Mettere in pratica la vacuità quando si è bloccati nel traffico

La vacuità significa la totale assenza di modi di esistenza impossibili. Niente può esistere in quanto stabilito interamente da sé stesso, per suo proprio potere, senza dipendere da nient'altro. Questo è impossibile. Quando, con la comprensione della vacuità, smontiamo l'apparenza ingannevole come qualcuno che esiste intrinsecamente come un idiota, ad esempio, realizziamo che essere un idiota dipende totalmente dall'etichetta mentale e dal concetto di un idiota. Questa comprensione ci aiuta a non arrabbiarci quando qualcuno per strada suona il clacson all'impazzata e cerca di superarci.

Inconsapevolezza

Buddha ha dato insegnamenti in termini delle quattro nobili verità. Queste verità sono quattro fatti che vengono visti come veri da qualsiasi essere altamente realizzato o arya. Fondamentalmente, esse affermano che:

  1. Tutti affrontiamo problemi nella vita,
  2. Questi problemi nascono da delle cause,
  3. È possibile avere un arresto completo di questi problemi in modo tale che essi non ritornino mai più,
  4. Un tale arresto è raggiunto attraverso una comprensione che elimina la causa dei problemi.

Quando parliamo della causa più profonda dei nostri problemi, fondamentalmente essa si riduce a quello che viene normalmente tradotto come "ignoranza." In inglese, "inconsapevolezza," è molto meglio. Ignoranza implica che sei stupido e quindi non è una buona parola. Non significa che siamo stupidi.

Ci sono due forme diverse di inconsapevolezza. In una, siamo inconsapevoli della causa ed effetto in termini del nostro comportamento, cioè del fatto che se agiamo in maniera distruttiva, questo causerà problemi. Ad un livello più profondo, stiamo parlando di inconsapevolezza della realtà. Quello che succede è che abbiamo l'abitudine di considerare l'esistenza delle cose ad un livello cognitivo in termini di quella che chiamiamo "esistenza intrinseca." In altre parole, ci afferriamo all'esistenza intrinseca. A causa di questa abitudine, automaticamente, ad ogni istante, sorgono le apparenze delle cose. Le accettiamo come esistenti in questo modo. Questo non è così facile da comprendere. In un'unica frase viene affermato qual è il problema.

Per chiarire la cosa, possiamo usare l'esempio seguente. Stiamo guidando la macchina, c'è qualcuno nell'altra corsia che suona il clacson e cerca ci superarci. Come ci appare questa persona? Questa persona ci appare come un idiota che sta cercando di superarci. Ci pare che questa persona esista intrinsecamente come un'idiota; appare essere un idiota e pare esserlo intrinsecamente. C'è ovviamente qualcosa che non va in questa persona, qualcosa che lo rende veramente un idiota che sta cercando di superarci e sta suonando il clacson. Sentiamo il clacson, vediamo la persona e automaticamente pensiamo: "Che idiota!" La persona ci appare in questo modo e siamo convinti che questa apparenza corrisponda alla realtà: questo qui è veramente un idiota.

Video: Geshe Tashi Tsering — “La vacuità nelle nostre vite quotidiane”
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Quello che la vacuità annulla

Qual è l'oggetto concettualizzato (Tib. zhen-yul, oggetto implicato) di questa cognizione della persona? L'oggetto concettualizzato della cognizione è una persona che veramente esiste come un idiota; c'è veramente un idiota intrinseco in macchina. Questo è ciò che si implica da questa apparenza e dal nostro apprendimento cognitivo. Per esempio, se penso che c'è qualcuno nell'altra stanza, l'oggetto concettualizzato sarebbe qualcuno nell'altra stanza: è quello a cui corrisponderebbe il pensiero nella realtà. "Oggetto concettualizzato" è un termine tecnico molto importante nello studio del Madhyamika.

In qualsiasi cognizione ci sono diversi oggetti coinvolti. La parola zhen in “zhen-yul” può essere usata, e spesso lo è, come verbo. Spesso viene tradotta come "afferrarsi," che non è così utile in molti contesti. Ne deduciamo/implichiamo/presumiamo che il modo in cui qualcosa ci appare corrisponda alla realtà. "Afferrarsi" ed "aggrapparsi" sono termini un po’ troppo forti. Sembra che ci sia un idiota laggiù, quindi presumiamo che ci sia un idiota, lo crediamo. L'oggetto concettualizzato di questa cognizione e di questa apparenza è un vero idiota che sta nella macchina laggiù.

La vacuità è un'assenza; qualcosa è assente. Quello che è assente è l'oggetto concettualizzato. Più precisamente, quello che l'oggetto concettualizzato implica non esiste. Non c'è un idiota in sé e per sé nella macchina laggiù. Questa è l'idea generale. La dovremo affinare, perché non è molto precisa.

Usando un esempio più semplice, se un bambino pensa che ci sia un mostro sotto il letto, l'oggetto concettualizzato sarebbe un mostro che effettivamente si trova sotto il letto. La paura che questo bambino prova non si riferisce a nulla di reale. Questo è un esempio ancora più semplice e meno preciso, ma è importante farsi un'idea generale di quello di cui stiamo parlando: l'assoluta assenza di qualcosa di molto specifico. È l'assenza di qualcosa che non esiste affatto. È totalmente impossibile. Con la vacuità, tuttavia, non stiamo parlando dell'assenza di un oggetto impossibile, come per esempio un mostro. Stiamo parlando di un modo di esistere impossibile. Ritorniamo al nostro esempio dell'idiota.

Identificare una designazione come valida

Convenzionalmente, questa persona può in effetti stare guidando come un idiota e noi possiamo validamente designare questa persona "un idiota." Come possiamo correttamente chiamare questa persona un idiota? Il maestro indiano Chandrakirti ha dato tre criteri per una valida designazione.

Prima di tutto, ci deve essere una convenzione stabilita ed accettata che si accorda con la designazione. In Germania, ci sono certe regole di buona educazione quando si guida e guidare con la mano sul clacson mentre si sta costantemente cercando di superare tutti non è considerato accettabile. Una persona che guida così può venire considerata un idiota. Questa è una cosa relativa. In India, sarebbe un modo normale di guidare. Una volta sono venuto in Europa con un amico indiano al suo primo viaggio in Occidente e quello che lo ha scioccato di più era che la gente guidasse senza usare il clacson! Siccome in Occidente abbiamo la convenzione che una persona che guida in questo modo è un idiota, è corretto chiamare questa persona un idiota da questo punto di vista.

Il secondo criterio è che questo non deve venire contraddetto da una mente che abbia valida cognizione della verità superficiale o convenzionale. Parlando obiettivamente, questa persona sta guidando come un idiota oppure no? Ho messo gli occhiali in modo corretto? Ho messo l'apparecchio acustico in modo corretto? Sto veramente vedendo e sentendo in modo corretto? Chiunque altro intorno a me può vedere che questa persona sta cercando di sorpassare tutti e sta suonando il clacson, quindi non è neanche contraddetto dal fatto che altri riconoscano validamente questo aspetto convenzionale.

Il terzo criterio è che questa designazione non venga contraddetta da una mente che riconosca validamente la verità più profonda. Questo si riferisce ad una mente che riconosce validamente in che modo questa persona esista come idiota. In che modo è un idiota? È un idiota solo convenzionalmente, a seconda di dove e come sta guidando, o forse stiamo solamente proiettando che questa persona esista intrinsecamente come idiota? Se pensiamo che questa persona realmente, intrinsecamente sia un idiota, questo verrebbe contraddetto da una mente che riconosce come le cose esistono veramente. Questa persona sta convenzionalmente guidando come un idiota. Questo è accurato, è una valida convenzione, una valida designazione e una valida verità superficiale. Quello che succede è che esageriamo il modo in cui lui esiste come un idiota. Esiste come un idiota solamente in dipendenza da molte cose – in particolare in dipendenza dalla designazione mentale, che discuteremo tra poco.

Esageriamo l'apparenza superficiale e proiettiamo su di essa qualcosa che non c'è: un modo di esistere che non c'è. Non lo facciamo consciamente, è inconsapevole. Semplicemente accade automaticamente a causa della nostra abitudine di vedere le cose in questo modo. L'esagerazione è che questa persona esista intrinsecamente come un idiota. Questo modo di esistere intrinsecamente come un idiota non si riferisce a nulla di reale. Di nuovo, stiamo parlando dell'assenza di un impossibile modo di esistere, non dell'assenza di un oggetto impossibile.

La differenza tra innato e intrinseco

Andiamo a vedere un po' più da vicino quello che si intende per esistenza intrinseca e per designazione mentale. Dobbiamo comprendere la differenza tra innato e intrinseco.

Abbiamo molte qualità innate. Per esempio, il nostro continuum mentale ha innati il corpo, la parola e la mente, la comprensione, le emozioni e così via, come parte del pacchetto dell'essere esseri senzienti. Abbiamo la natura di Buddha e tutti gli aspetti della natura di Buddha. Il termine tecnico (lhan-skyes; sct. sahaja) viene a volte tradotto come "sorgere simultaneamente." Questo significa che queste cose sono parte di un pacchetto e che esse sorgono simultaneamente in ogni momento della mente. In qualsiasi momento dell'esperienza, abbiamo corpo, parola e mente – sia che siamo svegli sia che siamo addormentati. Forse non parliamo mentre dormiamo, ma comunque è presente la capacità di comunicare. Per esempio, altri possono guardarci e vedere che stiamo dormendo. Anche se non russiamo quando dormiamo, il respiro ha una certa regolarità e una certa lentezza che comunicano che siamo addormentati. Questo è un esempio di come comunichiamo tutto il tempo. Anche se questa qualità è spesso tradotta come linguaggio, non si deve intendere come limitata al solo linguaggio verbale. Questi sono fattori innati.

Intrinseco (rang-bzhin) è qualcosa di molto diverso. Qualcosa di intrinseco, se esistesse, sarebbe in un certo senso innato, ma per proprio potere, farebbe sì che qualcosa esistesse e la farebbe esistere per quello che appare essere. A volte se ne parla come di qualche caratteristica peculiare o definitiva all'interno dell'oggetto che lo rende ciò che esso è. Con questo idiota, sarebbe qualcosa di davvero sbagliato in lui, che può venire trovato dentro di lui, permanentemente presente e che, per sua propria forza, fa sì che lui sia un idiota. Spesso pensiamo in questo modo: "questa persona terribile della porta accanto che ascolta la musica tutto il tempo…" Oppure "questa persona meravigliosa che ho appena visto..." Come se ci fosse qualcosa di intrinseco all'interno della persona che tutto il tempo fa sì che lui o lei esista in questo modo. Sto usando esempi che sono carichi emotivamente, ma questo vale per qualsiasi cosa. Sembra che ci sia qualcosa di intrinseco in te che ti rende intrinsecamente umano.

Questa cosa all'interno del guidatore che fa sì che lui esista intrinsecamente come idiota lo fa esistere in questo modo indipendentemente da qualsiasi altra cosa, solo per propria forza. Sembra come se, andando ad esaminare bene, potessimo trovarla ed indicarla. Ovviamente, quando esaminiamo e sezioniamo non riusciamo a trovare nulla dal lato dell'oggetto che lo rende quello che è. Se incominciamo ad analizzare questa persona nella macchina, troveremo un sacco di atomi e campi energetici e non troveremo nulla di solido che possiamo indicare e che fa di lui un idiota. Se analizziamo le azioni di questa persona in termini di microsecondi di movimento, c'è il movimento del muovere il dito un millimetro in questa direzione e poi il prossimo millimetro in quest'altra direzione e poi il prossimo in questa direzione e dunque che cos'è che fa di questa persona un idiota? Non è possibile indicare alcun microsecondo di comportamento che lo rende un idiota, giusto? In questo modo, non si trova nulla dalla parte dell'oggetto che sta lì per propria forza a far sì che questa persona esista come un idiota – anche se appare come un idiota.

Convenzionalmente, si sta comportando come un idiota. Dobbiamo fare attenzione a non negare l'accuratezza dell'apparenza superficiale e l'accuratezza del modo in cui si sta comportando convenzionalmente. Si sta comportando come un idiota; questo è corretto. Il problema è il modo in cui appare esistere come un idiota. Si sta comportando come un idiota sulla base di altri fattori; è dipendente da cose che sono differenti da lui. Non è che questa persona si sta comportando come un idiota a causa del potere di qualcosa dentro di lui. Questa persona si sta comportando come idiota sulla base di parti (la sua mano si muove in un certo modo e così via) e in dipendenza da cause (si trova in mezzo al traffico e va di fretta). Se fosse intrinsecamente un idiota, dovrebbe essere un idiota anche quando non sta guidando e persino mentre dorme. Si comporta come un idiota in funzione delle circostanze in cui si trova. Ci può essere ogni sorta di fattori culturali, psicologici e personali che fanno sì che lui guidi come un idiota. È in base a tutto ciò che questa persona guida come un idiota.

Designazione mentale

Inoltre, da un punto di vista ancora più elementare, possiamo dire che la cognizione della persona che guida come un idiota è dipendente dal concetto di "idiota." Se non ci fosse un tale concetto, non potremmo dire che questa persona guida come un idiota, no? Questo ci porta nel campo della designazione mentale.

La designazione mentale può disorientare molto. Quando chiamiamo questa persona un idiota, questo non lo rende un idiota, giusto? Non parliamo di bambini che si gridano a vicenda "Sei un idiota!” Designazioni e nomi non hanno il potere di trasformare una cosa in ciò che l'abbiamo chiamata. Molte persone pensano che designazione mentale significhi creare cose tramite le parole. Questo certamente non è quello che si intende per designazione mentale nel Buddhismo.

Sia che designiamo questa persona come un idiota oppure no, e sia che pensiamo "idiota" oppure no, e sia che ci sia qualcun altro sulla strada a vedere questa persona che guida oppure no, lui sta sempre guidando come un idiota o no? 

Dipende. È esattamente questo il punto. Quello che diremmo è che questa persona sta ancora guidando come un idiota secondo una certa convenzione, ma non sta assolutamente, intrinsecamente guidando come un idiota. Dipende dalle leggi e dalle abitudini, indipendentemente dal fatto che qualcuno lo veda oppure no. Se diciamo che è assolutamente indipendente da qualsiasi altra cosa e solo dalla prospettiva del modo in cui la persona sta guidando, ciò è impossibile. Mi seguite? Questi sono i punti che disorientano maggiormente le persone in termini di designazione mentale.

Possiamo dire obiettivamente in che modo questa persona sta guidando? Questo è il problema, questo afferrarsi a quello che realmente sta accadendo. Sta veramente guidando come un idiota oppure no? Quando entriamo in questo campo di quello che lui è realmente, siamo nel campo dell'esistenza intrinseca. Questa persona sta guidando come un idiota in funzione del concetto di "idiota," di abitudini occidentali e così via. L'esagerazione è che lui sia realmente un idiota. Questa è esistenza intrinseca, questo è ciò che è impossibile.

Penso che questo cominci a mostrare quanto profondamente questa confusione sia radicata, perché la maggior parte di noi, in effetti, vuole sapere come le cose sono veramente e pensa che ci sia un modo in cui le cose esistono veramente, non è forse così? Diciamo, "Questa è veramente una casa magnifica" oppure "Siamo stati veramente bene questa sera," come se lì ci fosse qualcosa di intrinseco e chiunque dovrebbe vederlo allo stesso modo. Siamo talmente abituati a questo che qualsiasi cosa automaticamente appare in questo modo e pensiamo che sia in questo modo. Questo si chiama: "creare apparenze ingannevolmente," a volte chiamato "apparenze di dualità." In questo contesto "dualità" significa che è discordante, non lo stesso di ciò che in effetti è. Il modo in cui appare non è in armonia con il modo in cui esiste. Questo è quel che significa apparenze duali nel senso Ghelug-Prasangika del termine.

La questione è che questa persona sta guidando come un idiota. Questo è accurato dal punto di vista convenzionale. Possiamo avere un'opinione stravagante con cui nessuno sarà d'accordo, oppure una con cui le altre persone saranno d'accordo. In questo caso le altre persone sarebbero d'accordo che questa persona sta guidando come un idiota, ma ciò non lo rende un vero idiota. Possiamo avere l'opinione che sia un cane a guidare, ma nessuno sarebbe d'accordo. Ci sono opinioni stravaganti e opinioni valide.

Il punto è che esistono cognizioni valide per conoscere convenzionalmente cosa siano le cose. Questo è molto importante. Le varie scuole del Buddhismo tibetano hanno ciascuna il suo particolare modo di spiegare questa differenza. Il sistema Ghelug parla in termini di verità superficiali accurate e non accurate. Una verità superficiale non accurata riguardo a qualcosa non corrisponde a ciò che questa cosa convenzionalmente è. C'è una gran differenza tra cosa qualcosa è convenzionalmente e come questa cosa esiste per quello che è.

Designazione valida nella discussione Ghelug riguardo a Svatantrika e Prasangika

Come facciamo a sapere se un'opinione è valida? Usiamo i tre criteri di Chandrakirti per la designazione valida. Qui appare la differenza tra Svatantrika-Madhyamaka e Prasangika-Madhyamaka, così come spiegato dai Ghelug. I Kagyu spiegano queste due scuole in maniera leggermente diversa. Il punto principale nel Madhyamaka è che qualsiasi cosa esiste in dipendenza dalla designazione mentale. Questo non significa che le cose vengano create dalla designazione mentale. La presentazione Madhyamaka della designazione mentale è un affinamento di quanto spiegato dalle scuole dei princìpi filosofici buddhisti indiani meno sofisticate, come il Cittamatra, riguardo alla relazione tra la mente e gli oggetti. Uno degli aspetti principali dello studiare le scuole dei princìpi filosofici nel giusto ordine è la comprensione di questa relazione tra la mente e gli oggetti in maniera via via più sofisticata.

L'esempio usato nei testi è il designare qualcuno come "un re." Qualcuno esiste come un re in dipendenza della designazione e del concetto "re." Se non ci fosse l'usanza sociale dei re, ovviamente, nessuno potrebbe essere un re. La questione è: cosa rende la designazione valida? Svatantrika afferma che le cose possiedono una qualche caratteristica intrinseca definita, individuabile ed esistente per conto proprio, che ci permette di designare le cose in maniera corretta, per quel che sono. Ci deve essere qualcosa all'interno del re che lo rende regale in modo che egli possa venire correttamente designato "re." Se non ci fosse, potremmo designare un cane oppure uno spazzino "re" e questo li renderebbe dei re. Possiamo vedere che c'è un pensiero politico dietro tutto ciò. In realtà questo non è uno scherzo. Questo si è sviluppato in India dove il pensiero in termini di caste è molto importante, quindi ci deve essere qualcosa di intrinseco nelle persone che le rende membri della casta regale. Questo è Svatantrika.

Prasangika invece afferma che no, non c'è nulla che può venire individuato dal lato della persona che la rende il re. Ovviamente, convenzionalmente, ci sono caratteristiche definite. Qualcuno che governa un paese in un sistema di regalità è un re. C'è una caratteristica definita di ciò che un re è. Se nulla avesse una definizione, sarebbe impossibile che le cose funzionassero - ma sono solamente convenzionali. In realtà, le caratteristiche definite non esistono come qualcosa di individuabile all'interno dell'oggetto, rendendo per loro proprio potere una persona regale, per esempio.

Come facciamo a sapere che la designazione è valida? È valida secondo tre criteri. Primo, c'è una convenzione stabilita e condivisa. Prendiamo un esempio diverso, quello che ho analizzato in Sviluppare una sensibilità equilibrata. Arriviamo a casa e vediamo il nostro partner. Per facilità di discussione, ipotizziamo che il nostro partner sia una donna. Ha una certa espressione facciale: ha le ciglia aggrottate, gli angoli della bocca sono rivolti verso il basso e ci sembra che sia agitata ed arrabbiata. Ci deve essere una convenzione stabilita. Questo è il primo criterio. Esiste una convenzione secondo cui gli esseri umani, particolarmente nelle culture occidentali, aggrottano le ciglia e rivolgono gli angoli della bocca verso il basso quando sono agitati. I cani ringhiano, ma gli esseri umani esprimono la loro agitazione in questo modo. La nostra partner sta seguendo la convenzione di quello che gli esseri umani fanno quando sono arrabbiati. Questo è un modo di convalidare l'apparenza. Possiamo anche confrontarla con precedenti occasioni in cui era agitata, per verificare se la sua espressione corrisponde al suo schema convenzionale.

Il secondo criterio è che non viene contraddetto da una mente che vede verità superficiali in maniera valida. Ci mettiamo gli occhiali, accendiamo la luce e ci accertiamo che stiamo vedendo l'espressione in maniera corretta. Escludiamo il caso che era buio, che non vedevamo bene o che non ci eravamo messi gli occhiali. Questo criterio si riferisce a qualcosa di molto pratico e con i piedi per terra.

Anche se non viene menzionato esplicitamente nei testi, possiamo verificare anche altri criteri in connessione con questo secondo punto, per esempio la capacità di qualche cosa di produrre un effetto. Per esempio, quando abbiamo detto "ciao," lei non ci ha risposto. Questo è un'ulteriore prova che l'apparenza che lei è arrabbiata è accurata. Il suo restante comportamento ha avvalorato che lei era arrabbiata, perché quando è agitata e arrabbiata, normalmente non ci saluta. In altre parole, la rabbia ha prodotto il suo effetto abituale. Potremmo anche chiederle se è arrabbiata, se vogliamo veramente verificarlo.

Se lasciamo stare e ci diciamo: "Beh, è agitata e arrabbiata perché probabilmente oggi è accaduto qualcosa di spiacevole, dipende da molti fattori," allora la nostra cognizione è perfettamente valida. Non verrebbe contraddetta da una mente che vede validamente il livello più profondo, come le cose esistono, come la nostra partner esiste essendo arrabbiata.

Se ci appare che la nostra partner non sia soltanto arrabbiata per questo o quel motivo, ma invece pensiamo: "Oddio, è di nuovo arrabbiata. È una persona arrabbiata, si agita sempre per questo o per quello. Non ce la faccio più!" Questo è contraddetto da una mente che vede validamente la verità più profonda. Nessuno esiste intrinsecamente in questo modo.

È in questo modo che convalidiamo la designazione della persona come agitata ed arrabbiata senza che ci sia bisogno di qualcosa di intrinseco dalla parte della persona che la fa esistere come arrabbiata. Quando parliamo della vacuità, stiamo parlando di quando pensiamo che lei sia una persona terribile. La vacuità è un'assenza assoluta di quel modo di esistere: un'assenza assoluta del fatto che ci sia qualcosa di davvero sbagliato con questa persona che rende il vivere con lei una vera scocciatura. Quando crediamo che lei esista realmente in quel modo, reagiamo in una maniera disturbante. Siamo agitati ed impazienti nei suoi confronti.

Forse il nostro gestire la situazione con calma e con saggezza potrebbe dipendere anche dal sapere il perché la nostra partner è arrabbiata? Anche se non comprendiamo il motivo per cui lei è arrabbiata, cerchiamo di capire che deve dipendere da ragioni e cause: non è che lei è sempre intrinsecamente arrabbiata. Questo ci permette di vedere che forse in qualche modo la situazione può venire cambiata. Comunque, è corretto dire: "La mia partner è agitata e arrabbiata." Questo è molto importante. Se non riconosciamo che la nostra partner è agitata convenzionalmente, quale base abbiamo per avere compassione e per aiutarla? Tutto il nostro modo di relazionarci con lei in una maniera benefica si sgretola e cadiamo nell'estremo del nichilismo.

Quest'enfasi nel riconoscere cos'è una verità superficiale accurata permette di comprendere la connessione molto stretta tra la comprensione della vacuità e la compassione. Senza questo, non prendiamo gli altri sul serio e questo ci ostacola nel comprendere realmente i problemi degli altri ed aiutarli. È piuttosto sottile, ma penso sia davvero importante.

Il sorgere dipendente e il karma

Se si comprende il sorgere dipendente, non bisogna trascurare il fatto che le azioni positive e negative sono positive e negative. Questo è molto vero. Quando parliamo di relatività, non riduciamo le cose al punto in cui tutto potrebbe essere tutto. Uccidere è distruttivo, indipendentemente da quale sia la motivazione. Anche se uccidiamo per grande compassione, come fece Buddha quando uccise il rematore che stava per uccidere i quattrocento novantanove mercanti sulla barca, resta comunque l'azione distruttiva dell'uccidere. È maturata in un'esperienza di sofferenza: Buddha prese una spina nel piede. La sofferenza, le conseguenze negative, sono state molto minori a causa della motivazione molto compassionevole, ma era pur sempre un'azione distruttiva e le leggi del karma erano pur sempre valide: un'azione distruttiva porta sofferenza. La forza dell'azione negativa è relativa, ma non è completamente relativa – un'azione distruttiva non può divenire un'azione costruttiva. Il Buddhismo è in accordo con l'esistenza di un ordine nell'universo.

Convenzionalmente, uccidere è un'azione distruttiva. Se lo formuliamo nei nostri linguaggi occidentali dicendo che uccidere in ultima istanza non è negativo, avremo molti guai. Questo è ciò di cui abbiamo appena parlato: tutto può diventare tutto. Quello che potremmo dire è che non c'è nulla di individuabile nell'atto di uccidere che lo renda per propria forza un'azione distruttiva. Dipende dal fatto che ci sia qualcuno che compie l'atto dell'uccisione, qualcuno che viene ucciso e un continuum mentale che è influenzato da ciò e che sperimenterà sofferenza come risultato. La forza karmica negativa di questo atto continua come parte del continuum mentale di chi lo ha commesso, in maniera tale che la persona che ha commesso l'uccisione sperimenterà sofferenza come risultato. Non possiamo soltanto parlare di qualcosa che sia "distruttivo," indipendentemente da causa ed effetto. Non è semplicemente distruttivo lassù in cielo. Distruttivo significa una certa azione che matura nell'esperienza di sofferenza per chi l'ha commessa.

E quindi cos'è che rende l'atto distruttivo? L'atto è distruttivo in dipendenza da fattori diversi da esso stesso – in questo caso, l'effetto karmico dell'azione. Non è che l'atto sia intrinsecamente distruttivo, per conto proprio, reso tale da qualcosa individuabile al suo interno.

Prendiamo un altro esempio che ci riporta a situazioni più quotidiane. Il nostro cane combina un guaio sul pavimento della cucina e noi ci arrabbiamo e gridiamo "Cattivo! Hai sporcato il pavimento! Hai fatto questa cosa CATTIVA!" Come se l'atto in sé, indipendentemente da qualsiasi altra cosa, esistesse come cattivo. In questo esempio è più facile pensare al risultato "creato dall'uomo" piuttosto che all'effetto karmico che il cane sperimenterà. Notate bene che c'è una differenza tra un effetto karmico e un effetto creato dall'uomo. L'effetto dell'azione creata dall'uomo o, in questo caso, l'effetto dell'azione creata dal cane è che ha sporcato tutto e quindi dobbiamo pulire. Sulla base di questo criterio, ciò che il cane ha combinato sul pavimento non era bello.

Il sorgere dipendente e scelte

Alla luce di questa discussione sulla designazione mentale e l'opinione, cosa può venire raccomandato per prendere delle decisioni corrette? Ci sono così tanti fattori coinvolti nel prendere qualsiasi decisione. Non è semplicemente una questione di designare correttamente l'una o l'altra alternativa come risposta o soluzione ad un dilemma. Per poter determinare quale sia la decisione più appropriata dal punto di vista convenzionale, dobbiamo, per esempio, cercare di prendere in considerazione più fattori possibili che influenzeranno il risultato. Qualsiasi cosa accada non è causata da una cosa sola. È importante non esagerare le nostre azioni e l'importanza delle nostre decisioni riguardo a ciò che facciamo. Per esempio, se diciamo qualcosa e l'altra persona si agita, c'erano molti altri fattori che hanno reso la persona agitata, non soltanto quello che abbiamo detto.

È molto facile dire "Fintanto che le mie intenzioni sono buone, qualsiasi cosa decido di fare va bene," ma c'è anche l'espressione che dice: "le strade per l'inferno sono lastricate da buone intenzioni." Inoltre, abbiamo molte intenzioni e motivazioni dietro una qualsiasi delle varie linee di condotta tra cui possiamo scegliere, non soltanto una. Quindi è molto complesso.

Alcune persone dicono "Agisci spontaneamente," ma spontaneamente spesso significa in maniera nevrotica. Se il nostro bambino sta piangendo e la prima cosa che ci viene in mente è di dargli uno schiaffo, non diremmo che sia stata la decisione migliore solo perché era spontanea. Dobbiamo prendere in considerazione più cose differenti possibili quando prendiamo una decisione. Il più difficile, è come prendere decisioni in maniera sensibile, specialmente decisioni quali terminare una relazione oppure cambiare lavoro. Dobbiamo chiarire cosa  cosa ho voglia di fare, cosa voglio fare, cosa ho bisogno di fare e cosa mi dice la mia intuizione. Queste quattro cose possono essere diverse tra loro.

Per esempio, ho bisogno di mettermi a dieta, voglio mantenere la mia dieta, ma ho voglia di prendere un pezzo di dolce. La mia intuizione mi dice che dopo averlo fatto mi sentirò in colpa. Dobbiamo analizzare questi quattro aspetti della decisione, così come le ragioni per ognuno di essi. Forse abbiamo voglia di mangiare per ghiottoneria di dolci. Perché vogliamo perdere peso? È per motivi di salute, per vanità, oppure per essere più attraenti per trovare un partner? Dobbiamo anche considerare le conseguenze di ciò che facciamo e poi, in qualche modo, pesare tutti i diversi fattori e vedere quali sono validi e quali non lo sono. Per esempio, "Non voglio mangiare ora, non ho voglia di mangiare, ma se non mangio ora non avrò la possibilità di mangiare per tutto il resto del giorno. Quindi, sarà meglio che mangi qualcosa ora."

In questo modo, cerchiamo di prendere decisioni restando più possibile sensibili a tutti i diversi fattori. Questo è particolarmente importante nel prendere decisioni difficili. Con decisioni del tipo: mi metto una camicia blu o una camicia nera oppure cosa dovrei scegliere nel menù del ristorante – basta scegliere qualcosa, non è importante. Non vogliamo analizzare troppo. Prendere decisioni non è facile.

È molto interessante che uno dei sei atteggiamenti ed emozioni disturbanti radice è l'indecisione vacillante, il non essere in grado di prendere una decisione. Per superare questo stato mentale debilitante, possiamo usare l'analisi dettagliata di Dharma dei fattori che fanno sì che abbiamo voglia di fare qualcosa oppure che vogliamo qualcosa. Gli insegnamenti sul karma e i meccanismi della mente possono spiegare il sorgere di questi fattori in maniera molto complicata e sofisticata. In questo contesto, possiamo analizzare quali fattori vengono identificati come validi o non validi dalle varie scuole del Buddhismo tibetano.

Come facciamo a sapere che abbiamo preso la decisione giusta? Questo è il più difficile. A meno di non essere dei Buddha, non possiamo mai sapere se abbiamo preso la decisione giusta. Non conosciamo le conseguenze delle nostre azioni. Inoltre, dobbiamo essere aperti per possibili cambiamenti che possono accadere, specialmente in decisioni come il terminare una relazione. Questa è una decisione difficile. Dopo aver soppesato quanti più fattori possibili, dobbiamo discutere con l'altra persona e vedere come si sviluppano le cose.

In questa nostra discussione della vacuità, vacuità in questo contesto sarebbe l'assenza di qualcosa di intrinsecamente presente nella situazione che renderebbe una decisione quella giusta, dal proprio lato. Non esiste in questo modo; è dipendente da molte cose diverse. Non è che una cosa che noi possiamo decidere o dire darà origine, per sua propria forza, al risultato di quello che sta succedendo. Quello che succede nasce da un milione di cause differenti, non soltanto da quello che noi facciamo.

Può sembrare come se qualcosa che abbiamo fatto ha rovinato qualcosa e quindi siamo colpevoli, come se la nostra azione esistesse intrinsecamente e per sua propria forza ha rovinato le cose. Questo è come ci sembra e crediamo che sia, sentendoci quindi in colpa. Convenzionalmente, possiamo aver contribuito al pasticcio, ma certamente ciò che abbiamo fatto, per sua propria forza, non ha creato il pasticcio, in maniera indipendente da qualsiasi altra cosa. C'erano molte cause. Buddha ha detto che un secchio non è riempito né dalla prima, né dall'ultima goccia d'acqua. Viene riempito dall'insieme di tutte le gocce. Ci sono migliaia e migliaia di fattori che danno luogo ad un risultato e che sono responsabili di quello che accade.

Responsabilità e colpa

Per esempio, ho rovesciato il bicchiere d'acqua e fatto un pasticcio sul pavimento. Questo pasticcio non è soltanto perché ho buttato giù il bicchiere, ma per via di quell'idiota che ha messo il bicchiere sul bordo del tavolo, della persona che ha costruito il tavolo, del fatto che abbia una certa altezza e del fatto che la luce era tale che non l'ho visto – c'era un milione di fattori coinvolti.

Ma sicuramente la persona che ha costruito il tavolo o che ha messo il bicchiere sul bordo non sono responsabili del pasticcio. Noi siamo responsabili, e tuttavia non siamo colpevoli. Ho rovesciato il bicchiere ma questo non mi rende un idiota maldestro – intrinsecamente – tale che non mi puoi portare da nessuna parte perché rovescerò gli oggetti. Le persone prendono queste cose come la loro identità: "Sono maldestro" oppure "Non posso in alcun modo cambiare la lampadina senza romperla, quindi aiutami." Questi sono pensieri molto comuni. Tutti noi li abbiamo. Non stiamo parlando di qualche faccenda filosofica molto sofisticata; stiamo parlando della vita di tutti i giorni.

"Colpa" significa che c'è qualcosa di intrinseco in noi che ci rende una cattiva persona e che quello che abbiamo fatto era intrinsecamente cattivo. Abbiamo fatto qualcosa, identifichiamo ciò che abbiamo fatto come intrinsecamente negativo e noi stessi intrinsecamente come persone cattive, e poi ci attacchiamo a queste identificazioni e non le lasciamo andare. Con una comprensione della vacuità, comprendiamo che nulla e nessuno possa esistere in modo intrinsecamente "cattivo", stabilito indipendentemente dal loro lato. Quando capiamo questo in profondità, non ci sentiamo più in colpa, ma se comprendiamo correttamente la vacuità, capiamo anche che siamo responsabili delle nostre azioni.

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