Il rituale per prendere i voti del bodhisattva

Prendere i voti per la bodhicitta dell’impegno 

(19) Se non attraverso i voti che sono la natura stessa della bodhicitta dell’impegno, la tua pura aspirazione non aumenterà mai. Pertanto, con il desiderio di progredire verso l’ambita illuminazione piena, adottali con decisione, energicamente, per questo scopo.

Lo stato impegnato di bodhicitta è quando ci impegniamo realmente nelle pratiche che ci porteranno all’illuminazione e ciò significa prendere i voti del bodhisattva. Fondamentalmente, un voto stabilisce i confini e dice che “Mi asterrò da comportamenti negativi che vanno oltre questi confini”. Consiste nell’astenersi da qualcosa di negativo. 

Il modo in cui raggiungeremo effettivamente l’illuminazione è attraverso la pratica dei sei atteggiamenti di vasta portata, a volte chiamati “sei perfezioni”. Sono “di vasta portata” - questo è letteralmente ciò che intendono il tibetano e il sanscrito - nel senso che ci porteranno fino all’illuminazione. 

Con i voti del bodhisattva ci sono vari voti associati a ciascuno di questi atteggiamenti di vasta portata, cose che eviteremo, che creerebbero seri problemi in termini di pratica di generosità, disciplina etica, pazienza, perseveranza, stabilità mentale o concentrazione, e consapevolezza discriminante o saggezza, o che ci impedirebbero in generale di aiutare gli altri. Questi voti riguardano cose che vogliamo evitare. Ce ne sono 18 primari e 46 secondari, e possiamo trovare un’ampia discussione su questi in vari articoli sul sito web Study Buddhism. 

Atisha dice qui “Se non attraverso i voti che sono la natura stessa della bodhicitta dell’impegno” - in altre parole, la bodhicitta impegnata significa prendere i voti, strutturando il proprio comportamento in accordo – “la tua pura aspirazione” a raggiungere l’illuminazione non porterà fino in fondo, “non aumenterà” fino a portarci effettivamente ad essa. Dobbiamo lavorare per sviluppare noi stessi. 

Per progredire verso quella piena illuminazione a cui aspiriamo e che desideriamo raggiungere dobbiamo “adottare con decisione questi voti”, in modo molto consapevole e formale. Con “energicamente” si intende che non è casuale, ci impegniamo a mantenere effettivamente questi voti. 

Qual è la preparazione per questo? C’è un prerequisito per prendere questi voti? Atisha dice: 

(20) Coloro che mantengono in ogni momento altri voti di una qualunque delle sette classi [di voti] della liberazione individuale hanno il contributo appropriato per i voti del bodhisattva; gli altri non ce l’hanno.

I voti per la liberazione individuale sono chiamati “voti di pratimoksha” in sanscrito. Le sette classi sono i voti di laico o laica, di monaca provvisoria – ovvero in prova per alcuni anni prima di decidere di farlo davvero - i voti di monaco novizio e monaca novizia e poi i voti per un monaco completo e una monaca completa. Queste sono le sette classi. 

Ci sono cinque voti laici ma non è necessario prenderli tutti, qualsiasi numero sarà sufficiente. I cinque sono: astenersi da (1) togliere la vita, uccidere, (2) rubare, (3) mentire, (4) indulgere in comportamenti sessuali inappropriati, in altre parole, agire sotto l’influenza di emozioni estreme e disturbanti, con desiderio o odio travolgente, per ferire qualcuno attraverso il comportamento sessuale, o ingenuità, pensando che sia un percorso verso la liberazione, e (5) assumere sostanze inebrianti, ovvero alcool e droghe. 

Se manteniamo uno di questi voti di liberazione individuale o di liberazione dal samsara allora, lungo il cammino, ci liberiamo dall’indecisione di “Dovrei bere qualcosa? Non dovrei bere?” “Dovrei uccidere questa zanzara? Non dovrei uccidere questa zanzara?”. Quando abbiamo preso un voto la nostra mente è decisa “Non lo farò”, e allora siamo liberi da questa indecisione, da questa tensione. Questi voti sono molto liberatori non solo nel senso di aiutarci a raggiungere la liberazione definitiva, ma anche sul sentiero. 

Se manteniamo un certo livello di questi voti, allora abbiamo “il contributo appropriato”, dice, la giusta porzione di disciplina etica che ci servirà come base per poter prendere e mantenere i voti del bodhisattva, che sono più sottili di questi voti di pratimoksha. 

Ad esempio, per prima cosa vogliamo evitare di lodare noi stessi e sminuire gli altri a causa del nostro attaccamento all’ottenere cose dalle persone. Ad esempio, dire “Sono il miglior insegnante” o “Sono il migliore questo o quello e nessun altro è bravo”, perché vogliamo che le persone vengano da noi. Ciò ci impedisce davvero di essere in grado di aiutare gli altri, perché stiamo cercando di far sì che diano qualcosa a noi e non agli altri, quindi è davvero molto egoistico. Se le persone non sono stupide e lo capiscono, allora non si fideranno di noi e della nostra motivazione: ciò rappresenterà un grande ostacolo per poter aiutare gli altri, quindi vogliamo evitarlo. 

È un tipo di disciplina molto sottile con il nostro linguaggio, e l’avere almeno una base per trattenerci dal mentire grazie ai voti pratimoksha ci permetterà di trattenerci da quel tipo di linguaggio dannoso. Ci dà l’opportunità di trattenerci. È il contributo della disciplina l’essere in grado di trattenerci da qualcosa di un po’ più sottile. Coloro che non hanno questo tipo di base di una di queste sette classi di voti, dice Atisha, non hanno davvero una solida base per essere in grado di mantenere i voti del bodhisattva. 

Non tutti i maestri buddhisti, in particolare in alcune tradizioni tibetane, sono d’accordo con Atisha e dicono “Beh, i voti tantrici sono sufficienti; non hai bisogno di prendere altri voti”. Tuttavia, il consiglio di Atisha contiene molta saggezza ed è seguito molto rigorosamente, almeno nella tradizione ghelug. 

La situazione ottimale per poter prendere i voti del bodhisattva e mantenerli

(21) Quanto alle sette classi [di voti] della liberazione individuale, il Così Andato ha affermato nelle sue spiegazioni che quelli del glorioso celibato sono supremi; e questi sono i voti per monaci pienamente ordinati.

“Così Andato” è come traduco la parola Tathagata, un altro nome per Buddha. Il gata di Tathagata significa “andato” o “progredito” attraverso gli stadi, e tatha significa “così in questo modo” o “in accordo”, secondo la corretta comprensione della vacuità così quando raggiungono l’illuminazione il loro progresso è in accordo con tutte le descrizioni di un Buddha e hanno visto le cose come sono realmente. C’è molto significato nella parola Tathagata

Buddha ha detto che, di queste sette classi, quella suprema è la classe dei voti del “glorioso celibato”. Atisha spiega nel suo commento che “celibato” significa astenersi dalla condotta sessuale e dall’alcol, dalle sostanze inebrianti. Chiamare il celibato “glorioso” significa dire che questa è una cosa molto positiva e si riferisce al celibato completo, ai voti di un monaco completamente ordinato. 

Va compreso nel contesto della società indiana del tempo, poiché ovviamente le monache completamente ordinate hanno esattamente lo stesso voto. Tuttavia, nell’antica India, le donne non erano trattate in modo equo; l’affermazione di Atisha non è una riflessione sulla rinascita femminile ma sulla società dell’epoca. Non è una colpa delle donne ma della società di quel tempo: una donna avrebbe dovuto affrontare molti più ostacoli nel tentativo di aiutare gli altri come bodhisattva rispetto a un uomo nello stesso ruolo. 

Una donna che esce e cerca di aiutare gli uomini in una situazione difficile potrebbe essere violentata da loro, per esempio, quindi incontrerebbe più ostacoli. Ecco perché dice che, come monaco, si ha una situazione migliore per aiutare gli altri. Potrebbe non essere così nelle nostre società occidentali, quindi bisogna comprendere questo tipo di affermazioni su uomini e donne nel contesto del tempo in cui sono state insegnate. 

Qui si riferisce allo svantaggio di un laico che ha un partner o è sposato. Ovviamente, in questo contesto dell’India, stiamo parlando di un laico che è sposato e ha una famiglia; questo potrebbe essere un po’ un problema in termini di lavorare davvero per il bene di tutti gli esseri perché abbiamo una responsabilità molto seria nei confronti della nostra famiglia e di prenderci cura di loro. Inoltre, quando abbiamo un partner sessuale, la nostra attenzione è fortemente focalizzata su questa persona e vorremmo trascorrere più tempo con lei che con chiunque altro. Tendiamo a voler smettere di aiutare gli altri, almeno per un po’, in modo da poter andare via e avere la nostra vita privata con il nostro amante. Quindi, questo potrebbe essere un problema. 

Allo stesso modo, l’assumere sostanze inebrianti, alcol, droghe e così via, offusca il nostro giudizio e la nostra capacità di discernimento. Possiamo diventare molto pigri, essere assonnati: sono molti gli svantaggi che potrebbero impedirci di aiutare davvero gli altri. Diventiamo dipendenti e sentiamo di non poter fare certe cose se non abbiamo la nostra droga. 

Questo non significa che, a meno che non siamo monaci completamente ordinati, non possiamo realmente seguire il sentiero del bodhisattva; non sta dicendo questo ma che, l’essere monaci completamente ordinati e vivere questo tipo di vita di astinenza, è la situazione ottimale per poter prendere i voti del bodhisattva e mantenerli. 

Prendere i voti del bodhisattva da un guru qualificato

Come prendiamo i voti del bodhisattva? Atisha dice: 

(22) Tramite il rituale ben espresso nel “Capitolo sulla disciplina etica” de Gli stadi del bodhisattva, prendi i voti (del bodhisattva) da un guru eccellente, pienamente qualificato.

Gli stadi del bodhisattva, in sanscrito Bodhisattvabhumi, è un testo di Asanga che parla degli stadi del percorso del bodhisattva. C’è un capitolo sulla disciplina etica che parla dei voti del bodhisattva e del rituale per prenderli effettivamente. Se prendiamo i voti con quel tipo di rituale, allora dobbiamo riceverli da un insegnante spirituale, un “guru” che deve essere “pienamente qualificato”. 

Atisha presenta nella strofe successiva alcune delle qualifiche per tale guru mahayana, qualcuno che può dare i voti: 

(23) Sappi che un guru eccellente è qualcuno che è competente nella cerimonia dei voti, che per natura vive secondo i voti, che ha la fiducia di conferire i voti e che possiede compassione.

L’insegnante deve essere “qualcuno che è competente nella cerimonia”, in altre parole, che sa come eseguire il rituale. “Per natura” è qualcuno che effettivamente “vive secondo i voti”. Ha bodhicitta e i voti del bodhisattva e li mantiene davvero, quindi ha i puri voti del bodhisattva. 

Ha “la fiducia di conferire i voti”. Questa parola “fiducia” in realtà è la parola tibetana per pazienza. “Pazienza” può implicare il sopportare tutte le difficoltà del mantenere i voti e dell’insegnare agli altri il sentiero del bodhisattva, il non scoraggiarsi nell’aiutare gli altri, perché a volte le persone sono molto difficili da aiutare e ci danno del filo da torcere. Queste sono le implicazioni della parola qui usata, “pazienza”. 

Tuttavia, molti dei commentari spiegano la parola “fiducia” nel senso che, se l’insegnante ha questi diversi tipi di pazienza, allora ha una grande quantità di forza interiore: quella di mantenere i voti, di essere in grado di trattare con gli altri, di aiutarli e così via. È questa forza o fiducia in se stessi che gli consente di fungere davvero da autorità etica, un’autorità di bodhicitta che ispirerà fiducia anche in noi quando prenderemo da lui o lei i voti del bodhisattva. 

Un buon esempio è Sua Santità il Dalai Lama. Osserviamo quante difficoltà affronta da parte dei cinesi, dalla comunità tibetana stessa e dalla situazione quasi disperata del suo popolo. Eppure, continua ad aiutare gli altri, ad avere compassione e pazienza con tutto questo, e ciò gli conferisce davvero autorità morale, questa “fiducia di conferire i voti”. 

La quarta qualità che Atisha elenca è che l’insegnante deve effettivamente “possedere compassione”, il che significa sinceramente desiderare che gli altri siano liberi dalla sofferenza e dalle sue cause e lavorare realmente in quella direzione, non solo a parole. 

Il rituale per prendere i voti del bodhisattva senza un guru

Cosa succede se non riusciamo a trovare un guru del genere? C’è un altro rituale per poter prendere i voti del bodhisattva senza un guru. Questo è piuttosto significativo: per poter prendere i voti pratimoksha, i voti per la liberazione individuale, o per i voti tantrici, dobbiamo avere un insegnante, non possiamo semplicemente prenderli da soli; possiamo rinnovarli ma non prenderli per la prima volta. I voti del bodhisattva possono essere presi per la prima volta senza un insegnante anche se, in realtà, non li prendiamo da lui o lei, che è solo un veicolo in un certo senso, ma dai Buddha. 

(24) Tuttavia, se ti sei sforzato in questo e non sei stato in grado di trovare un guru del genere, per ricevere i voti c’è un altro rituale, oltre a questo, che spiegherò per intero.

C’è una fonte per questo nei sutra, non è solo qualcosa che lui inventa: 

(25) In merito a questo, scriverò qui molto chiaramente come Manjushri generò la bodhicitta in tempi precedenti, quando era il re Ambaraja, proprio come è spiegato nel Sutra di un ornamento per il campo di buddha di Manjushri.

Questa è la fonte, e i versi seguenti sono ciò che Manjushri recitò e ciò che reciteremo anche noi quando prendiamo i voti del bodhisattva in questo modo, senza un insegnante. Ovviamente, c’è un rituale più elaborato di questo. Questo è solo un elenco delle caratteristiche principali di come lo fece Manjushri. 

(26) “Sotto gli occhi dei miei Guardiani, io genero la bodhicitta e, invitando tutti gli esseri erranti come miei ospiti, li libererò dalla rinascita incontrollabile.

Guardiani” si riferisce ai Buddha, che sono i nostri guardiani. Ci aiutano lungo il cammino e ci proteggono dal vagare fuori strada. “Con loro come miei testimoni, genero questa risoluzione di bodhicitta”, lo riaffermi “e invito tutti gli esseri erranti come miei ospiti”. In altre parole “Sono concentrato su tutti coloro che vagano in una rinascita incontrollabile, e li invito come miei ospiti”, ciò significa che non li deluderemo. 

Atteggiamenti e comportamenti da abbandonare o adottare

Cosa farò per loro? “Li libererò dalla rinascita incontrollabile”: lavorerò per aiutarli il più possibile e cercherò di raggiungere l’illuminazione in modo da poterli aiutare al massimo anche se, ovviamente, è impossibile per chiunque liberare tutti con un semplice schiocco di dita.

(27) Da ora fino al mio conseguimento di un supremo stato purificato, non agirò mai con intenzioni nocive, con una mente arrabbiata, con avarizia o gelosia. 

Quando si parla di “stato purificato” - la parola è bodhi in sanscrito - potrebbe essere lo stato purificato di un essere liberato, un arhat shravaka o pratyekabuddha. Lo stato purificato supremo è il raggiungimento dello stato di Buddha, l’illuminazione. Quindi, “da ora fino al mio conseguimento di un supremo stato purificato”, in altre parole, l’illuminazione, “da ora fino ad allora non agirò mai”, il che significa “cercherò di non agire mai” perché ovviamente è impossibile promettere che non ci arrabbieremo mai più tuttavia, “cercherò sicuramente di fare del mio meglio per non farlo”. 

“Non agirò con intenzioni nocive”, l’esatto opposto dell’amore: vogliamo che siano felici, non infelici. “Intenzioni nocive” è il desiderio che siano infelici, che accada loro qualcosa di terribile. 

“Non agirò con una mente arrabbiata “, una mente che pensa “Sono davvero arrabbiato con te, non mi piaci più e ti rifiuto”; “Non agirò così”. “Non agirò con avarizia” significa che ci tratteniamo dal pensare “Non voglio condividere ciò che ho con te. Non voglio darti nulla”. Potrebbe anche essere che stiamo parlando di essere avari con il nostro aiuto; non significa necessariamente non essere disposti a dare o condividere cose materiali. Possiamo essere molto avari con il nostro tempo, la nostra energia e così via. Stiamo dicendo “Non sarò così”. 

“Non agirò con gelosia”. La gelosia può avere molte connotazioni negative qui. Una potrebbe essere quando qualcun altro fa qualcosa di utile noi pensiamo “Sono geloso di non averlo fatto io perché voglio tutto il merito”. Siamo infelici per qualsiasi cosa positiva che l’altra persona ha fatto e vorremmo che non l’avesse fatto. Questo è anche molto negativo in termini di lavorare per il bene di tutti. Il bene di tutti non significa che “io devo essere di beneficio per loro” ma pensare invece “Se qualcuno è loro di beneficio, è meraviglioso”. 

Un’altra forma di gelosia è quando qualcuno dà qualcosa a qualcuno, fa qualcosa di carino per qualcun altro, noi siamo gelosi perché “Non l’ha dato a me”. Se mostra amore a qualcun altro “Non sta mostrando il suo amore a me” quindi “Sono geloso”. Non ci comporteremo nemmeno così, non è che vogliamo le cose per noi stessi. 

(28) Vivrò seguendo un comportamento casto; mi sbarazzerò delle negatività e dell’attaccamento/avidità. Provando gioia nei voti della disciplina etica, mi addestrerò continuamente, proprio come hanno fatto i Buddha. 

Questo è nel contesto di essere un monaco ordinato che va a vivere secondo un comportamento celibe. Certamente non vogliamo che la forza motivante principale nelle nostre vite sia dedicata sempre al nostro partner sessuale, a un amante o a ubriacarci. La cosa migliore è dedicare tutto il nostro tempo e la nostra energia ad aiutare gli altri. Naturalmente, questo deve essere nel contesto di sapere quando prendersi una pausa, non spingere troppo e non essere un fanatico; altrimenti, è controproducente. 

Ora, ovviamente, l’impulso sessuale è qualcosa di molto forte in molti di noi. Anche negarlo o reprimerlo, soprattutto in modo malsano, può essere un grosso ostacolo. Tuttavia, è importante non essere governati dai nostri impulsi sessuali, non esserne sopraffatti, in particolare se stiamo cercando di aiutare qualcuno che troviamo attraente. Qual è il nostro motivo per aiutarlo? È solo, “Voglio aiutare questa persona perché la trovo attraente? Cosa sto cercando veramente? Sto cercando di piacergli, o di ottenere una sorta di favore sessuale piuttosto che aiutarlo veramente?” 

Ciò può davvero distrarci e creare problemi; se l’altra persona se ne rende conto, può diventare molto negativa nei nostri confronti. Anche se in realtà la stiamo aiutando, c’è una parte di noi che vuole comunque avvicinarsi fisicamente all’altro e questo mina il nostro puro motivo. Se è così, esaminiamo noi stessi “Sarei così interessato ad aiutare questa persona se non avesse l’aspetto che ha, se la trovassi brutta?” 

Se scopriamo che non saremmo così interessati ad aiutarla se fosse poco attraente, allora dobbiamo davvero esaminare la nostra motivazione. Se il nostro impulso sessuale è forte, dobbiamo in qualche modo affrontarlo, essere onesti, trovare una sorta di risoluzione che non rappresenti un grosso impedimento nel nostro aiutare gli altri. Inoltre, come sottolinea Shantideva nel suo testo, quando cerchiamo di ottenere la concentrazione univoca la distrazione più grande è il vagabondaggio mentale dovuto al desiderio sessuale. 

Atisha dice “mi sbarazzerò delle negatività e dell’attaccamento”, usa una parola che può significare sia attaccamento che avidità, voler ottenere qualcosa che non abbiamo o, se lo abbiamo, non volerlo lasciare andare e volerne ancora di più. “Negatività” può anche riferirsi alla forza negativa che è stata accumulata dal nostro comportamento distruttivo, quindi vogliamo purificarci da quella perché, quando abbiamo una tale forza negativa, pensiamo sempre in modo molto depresso, disfattista e negativo; quindi vogliamo liberarcene. 

Quindi, “provando gioia nei voti della disciplina etica” in altre parole, non sentendo che questo è un peso terribile e come una condanna a morte ma provando gioia “Questo è meraviglioso, mi sta permettendo di aiutare gli altri. Quanto è meraviglioso che il Buddha abbia indicato le cose da evitare se vogliamo aiutare gli altri. È grandioso. Non ho dovuto imparare commettendo errori io stesso; il Buddha ha indicato ciò che va evitato”. “Sono felice di questo, è meraviglioso. Grazie”. 

Provando gioia da questi voti e da questa disciplina pensiamo “Mi allenerò continuamente come hanno fatto i Buddha” e seguiremo i loro esempi. Ciò non significa che dobbiamo fare tutto esattamente come fa il nostro insegnante, non siamo scimmie che imitano ciecamente. Ovviamente dobbiamo adattare ciò che hanno fatto i Buddha e i nostri insegnanti alle circostanze che affrontiamo nella nostra vita, alle persone che incontriamo e alle connessioni che abbiamo per essere in grado di aiutarli, seguendo le linee guida fondamentali dell’allenamento, come hanno fatto i Buddha. 

(29) Non proverò alcuna gioia nell’ottenere l’illuminazione con metodi rapidi per me stesso, 

In altre parole, non lavoreremo solo per raggiungere l’illuminazione per noi stessi, ma anche per il bene degli altri. Atisha dice poi nella seconda metà, 

ma rimarrò fino alla fine del futuro, se questo fosse una causa per (aiutare) un essere limitato.

Anche se stiamo aiutando solo “un essere limitato”, “continuerò a lavorare” e “non solo per me stesso”. 

(30) Pulirò ogni cosa in regni inconcepibili, incommensurabili e rimarrò dovunque nelle dieci direzioni per coloro che hanno chiamato il mio nome.

Ciò significa che cercherò di trasformare tutto ciò che mi circonda in un “regno incommensurabile e inconcepibile”, simile a un regno di Buddha, “in modo che tutto ciò che mi circonda sia favorevole affinché le persone siano in grado di fare progressi spirituali”. In questo senso, “purifichiamo” l’atmosfera intorno a noi. 

E rimarrò ovunque nelle dieci direzioni”, non importa dove, “rimarrò per aiutare coloro che hanno chiamato il mio nome”, in altre parole, coloro che hanno una sorta di connessione karmica per essere aiutati da me e che mi chiamano per aiutarli. 

Quindi, l’ultimo verso di questa citazione è: 

(31) Purificherò tutte le azioni del mio corpo e della mia parola e inoltre purificherò le azioni della mia mente: non commetterò mai nessun atto distruttivo”.

In “purificherò tutte le azioni del corpo, della parola e della mente”, “purificare” può avere due significati: purificare tutti gli ostacoli che impediscono al nostro corpo, alla nostra parola e alla nostra mente di funzionare al meglio, purificando così i potenziali negativi, oppure può essere inteso nel senso di rendere pure “tutte le azioni del mio corpo e della mia parola” in altre parole, agire in modo puro con una corretta motivazione di bodhicitta. 

Infine, “Non commetterò mai nessun atto distruttivo” significa, almeno “cercherò di non agire in modo distruttivo a causa di emozioni o atteggiamenti negativi”.

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