18 pratiche che creano una connessione stretta

Punto 6

Il sesto punto consiste in 18 pratiche che ci legheranno fortemente a questo allenamento del nostro atteggiamento. Il settimo contiene ventidue punti per purificare e allenare i nostri atteggiamenti. Si tratta di liste lunghe, ma sono anche meravigliose linee guida su come essere meno egoisti e più interessati agli altri. Aggiungerò alcuni dettagli per ogni singolo punto, che è utile e necessario, poiché le espressioni tibetane sono alquanto oscure. Se non riceviamo una spiegazione chiara, può essere davvero difficile comprenderne il significato.

La parola sanscrita samaya (dam-tshig in tibetano) si riferisce a pratiche che formeranno una connessione stretta, che ci terrà strettamente connessi all’allenamento dei nostri atteggiamenti. Ci sono alcune cose che abbiamo bisogno di evitare, mentre altre sono azioni che abbiamo bisogno di mettere in pratica.

(1-3) Devo addestrarmi sempre nei tre punti generali:

Il primo dei tre punti generali è, (1) Non devo contraddire ciò che ho promesso. Un modo di interpretare questo è, ad esempio, quando stiamo allenando i nostri atteggiamenti, dobbiamo stare attenti a non ignorare cose come l’astenersi dalle dieci azioni distruttive. Le persone potrebbero sentire che “Sto praticando come un bodhisattva, e dunque posso fare quello che voglio”, ma questo non è un comportamento appropriato.

Questo è un punto difficile, ma interessante. Un esempio controverso potrebbe essere quello di evitare l’alcol, che è uno dei voti laici per la liberazione individuale (voti di pratimoksha). Potremmo dire, “Sono un bodhisattva, e sto cercando di aiutare gli altri. Bere è un’usanza locale nel mio paese, quindi se non bevo con i miei amici non saranno aperti e ricettivi nei miei confronti. Dunque, ignorerò quest’insegnamento sull’evitare l’alcol perché voglio aiutare gli altri”. Ovviamente possono esserci circostanze in cui questo potrebbe essere un modo appropriato di pensare, ma abbiamo bisogno di stare attenti a non usarlo come scusa per bere alcol, semplicemente perché ci piace berlo. Inoltre, abbiamo bisogno di stare molto attenti che questo atteggiamento non nasconda un sentore che l’insegnamento del Buddha riguardo l’alcol sia stupido, e noi non siamo d’accordo.

In generale, ci sono cose che sono naturalmente distruttive che ognuno di noi ha bisogno di evitare. Poi abbiamo cose che il Buddha consiglia di evitare, se puntiamo a raggiungere certi obiettivi. Uccidere è qualcosa di naturalmente distruttivo, e tutti dovrebbero evitarlo. Bere alcol può far parte di una categoria o dell’altra, ma a prescindere da questo, se vogliamo superare l’influenza di emozioni disturbanti come la rabbia, l’avarizia, l’attaccamento, l’ingenuità e così via, allora abbiamo bisogno di evitare l’alcol. Perché? Semplicemente perché ci rende più suscettibili ad essere sotto il controllo di queste emozioni disturbanti. Fondamentalmente, è una nostra scelta! Dipende da quello che vogliamo fare con le nostre vite. Se il nostro obiettivo principale è di superare queste emozioni disturbanti, in modo tale da poter aiutare di più gli altri, allora abbiamo bisogno di evitare l’alcol. Se davvero non ci importa, allora possiamo fare quello che vogliamo.

Abbiamo bisogno sempre di essere onesti con noi stessi, ed esaminare la nostra motivazione per bere in un contesto sociale. Comprendiamo davvero ciò che il Buddha disse sull’alcol, e perché? Bere con i nostri amici è davvero il modo migliore per aiutarli? Ci sono altri modi in cui potremmo ugualmente rilassarci, senza gli effetti collaterali? Se la nostra motivazione è di aiutare i nostri amici a rilassarsi, allora sicuramente possiamo trovare altri modi che non includono bere con loro. Se abbiamo preso vari voti, come il promettere di non bere alcol, allora è importante non romperli.

Quando ci alleniamo per aiutare gli altri, deve essere sia al livello mentale che a quello fisico. Molte persone pensano di poter fare offerte d’acqua e immaginare di dare cose agli altri, ma poi non devono fare nulla al livello fisico. Ad alcune persone piace fare tutto a livello mentale, e semplicemente meditare; sentono che non hanno bisogno di fare pratiche fisiche come le prostrazioni o l’offerta del mandala. Questo squilibrio viene affrontato anche in questo primo punto. Abbiamo bisogno di comprendere come le prostrazioni e le offerte del mandala si applicano alla vita quotidiana. Non è sufficiente fare solo un’offerta del mandala; dovremmo anche offrire tutto ciò che possiamo agli altri, e questo include il nostro interesse, il tempo, e l’energia. È la stessa cosa per le prostrazioni: non è una buona pratica mostrare rispetto ad una statua del Buddha ma non ai nostri genitori, amici, e altre persone. Tutte queste cose devono anche essere applicate alla vita quotidiana.

Il secondo dei tre punti è (2) Non devo cacciarmi in comportamenti oltraggiosi. Un comportamento oltraggioso sarebbe fare qualcosa di assolutamente ridicolo. È come andare all’insegnamento di un grande lama con una minigonna, mostrando tutto. Questo sarebbe oltraggioso, e non sarebbe un comportamento decoroso. Se lavoriamo sulla pratica Mahayana in cui addestriamo i nostri atteggiamenti, allora non dovremmo pensare di poter fare cose oltraggiose come buttare rifiuti per terra o inquinare l’ambiente. Non dovremmo neanche pensare di essere immuni a qualunque danno perché possiamo trasformare le situazioni dannose in situazioni positive. Un’altra cosa oltraggiosa è essere un ipocrita con la nostra pratica. Quando ci troviamo con altre persone siamo molto carini, ma a casa cacciamo le zanzare come se fossimo in un safari in Africa. Questo è vergognoso!

Il terzo punto generale è (3) Non devo cadere nella parzialità, che significa praticare soltanto con i nostri amici e parenti, e ignorare le persone con cui abbiamo effettivamente delle difficoltà. Se stiamo cambiando i nostri atteggiamenti, abbiamo bisogno di lavorare con situazioni e persone difficili. Un esempio di parzialità spesso utilizzato dai tibetani è che se qualcuno in una posizione superiore ci rimprovera, lo possiamo accettare con gratitudine, ma se si tratta di qualcuno in una posizione inferiore, ci arrabbiamo e ne siamo turbati. Solitamente pratichiamo la pazienza con il nostro capo, perché altrimenti potremmo perdere il lavoro, ma non con qualcuno in una posizione inferiore.

Nella società tibetana, le persone in generale trovano che sia più facile praticare con amici e parenti che non con estranei. Per molte persone in occidente, tuttavia, è esattamente l’opposto. Per noi spesso è molto più difficile praticare con i parenti, perché ci irritano molto di più di quanto farebbe un estraneo o un nostro amico. Per non essere parziali, ovviamente abbiamo bisogno di praticare allo stesso modo con questi due gruppi di persone.

(4) Devo trasformare le mie intenzioni, ma rimanere normale.

Questo significa che abbiamo bisogno di rimanere normali nel nostro comportamento. Sebbene potremmo cercare di sviluppare compassione per tutti, se ci mettiamo in mostra piangendo di fronte agli altri, potremmo sembrare pretenziosi. Ovviamente, è ridicolo se una persona sofferente deve consolarci, invece di fare il contrario! Il punto qui è di non essere indulgenti con le nostre emozioni forti, e di non mostrarle quando sarebbe inappropriato.

Penso che abbiamo bisogno di chiarire questo punto per il contesto occidentale. Quando siamo con altre persone che ci raccontano una storia triste, abbiamo bisogno di fare qualche gesto con cui riconosciamo di provare qualcosa, e non possiamo semplicemente sederci con un’espressione piatta sul nostro volto. Quando facciamo dei gesti fisici di comprensione, come l’abbracciarli, ovviamente è importante che siano a loro agio, e noi dobbiamo essere abbastanza sensibili da comprendere che gesto possiamo fare. Alcune persone vogliono una spalla su cui piangere, ma altre potrebbero mettersi sulla difensiva se le persone mostrano compassione per loro. Ecco perché la pratica del tonglen dovrebbe essere sempre fatta in maniera privata, senza che la persona o chiunque altro sappia quello che stiamo facendo.

Molte persone che fanno i primi passi nel Buddhismo cominciano a camminare con un rosario attorno al collo o al polso come se fosse un gioiello. Potrebbero incontrare qualcuno che ha problemi e dire “Stiamo insieme e diciamo OM MANI PADME HUM!”. Ma questo potrebbe irritare le persone, o potrebbero pensare che siamo diventati matti. È davvero importante rimanere delle persone normali. Possiamo recitare i mantra nella nostra mente, e non dobbiamo farlo ad alta voce e certamente non abbiamo bisogno di un rosario in mano quando siamo con altre persone.

Poi c’è tutta questa storia del curare, in cui le persone danno spettacolo ponendo le mani sul corpo della gente eccetera. I tibetani dicono che questo è un invito a ricevere interferenze, perché quando non funziona, come accade in molti casi, allora stiamo solo ingannando noi stessi e gli altri. Nel Buddhismo, la pratica principale curativa è il tonglen, e come abbiamo detto, se ci impegniamo in questa pratica non ne parliamo mai con gli altri. Se funziona, non diciamo, “Oh, l’ho fatto per te! Per favore pagami o ringraziami!”, o qualunque altra cosa. E se non funziona, allora non abbiamo fatto una brutta figura.

Rimanete normali in modo tale che nessuno sappia ciò che stiamo facendo. Anche in termini delle preghiere che facciamo prima di mangiare eccetera, è meglio farle in silenzio nella nostra mente. Se siamo con altri Buddhisti, è una cosa, ma se cominciamo a dire “Om Ah Hum” quando siamo con le nostre famiglie non buddhiste, ciò potrebbe creare sentimenti negativi.

(5) Non devo parlare degli aspetti difettosi o deteriorati degli altri.

I tibetani dicono sempre, non dire a una persona cieca che è cieca. Se qualcuno non è molto intelligente, non dirgli che è stupido. La persona sa di non essere intelligente, e quindi non dobbiamo rincarare la dose. Questo è interessante perché ci porta all’argomento del senso dell’umorismo e del sarcasmo. Potremmo essere molto sarcastici nei confronti degli altri e potremmo trovarlo divertente, ma in realtà potremmo effettivamente ferire molto i loro sentimenti. Alcune persone potrebbero pure pensare che essere sarcastici gli uni con gli altri sia un segno di amicizia, ma qui dobbiamo esaminare la cultura in cui ci troviamo, e quale sia la nostra intenzione.

Negli Stati Uniti, le persone usano molto il sarcasmo, prendendosi in giro per svariati motivi, come il fatto che tu possa avere un nasone oppure una moglie brutta. Ci sono commedie molto crude, dove le persone cadono per le scale e tutti ridono. Lanciano torte in faccia e tutti ridono. Poi abbiamo cartoni animati violenti, in cui gatti vengono schiacciati da grandi martelli eccetera. E questo è per i bambini! È davvero strano se ci pensiamo su.

Comunque, sebbene potremmo pensare che il sarcasmo e parlare dei difetti degli altri sia qualcosa di innocente e divertente, in effetti questo ferisce i sentimenti delle persone.

(6) Non devo rimuginare sui (difetti) degli altri.

Questo significa che non dovremmo cercare difetti negli altri, oppure quando vediamo che hanno difetti, di criticarli costantemente. La nostra relazione con un maestro spirituale, ad esempio, deve concentrarsi sulle buone qualità del maestro, perché è questa la nostra fonte di ispirazione. Non neghiamo le debolezze del maestro, ma non ci fissiamo su di esse perché questo ci porterà solo alla depressione. Se vediamo dei difetti nel nostro maestro, l’istruzione che si dà consiste nel vedere se sono delle nostre proiezioni. Ad esempio, se i nostri genitori non ci hanno seguito molto, potremmo pensare che il maestro faccia lo stesso, anche se in realtà il motivo è che è molto impegnato e viaggia tanto. Se siamo riusciti ad eliminare i difetti che abbiamo proiettato, e scopriamo che ci sono ancora dei veri difetti, allora, senza negarli ciecamente, ci concentriamo sulle qualità positive invece che sui difetti.

In generale, tuttavia, questo approccio si può applicare a tutte le nostre relazioni. Se stiamo cercando di aiutare gli altri, focalizzarsi sui loro difetti affinché possano superarli è una cosa, ma normalmente siamo irritati dai difetti degli altri. Se ci concentriamo sulle loro buone qualità, questo ci motiverà a pensare positivamente su di loro. Vogliamo sviluppare l’atteggiamento per cui ci prendiamo cura degli altri, e dunque lamentarsi dei difetti degli altri non è utile.

Spesso siamo molto critici delle persone più vicine a noi. Ad esempio, molte persone si aspettano che i loro figli o genitori siano perfetti, e se questo ideale non viene soddisfatto, diventano molto critici. Siccome nessuno potrà mai essere perfetto, è molto meglio concentrarsi sulle loro buone qualità, invece di focalizzarsi sulle debolezze. Quello che abbiamo bisogno di avere è una visione realistica dell’altra persona.

(7) Devo innanzitutto purificare me stesso da qualunque emozione disturbante sia la più grande.

Che si tratti di rabbia, attaccamento, o gelosia, per prima cosa dovremmo cercare di superare i nostri problemi emotivi più difficili. Le nostre varie emozioni disturbanti ci impediscono di aiutare gli altri, e dunque abbiamo bisogno onestamente di esaminarci per capire quale sia il nostro problema più grande. Invece di aver paura di affrontarlo, come si dice nelle istruzioni sul tonglen abbiamo bisogno di guardarlo in faccia. Per fare questo possiamo imparare molti metodi, alcuni dei quali funzioneranno in certe situazioni e altri in occasioni differenti. È importante avere una varietà di metodi che possiamo utilizzare.

Ci viene detto ripetutamente di rivolgerci a noi stessi come il testimone principale, perché noi ci conosciamo nel modo migliore. Ciò significa che abbiamo bisogno di essere molto introspettivi, ma molte persone ovviamente non lo sono. Hanno bisogno di qualcuno che gli dica che stanno agendo con egoismo o che stanno facendo gli stupidi, perché non se ne rendono conto da soli. Tuttavia, ottenere questo tipo di riscontro onesto dagli altri è molto difficile, perché richiede davvero una relazione di fiducia tra le persone. Se chiediamo a qualcuno di aiutarci ad essere più sensibili verso ciò che sta accadendo dentro di noi, non possiamo arrabbiarci o metterci sulla difensiva per quello che ci dicono, anche se è qualcosa che non vorremmo davvero sentire. Tuttavia, anche se ci rivolgiamo al nostro migliore amico per avere una valutazione su di noi, non sono il testimone principale. Potrebbero darci un suggerimento, ma abbiamo bisogno di controllare dentro di noi per vedere se quello che dicono sia vero o no.

(8) Devo sbarazzarmi dalle speranze per risultati.

Sperare in un risultato vuol dire volere qualcosa in cambio di aiutare gli altri. Questo è un punto difficile, perché spesso dietro al desiderio di aiutare gli altri ci sono emozioni disturbanti molto sottili. Potrebbe non essere qualcosa di molto crudo come “Ti sto aiutando perché voglio che tu mi aiuti dopo”, ma spesso in cambio vogliamo essere apprezzati, ringraziati, amati. A volte vogliamo semplicemente sentirci utili, sentire che gli altri hanno bisogno di noi, specialmente se siamo un genitore con un figlio adulto. Abbiamo bisogno di controllare se la nostra motivazione sia mischiata all’egoismo, perché se lo è e l’altra persona dice, “Non ho bisogno del tuo aiuto”, oppure non ci apprezza, allora ci rimaniamo male.

Alcune analogie possono essere utili. Ad esempio, è interessante vedere come a volte agiamo come un cane. Torniamo a casa e il nostro cane ci aspetta per ricevere una carezza sulla testa. Siamo così quando abbiamo fatto qualcosa per qualcuno? Aspettiamo che ci dicano, “Questa è una cosa molto carina che hai fatto per me, grazie mille!”. Anche se veniamo ringraziati, cosa otteniamo con questo? Se notiamo in noi stessi che vogliamo essere ringraziati, allora possiamo pensare a quest’immagine di un cane che aspetta di ricevere una carezza sulla testa, per vedere che stiamo agendo in modo sciocco. Se facciamo cose per gli altri, davvero dovremmo farle semplicemente per il beneficio dell’altra persona.

Questa può essere una faccenda delicata. È come i genitori che fanno tutto per loro figlio – i vestiti, la stanza, il cibo, eccetera – e poi cosa succede? Spesso il figlio non nota nulla di questo e non lo apprezza, e semplicemente se ne approfitta, specialmente durante gli anni dell’adolescenza. Come genitore cosa vogliamo? Vogliamo che nostro figlio ci ringrazi tutte le volte che laviamo i loro vestiti? Questo è totalmente irrealistico! In molti casi, se il figlio si prende qualche responsabilità e si comporta in un modo maturo e premuroso, allora possiamo capire che stanno apprezzando quello che facciamo per loro. Anche se vogliamo aiutare gli altri, non dovremmo farlo in modo tale che diventino dipendenti da noi, o che si approfittino di noi. Se il nostro aiuto rende gli altri dipendenti da noi, allora non è molto utile.

(9) Devo abbandonare cibo avvelenato.

Questo si riferisce alla nostra pratica avvelenata dall’egoismo. Anche se abbiamo pensieri costruttivi o siamo impegnati in azioni costruttive, se sentiamo che sono mischiate all’egocentrismo, il consiglio è di lasciar andare, correggere la nostra motivazione, e cominciare di nuovo. Se stiamo facendo qualcosa per qualcun altro in modo tale da sentirci apprezzati e pensare che hanno bisogno di noi, l’azione positiva è avvelenata dall’egoismo perché stiamo cercando di ottenere qualcosa per noi stessi da questa azione. Quindi è importante fermarsi e correggere la nostra motivazione – nuovamente, abbiamo bisogno di essere brutalmente onesti con noi stessi.

Uno dei segni da tenere d’occhio si trova effettivamente nella definizione di “emozione disturbante” – qualcosa che quando sorge, ci fa sentire a disagio (per questo è “disturbante”) e ci fa perdere la nostra pace mentale. Potrebbe anche mettere a disagio altre persone che sono con noi in quel momento. E inoltre ci fa perdere il controllo.

Questa sensazione di disagio o turbamento interiore può essere molto sottile, e dunque “turbamento” potrebbe essere una parola troppo forte. Shantideva dice che quando la mano toglie la spina dal nostro piede, non ci aspettiamo che il piede ringrazi la mano, perché sono entrambi connessi. In maniera simile, quando aiutiamo gli altri, non c’è motivo di ingigantire la cosa o di lamentarsi. Se ci sono i piatti sporchi da lavare, bisogna semplicemente lavarli. E lo possiamo fare in pace. Se li laviamo provando risentimento, pensando che “Sei così disordinato, perché devo sempre lavare io? Beh, mi sto addestrando ad essere un bodhisattva, quindi è meglio che lo faccia”, questo è un atteggiamento avvelenato.

Altri testi di lojong ci consigliano di non avere alcuna speranza o aspettativa che qualcuno che abbiamo aiutato faccia nulla in cambio. Se diventiamo sensibili a ciò che sta accadendo nella nostra mente, potremmo sentirci un po’ a disagio, e ciò indica che stiamo agendo sotto l’influenza dell’egoismo o di qualche altra emozione disturbante. Questo potrebbe farci annunciare all’altra persona, “Ho lavato i tuoi piatti!”. Ma perché abbiamo bisogno di dirlo? Se siamo sensibili, potremmo notare un po’ di nervosismo nello stomaco prima di parlare. Potrebbe essere davvero sottile, ma con la pratica possiamo notare l’egoismo inconscio che è presente. Non è una pratica semplice, ma è essenziale.

Ci sono due tipologie di comportamento costruttivo: uno è mischiato alla confusione (ovvero l’egoismo), e l’altro no. Un comportamento costruttivo mischiato all’egoismo è una causa per una rinascita fortunata, ma in questo modo il samsara continua. D’altro canto, un’azione costruttiva non mischiata alla confusione accumula il potenziale positivo per ottenere la liberazione e l’illuminazione. Possediamo già le reti di potenziale positivo dal comportamento costruttivo precedente, e abbiamo bisogno di rafforzarle. Il potenziale positivo matura come felicità, ma se è mischiato alla confusione, allora porta alla sofferenza del cambiamento – una felicità che non dura o che porta alla frustrazione. Stiamo puntando a rafforzare la nostra rete di potenziale positivo senza la confusione.

(10) Non devo affidarmi (ai miei pensieri disturbanti) come il mio pilastro eccellente.

Ciò significa che non diamo spazio a pensieri disturbanti, ma coltiviamo invece pensieri altruisti e positivi. Non appena sorge la rabbia, l’attaccamento, e l’egoismo, non giocate con queste emozioni disturbanti – spegnetele immediatamente. Se pensiamo, “Beh, prendiamocela comoda, il fatto che mi sto arrabbiando non è una cosa così cattiva”, questo significa che stiamo consentendo alle emozioni disturbanti di farsi strada. In questo modo, si rafforzeranno sempre di più finché non prendono il sopravvento e perdiamo il controllo. Dobbiamo essere gentili con gli altri, e davvero scortesi con le nostre emozioni disturbanti.

Nella nostra pratica quotidiana, può essere utile riflettere su queste liste e recitare i nostri voti del bodhisattva e i voti tantrici se gli abbiamo presi. Questo ci aiuterà a ricordarli e a rimanere consapevoli dei consigli dati come linee guida per la vita. Non dovremmo semplicemente leggerli, ma contemplare realmente uno o due di questi per vedere se li stiamo effettivamente seguendo o no. Non c’è alcun bisogno di leggerli rapidamente.

Possiamo fare questo al mattino e alla sera. Al mattino, mentre leggiamo i vari punti, possiamo generare una forte intenzione di cercare di seguirli. Alla sera, possiamo ripassarli per capire quanto siamo riusciti a seguirli durante il giorno. Vi racconto la storia di Geshe Ben Gungyal, che teneva con sé un mucchietto di ciottoli bianchi e uno di ciottoli neri. Ogni volta che riusciva a seguire i consigli del testo, metteva da parte un ciottolo bianco, mentre usava un ciottolo nero se non c’era riuscito. In questo modo, aveva un quadro chiaro di come si stava comportando durante tutto il giorno.

Il punto non è di sentirsi orgogliosi per quanti ciottoli bianchi otteniamo, o in colpa se abbiamo solo ciottoli neri, ma semplicemente di rallegrarsi se siamo andati bene. Non c’è bisogno di fare delle valutazioni personali eccessive, ma se ci rendiamo conto di aver agito in maniera distruttiva, allora possiamo provare rammarico e impegnarci a migliorare. Ricordatevi che il progresso non è lineare, alcuni giorni sono migliori degli altri. Tuttavia, possiamo fare del nostro meglio per agire in modo positivo e meno egoista ogni giorno.

(11) Non devo volar via in giochi cattivi.

‘Giochi cattivi’ si riferisce al vendicarsi quando qualcuno ci insulta, ci colpisce, o agisce in un modo spiacevole nei nostri confronti. Se qualcuno ci abusa e ci dice brutte parole, non cerchiamo di reagire dicendo qualcosa di peggio, ma semplicemente lasciamo perdere. Ci sono alcuni modi per lasciare andare. Se qualcuno ci insulta in maniera pesante, possiamo renderci conto che le parole sono solo suoni, vibrazioni nell’aria. Sentire le parole è semplicemente un’altra esperienza della mente. Non c’ è nulla di speciale nel sentire dei suoni. Soltanto quando aggiungiamo la nozione di un tu dualistico, una persona orribile, che ha detto qualcosa a me che sono perfetto, ne siamo turbati e sentiamo il bisogno di vendicarci. Se reagiamo perché ci sentiamo insultati, allora stiamo soltanto pensando a noi stessi.

In questo tipo di situazioni, i voti del bodhisattva sono molto chiari. La motivazione per non vendicarsi verso qualcuno che ci ha insultato è di evitare di fargli del male e invece di cercare di aiutarlo. Dovremmo cercare di utilizzare il più possibile dei metodi pacifici, ma se non funzionano, anche quando ci abbiamo provato molto, allora possiamo fermare la violenza utilizzando dei metodi più forti. Questo non sarebbe una violazione dei nostri voti del bodhisattva. Bisogna essere realistici.

Molte volte fu chiesto a Sua Santità il Dalai Lama se l’uso della violenza in Tibet possa essere ammissibile, e lui rispose che sebbene sembri che i metodi pacifici non stiano funzionando, usare la violenza e il terrorismo non porterebbe da nessuna parte. Potrebbero uccidere cento militari cinesi, ma i cinesi ne manderebbero altri duecento. Ci sono circa 1.3 miliardi di cinesi, e quindi usare un po’ di violenza non avrebbe alcun senso. Abbiamo bisogno di essere intelligenti e di non vendicarci solo perché non vogliamo sembrare deboli.

(12) Non devo tendere un’imboscata.

Un’imboscata vuol dire che vogliamo pareggiare i conti, e dunque aspettiamo fino a quando l’altra persona è vulnerabile e poi in qualche modo le facciamo del male. Ciò significa che quando qualcuno ci fa del male, non facciamo nulla se non ci troviamo al momento in una posizione forte; portando rancore, aspettiamo fino a quando non sono vulnerabili per vendicarci. Anche questo punto sottolinea l’importanza di non vendicarsi. Sua Santità lo dice con chiarezza: se non reagiamo, spesso abbiamo paura che le altre persone lo vedano come un segno di debolezza, ma in realtà è un segno di grande forza. È da deboli lasciarsi andare alla rabbia, agendo come se fossimo un bambino o un animale che istantaneamente reagisce. Ci vuole molta più forza per usare la nostra compassione, l’intelligenza, e avere pazienza!

(13) Non devo denigrare (qualcuno) riguardo a un punto delicato.  

Non dobbiamo mai indicare i difetti di qualcuno in pubblico per imbarazzarli di proposito; ci sono molti modi per insegnare le persone in modo efficace senza imbarazzarli di fronte agli altri. Una volta mi trovavo a Bodh Gaya a tradurre il commentario di Sua Santità al testo di Shantideva Impegnarsi nel comportamento dei Bodhisattva, e a quel tempo Serkong Rinpoche era in Nepal e quindi non l’avevo visto per qualche mese. Quando ci incontrammo, aprì il testo e mi indicò tre parole chiedendomi se ne conoscevo il significato. Erano proprio delle parole molto difficili, e non avevo la comprensione corretta del loro significato, e dunque me le spiegò. In effetti, le tre parole che mi aveva indicato si riferivano esattamente agli atteggiamenti disturbanti con cui avevo delle difficoltà a quel tempo. Questo modo indiretto di indicarmi il problema fu molto efficace. Alcuni dei commentari dicono inoltre che questo punto significa che dovremmo utilizzare poteri paranormali come la magia nera eccetera, se li possediamo – ma credo che questo non sia molto rilevante per la gran parte di noi!

(14) Non devo spostare il carico di uno dzo addossandolo a un bue.

Esiste un animale in Tibet chiamato dzo, che è l’incrocio tra uno yak e una mucca. È un animale molto grande e forte, molto più forte di un bue. Questa massima vuol dire che non diamo del lavoro adatto a una persona molto più forte a una persona debole che non è in grado di svolgerlo.

Questo ha molti significati. Uno è che abbiamo bisogno di prenderci la responsabilità per i nostri errori, invece di incolpare gli altri. Un altro è non lasciare agli altri il nostro lavoro sporco. Oppure, se bisogna scegliere tra delle sedie, non diamo le sedie peggiori agli altri tenendo le migliori per noi. 

(15) Non devo fare una gara.

Questo si riferisce al correre per prendere la sedia migliore al cinema, oppure a servirsi la parte migliore del cibo. Vogliamo sempre il meglio per noi stessi e non vogliamo che gli altri lo ottengano. È molto meglio se cediamo il passo agli altri, e poi possiamo prendere l’ultima porzione o quella peggiore, ma non in modo pretenzioso. Certamente non dovremmo dire, “Oh, prendi tu quella porzione buona, io prenderò la peggiore, non importa!”. Deve essere qualcosa di naturale, come un genitore che lascia al figlio la porzione migliore di cibo, perché non gli importa di mangiare gli scarti.

C’è un’altra bella storia qui, di nuovo con Geshe Ben Gungyal. Una volta andò con altri monaci a pranzo da un benefattore. Il benefattore stava offrendo il cibo, in questo caso dello yogurt, e Geshe Ben era seduto dietro. Mentre il benefattore serviva lo yogurt, uno dei suoi cibi preferiti, Geshe Ben stava diventando sempre più preoccupato e turbato, pensando che “Sta dando delle grandi porzioni, non rimarrà nulla per me”. Quando si rese conto del suo atteggiamento, mentre stava per essere servito dal benefattore, Geshe Ben capovolse la sua ciotola e disse “Ho già avuto la mia porzione”. Questo è un grande esempio di questo punto. Invece di preoccuparci se ci sarà abbastanza cibo per me, dovremmo essere più preoccupati se rimarrà abbastanza cibo per gli altri.

(16) Non devo rovesciare l’amuleto.

Gli amuleti sono utilizzati per scacciare spiriti malvagi, una metafora per addestrare le nostre menti a prendersi cura degli altri. Se facciamo queste pratiche solo per noi stessi, allora è come se stessimo rovesciando l’amuleto.

Ad esempio, se temporaneamente accettiamo una perdita, sapendo che impressionerà gli altri e alla fine otterremo un guadagno maggiore, allora stiamo utilizzando gli insegnamenti al contrario. Agire con umiltà ed essere molto premurosi con qualcuno a cui vogliamo dare una buona impressione, perché speriamo che ci aiuterà in futuro, è anche un modo di utilizzare questo addestramento al contrario. Un altro esempio consiste nel fare le pratiche semplicemente perché vogliamo piacere alle persone. Alla fine, l’unica cosa che fa è rafforzare il nostro egoismo.

(17) Non devo fare sì che un dio scenda [al livello di] un demone.

Questo di nuovo si riferisce al mischiare le pratiche con l’egoismo, e impegnarsi nelle pratiche di Dharma per fare il moralista e l’arrogante, con l’atteggiamento di “Io sono più sacro di te”. È come fare un ritiro e appendere una targa fuori che dice “Non disturbate! Dentro c’è un grande meditatore!”.

I tibetani usano l’esempio di fare un ritiro di tre anni, in modo tale che al termine le persone ci considereranno un lama e noi otterremo discepoli, fama, e offerte. È fondamentale essere umili. Come disse un praticante, “Quando leggo nei testi dei vari difetti e punti deboli, li riconosco tutti in me stesso, e quando leggo delle buone qualità, le riconosco tutte negli altri”. Questo certamente vuol dire seguire la pratica di allenare i nostri atteggiamenti.

(18) Non devo cercare la sofferenza (per gli altri) come un’aggiunta per la (mia) felicità.

Esempi di questo includono sperare che i nostri concorrenti negli affari falliscano in modo tale che noi potremo avere successo, o che le persone nel nostro ufficio vadano in pensione per ottenere una promozione, o che i nostri parenti ricchi muoiano presto in modo tale da poter ereditare i loro soldi e la proprietà. Non dovremmo mai augurare sfortuna agli altri in modo tale da trarne dei vantaggi, ma invece dovremmo gioire e augurare agli altri una lunga vita in cui possano godere dei loro soldi e della loro posizione.

Questo conclude le 18 pratiche che creano una connessione stretta del sesto punto.

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