La cerimonia di bodhicitta d’aspirazione e alcuni consigli
Lo sviluppo di bodhicitta è un processo che, per essere sentito sinceramente, richiede molto lavoro e sforzo. Ci sono fasi di meditazione per sviluppare questa aspirazione a raggiungere l’illuminazione in futuro per il bene degli altri, che sono state delineate in precedenza negli insegnamenti di vari maestri indiani, come Kamalashila, prima di Atisha. Nei lam-rim che seguono da Atisha, questi metodi di meditazione sono elaborati più ampiamente, perché c’è bisogno di sviluppare sinceramente questa premura per gli altri, per tutti gli altri, sulla base dell’avere equanimità o uguale considerazione verso tutti.
Ciò che è davvero importante in termini di bodhicitta è la fiducia che possiamo effettivamente raggiungere l’illuminazione e che non è solo un bel desiderio. Questo, ovviamente, si basa su una visione realistica della compassione. È molto bello augurare a tutti di essere liberi dalla sofferenza e dalle sue cause ma se non crediamo davvero che sia possibile, allora che senso ha? Quando ci assumiamo la responsabilità di aiutare effettivamente gli altri, ma non abbiamo la fiducia che “posso effettivamente fare qualsiasi cosa”, allora stiamo promettendo di fare qualcosa che non saremo mai in grado di realizzare. Bisogna pensarci molto seriamente.
Quando effettivamente lavoriamo su noi stessi, contempliamo e meditiamo, e iniziamo a sentire bodhicitta sinceramente “Questo è il mio scopo, il mio obiettivo. Ho messo il mio cuore in questo obiettivo di illuminazione, bodhicitta, e lo raggiungerò”. Quando possiamo sentirlo allora è molto utile avere una sorta di rituale o cerimonia con cui lo formalizziamo, prendendo più seriamente questo stato mentale e orientamento nella vita.
Questa è la ragione di ogni tipo di cerimonia, c’è un rituale per celebrare gli eventi importanti nella nostra vita. Potremmo semplicemente vivere con qualcuno senza sposarci ma un rituale lo rende formale, lo trasforma in un evento a cui si può tornare pensando “Ah, sì, è qui che ho formalmente preso questo impegno”. Ecco perché Atisha spiega qui il rituale per sviluppare bodhicitta d’aspirazione.
Ci sono due stadi: bodhicitta relativa e bodhicitta più profonda o ultima. Bodhicitta relativa è ciò di cui abbiamo parlato, mira all’illuminazione con il desiderio di aiutare tutti gli esseri e di raggiungerla per farlo più pienamente. È una mente che considera le apparenze di tutti gli esseri, di ogni cosa e come beneficiare gli altri in termini di ciò che appare. Ha a che fare con la verità relativa di ogni cosa, delle apparenze.
Bodhicitta più profonda ha a che fare con la verità profonda di tutti e di tutto, la loro vacuità, la loro assenza di esistenza in modi impossibili di cui parleremo più avanti. Con bodhicitta più profonda vogliamo ottenere la comprensione della vacuità; è una mente focalizzata sulla vacuità di tutti e su quella dello stato illuminato che stiamo cercando di raggiungere.
In bodhicitta relativa c’è lo stato di aspirazione e lo stato impegnato. Il primo è il desiderio di raggiungere l’illuminazione per aiutare gli altri, e ha due stadi: la mera aspirazione, quindi il mero desiderio di raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti, e lo stato d’aspirazione impegnato, in cui promettiamo che non ci arrenderemo mai finché non raggiungeremo effettivamente quell’illuminazione. Quindi, lo stato impegnato di bodhicitta relativa è quando prendiamo effettivamente i voti del bodhisattva “Mi impegnerò nel comportamento del bodhisattva che mi porterà all’illuminazione; lo sto facendo molto seriamente e sto prendendo i voti del bodhisattva che modelleranno il mio comportamento, un comportamento da bodhisattva”.
Impostare le rappresentazioni e le offerte
Atisha ora parla per prima cosa del rituale per confermare il nostro stato di bodhicitta d’aspirazione e, in particolare, dello stato d’aspirazione impegnato “Non tornerò mai indietro”.
(7) Di fronte a dipinti, statue e così via di Buddha pienamente illuminati, nonché a stupa e venerati (testi di Dharma), offri fiori, incenso e qualunque cosa materiale tu abbia.
Questo è fondamentalmente il modo in cui iniziamo qualsiasi tipo di rituale e, in realtà, anche qualsiasi tipo di meditazione. Per prima cosa, prepariamo una specie di “ripiano” per le nostre offerte; spesso viene chiamato “altare”, ma poiché “altare” implica un sacrificio o simili di una religione biblica, non è la parola migliore da usare. Su questo ripiano o piattaforma per le offerte, prepariamo rappresentazioni del corpo, della parola e della mente di un Buddha.
I “dipinti” e le “statue” si riferiscono alle rappresentazioni del corpo, alle facoltà fisiche, alle facoltà fisiche illuminanti, a tutte le caratteristiche fisiche di un Buddha che aiuteranno a portare e guidare gli altri all’illuminazione, quindi le chiamo “illuminanti”. Uno “stupa” è un piccolo monumento che contiene una reliquia di un essere illuminato o di un grande maestro, e qui viene regolarmente utilizzato per rappresentare le facoltà mentali illuminanti di un Buddha. Di solito, sul nostro scaffale, abbiamo una piccola statua di uno stupa. Quindi, “venerati (testi del Dharma)”. Il testo dice solo “venerati” o “sacri”, e si riferisce ai testi di Dharma; quindi di solito mettiamo un testo di Dharma, spesso una copia del Sutra del Cuore o uno di questi brevi Prajnaparamita Sutra. Ciò rappresenta le facoltà verbali illuminanti o il discorso di un Buddha.
Con bodhicitta puntiamo a raggiungere questo, questa è la direzione in cui vogliamo andare: raggiungere le facoltà fisiche, verbali e mentali illuminanti di un Buddha. La fonte del Dharma della direzione sicura è uno stato in cui tutte le carenze, i problemi, le sofferenze e le loro cause vengono rimosse. Lo stato mentale − e non solo lo stato mentale, ma le apparenze di quella mente che elimineranno le carenze, ecc. − che è il risultato di quell’eliminazione, è ciò che è presente quando quell’eliminazione è stata raggiunta.
Il corpo, la parola e la mente di un Buddha rappresentano in realtà l’obiettivo, proprio come il Dharma rappresenta l’obiettivo. Con la direzione sicura o rifugio questa è la direzione in cui vogliamo andare, e con bodhicitta questo rappresenta il nostro futuro conseguimento di queste facoltà illuminanti che desideriamo raggiungere. Rappresenta anche le facoltà illuminanti dei Buddha del passato che hanno raggiunto questo e hanno mostrato la via per raggiungere questo obiettivo noi stessi.
Poi abbiamo disposto le offerte di fronte a questo, ecco perché Atisha dice “offri fiori, incenso e qualunque cosa materiale tu abbia”. Normalmente disponiamo sette ciotole d’acqua che rappresentano l’offerta dei sette rami menzionata nella strofe successiva. Atisha insegnò ai tibetani che, anche se non abbiamo nulla da offrire, possiamo usare la nostra tazza da tè e offriamo una ciotola d’acqua; almeno offriamo qualcosa. L’acqua in Tibet era molto pura e pulita, quindi era un’offerta molto buona.
Ovviamente, i Buddha non hanno bisogno delle nostre offerte. Cosa se ne fa un Buddha di un bastoncino di incenso, una candela o un frutto? Non ne ha bisogno. Il punto è che stiamo offrendo questo alla nostra futura illuminazione; l’offerta materiale rappresenta tutto il nostro studio, le nostre intuizioni, il nostro tempo, i nostri sforzi per raggiungere la nostra futura illuminazione in modo da poter veramente aiutare gli altri e, in questo modo, offriamo tutto ciò che abbiamo agli altri.
Fare offerte crea una grande forza positiva di energia – “merito”, come viene solitamente tradotto - una forza molto positiva per raggiungere effettivamente questi obiettivi e per consentirci di aiutare gli altri. Nel tantra facciamo sempre offerte ai Buddha e a tutti gli esseri senzienti. È attraverso l’offerta ai Buddha che ciò che offriamo può poi andare a tutti gli esseri senzienti. In altre parole, offrendo tutto ciò che abbiamo per il nostro raggiungimento dell’illuminazione, ciò ci consentirà di offrirlo nel modo più completo a tutti.
La pratica dei sette rami
Poi ci sediamo e:
(8) Inoltre, con l’offerta in sette rami citata nella (Preghiera della) Condotta Eccellente, con la mente che non torna mai indietro fino alla (realizzazione) definitiva della tua essenza di Buddha,
(9) Con fede suprema nelle Tre Gemme Supreme, toccando per terra con un ginocchio e con i palmi giunti, innanzitutto prendi la direzione sicura per tre volte.
La pratica dei sette rami deriva da La Preghiera della Condotta Eccellente. Shantideva ne parla anche molto ampiamente nel Bodhicharyavatara (Impegnarsi nella condotta del bodhisattva). Questi sette sono:
Per prima cosa, facciamo la prostrazione. Ci concentriamo sulla nostra illuminazione e sui Buddha che la rappresentano e, con la prostrazione, andiamo completamente in questa direzione gettandoci a terra con una prostrazione completa; stiamo letteralmente gettando tutta la nostra energia in questa direzione, mostrando rispetto a coloro che hanno raggiunto gli obiettivi che vogliamo raggiungere, principalmente l’illuminazione, i Buddha e i grandi maestri, e mostrando rispetto alla nostra capacità di raggiungerla, quindi alla nostra natura di Buddha. Questi sono i fattori che tutti noi abbiamo che ci consentiranno di diventare un Buddha e mostriamo rispetto al nostro futuro raggiungimento dell’illuminazione, alla nostra illuminazione futura.
Il secondo ramo sono le offerte. Di nuovo, immaginiamo di offrire tutto. Abbiamo offerto qualcosa di materiale come rappresentazione e immaginiamo di offrire ogni cosa: la nostra energia, i nostri sforzi, il nostro tempo, i nostri cuori, le nostre menti, tutto, per raggiungere l’illuminazione e per essere di beneficio agli altri.
Il terzo ramo è ammettere apertamente che abbiamo difficoltà e problemi nell’aiutare gli altri e raggiungere questi obiettivi: siamo pigri, siamo confusi e così via. Quindi, applichiamo le quattro forze opponenti “Mi dispiace sinceramente di essere così, vorrei davvero non esserlo. Cercherò di non ripeterlo, di uscire da queste abitudini negative e riaffermo il mio fondamento: direzione sicura, bodhicitta. Qualunque cosa positiva io faccia, che si tratti di studio, meditazione o di avere questo rituale di bodhicitta d’aspirazione, voglio applicarla come antidoto per superare queste mie mancanze”.
Il quarto ramo è la gioia “Gioisco nel fatto che la natura della mente è pura” e “Ho la natura di Buddha, ho la capacità di liberarmi di tutto questo; è possibile” e “Gioisco nei Buddha e nei grandi maestri che hanno insegnato il modo per farlo, bodhicitta. Grazie”.
Il quinto ramo è il richiedere insegnamenti “Buddha e maestri, per favore insegnatemi. Non ho intenzione di fare solo questo rituale, insegnatemi la via, guidatemi. Voglio davvero imparare e sono assolutamente determinata a seguire questo sentiero, quindi per favore insegnatemi, la mia mente è aperta”.
Il sesto ramo “Buddha e maestri, per favore non andate via, non lasciatemi. Sono assolutamente sincero, non sono solo un turista del Dharma che viene per dare un’occhiata veloce e se ne va, ma voglio arrivare all’illuminazione. Continuate a insegnarmi fino in fondo. Non andate via”.
Infine, il settimo ramo è la dedica, come abbiamo detto ieri “Qualunque forza positiva derivi da questo, possa agire come causa per raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri”.
Generare bodhicitta d’impegno
Abbiamo allestito il ripiano, disposto le offerte e fatto la pratica in sette parti - preghiera o offerta in sette rami - “con la mente che non torna mai indietro fino alla (realizzazione) definitiva della tua essenza di Buddha”. “Essenza di Buddha” si riferisce alla natura di Buddha, la realizzazione ultima della natura di Buddha è il nostro raggiungimento dell’illuminazione. Si riferisce ai fattori che abbiamo che ci consentiranno di raggiungere l’illuminazione. “Andrò fino in fondo, non tornerò indietro finché non raggiungerò l’illuminazione”.
Quindi, “con fede suprema nelle Tre Gemme Supreme”, “fede” ha un significato molto specifico nel Buddhismo, un po’ diverso dal nostro concetto occidentale di fede: significa “credere che un fatto sia vero” ma non come “Credo che pioverà domani”. È solo un’ipotesi, perché non lo sappiamo veramente come “Credo in Dio”, non possiamo capire veramente, è solo una specie di “credo”. Inoltre, non è “Credo in Babbo Natale” o in qualcosa che non esiste. Tuttavia, crediamo in qualcosa che è vero, in un fatto.
“Credo che quel fatto sia vero”, credo che le Tre Gemme Supreme siano un fatto. È vero che esiste questo stato in cui tutti i problemi, le mancanze e così via vengono rimossi da un continuum mentale e che quel continuum mentale utilizza quindi pienamente tutti i suoi potenziali. Questo è qualcosa che credo sia vero; è un fatto che esista una cosa del genere: è il Dharma. I Buddha l’hanno raggiunto in pieno e il Sangha in parte”.
Ci sono tre tipi di convinzione qui, una basata sulla ragione “Sono convinto che sia così in base alla ragione: la mente è pura per natura, le macchie della mente possono essere rimosse e il potenziale della mente è che il continuum mentale ha tutte queste incredibili qualità per essere in grado di percepire tutto, per avere un cuore aperto equamente a tutti. In base alla ragione, sono sicuro che questo sia così”. Questo è il primo tipo di convinzione.
Poi c’è la convinzione d’aspirazione “Sono convinto che questa sia una cosa realizzabile, desidero realizzarla e sono sicuro che è possibile per me riuscirci”.
Poi c’è la convinzione della chiarezza mentale “Credo che questi fatti siano veri, ne sono totalmente convinto, e ciò libera la mia mente dalle emozioni disturbanti”. “Non ho dubbi al riguardo. Ne sono molto sicuro. Mi rende molto stabile emotivamente”. Non è “Credo che i Buddha siano così meravigliosi e io sono una creatura orribile quaggiù. Non riesco a ottenere nulla”. Questo è molto nevrotico, non sto parlando di questo. Questa è una convinzione in qualcosa che ci rende più stabili emotivamente.
“Toccando per terra con un ginocchio e con i palmi giunti” è la postura del rispetto che senza dubbio deriva dalle usanze dell’antica India – “prendi la direzione sicura per tre volte” in altre parole si riafferma “Questa è la direzione in cui sto andando”.
(10) Poi, con una mente d’amore verso tutti gli esseri limitati, per cominciare, osserva tutti gli esseri erranti, nessuno escluso, che soffrono la nascita e così via nei tre reami peggiori, e la morte, il trasferimento, e così via.
(11) Allora con il desiderio che tutti gli esseri erranti siano liberati dalla sofferenza del dolore, dalla sofferenza, e dalle cause della sofferenza, genera la promessa di bodhicitta con la quale non tornerai mai indietro.
Iniziamo “con una mente d’amore” ovvero dobbiamo lavorare su noi stessi fino a questa bodhicitta d’aspirazione, e il passo successivo dopo aver ottenuto questa direzione sicura consiste nel riaffermarla e lavorare per questa. Quindi, pensiamo all’amore verso tutti gli esseri, “tutti gli esseri limitati” - questo è il modo in cui traduco la parola “esseri senzienti”, poiché si riferisce a tutti coloro che non sono dei Buddha e, quindi, sono ancora limitati, hanno una mente limitata.
“Mente d’amore”. L’amore, come abbiamo detto, è il desiderio che tutti siano felici e abbiano le cause della felicità. Vogliamo che siano felici ma non sono felici, quindi ci ricordiamo che non lo sono e hanno molti problemi.
“Osserva tutti gli esseri erranti”, ovvero coloro che vagano attraverso il samsara, da una rinascita all’altra, a volte in stati migliori e a volte in stati peggiori. Dice di osservarli tutti “nessuno escluso”, senza tralasciarne nessuno. Questo è un punto molto importante quando parliamo di amore e compassione: con la “grande compassione” includiamo tutti, compresi persino gli arhat, gli esseri liberati. Con bodhicitta includiamo tutti e ciò richiede equanimità, senza attaccamento, repulsione o indifferenza verso alcuno.
Potremmo concentrarci sulla natura di Buddha di tutti e, in tal senso, vedere tutti come uguali, ma diventa molto più profondo se introduciamo qui la rinascita. Il continuum mentale individuale di ognuno è senza inizio e senza fine e, sebbene sia individuale - io non sono te e tu non sei me, anche nell’illuminazione i Buddha sono comunque individuali - non ha un’identità intrinseca quando rinasce come questa o quella forma di vita, come una zanzara, un essere umano, questo o quel genere, come maschio o femmina.
È solo una questione di karma che si accumula in termini di quel continuum mentale tale che in questa particolare vita, questa particolare rinascita, manifesta questo tipo di forma di vita e questo genere, o in un’altra vita, un’altra forma di vita e un altro genere. Quel continuum mentale non è intrinsecamente mio amico, nemico o qualcuno che non conosco e così via, perché è senza inizio. È stato tutto; si è manifestato come tutto. È un “essere errante”; ognuno è un essere errante che va da una vita all’altra, apparendo in una forma dopo l’altra, cambiando costantemente, sebbene individuale, in sequenza individuale.
È su questa base che possiamo quindi aprirci a tutti: non c’è differenza a chi siamo aperti. Questa è un’altra ragione per cui il Dharma reale richiede davvero una comprensione della rinascita, delle vite passate e future.
Da un certo punto di vista possiamo dire che tutti sono una specie di continuum mentale quasi impersonale che non ha un’identità intrinseca, ma è pericoloso concentrarsi solo su quello e ignorare l’aspetto relativo attuale. Perché, se ignoriamo l’aspetto relativo che ognuno ha ora, come cane, uomo, donna o qualsiasi altra cosa, allora non possiamo davvero relazionarci con loro in modo ravvicinato. Dobbiamo essere in grado di vedere due livelli qui: da un lato, è un continuum mentale senza inizio e senza forma intrinseca, in continuo cambiamento ma, per relazionarci con questa persona, dobbiamo considerare che età ha ora, che genere, che forma di vita, cultura e così via.
Qual è la condizione di tutti questi esseri erranti? Atisha dice che stanno “soffrendo dalla nascita e così via” - malattia, vecchiaia, questo è ciò che è incluso qui nel “e così via” – “nei tre reami peggiori”, ma anche in qualsiasi reame, peggiore o migliore che sia. Nei reami peggiori, come animali, insetti, ecc., ci sono più sofferenze. Ma in ogni nascita c’è il problema della sofferenza della “morte”, la sofferenza del “trasferimento” a un altro stato di rinascita, costantemente.
Quindi, tutti sono uguali, e poi il “e così via” significa che non c’è mai alcuna soddisfazione, alcuna certezza, alcuna sicurezza di ciò che verrà dopo. Quindi, abbiamo “il desiderio che tutti gli esseri erranti siano liberati da” tutta questa “sofferenza”: questa è compassione.
Che tipo di sofferenza hanno? Innanzitutto, la “sofferenza del dolore”, a volte chiamata “sofferenza della sofferenza”, in altre parole, essere infelici e provare dolore, le sofferenze grossolane che tutti riconosciamo come sofferenza. La successiva “sofferenza” nel verso si riferisce agli altri due tipi di problemi. Il primo è il secondo tipo di sofferenza, il problema del cambiamento o la sofferenza del cambiamento, che si riferisce alla nostra felicità ordinaria. È un grosso problema perché cambia, non dura e non sappiamo mai cosa succederà dopo. Il terzo tipo è la sofferenza onnipervasiva, il problema onnipervasivo ovvero che rinasciamo costantemente con gli aggregati; corpo, mente, ecc. che ci fanno solo perpetuare il ciclo con più karma, più emozioni disturbanti, più problemi e così via.
Non vogliamo solo che tutti siano liberi da tutti questi problemi e sofferenze ma anche dalle loro cause in modo che non li sperimentino mai più. Ciò significa che comprendiamo che le cause dei problemi non sono esterne, ma si riferiscono alla confusione, alle emozioni disturbanti, agli impulsi karmici e così via, di ogni continuum mentale individuale.
Con questa compassione – e ciò che non viene menzionato qui è la straordinaria determinazione ad assumersi la responsabilità di fare qualcosa al riguardo – allora “genera la promessa di bodhicitta con la quale non tornerai mai indietro”. Questa non è semplicemente bodhicitta d’aspirazione “Desidero solo raggiungere l’illuminazione per aiutarli” ma uno stato molto più forte che “Non tornerò indietro finché non la raggiungerò effettivamente”; questo è lo stato impegnato di bodhicitta d’aspirazione.
Il testo non si riferisce semplicemente alla prima volta che lo facciamo che è contraddistinta da un rituale, ma a ogni giorno nella nostra meditazione per abituarci a questo; è molto utile seguire questa procedura perché diventerà molto più radicata in noi, piuttosto che semplicemente “Beh, sì. Penso sia così”. Creando un rituale personale che ripetiamo ogni giorno con offerte e così via, mostriamo davvero rispetto a noi stessi e a ciò che stiamo facendo con le nostre vite.
Quando si esegue un tale rituale ogni giorno - una pratica ritualizzata - tale procedura stabilita, dobbiamo davvero stare attenti a non farlo diventare meccanico senza sentimento, farlo per dovere e obbligo e, se non lo facciamo, allora ci sentiamo in colpa e lo facciamo solo per evitare il senso di colpa, o solo per compiacere il nostro insegnante che ci ha detto di farlo. Questi sono modi molto nevrotici di approcciare questo tipo di pratica, e quindi è davvero molto importante pensare ai benefici di farlo. Ecco perché Atisha parla poi dei benefici di questo stato mentale, di questa pratica, e del farla con sincerità e sentimento.
I vantaggi dello sviluppo di un obiettivo di bodhicitta
Atisha stava descrivendo il rituale con cui possiamo generare e poi riconfermare il nostro stato promesso di aspirante bodhicitta, e poi continua a menzionare i benefici. Dice:
(12) I benefici del generare menti aspiranti come questa sono stati spiegati a fondo da Maitreya nel Sutra sparso come il tronco di un albero.
Le “menti aspiranti come questa” al plurale si riferiscono ai due stadi che abbiamo menzionato, la mera aspirazione e l’aspirazione impegnata. Questo sutra in sanscrito è chiamato Sutra Gandavyuha, un sutra molto famoso che parla del sentiero del bodhisattva e spiega estesamente i benefici dello sviluppo di bodhicitta. Tsongkhapa, il fondatore della tradizione ghelug, lo elogia molto e afferma che una delle ragioni per cui gli insegnamenti sul bodhisattva sono così diffusi è proprio grazie a questo sutra particolare.
Atisha non menziona qui i benefici specifici, ma sono descritti da Shantideva. È molto importante, quando si cerca di sviluppare un certo stato mentale, capire quali sono i benefici così lo apprezziamo più pienamente e, ricordandoli più e più volte, siamo incoraggiati a continuare in questa direzione.
Se teniamo sempre a mente bodhicitta allora ricordiamo sempre questo obiettivo di focalizzarci sulla nostra futura illuminazione. Tsongkhapa dice molto chiaramente che dobbiamo sapere su cosa è focalizzato uno stato mentale e come la mente prende quell’oggetto. Con bodhicitta è focalizzata sulla nostra futura illuminazione individuale che non è ancora accaduta. Il modo in cui la nostra mente prende quell’oggetto, la nostra futura illuminazione, è con l’intenzione “Devo aiutare tutti. Voglio davvero aiutare tutti e, per farlo al meglio, ho bisogno di raggiungere questa futura illuminazione. Quando ci riuscirò, allora sarò di beneficio agli altri il più possibile”.
Naturalmente, ci sono lunghe liste di benefici tradizionalmente menzionati nei testi ma, in generale, qui la nostra mente è completamente aperta, rivolta al più completo sviluppo che possiamo raggiungere; pensiamo sempre “Devo, voglio e posso raggiungerla”. Pensiamo in termini del più alto stato di evoluzione possibile, “Lo farò” e “Posso farlo”.
Lo facciamo per poter aiutare gli altri, non è solo per noi stessi. La mente si espande per poter aiutare tutti, quindi è vasta. Questo ci dà un’enorme quantità di energia, molto di più di quanto non faremmo se pensassimo in modo molto limitato di fare qualcosa solo per il nostro beneficio o per il beneficio di poche persone.
Lo sappiamo da un semplice esempio, se viviamo da soli e abbiamo mal di testa, non ci sentiamo molto bene, allora potremmo non preoccuparci di preparare la cena quando torniamo a casa la sera, andiamo semplicemente a dormire. Tuttavia, se abbiamo figli, la nostra preoccupazione per loro ci dà la forza di superare quel mal di testa e non ci ferma. Siamo in grado di fare qualcosa di utile per qualcun altro e quindi prepariamo da mangiare per i nostri figli.
Il modo in cui viene spiegato nei testi è che non ci arrendiamo per gli ostacoli a causa del bisogno degli altri. La necessità di crescere e superare questi ostacoli ci dà la forza di perseverare. Sebbene possiamo avere, diciamo, una direzione sicura nella vita, un rifugio, la nostra vita ha un significato ma anche molta più urgenza. C’è molta più energia quando vogliamo davvero raggiungere questo obiettivo a causa della nostra preoccupazione per gli altri, e ci dà l’energia per intraprendere azioni enormi.
Guardate le persone che lavorano per la causa del Tibet o contro la guerra e pensano al benessere di tutti. Ciò dà questa incredibile energia per fare qualcosa di veramente grande, non solo stare seduti a casa, pensare solo a noi stessi e preoccuparci. Ci dà il coraggio di provare cose nuove, scoprire nuove capacità, nuovi talenti che abbiamo e che altrimenti potremmo non avere l’energia di esplorare, e di usarli il più possibile,
(13) Quando avrai letto questo sutra o ne avrai sentito parlare dal tuo guru e quando avrai acquisito consapevolezza degli infiniti benefici della piena bodhicitta, allora, come causa per renderla stabile, genera questa mente più e più volte.
Quando apprendiamo questi benefici leggendoli in questo sutra o ascoltando il nostro maestro spirituale che li spiega e ne diventiamo consapevoli, non significa che li scopriamo e basta, ma che li conosciamo veramente dal profondo del nostro cuore; sentiamo veramente e siamo convinti “degli infiniti benefici della bodhicitta”; allora dobbiamo cercare di rendere questo stato mentale stabile e una parte molto ferma di noi stessi, un modo completo in cui pensiamo sempre , in cui andiamo sempre avanti nella nostra vita.
Per fare ciò, dobbiamo “generare questa mente più e più volte”. Ciò significa rafforzarla, riaffermarla più e più volte. All’inizio, dovremo impegnarci per sentire questo stato mentale, passando attraverso un processo di meditazione di accettazione di amore, compassione e di come aiutare gli altri nel modo migliore, che è quello di diventare illuminati, e così, ci impegniamo per raggiungere questa bodhicitta. Questo è naturale, è il modo in cui dobbiamo farlo all'inizio.
È come quando lavoriamo con la comprensione della vacuità: ripercorriamo il ragionamento più e più volte per riconfermare quella convinzione nella vacuità ed essere totalmente convinti che è il modo in cui esistono le cose, per essere più precisi è essere convinti che le cose non esistono in certi modi impossibili. Una volta che siamo in grado di generare questo stato mentale, che sia bodhicitta o la comprensione della vacuità, attraverso un processo che ripetiamo più e più volte, alla fine, raggiungeremo un punto in cui diventerà così familiare che, senza passare attraverso questo ragionamento o processo, lo sentiremo semplicemente all’istante.
Se saltiamo questo passaggio di sviluppo di bodhicitta attraverso un processo e diciamo subito “Possa io raggiungere l’illuminazione per tutti gli esseri senzienti”, allora c’è il pericolo che non sentiremo molte emozioni positive con bodhicitta che non sarà accompagnata dal forte supporto di amore e compassione necessario.
In altre parole, quando diciamo “Possa io raggiungere l’illuminazione per aiutare tutti gli esseri” in modo casuale ma non lo sentiamo veramente, non ci stiamo davvero ricordando della sofferenza degli altri, di quanto sia terribile e di come vorremmo davvero fare qualcosa per loro “Questo è ciò che cercherò di fare per aiutarli”. Dovrebbe esserci un’emozione, un sentimento dietro a bodhicitta.
È molto importante farlo perché è facile saltarlo, e poi bodhicitta è solo parole, non è davvero un’emozione sentita. Ricordandoci i benefici saremo ancora più incentivati a lavorarci davvero in modo appropriato.
(14) La forza positiva di tutto ciò è mostrata in modo esteso nel Sutra richiesto da Viradatta. Poiché [in questo sutra] è riassunta in tre sole strofe, vorrei citarle qui.
“Forza positiva” è di solito tradotto come “merito”, e si riferisce all’energia positiva che deriva dallo sviluppo di questo stato mentale, ed è qualcosa di molto, molto forte. Ci dà un enorme slancio per raggiungere questo obiettivo. Se guardiamo a questi tre versi del sutra, dice:
(15) “Se la forza positiva della bodhicitta avesse forma, riempirebbe completamente la sfera dello spazio e andrebbe persino al di là di quello.
(16) Anche se qualcuno potesse riempire totalmente di gemme un numero di campi di Buddha pari ai granelli di sabbia del Gange e offrirli ai Guardiani del Mondo,
(17) Se qualcuno, con i palmi giunti, rivolgesse la sua mente alla bodhicitta, la sua offerta sarebbe ancora più nobile; non avrebbe fine”.
Con bodhicitta pensiamo di raggiungere l’illuminazione a cui le nostre menti e i nostri cuori saranno aperti tanto ampiamente quanto lo è tutto lo spazio; penseremo di beneficiare tutti in tutto lo spazio. È davvero straordinario che stiamo pensando a uno scopo così incredibile; ovviamente, la forza positiva del pensare così, allo stesso modo, sarà enorme.
Se ci pensiamo, se prendiamo sul serio questa cosa anche se non pensiamo in termini di vite passate e future, è straordinario se siamo davvero sinceri “Cercherò di liberare e portare all’illuminazione ogni insetto del mondo, ogni scarafaggio, ogni zanzara e così via”. È incredibile che uno possa essere davvero serio su questo e sentire che potrebbe davvero essere così, “io posso essere così”.
Se fossimo effettivamente in grado di raggiungere quello stato ed essere totalmente sinceri al riguardo, sarebbe inconcepibile la forza positiva, l’energia che ci darebbe. “Riempirebbe completamente la sfera dello spazio”, proprio come la nostra mente riempie tutto lo spazio, e anche di più.
Naturalmente, per raggiungere quello stato dobbiamo procedere per gradi. Molto spesso le persone dicono “Oh sì, voglio essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti” ma senza prenderli sul serio, così questa affermazione è quasi priva di significato, solo parole. Dobbiamo lavorare prima in piccolo: pensare a noi stessi, alle persone che conosciamo, amici, persone neutrali, coloro che non ci piacciono, ed estenderlo a tutti nella nostra città, nel nostro paese, su questo pianeta, a diverse forme di vita e altri pianeti.
Lavoriamo per gradi, non possiamo semplicemente pensare in un istante “tutti gli esseri senzienti” e far sì che ciò abbia davvero un significato a livello emotivo. Qualcuno che dice di lavorare per tutti gli esseri ma non ha tempo per la sua famiglia o i suoi amici, allora che senso ha?
Come dicono le seconde due strofe, sviluppare questa mente di bodhicitta genera molta più forza positiva che fare offerte a tutti i Buddha. I Buddha non hanno bisogno di offerte di gemme e così via; cosa se ne fanno dei soldi? Non ne ha bisogno per aiutare gli altri. Se ci sono grandi esseri che lavorano per il bene degli altri, ovviamente, hanno bisogno di una sorta di aiuto finanziario e quindi fare offerte per grandi progetti di servizio è benefico. Tuttavia, è un’altra cosa per i veri Buddha nei campi di Buddha.
Sviluppare questo atteggiamento ci consentirà di avere una forza molto più positiva che ci spingerà davvero a raggiungere questo stato di illuminazione e porterà molto più aiuto a tutti.
Gli allenamenti per aver sviluppato gli stati di bodhicitta di aspirazione
(18) Avendo generato gli stati di bodhicitta d’aspirazione, accrescili sempre con molti sforzi e inoltre, per esserne coscientemente consapevole in questa vita come pure in quelle successive, proteggi scrupolosamente gli addestramenti spiegati nei testi.
Una volta che abbiamo “generato” questi due “stati d’aspirazione” della mente - desiderando raggiungere l’illuminazione e impegnandoci a non tornare mai indietro finché non la realizziamo - dobbiamo rafforzarli con molto lavoro, “con molti sforzi” in modo da non dover raggiungere questo stato mentale attraverso le meditazioni sull’amore e la compassione, ma generandolo semplicemente all’istante e con molta sincerità.
Vogliamo rafforzarlo ulteriormente in modo da averlo sempre, non solo quando ce ne ricordiamo. Per ricordarlo – questo è ciò che intendiamo quando diciamo qui “esserne coscientemente consapevole in questa vita come pure in quelle successive” – ci sono degli allenamenti che ci aiutano a raggiungere questo obiettivo.
L’allenamento per non far declinare in questa vita la nostra determinazione di bodhicitta
Ci sono quattro pratiche in cui ci alleniamo affinché la nostra bodhicitta non declini e non si indebolisca in questa vita:
la prima è ricordare ogni giorno e ogni notte i vantaggi dell’avere questa motivazione di bodhicitta. A volte dico tre volte al mattino e tre volte alla sera− non importa; quanto possiamo. Atisha stesso lo sottolinea in un verso precedente: se siamo consapevoli e ricordiamo questi benefici ogni mattina e sera, ad esempio, nella nostra meditazione, allora questa risoluzione non si indebolirà.
Il secondo allenamento consiste nel riaffermare e rafforzare la nostra motivazione di bodhicitta, ridedicando il nostro cuore all’illuminazione e agli altri tre volte al giorno e tre volte ogni notte.
Il terzo è sforzarsi di costruire quelle che chiamo “reti di forza positiva e profonda consapevolezza che costruiscono l’illuminazione”, spesso chiamate “raccolte di merito e saggezza”. Qui stiamo parlando di forza positiva piuttosto che di merito, del fare molte cose costruttive, come aiutare effettivamente gli altri e meditare su bodhicitta. Non è che otteniamo punti ogni volta che aiutiamo qualcuno e li raccogliamo nella “raccolta del merito”, non è una collezione di francobolli. Piuttosto, quella forza positiva di tutte queste azioni costruttive costituirà una rete che, se dedicata all’illuminazione, creerà una forza per realizzarla e per avere effettivamente un corpo fisico di un Buddha che può aiutare pienamente gli altri.
L’altra rete è la consapevolezza profonda della vacuità. Quanto più frequentemente meditiamo sulla vacuità tanto più quella profonda consapevolezza che otteniamo sarà solida. Anche questa costruisce l’illuminazione, poiché agisce come causa principale per avere la mente di un Buddha.
Se lavoriamo sempre per cercare di rafforzare queste reti, ovviamente, lo stiamo facendo con bodhicitta, perché qual è lo scopo? Raggiungere l’illuminazione, beneficiare di più gli altri mentre procediamo fino a quando la realizziamo.
Più andiamo avanti lungo questo percorso di rafforzamento di queste reti, più la nostra determinazione diventerà forte e inizieremo a trarne qualche beneficio in termini del nostro modo di essere. La nostra vita diventa molto significativa e la nostra mente rimane in uno stato più positivo sempre più frequentemente. Questo aiuta la nostra bodhicitta a non declinare, non indebolirsi in questa vita.
Il quarto allenamento è non rinunciare mai a cercare di aiutare qualcuno, o almeno desiderare di poterlo fare, non importa quanto difficile possa essere quella persona. Se ci arrendiamo allora la nostra determinazione a poter aiutare tutti diventerà ovviamente sempre più debole “Perché non voglio davvero avere a che fare con lui, e quello laggiù è semplicemente tremendo, troppo difficile”.
Anche se non possiamo aiutare qualcuno e non sarebbe un uso molto produttivo del nostro tempo perché ci sono molte altre persone che possiamo beneficiare più pienamente, pensiamo “Ok, temporaneamente non farò un grande sforzo con te” ma almeno manterremmo il desiderio di essere in grado di beneficiare questa persona quando diventerà più ricettiva, più aperta e così via. Se non abbandoniamo mai a nessuno, allo stesso modo, questa risoluzione non diminuirà. Questi sono i quattro addestramenti per la nostra risoluzione di bodhicitta affinché non diminuisca in questa vita.
Allenamento per non perdere la determinazione di bodhicitta nelle vite future
Inoltre, ci sono vari esercizi per non perdere questa risoluzione di bodhicitta nelle vite future. L’allenamento consiste nel liberarci dai quattro tipi di comportamento oscuro e sviluppare invece i quattro tipi di comportamento splendente, letteralmente le quattro azioni “nere” e le quattro azioni “bianche”, ma al giorno d’oggi non è politicamente corretto usare quel tipo di terminologia, quindi uso invece “oscure” e “splendenti”. La prima in ciascuna di queste coppie è l’azione negativa che evitiamo, e la seconda quella positiva che adottiamo.
La prima è non ingannare i nostri insegnanti spirituali, i nostri genitori o la Triplice Gemma e, invece, essere onesti con loro riguardo alle nostre motivazioni e ai nostri sforzi per aiutare gli altri.
È molto importante essere onesti su quanto stiamo effettivamente facendo, senza fingere di essere dei meravigliosi, grandi praticanti bodhisattva quando, in realtà, non lo siamo ma siamo solo molto, molto egoisti. Di nuovo, è importante essere realisti su questo. Proprio come il samsara e i nostri stati mentali avranno alti e bassi finché non diventeremo esseri liberati, arhat, allo stesso modo, finché non ci libereremo completamente da qualsiasi tipo di attaccamento a un solido “io”, la nostra motivazione sarà sempre leggermente mescolata a qualche pensiero egoistico.
Di nuovo, non ce ne libereremo finché non diventeremo esseri liberati, arhat. Come dice sempre Sua Santità il Dalai Lama, se siamo onesti e ci guardiamo dentro, scopriremo che abbiamo sempre una motivazione mista: una parte sarà altruistica, ma ci sarà anche un po’ di interesse personale. Non preoccupatevi di questo ma cercate di rendere la parte altruistica più forte di quella egoistica. Quindi, dobbiamo essere onesti su questo e non ingannare i nostri insegnanti, i nostri genitori, noi stessi e la Triplice Gemma.
Il secondo allenamento è smettere di criticare o di essere sprezzanti nei confronti dei bodhisattva. Tuttavia, solo i Buddha possono essere certi di chi sono effettivamente dei bodhisattva. Come facciamo a sapere se quella persona è un bodhisattva o no? Non lo sappiamo, solo un Buddha può davvero saperlo, quindi cerchiamo di considerare tutti in modo puro come nostri insegnanti. Anche se le persone agiscono in modi terribili, possono comunque insegnarci a non agire in quel modo, quindi seguiamo questo modo di pensare.
Se non siamo onesti riguardo alla nostra motivazione nelle vite future declinerà sempre più. Come faremo davvero a continuare in quella direzione se siamo disonesti e ingannevoli? Allo stesso modo, vogliamo continuare anche nelle vite future a lavorare come un bodhisattva. Se altre persone vanno in quella direzione e noi diciamo “Oh, quello che stai facendo non va bene ed è troppo grande”, o “non è il modo in cui vorrei farlo”, anche questo va contro la direzione di bodhicitta e, naturalmente, nelle vite future non continueremo ad avere quella risoluzione.
Non dobbiamo essere d’accordo con tutto ciò che tutti stanno facendo, ma non è utile avere una mente molto critica e negativa. Se non siamo d'accordo con ciò che la persona sta facendo, possiamo pensare “Posso imparare a non agire in quel modo”, per esempio. Cerca sempre di vedere il lato positivo delle cose “Cosa posso imparare che abbia davvero il sapore di bodhicitta?”. Quando pensiamo all’obiettivo positivo che vogliamo raggiungere, piuttosto che “a tutti i miei difetti” pensiamo alle nostre buone qualità che vogliamo sviluppare sempre di più e dei difetti pensiamo “Questo è ciò che voglio eliminare”. Allo stesso modo, riguardo alle altre persone e ai difetti che hanno pensiamo “Beh, vorrei eliminarli in me stesso”. Ci stanno insegnando qualcosa, è positivo ciò che stanno facendo.
Il terzo è non far pentire gli altri di qualcosa di positivo che hanno fatto. Se chiediamo a qualcuno di aiutarci, di digitare qualcosa al computer e l’altro fa molti errori, se ci arrabbiamo allora potrebbe non aiutarci più. Stava cercando di aiutarci, di essere positivo, di evolversi e noi diciamo “Sei stupido, non sai fare niente”. Si pentirà e si allontanerà dal tentativo di agire positivamente, e questo ha anche un effetto negativo sul nostro sviluppo futuro.
Quello che cerchiamo di fare, invece, è incoraggiare gli altri ad essere costruttivi e, se sono ricettivi, a lavorare per superare i propri difetti, realizzare il proprio potenziale per essere di maggiore beneficio agli altri; in altre parole, li incoraggiamo nel sentiero Mahayana, ma non spingendoli come un missionario e solo se sono ricettivi.
Infine, il quarto, l’ultimo, è smettere di essere ipocriti o pretenziosi nei nostri rapporti con gli altri; in altre parole, nascondere i nostri difetti e fingere di avere qualità che ci mancano. Invece, ci assumiamo la responsabilità di aiutare gli altri e siamo sempre onesti e franchi sui nostri limiti e sulle nostre capacità. Se stiamo cercando di aiutare qualcuno, non promettiamo più di quanto siamo capaci di fare - questo è importante; altrimenti, lo deluderemo e ci scoraggeremo anche noi. Non fingere di essere in grado di fare più di quanto possiamo e non nascondere i difetti e i limiti che abbiamo.
Questi sono gli addestramenti che ci permettono di non perdere questa risoluzione di bodhicitta nelle vite future. Quando Atisha dice “essere consapevoli di ciò”, intendendo bodhicitta, “in questa e in quelle successive” nelle vite future, “proteggi scrupolosamente gli addestramenti spiegati nei testi” si riferisce a questi addestramenti.