Nove prospettive per un atteggiamento positivo verso noi stessi

Sviluppare un atteggiamento positivo e sano verso noi stessi

Passiamo ora allo stadio seguente dell’addestramento. Ora che abbiamo una base per l’equanimità – siamo rilassati per quanto riguarda queste emozioni disturbanti verso noi stessi – possiamo cercare di essere più gentili verso di noi, avendo un atteggiamento più positivo e sano. Per questo motivo vogliamo cercare di bilanciare il nostro atteggiamento per tutta la durata della nostra vita.

Abbiamo discusso la differenza tra l’“io” convenzionale, che esiste davvero – io sono qui, faccio questo, ecc. – e il falso “io”, questa persona orribile che non mi piace, questa persona meravigliosa che mi piace tanto o questo nessuno che ignoro. Quando sviluppiamo un atteggiamento più gentile e positivo verso noi stessi, questo è diretto all’io convenzionale, non al falso io. Non sto parlando di “Ok, non mi piaccio ma cercherò di essere un po’ più gentile verso me stesso. Mi sopporterò”; oppure “Mi piaccio tanto, sarò ancora più gentile e indulgente con me stesso”, oppure “Mi dispiace tanto per me stesso, sono un poverino, una nullità. Per pietà, sarò un po’ più gentile ma in realtà non me lo merito”. Tutti questi pensieri sono ancora rivolti al falso “io”.

Così per sviluppare questo atteggiamento più positivo verso il nostro “io” convenzionale dobbiamo pensare a tutta la nostra vita. Da un punto di vista buddhista potremmo pensare a molte vite ma possiamo, più semplicemente, pensare solo a questa vita. Ci sono delle riflessioni buddhiste che possiamo applicare qui: “Ho una preziosa rinascita umana, ho l’opportunità di potermi migliorare. Anche se fossi nato in una famiglia molto povera in un luogo in cui la vita è difficile, con guerre, ecc., nondimeno sono un essere umano con una mente, delle emozioni e ho gli strumenti con cui lavorare per cercare di migliorarmi”. Anche se viviamo in situazioni esterne difficili – ambientali, sociali o perfino di salute – siamo comunque vivi. Siamo esseri umani, non insetti. Abbiamo interesse nell’essere in grado di sviluppare noi stessi in un modo che chiameremmo più “spirituale”, non solo per fare più soldi.

Le nove prospettive

Ci sono nove diversi punti di vista con i quali possiamo esaminarci ed equilibrare il nostro atteggiamento verso noi stessi. Questo è leggermente diverso dall’equanimità che abbiamo discusso prima. L’equanimità (il primo livello) è uno stato mentale libero da emozioni disturbanti verso noi stessi. Ora parliamo di come sviluppare un atteggiamento equo di gentilezza, un atteggiamento positivo verso noi stessi in tutte le situazioni. L’enfasi qui è leggermente diversa. Come possiamo essere più gentili con noi stessi? Non mi riferisco all’essere più gentili nel senso di viziarci, come si fa con i bambini, ma in un modo più sano, essendo più positivi verso noi stessi, come quando ci prendiamo cura di noi mangiando e dormendo in modo adeguato, ponendo dei limiti rispetto a quello che possiamo fare, ecc.

Il porre dei limiti, tra l’altro, ha due significati in questo contesto. Uno consiste nel riuscire a dire di ‘no’ quando qualcosa è davvero distruttivo e dannoso, sia rispetto a qualcosa che una persona sta compiendo nei nostri confronti nell’ambito di una relazione non sana, diciamo, o nei termini di fare qualcosa di molto pericoloso e inutile. Significa essere in grado di dire ‘no’. L’altra variante è conoscere i limiti, quando qualcosa è esagerato rispetto al lavoro, agli obblighi, ecc. se è troppo e noi continuiamo in quel modo, ci faremo male. Significa essere capaci di dire “È abbastanza! Non ce la faccio più, devo riposarmi”.

La seconda variante – sapere quando riposarsi – è molto importante per lo sviluppo dell’entusiasmo. Se non ci riposiamo mai, se non prendiamo mai una pausa, il nostro entusiasmo diminuisce e non abbiamo voglia di continuare quando ritorniamo al nostro lavoro. Però non vogliamo nemmeno trattarci sempre come dei bambini. Per esempio il mio maestro Tsenciab Serkong Rinpoche per il quale ero solito tradurre – quando ero davvero esausto e mi sembrava di non poter più continuare, mi faceva sempre continuare per altri cinque minuti. Diceva sempre che non importa quanto si è stanchi, si può sempre continuare per altri cinque minuti. Non puoi fare un’ora in più, ma puoi fare cinque minuti in più, e così i tuoi limiti e la tua resistenza aumentano. In questo modo non rimani sempre come un bambino, ma cresci. Sia che tu stia traducendo sia che tu ti stia allenando per uno sport, qualunque cosa: penso che questo sia un metodo molto utile, almeno lo è stato per me.

1. Ci sono state volte in cui ho avuto un atteggiamento positivo verso me stesso

La prima di queste è pensare “In diversi periodi della mia vita sono stato gentile con me stesso, sia da piccolo sia da adolescente, ecc. Ci sono state infatti delle volte in cui lo sono stato. Sia che io sia stato gentile con me stesso, con un atteggiamento positivo in un certo momento della mia vita, sia che lo sia stato 15 minuti fa o 15 anni fa, comunque sono stato gentile. Si tratta solo di differenze di tempo, ma l’oggetto sono sempre ‘io’. Sono stato gentile con me stesso e mi sono sentito bene: questo è un fatto. La conclusione è che sono capace di farlo”.

Riflettiamoci su: non c’è nessuna differenza rispetto a quando abbiamo avuto questo atteggiamento positivo verso noi stessi e ci siamo trattati gentilmente. L’abbiamo avuto in un momento o in un altro o in certi momenti della nostra vita, quindi ne siamo capaci.

[Pausa per la pratica]

2. Ho avuto un atteggiamento positivo verso di me più spesso di quanto ne abbia avuto uno negativo

Il secondo punto: potremmo obiettare e pensare che “Bè, solo in alcuni momenti ho avuto un atteggiamento positivo verso di me. Per la maggior parte del tempo sono stato piuttosto negativo e non mi sono amato affatto”. Ma se ci pensiamo vedremo che la nostra gentilezza è stata più vasta e più frequente delle volte in cui ci siamo maltrattati. Dopotutto ogni giorno mi nutro (tranne quando ero un neonato e mia madre mi nutriva), mi lavo i denti, dormo – faccio quello che è necessario per prendermi cura di me stesso e dei miei bisogni essenziali; altrimenti non sarei vivo. Sebbene potremmo considerarle insignificanti, in realtà sono molto importanti. Non importa quanto negativi siamo stati con noi stessi, noi continuiamo a mangiare, a dormire, a vestirci e ad affrontare la vita, no? Questo fatto, se lo analizziamo, è una dimostrazione del nostro essere gentili con noi stessi. Da questa prospettiva siamo stati gentili con noi più frequentemente di quanto ci siamo trattati male. “Potrei non aver mangiato adeguatamente, ma ho mangiato qualcosa. Forse non ho dormito abbastanza, ma ho dormito”. Pensateci.

[Pausa per la pratica]

È piuttosto interessante analizzare ora il motivo per cui tendiamo a sottolineare episodi o periodi in cui ci siamo trattati male. Secondo me è perché c’è una componente emotiva molto forte – una componente emotiva disturbante – durante quei periodi, rispetto a quando semplicemente ci nutriamo e mangiamo. Non ci sono emozioni forti lì, vero? Poiché l’emozione è forte, soprattutto se è un’emozione disturbante, tendiamo a considerarla come più reale, in un certo senso, il che è assurdo. Come può un episodio della nostra vita essere più reale di un altro? Sono tutti accaduti.

Ci sono molti esempi che mi vengono in mente in cui ci siamo trattati male e, a causa del fatto che sono coinvolte delle forti emozioni disturbanti, questi aspetti ci sembrano più reali degli altri aspetti meno drammatici della nostra vita. Per esempio ci troviamo in una relazione non sana, piuttosto offensiva e l’altra persona ci tratta o ci parla in modo negativo; non necessariamente ci deve picchiare. Tuttavia, il fatto che rimaniamo in una relazione simile è basato, di solito, su una grande dose di attaccamento e d’insicurezza. Siamo così attaccati che non vogliamo dire di ‘no’ perché abbiamo paura di essere abbandonati. “Povero me, non ho nulla”. Quando pensiamo alle nostre vite, tali aspetti negativi sembrano molto più importanti del fatto che ci laviamo i denti ogni giorno e siamo andati a scuola.

Un altro esempio sono le persone che mangiano troppo e diventano obese. Di solito hanno un atteggiamento piuttosto negativo verso loro stesse e hanno l’ingenuità di pensare che in qualche modo possono superarla con il piacere del mangiare. Ciò è piuttosto ingenuo ed è anche mescolato all’attaccamento, ma è basato su un’autostima molto bassa, un atteggiamento verso di sé molto negativo. Pensate all’anoressia, alla bulimia – queste sindromi in cui ci si digiuna o in cui si vomita dopo aver mangiato. Anch’esse sono basate su una scarsa autostima: “Devo essere perfetto, ma non lo sono”. Abbiamo un’idea piuttosto distorta su ciò che sia la perfezione e quindi ci trattiamo molto male, con un disturbo alimentare che possa corrispondere alla nostra idea distorta.

Come ho detto, anche se le volte in cui ci siamo trattati bene, ci siamo presi cura di noi potrebbero non essere state emotivamente drammatiche, non sono meno reali di questi episodi emotivi più drammatici. Se li esaminiamo obiettivamente superano di gran lunga le volte in cui siamo stati negativi verso di noi. Riflettiamoci ancora un istante prima di continuare.

[Pausa per la pratica]

Quando confrontiamo l’essere stati gentili o meno verso noi stessi, ci riferiamo all’aver assunto droghe, bevuto alcolici, fumato sigarette, ecc. e all’aver capito quanto siano state autodistruttive? Per quanto mi riguarda, ho un conflitto rispetto al fumare in cui da una parte mi dico di non farlo e dall’altra accondiscendo al fumare, pensando che oggi non sia il giorno giusto per smettere. Di cosa si tratta?

È possibile avere due atteggiamenti conflittuali in situazioni in cui facciamo qualcosa di autodistruttivo come prendere droghe, alcolici o fumare. Da una parte riconosciamo che questo è distruttivo, è dannoso, ma dall’altra abbiamo l’attaccamento che esagera qualunque effetto o qualità positiva derivante da queste sostanze, ignorandone gli svantaggi. Dal punto di vista buddhista si analizzano i fattori mentali che sono coinvolti in questo stato mentale. Qui si ha la consapevolezza discriminante che fumare ci fa male, ma c’è anche l’attaccamento. In questo caso, non solo la consapevolezza discriminante non è più forte dell’attaccamento, sembra che l’attaccamento sia più forte. Nota che tutti questi aspetti mentali hanno uno spettro cha va dall’essere molto deboli all’essere molto forti.

In questo stato mentale è anche presente una titubanza indecisa: “Non dovrei fumare? Dovrei o no bere un altro bicchiere?”. C’è indecisione – non si è sicuri su cosa fare, il che è uno stato mentale destabilizzante – e un autocontrollo o disciplina molto debole, disciplina per dire ‘no’ all’attaccamento e andare avanti nella direzione della consapevolezza discriminante la quale capisce che è dannoso per noi.

In questo caso dobbiamo rafforzare la nostra consapevolezza discriminante, che significa riaffermarla, ricordarla, esserne consapevoli. La ritenzione mentale è il collante della mente che incolla e ti impedisce di dimenticare. Dobbiamo inoltre dare un’importanza maggiore alla disciplina, l’autodisciplina, quando abbiamo voglia di fumare un’altra sigaretta o di bere un altro bicchiere. È solo per abitudine, quindi non ne saremo schiavi. Shantideva, un grande maestro buddhista indiano, l’ha spiegato molto bene. Parafrasando le sue parole – rispetto alle nostre menti, parlando delle nostre emozioni disturbanti: “Sono stato vostro schiavo troppo a lungo, mi avete causato nel tempo abbastanza danni e problemi. È finito il tempo in cui potete causarmi tutti questi problemi”.

Richiede molta forza di volontà dire che è abbastanza. Naturalmente non è così facile, ma quella è realmente la vera strada, all’inizio, per fermare un’abitudine autodistruttiva come il fumare. Naturalmente dobbiamo penetrare sempre più profondamente nella questione e trovare cosa ci sia al disotto delle nostre emozioni disturbanti, ma il primo passo è semplicemente la disciplina, l’autocontrollo, il dire: “Basta! Anche se voglio bere un altro bicchiere, non importa. E allora?”. Qualunque sia la situazione. “Mi piacerebbe mangiare un'altra fetta di torta, ma so di essere solo un maiale, sono veramente pieno. Ho mangiato abbastanza” e così dici di ‘no’, anche se ovviamente avresti voluto mangiarne un altro pezzo. “Mi piacerebbe stare a letto di più la mattina ma devo alzarmi”. Ci sono molti esempi della nostra vita a cui possiamo pensare per riaffermare che abbiamo l’abilità di esercitare l’autocontrollo – anche se ci piacerebbe stare a letto più a lungo.

La tua domanda riguarda il primo dei nove punti: riconfermare che abbiamo la capacità di essere gentili con noi stessi. A volte pensiamo di essere incapaci, ma non lo siamo. Semplicemente sminuiamo gli esempi in cui siamo stati capaci.

3. Dovrei avere un atteggiamento positivo perché potrei morire in ogni momento

Il terzo punto per sviluppare questa atteggiamento equo verso noi stessi è pensare alla morte, soprattutto pensare che la morte potrebbe giungere in ogni momento, non c’è bisogno di essere malati: possiamo essere investiti da un camion in ogni momento.

Pensiamo così che questi potrebbero essere i miei ultimi istanti, la mia ultima ora. Immaginiamo di essere un prigioniero che sta per essere giustiziato; non dobbiamo essere dei criminali, potremmo essere in guerra e ci stanno per sparare. Come vorremmo trascorrere la nostra ultima ora? Pensando, con odio verso di noi, a quanto orribili siamo stati e siamo? O indulgendo verso noi stessi, abbuffandoci di gelato o facendo quanto più sesso possibile durante quest’ultima ora? Oppure ignorando i miei bisogni per avere uno stato mentale calmo quando mi spareranno, per esempio continuando a leggere un libro o un giornale di moda in quest’ultima ora? Guardando la televisione cercando di negare il fatto che questa sia la mia ultima ora? Ovviamente trascorrere l’ora finale con un atteggiamento disturbante di rabbia, attaccamento esagerato o ingenuità verso noi stessi sarebbe uno spreco del tempo prezioso che ci è rimasto.

Similmente, avere un atteggiamento disturbante verso di noi è uno spreco di tempo per tutto il resto della nostra vita: potremmo morire in ogni istante. Pensare così ci aiuta a sviluppare sempre un atteggiamento equo nei nostri confronti. Penseremo in ogni situazione: “Sarò gentile con me stesso, cercherò di avere una mente calma e di essere in pace con me stesso, perché potrei morire in un attimo”. Pensare così è un modo per diventare più gentili con noi. Riflettiamoci.

[Pausa per la pratica]

4. Voglio essere felice

Il quarto punto consiste nel fatto che voglio essere felice e non voglio essere infelice; credo che valga per tutti.

Pensiamo a come ci trattano gli altri: “Non mi piace se gli altri mi respingono o mi trattano male, no? Non mi piace quando gli altri si attaccano a me o sono troppo protettivi, preoccupandosi sempre per me. Non mi piace nemmeno quando mi ignorano completamente: sono infelice quando mi trattano in uno di questi modi”.

Poi pensiamo a come ci trattiamo: “In realtà quando non mi tratto bene non sono felice, no? Anche quando sono completamente preoccupato per me e troppo protettivo per la mia salute, ipocondriaco, ecc., non è uno stato mentale felice. Quindi se non voglio che gli altri mi trattino così perché dovrei trattarmi io in questo modo? Mi rende solo infelice, sia che mi tratti così qualcun altro, sia io stesso. In realtà voglio essere felice, non voglio essere infelice, non mi piace essere infelice, quindi perché dovrei creare la mia infelicità? Ci sono così tante persone che possono rendermi infelice. Perché rendermi infelice?”. Pensateci.

[Pausa per la pratica]

5. Ho diritto a essere felice

Il punto seguente, il quinto: per tutta la vita ho diritto a essere felice e di trattarmi bene, non solo a volte. Pensate: “Ho diritto a essere felice? Sento che me lo devo guadagnare, meritare, che è una sorta di ricompensa? Oppure ho il diritto a essere felice, al di là di quello che faccio?”.

[Pausa per la pratica]
 
In realtà questo è un punto interessante. Ci stiamo addentrando nel pensiero socialista o si tratta solo di un diritto umano fondamentale, il diritto di essere felice? I diritti umani fondamentali non implicano necessariamente un sistema politico socialista, giusto?

6. Ho diritto a non essere infelice

Il sesto punto è abbastanza simile: per tutta la vita ho il diritto di non essere infelice e ho il diritto di non trattarmi male, non solo occasionalmente.

Nel quinto e nel sesto punto si parla di un atteggiamento equo per tutta la durata della vita, non solo di qualche volta in cui potremmo avere il diritto di essere felici e non infelici: sempre. Non è solo che io voglio essere felice e non essere infelice: ho il diritto fondamentale per quello, non è qualcosa di irragionevole da volere. Non c’è nulla di sbagliato in me se voglio essere felice.

[Pausa per la pratica]

7. I grandi maestri non mi vedono come un essere veramente orribile, veramente meraviglioso o veramente insignificante

Il seguente, il settimo: se io fossi veramente orribile, o davvero speciale e incredibile, o una nullità, allora i Buddha e i grandi maestri mi vedrebbero in quel modo, ma non lo fanno.

Questo è difficile se non abbiamo mai incontrato un Buddha (probabilmente è così per noi) e se non siamo vicini a nessun grande maestro spirituale. Ma ho avuto il privilegio di essere vicino ad alcuni grandi maestri spirituali – Sua Santità il Dalai Lama, i suoi maestri, ecc. – e vi posso dire, per mia esperienza, che nessuno è speciale per loro: sono tutti uguali, loro sono ugualmente aperti a tutti.

Ricordo sempre l’esempio del mio maestro principale, Tsenciab Serkong Rinpoche. Sono stato il suo interprete per nove anni, ho girato il mondo con lui, ero con lui quando incontrò il Papa precedente e quando incontravamo gli ubriaconi per la strada. Era lo stesso con tutti, sia con il Papa sia con gli ubriaconi. Lo stesso è vero per Sua Santità il Dalai Lama quando incontra i presidenti dei vari paesi o semplicemente persone ordinarie. Quando lui si presenta ad un evento e saluta la gente, ha la stessa apertura, lo stesso calore. Nessuno è speciale. Non significa essere freddi e privi di emozioni verso tutti, egualmente; significa essere aperti, caldi, gentili e felici di incontrare chiunque.

Ero sempre meravigliato con Serkong Rinpoche perché, quando viaggiavamo nei molti centri buddhisti del mondo, lì trovavamo solitamente un maestro tibetano. Sembrava che Rinpoche non avesse nessun migliore amico. Non importava con chi fosse, si comportava con quei maestri tibetani come se fossero i suoi migliori amici. Era davvero straordinario: era lo stesso con ciascuno di loro.

Se noi fossimo veramente orribili, veramente speciali e magnifici o davvero delle nullità, i Buddha e i grandi maestri ci vedrebbero come tali, ma non lo fanno. Se fossimo davvero così ci vedrebbero in questo modo, ma non lo fanno. Infatti potremmo includere in questo primo punto che non solo i guru, ma chiunque ci dovrebbe vedere in questo modo, ma non è così.

[Pausa per la pratica]

È davvero divertente se analizziamo, perché noi spesso diciamo: “Ok, non mi conoscono veramente; se mi conoscessero, saprebbero che persona orribile io sono. Ma non mi conoscono veramente. In questo modo ci identifichiamo ancora con il falso ‘io’, scegliendo solo i nostri aspetti negativi, esagerandoli e dimenticandoci di tutti gli altri nostri aspetti. Come ho detto molte altre volte, noi tutti abbiamo dei punti di forza e dei punti deboli. Non c’è nulla di speciale in questo – un po’ di più di quella qualità, un po’ di meno di quell’altra, ma nulla di speciale.

8. Possiedo delle qualità e delle caratteristiche che possono cambiare

Il punto seguente, l’ottavo, consiste nel fatto che, se io fossi davvero una persona orribile, davvero fantastica o una nullità insignificante, dovrei essere sempre così. Non potrei mai cambiare, così come l’atteggiamento verso noi stessi non potrebbe cambiare mai. Ma non è così: le circostanze cambiano, i nostri atteggiamenti verso noi stessi cambiano, se consideriamo il corso delle nostre vite. Pensate solo all’atteggiamento che abbiamo quando siamo di buon umore o di cattivo umore. È piuttosto chiaro che cambiano. La confusione qui è che ci pare in qualche modo di essere intrinsecamente delle buone persone, o intrinsecamente delle cattive persone, o intrinsecamente delle nullità – come se questa fosse la nostra vera natura, assolutamente non dipendendo dal nostro umore, da quello che accade, da un periodo diverso della nostra vita o da qualunque cosa.

C’è una grande differenza qui quando parliamo solo di ‘me’ come persona. Essere una persona, un individuo, è un fenomeno neutro, né buono né cattivo. Una mano non è né buona né cattiva: una mano è solo una mano. Ora alcune cose che potremmo aver compiuto sono distruttive o negative, altre positive, altre cose che ci sono accadute potrebbero essere state dolorose, altre piacevoli. È qualcosa di diverso. Ma come persone non siamo né buoni né cattivi e, come parte della natura umana vogliamo essere felici e non vogliamo essere infelici. Tutti lo vogliono. Il diritto ad essere felice e a non essere infelice è un diritto umano fondamentale.

I difetti possono essere superati, non sono qualcosa di permanente e immutabile. Se abbiamo commesso degli errori nel corso della vita – alcuni errori possono essere rimediati; con gli altri, li si affronta e ne si trae il meglio. Se per esempio hai fatto un investimento sbagliato e hai perso dei soldi, cerchi di trarne il meglio. Se hai perso dei soldi li hai persi, non c’è nulla da fare. Cerca allora di rimediare la situazione. La realtà è: “Ok, ho perso dei soldi. Cosa posso fare adesso?”. O potrei aver commesso uno sbaglio. Questo non mi fa diventare una cattiva persona, come persona. È stato un errore stupido, solo questo. Dobbiamo distinguere qui tra ‘io’ come persona da quello che potrei aver fatto (o varie caratteristiche e qualità che potrei avere che possono mutare a seconda delle circostanze).

[Pausa per la pratica]

9. Il mio atteggiamento verso me stesso cambia a seconda della situazione

Ciò ci porta al nono punto. Se io fossi veramente una persona orribile – o così stupenda e insignificante – dovrei essere stato sempre così per tutta la vita e non solo in alcune situazioni, quando è accaduto qualcosa; ma questo è impossibile.

Qui non stiamo parlando dell’essere intrinsecamente stupendo, terribile, ecc. ma dell’atteggiamento verso noi stessi. Se fossi definitivamente in un modo, il mio atteggiamento dovrebbe sempre essere stato quello, al di là della situazione. Però di fatto il mio atteggiamento cambia ed è cambiato in passato, a seconda delle varie situazioni – successi, fallimenti, buone scelte, scelte sbagliate, decisioni sbagliate.

Quindi non ha senso avere questo atteggiamento disturbante verso noi stessi: “Questo è il modo definitivo in cui sono, al di là di ciò che succede”. Non deve essere così. Possiamo cambiare se capiamo che le nostre sensazioni verso noi stessi sono sempre dipese da circostanze o situazioni, ma essenzialmente non c’è nulla di sbagliato, non c’è nulla di speciale in me. Allora possiamo sempre avere un atteggiamento equo verso noi stessi di gentilezza e rispetto. Il rispetto per noi stessi è molto importante.

Penso che, soprattutto ma non solo come praticanti buddhisti, tendiamo a pensare che dobbiamo essere perfetti e se non lo siamo pensiamo di essere cattivi, di essere dei falliti. “Non sono bravo, sono un fallimento”. Dobbiamo però ricordare a noi stessi che “io non sono ancora un Buddha; sono solo un essere umano comune e gli esseri umani comuni commettono errori. Solo perché faccio degli errori, non c’è nulla di speciale in questo, no? Cosa dovrei aspettarmi? Non c’è motivo di odiare me stesso, di avere una tale bassa considerazione di me stesso, solo per un errore. È un’aspettativa irrealistica pensare che non commetterò mai errori e che non fallirò mai in quello che cerco di fare. Naturalmente a volte fallirò. Tutti gli eventi sfortunati che avvengono capitano a causa di varie circostanze ma, al di là di quello che mi succede, sono solo una persona, un fenomeno neutro”.

Cerchiamo di fare del nostro meglio e di imparare dai nostri errori senza giudicarci come fantastici o orribili.

[Pausa per la pratica]

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