhichitta di ottenere questo stato illuminato per beneficiare tutti gli esseri limitati, noi gradualmente diventiamo in grado di raggiungerli. Possiamo ottenerli attraverso le pratiche di mantenere la dignità di questi corpi di Buddha.

Pertanto, i tre aspetti principali del sentiero sono la base di tutti i sentieri del sutra e del tantra. In ogni caso, dobbiamo sempre cercare di seguire una pratica combinata di metodo e saggezza, cercare di aiutare gli altri, accumulare forza positiva, eccetera.

Questo testo particolare è piuttosto breve, solo alcuni versi. Lo studiai la prima volta con Tagtra Rinpoche e dopo con molti altri, compreso Trijang Dorjechang. Abbiamo bisogno di stabilire una motivazione appropriata per ascoltare questi insegnamenti. Se abbiamo un buon cuore come nostra motivazione, questa è la fonte di tutta la felicità. Se non abbiamo un buon cuore, e invece siamo orgogliosi, pretenziosi, eccetera, questo genera soltanto infelicità e inquietudine. Gli effetti in vite future, nel senso che saremo persone gentili e colte oppure degli esseri grezzi e rozzi dipenderanno dal nostro comportamento in questa vita. Anche se non accettiamo l’esistenza di vite future, ma abbiamo un buon cuore, o al contrario siamo grezzi e rozzi, avremo di conseguenza felicità o infelicità, ora.

Essere una persona buona e gentile

La cosa più importante è il nostro comportamento quotidiano. Anche se non ci fossero vite future, non c’è alcun danno nell’essere gentili; questo ci aiuta nelle nostre vite di ogni giorno. Se ci sono vite future, allora ancora di più trarremo beneficio dall’essere persone buone e gentili. Quindi siate gentili, buoni gli uni con gli altri, e non soltanto in teoria. Abbiamo bisogno di fare così in termini di persone e situazioni reali che incontriamo nelle nostre vite quotidiane. Questa è l’essenza del Dharma e non è difficile da seguire. Non è qualcosa che andiamo a comprare in un negozio, al contrario è qualcosa che pratichiamo noi stessi.

Osservate i cinesi, ad esempio. Sono oggetti appropriati per la nostra compassione. Non sanno cosa sia giusto o sbagliato; non conoscono le conseguenze delle loro azioni, quindi abbiamo bisogno di mostrare loro compassione. Voi stessi, noi tutti abbiamo bisogno di cercare di essere gentili e raffinati. Osservate quelli che bevono chang (birra), e alcol – questa è un’abitudine molto brutta. Diventano ubriachi, chiassosi, rozzi, scortesi, e creano molti disordini. Il Buddha disse che come conseguenza di bere alcol, spesso commettiamo molte azioni distruttive del corpo, parola, e mente. Pertanto non fa bene affatto bere alcol.

La stessa cosa è vera per il fumo. Sebbene il Buddha non l’abbia specificatamente bandito e gli insegnamenti del Buddha non menzionino nello specifico i suoi svantaggi, tuttavia come dicono i dottori occidentali, è estremamente pericoloso per la nostra salute. Se ci fosse qualche scopo particolare nel fumo, allora andrebbe bene. Ma se non ce ne fosse nessuno – ed è prevalentemente così, allora è meglio non fumare. La stessa cosa è vera per il tabacco da fiuto, eccetera – è meglio non usare affatto queste cose.

In questi modi, abbandonando queste abitudini rozze, diventeremo sempre di più una persona gentile, colta e raffinata. Più possiamo fare così e meglio è. Se vediamo altri gentiluomini e signore, dobbiamo gioire del loro esempio e cercare di diventare il più possibile gentili e colti. Capite? Siate sempre più consapevoli di essere gentili, colti, affettuosi, e di avere un buon cuore. Notate gli svantaggi di essere volgari, turbolenti, egoisti, e sgarbati. Dobbiamo sempre tenerlo presente. Se abbiamo un buon cuore, questo porta felicità, buona fortuna, salute, e pace mentale. Questo mi aiuta molto nei miei ragionamenti. Siamo tutti uguali; tutti noi vogliamo la felicità; e quindi tutti noi abbiamo bisogno di fare la stessa cosa: essere gentili e premurosi.

Notate quelli che stanno arrivando qui dal Tibet. Non insistono su tutte le difficoltà che hanno avuto negli ultimi vent’anni e non dicono “quanto siamo patetici” e non provano pena per loro stessi. Al contrario, sono giunti qui perché sono molto interessati al Dharma. Noi tibetani che stiamo vivendo qui inoltre non abbiamo bisogno di nutrire rancore verso i cinesi. Dobbiamo sentirci molto fortunati di avere l’opportunità di essere in India e di praticare il Dharma. Conosco molte persone che sono state oppresse dai cinesi, tenute prigioniere, e senza nessuna formazione buddhista diventarono matte per l’odio e la rabbia. Quindi è fondamentale non essere così arrabbiati, ma di essere raffinati e di cercare di coltivare un buon cuore. Farà un’enorme differenza al momento della nostra morte.

Pensate ad Hitler. Sebbene fosse così potente durante la sua vita, il suo odio prevalse su di lui e quando morì era così disperato e infelice da prendere del veleno, suicidandosi. Allo stesso modo Stalin morì con tantissima paura e Mao Zedong se ne andò in modo molto difficile. Pertanto è importante essere buoni ed avere un buon cuore per tutta la durata della nostra vita. Poi, quando moriamo, possiamo farlo in pace.

In tutte le nazioni che ho visitato, insegno esattamente lo stesso punto. Che io mi trovi in occidente o nell’Unione Sovietica, io dico a tutti di avere buon cuore, di essere amichevoli con tutti in modo imparziale: siate ugualmente amorevoli con tutti. Quando vado in vari posti, vedo gente di molte razze differenti, colori, nazionalità, religioni, e penso che siamo tutti esseri umani. Se passiamo un po’ di tempo a parlare con loro, scopriamo che tutti hanno gli stessi valori umani fondamentali. Tutti vogliono essere felici e nessuno vuole soffrire. Pertanto noi tutti dobbiamo cercare di essere felici e di avere un buon cuore.
 
Capite? Quello che sto dicendo non è difficile da comprendere, giusto? Mi seguite? Siate persone gentili. Siete venuti qui a Bodh Gaya e state ricevendo insegnamenti sul Dharma dal Dalai Lama. Questo è il mio messaggio principale, siate persone buone. Pertanto ora rizzate le orecchie come dei conigli e ascoltate gli insegnamenti sui Tre aspetti principali del sentiero (Lam-gtso rnam-gsum) di Je Tsongkhapa.

Caratteristiche speciali del testo

Tsongkhapa nacque nell’Amdo e studiò con molti maestri nelle province tibetani centrali di U e Tsang. Studiò sia il sutra che il tantra e divenne completamente realizzato. Scrisse diciotto volumi di insegnamenti che sono eccellenti, attingendo ampiamente dai vari testi e commentari indiani. Tsongkhapa rivolse questo testo specifico ad uno dei suoi discepoli più vicini, Ngawang Dragpa (Ngag-dbang grags-pa).

C’è una piccola differenza nello stile d’insegnamento di Tsongkhapa in questi Tre aspetti principali del sentiero e i suoi testi di lam-rim o del sentiero graduale. Qui, nel primo, la spiegazione della rinuncia è in due parti. La prima è di abbandonare le nostre ossessioni per questa vita ricordando la nostra preziosa rinascita umana e l’impermanenza. La seconda consiste nell’abbandonare la nostra ossessione per le vite future ricordando la natura di sofferenza di tutto il samsara. C’è poca enfasi sul prendere una direzione sicura (il rifugio). Nei testi del lam-rim, d’altro canto, c’è la discussione dei tre ambiti di motivazione. Siccome l’essere una persona dell’ambito iniziale è la base per i livelli superiori, c’è innanzitutto lo sviluppo dell’interesse di favorire le vite future e, in tale contesto, sono inclusi gli insegnamenti sul prendere una direzione sicura. C’è una piccola differenza, allora, no?

Cominciamo il testo.

Verso di omaggio, la promessa di comporre, e l’esortazione ad ascoltare per bene

Mi prostro ai miei lama impeccabili, nobilitanti.

Il termine impeccabile e nobilitante in tibetano è “jetsun” (rje-btsun), che ha la connotazione di qualcuno che ha abbandonato tutte le cose del samsara e punta totalmente verso la liberazione. “Lama” significa una persona superiore, nel senso di qualcuno che ha sia il bodhicitta sia una comprensione corretta della vacuità, che lo conduce a uno stato superiore o supremo dell’illuminazione. Qui lama impeccabili, nobilitanti si riferisce ai guru di Tsongkhapa che gli insegnarono il lam-rim, specialmente il suo maestro non comune, Manjushri.

Poi abbiamo il verso della promessa di comporre.

(1) Cercherò di esprimere, al meglio delle mie abilità, il significato essenziale di tutte le affermazioni scritturali dei Trionfanti, il sentiero lodato dalla sacra progenie dei Trionfanti, il guado per le fortunate che desiderano la liberazione.

Il significato essenziale di tutte le affermazioni scritturali dei Trionfanti si riferisce alla rinuncia. Il sentiero lodato dalla sacra progenie dei Trionfanti, in altre parole i bodhisattva, si riferisce al bodhichitta. Il guado per le fortunate che desiderano la liberazione è la comprensione della vacuità, che porta alla liberazione. Pertanto, nella promessa di comporre, l’autore afferma che spiegherà questi tre aspetti principali del sentiero. Al meglio delle mie abilità significa che cercherà di farlo nel modo più conciso possibile.

(2) Ascolta con una (mente) chiara, O fortunata, la cui mente si affiderebbe al sentiero che soddisfa il Trionfante mediante il non essere attaccata ai piaceri dell’esistenza compulsiva e bramosa di rendere significativa la tua vita di tregue e fattori arricchenti.

Questa è la richiesta di ascoltare per bene. Essa mostra il tipo di motivazione che abbiamo bisogno di avere quando ascoltiamo questi insegnamenti. Il sentiero che soddisfa il Trionfante è uno che è senza errori ed è completo, a cui non manca nulla. Quando seguiamo un simile sentiero completo e senza errori, ciò soddisfa i Buddha.

La connessione tra i tre sentieri

La spiegazione effettiva del corpo principale del testo si divide in tre parti: le spiegazioni della rinuncia, del bodhichitta, e della visione corretta della vacuità. Questi tre costituiscono fasi graduali di comprensione.

Più forte è la nostra rinuncia delle cosiddette cose buone del samsara, più forte sarà la nostra compassione per gli altri. Nelle stazioni indiane dei treni, ad esempio, vediamo uomini ciechi, persone a cui mancano gli arti, mendicanti eccetera, ed è relativamente facile sviluppare compassione per loro. Ma se non abbiamo rinuncia, quando arriviamo ad esempio in una grande città, allora invece della compassione proviamo invidia per le cose che vediamo oppure siamo orgogliosi per le cose che abbiamo. D’altro canto, se siamo abituati alla rinuncia, con l’idea di come le cosiddette cose buone del samsara siano fondamentalmente prive di significato, allora quando andiamo ad esempio a New York, e vediamo tutte queste persone, il nostro primo pensiero sarà istintivamente di provare compassione per loro.

La rinuncia ha due direzioni. Da un lato, con un atteggiamento simile, disprezziamo le sofferenze del samsara, con nessun interesse in esso, e proviamo disgusto e il desiderio di liberarcene completamente. Dall’altro lato, ammiriamo la liberazione e desideriamo ottenerla. Più forte è questo duplice atteggiamento, più forte sarà il nostro obiettivo di bodhichitta, che in modo simile ha due direzioni, sopra e sotto. Allora, in base a queste, se abbiamo una visione corretta della vacuità, saremo in grado di ottenere la liberazione o l’illuminazione.
 
La visione corretta è nei termini delle due verità, che provengono dalle quattro nobili verità. Il Buddha, che è la nostra fonte di direzione sicura, insegnò il Dharma con la sua parola. Specificatamente, insegnò le quattro verità e le due verità, che non sono false. Non sono mai false.

Quindi è importante comprenderle e realizzarle. Con il bodhichitta, una comprensione della vacuità ci conduce allo stato onnisciente di un Buddha. Se è soltanto con la rinuncia, allora ci porta alla liberazione. Qui nel testo, la discussione comincia con la rinuncia.

La rinuncia 

(3) Siccome l’avere un profondo interesse nei piacevoli frutti dell’oceano dell’esistenza compulsiva, senza rinuncia pura non è un metodo per (raggiungere) la pace (della liberazione) – in effetti, bramando ciò che si trova in situazioni compulsive, gli esseri limitati sono completamente legati – innanzitutto sforzati per la rinuncia.

La frase rinuncia pura è citata qui. La rinuncia deve essere pura nel senso di essere totalmente disinteressata alle glorie o alle cosiddette cose buone del samsara. Se non abbiamo una tale rinuncia pura e siamo totalmente ossessionati da preoccupazioni mondane, non c’è alcun modo di ottenere la liberazione. Se abbiamo desiderio e attaccamento, allora non importa quanto karma positivo potremmo avere, non saremo in grado di troncare la radice della rinascita che si ripete in modo incontrollabile. Pertanto abbiamo bisogno di sviluppare la rinuncia. Come svilupparla?

(4) Familiarizzando la tua mente nel fatto che non c’è tempo da perdere quando una vita di tregue e arricchimenti è così difficile da trovare, abbandona la tua ossessione per le apparenze di questa vita. Pensando continuamente ai problemi della rinascita ricorrente e che (le leggi di) causa ed effetto del comportamento non sono mai fallaci, abbandona la tua ossessione per le apparenze delle (vite) future.

Abbiamo bisogno di pensare alla preziosa rinascita umana che abbiamo con le sue tregue e i suoi arricchimenti, e anche al fatto che la perderemo, poiché è impermanente, e che la morte è inevitabile. In questo modo realizzeremo quanto sia rara l’opportunità che abbiamo ora e come non possiamo permetterci di perdere tempo. Ecco come trasformare il nostro interesse, non riducendolo solo a questa vita.

Per quanto riguarda la morte e l’impermanenza, ci sono vari punti su cui meditare, ad esempio il fatto che la morte sia inevitabile, mentre il momento in cui verrà è totalmente incerto. La morte può avvenire in ogni momento e, ad eccezione del Dharma, nient’altro è di aiuto quando arriva. Se non facciamo qualcosa adesso per le nostre imminenti morti e per le vite future, questo non va bene affatto. Più pensiamo alla morte in questo modo, più diminuiremo la nostra ossessione soltanto con questa vita.
 
Poi abbiamo bisogno di pensare all’infallibilità delle leggi di causa ed effetto del comportamento, le leggi del karma. Per comprendere causa ed effetto del comportamento in tutti i suoi dettagli è una delle cose più difficili. Ma in una forma semplice, dal bene proviene il bene, dal male proviene il male: il karma è inevitabile. Da azioni costruttive, è certo che ne deriva la felicità. Da azioni distruttive, è certo che la sofferenza avverrà prima o dopo.

Pertanto, se abbiamo le cause per la sofferenza nei nostri continua mentali, come possiamo riposarci contenti e a nostro agio? È come una bomba ad orologeria: è solo questione di tempo, perché sicuramente esploderà. Se non rimuoviamo questa causa, non possiamo mai riposare in pace. Quando pensiamo con attenzione a causa ed effetto del comportamento in questo modo, sviluppiamo il forte desiderio di rimuovere tutte le cause della nostra sofferenza.

In tempi differenti, proviamo la sofferenza della nascita, della morte, della vecchiaia, e della malattia. Non importa quante medicine prendiamo, non possiamo curare la vecchiaia e non possiamo evitare di non essere mai malati. Le sofferenze di nascita, malattia, vecchiaia, e morte hanno le loro fonti nel fatto che abbiamo corpi che subiscono la nascita, la malattia, la vecchiaia e la morte. I nostri corpi sono reti di aggregati macchiati (contaminati). In altre parole, li riceviamo macchiati dal karma e da atteggiamenti ed emozioni disturbanti. Se non ci sbarazziamo della loro causa più profonda, avremo sempre sofferenza.

I nostri corpi sono reti di forze contraddittorie e contrastanti. Considerate ad esempio le forze del caldo e del freddo nel corpo. Se abbiamo la febbre, prendiamo una medicina rinfrescante e, se ne prendiamo troppa, contraiamo un tipo freddo di malattia. Se prendiamo una medicina riscaldante per curarci da questo freddo, e ne prendiamo troppa, allora di nuovo facciamo pendere l’ago della bilancia e abbiamo una malattia del caldo. È soltanto quando abbiamo un equilibrio delle forze calde e fredde nei nostri corpi che, temporaneamente, possiamo dire di essere in salute. Ma questo non dura mai. È molto precario e alla minima scossa, l’equilibrio viene rovesciato. Aryadeva sottolineò questo nel suo Trattato dei Quattrocento Versi (bZhi-brgya-pa, scr. Catuhshataka). Lì spiegò come il corpo sia un vascello di forze opponenti contraddittorie, che si oppongono a vicenda; pertanto, può portare soltanto problemi e sofferenza.

Noi pensiamo che questo corpo sia così bello. Ma abbiamo bisogno di sezionarlo nelle nostre menti ed osservare ciascuna parte separatamente, come ad esempio la testa, oppure un capello con un piccolo bulbo alla base. Osservate un orecchio, guardate un occhio semplicemente da solo, osservate un pezzo di pelle, guardate il cuore, guardate un polmone. Se si trovassero sul tavolo per conto loro, sarebbero tutti disgustosi e proprio non belli. Lo stesso è vero riguardo alle sostanze che provengono da questo corpo – l’urina, le feci, il muco nasale, eccetera. Quando vediamo queste cose per terra quando camminiamo, ci turiamo il naso per proteggerci dalla puzza. Da dove provengono queste sostanze sgradevoli? Non sono nate dalla terra, provengono dai nostri corpi.

Come possono i nostri corpi essere puliti, quando sono soltanto fonti di sporcizia? I nostri corpi provengono dallo sperma e dall’ovulo dei nostri genitori. Se prendessimo queste sostanze, e le mettessimo sul tavolo di fronte a noi, qualunque persona ne sarebbe disgustata. Siamo così attaccati a loro perché diventano la fonte della sostanza fisica dei nostri corpi, eppure di per sé sono nauseanti. Se siamo vissuti per quarant’anni, ad esempio, pensate a tutto il cibo che abbiamo mangiato in quei quaranta lunghi anni da un lato e poi tutte le feci e l’urina prodotta dai nostri corpi dall’altro lato. Come può questo corpo essere pulito se fa un lavoro del genere?

Dobbiamo pertanto abbandonare l’attaccamento per un corpo del genere. Esso proviene dal karma e da emozioni e atteggiamenti disturbanti, che danno soltanto sofferenza. Se esauriamo o eliminiamo il karma e le emozioni disturbanti, non prenderemo mai più aggregati macchiati o soffriremo. Le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti provengono da pensieri prevenuti e fraintendimenti, che sorgono tutti dall’inconsapevolezza di considerare le cose come intrinsecamente esistenti. Se comprendiamo come ogni cosa sia priva di una simile esistenza, le nostre emozioni e atteggiamenti disturbanti si dissolvono. Si esauriscono nella sfera della vacuità. È questo, quindi, ciò di cui abbiamo bisogno.

(5) Quando, familiarizzandoti in questo modo, tu non generi mai, nemmeno per un istante, una mente che aspira agli splendori del samsara ricorrente, e sviluppi l’atteggiamento che giorno e notte è sempre profondamente interessato alla liberazione, in quel momento, hai generato la rinuncia.

Pertanto abbiamo bisogno di generare la rinuncia. Poi abbiamo bisogno di un obiettivo di bodhichitta. 

Il bodhichitta

(6) Ma siccome persino questa rinuncia, se non è mantenuta con lo sviluppo di un puro obiettivo di bodhichitta, non diventerà una causa per gli splendori e la beatitudine di un impareggiabile stato purificato (dell’illuminazione), coloro con senso generano un supremo obiettivo di bodhichitta.

Come abbiamo detto in precedenza, se ci manca il bodhichitta, non possiamo ottenere l’illuminazione.

(7) Trasportato dalle correnti dei quattro fiumi violenti, legato dalle strette catene del karma, difficili da rovesciare, gettato in una fossa di maglie ferrose dell’afferrarsi a vere identità, completamente avvolto nella pesante oscurità del buio dell’inconsapevolezza,
(8) Inesorabilmente tormentato dalle tre tipologie di sofferenza, vita dopo vita nell’infinita esistenza compulsiva – avendo pensato alla condizione delle tue madri che si sono ritrovate in situazioni come queste, sviluppa un supremo obiettivo di bodhichitta.

Trasportato dalle correnti dei quattro fiumi violenti si riferisce alle quattro sofferenze di nascita, morte, vecchiaia, e malattia. Siamo legati dalle strette catene della forza negativa proveniente dalle nostre azioni karmiche distruttive, e sicuramente queste forze negative un giorno matureranno. Siamo in una fossa di maglie ferrose di inconsapevolezza, e nella pesante oscurità del buio di non vedere la vera natura della realtà. Sia le persone che i fenomeni sembrano essere intrinsecamente esistenti, ma non esistono affatto in quel modo.

Abbiamo un continuum di fattori aggregati in costante mutamento e il mero “io” è qualcosa etichettato su tale mutevole continuum come la sua base. Per via dell’inconsapevolezza, tuttavia, ci afferriamo a tale “me” che è etichettato su una rete di fenomeni mutevoli, e lo fraintendiamo come permanente, statico, e trovabile come un “io” intrinsecamente reale. Il buio di questa inconsapevolezza allora ci fa accumulare molta forza negativa. Questa forza negativa ci getta in una fossa di maglie ferrose del karma, in cui siamo legati dalle catene di questo karma e delle nostre emozioni e atteggiamenti disturbanti. Di conseguenza, proviamo naturalmente le tre sofferenze vita dopo vita, come dice qui. Queste sono le sofferenze della sofferenza, del cambiamento, e la sofferenza onnipervasiva. Siccome questa è anche la condizione di tutte le nostre madri, abbiamo bisogno di lavorare per aiutarle a sviluppare un obiettivo di bodhichitta.

Il prossimo riguarda la vacuità.  

Una visione corretta della vacuità

(9) Persino se hai accumulato come abitudini la rinuncia e l’obiettivo di bodhichitta, tuttavia, se ti manca la consapevolezza discriminante di realizzare la natura dimorante della realtà, non sarai in grado di troncare la radice della tua esistenza compulsiva. Pertanto, sforzati nei metodi per realizzare l’origine dipendente.

Il punto principale di Tsongkhapa è che la comprensione della vacuità sorga come il significato dell’origine dipendente e la comprensione dell’origine dipendente sorga come il significato della vacuità. Pertanto, abbiamo bisogno di sforzarci nei metodi per realizzare la vacuità come origine dipendente. Come lo facciamo?

(10) Chiunque abbia visto che (le leggi di) causa ed effetto del comportamento riguardanti tutti i fenomeni del samsara e del nirvana non sono mai fallaci, e che ha assistito al crollo dei supporti focali delle sue (cognizioni) volte (all’esistenza che si stabilisce da sé), chiunque possano essere stati, è entrato nel sentiero che soddisfa i Buddha.

Tutti i fenomeni del samsara e del nirvana avvengono tramite causa ed effetto. Questo non è mai erroneo, non è mai falso. Quando capisci questo e, in aggiunta, il sottostante supporto del nostro puntare all’esistenza intrinseca cade a pezzi, allora siamo entrati nel sentiero che soddisfa i Buddha. Quando comprendiamo la vacuità, non avremo più la cognizione che punta all’esistenza intrinseca. In questo modo, la base per cui sorgono queste cognizioni errate – il loro supporto di sostegno, ovvero il nostro afferrarsi all’esistenza intrinseca – cadrà a pezzi o scomparirà.

(11) Le apparenze sono origini dipendenti non fallaci e la vacuità è separata da qualunque asserzione (di modi impossibili di esistere). Fintanto che hai queste due comprensioni che ti appaiono in modo separato, ancora non avrai realizzato l’intenzione degli Abili.

Quando comprendiamo la vacuità, vediamo come non ci sia nulla a cui possiamo puntare un dito e dire questo è tale oggetto. In ultima analisi, tutte le cose sono introvabili. Eppure, dall’altro lato, vediamo come le cose siano mere apparenze. Pensare che queste due siano delle intuizioni completamente separate e senza relazione – che le cose siano introvabili da un lato eppure siano soltanto delle apparenze dall’altro – non è l’intenzione del Buddha riguardo la vacuità e le due verità.

(12) Ma quando, non in alternanza, ma tutto insieme contemporaneamente, la tua certezza dalla mera vista dell’origine dipendente non fallace fa sì che tutti i tuoi modi di considerare gli oggetti (come fossero stabiliti da sé) si sgretolino, avrai completato il discernimento della visione corretta.

Ciò di cui abbiamo bisogno, allora, è di vedere che siccome le cose sorgono in modo dipendente – poiché le apparenze dipendono da cause e circostanze per sorgere – esse sono prive di un’esistenza intrinseca; sono prive di un’esistenza indipendente. Il fatto che possano sorgere in modo dipendente da cause e circostanze è semplicemente perché sono prive di esistere in modo indipendente. Pertanto, più forte è la nostra comprensione e convinzione che le cose sorgono in modo dipendente, che le cose dipendono da causa ed effetto, più forte sarà la nostra comprensione e convinzione che le cose sono prive di un’esistenza intrinseca, indipendente; e viceversa. Comprendere questi due simultaneamente in tale unione significa che abbiamo completato l’analisi corretta della vacuità.

(13) Inoltre, quando sai come l’apparenza elimini l’estremo dell’esistenza e la vacuità elimini l’estremo della non esistenza, e come la vacuità sorga come causa ed effetto, non sarai mai accalappiato da punti di vista che si afferrano ad estremi.

Spesso, troviamo spiegato come il fatto dell’apparenza elimini l’estremo della totale non esistenza – le cose non sono totalmente inesistenti, perché appaiono. E inoltre, il fatto della vacuità elimina l’estremo dell’esistenza intrinseca – le cose non sono intrinsecamente esistenti, perché sono prive di esistere in tale maniera impossibile.

Qui, tuttavia, abbiamo una maniera opposta di affermarlo. Il fatto dell’apparenza elimina l’estremo dell’esistenza intrinseca. Questo è perché, affinché le cose appaiano, devono essere prive di un’esistenza intrinseca. Devono essere fenomeni che sorgono in modo dipendente. Pertanto, il fatto che effettivamente appaiano elimina la possibilità che possano esistere in maniera intrinseca.

Inoltre, il fatto della vacuità elimina l’estremo della totale non esistenza. Il fatto che qualcosa sia priva di esistenza intrinseca significa che può apparire per origine dipendente: non può proprio essere totalmente non esistente. Pertanto, il fatto della vacuità elimina l’estremo della totale non esistenza.

Questa è la maniera di affermazione speciale di Tsongkhapa e concorda con il commentario di Choney Rinpoche (Co-ne Rin-po-che) agli Elogi all’origine dipendente (rTen-'brel bstod-pa) di Tsongkhapa. Pertanto, la comprensione delle cose come prive di esistenza intrinseca poiché sorgono in modo dipendente, e che le cose sorgono in modo dipendente poiché sono prive di esistenza intrinseca, ci evita di cadere nei due estremi di afferrarci ad un’esistenza vera, intrinseca, o alla totale non esistenza.

Poi c’è l’ingiunzione a praticare.

Ingiunzione a praticare

(14) Quando hai compreso i punti di questi tre aspetti principali del sentiero, per come sono, affidati alla solitudine e, generando il potere della perseveranza, realizza velocemente, figlio mio, il tuo obiettivo immemorabile.

Quando abbiamo ottenuto una comprensione della rinuncia, del bodhichitta, e della vacuità, attraverso il potere di ascoltare i corretti insegnamenti su questi e poi rifletterci sopra e analizzarli finché non otteniamo una convinzione nei loro significati, poi abbiamo bisogno di vivere in solitudine e dedicarci esclusivamente a meditare su di essi e a realizzarli. Abbiamo bisogno di fare questo con grande perseveranza gioiosa come i famosi maestri del passato hanno fatto, ad esempio il ben noto Milarepa (Mi-la Ras-pa), il grande Gyalwa Ensapa (rGyal-ba dBen-sa-pa) e i suoi figli spirituali, Kedrub Sanggye Yeshe (mKhas-grub Sangs-rgyas ye-shes), eccetera. Allora possiamo raggiungere l’obiettivo immemorabile dell’illuminazione. “Mio figlio” si riferisce al discepolo diretto Ngawang Dragpa, che abbiamo menzionato prima.

Considerazioni conclusive sul non settarianismo

Questo conclude il breve commentario sui Tre aspetti principali del sentiero. È un testo molto importante il quale include l’essenza del sentiero completo del sutra e il fulcro dei sentieri del tantra. Gli insegnamenti sulla vacuità sono un po’ difficili, giusto? A meno che non siamo molto abituati ai termini tecnici, allora quando parla della visione corretta, le due verità, la vacuità e così via, potrebbe essere disorientante. Ci sono modi distinti per definire e affermare questi termini nelle quattro scuole buddhiste indiane di principi filosofici dei sutra, e modi differenti nelle quattro classi del tantra. Inoltre c’è un modo differente per definirli nelle quattro differenti tradizioni del Buddhismo in Tibet nei loro contesti e sistemi specifici.

Abbiamo bisogno di cercare di comprenderli tutti in modo da conoscere le implicazioni dei termini, secondo il loro contesto, e non confonderci. Conoscere semplicemente un sistema e poi criticare gli altri solo perché sono differenti e non li comprendiamo nei loro termini è molto distruttivo. Come disse Nagarjuna nella Ghirlanda preziosa (Rin-chen ’phreng-ba, scr. Ratnavali) e Shantideva in Impegnarsi nel comportamento del bodhisattva (sPyod-’jug, scr. Bodhisattvacharya-avatara), in tali casi è meglio rimanere indifferenti e in silenzio, e non dire nulla.

Anche negli insegnamenti di una tradizione, quella Gelug ad esempio, ci sono le affermazioni della comprensione della vacuità secondo il sutra e secondo il tantra. Non c’è nessuna differenza nelle sottigliezze riguardanti l’oggetto, la vacuità, nel sutra o nel tantra. La differenza consiste nella mente che comprende la vacuità. Inoltre, sia nel sutra che nel tantra, ci sono definizioni e spiegazioni differenti sulla verità convenzionale e più profonda e sul modo di meditare su queste due. Persino nella classe anuttarayoga del tantra, ci sono differenze tra i vari sistemi. Ad esempio, i metodi presentati nel sistema Guhyasamaja sono piuttosto differenti da quelli negli insegnamenti Kalachakra. Inoltre troviamo differenze nei modi per compiere la meditazione stabilizzante (meditazione formale) e la meditazione discernente (meditazione analitica). Se non abbiamo studiato tutti questi sistemi, diventeremo molto confusi.

In breve, se non sappiamo nulla di un certo sistema, non abbiamo bisogno di dire nulla al riguardo e certamente non lo critichiamo. Soltanto su una base non settaria saremo in grado di apprezzare l’intero ambito degli insegnamenti del Buddha.

Leggi il testo originale “I tre aspetti principali del sentiero” di Tsongkhapa.

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