Dott. Alexander Berzin: tradurre per Serkong Rinpoche e Sua Santità il Dalai Lama

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Lo studio e la formazione con Serkong Rinpoche continua

Riprendendo il racconto dei miei primi anni, quando tornai a Dharamsala dopo aver passato del tempo con Catherine a Bodh Gaya, continuai per gli anni successivi a studiare intensamente alla biblioteca e a partecipare ai molti insegnamenti pubblici e riservati di Sua Santità. Continuai anche a tradurre per Serkong Rinpoche, specialmente gli insegnamenti tantrici per Alan.

Nel corso degli anni, tradussi per Alan varie iniziazioni, jenang (permessi successivi), e insegnamenti sulle sadhana lunghe, l’auto-iniziazione, e le puja del fuoco. A volte questi insegnamenti erano anche per un gruppo di altri occidentali, a volte per un piccolo gruppo di tulku, e a volte solo per noi due. Rinpoche insegnò ad Alan e me persino come disegnare i mandala delle divinità principali e le misurazioni dei palazzi del mandala in 3D. Usando la pasta di tsampa, creò alcuni modelli delle loro caratteristiche architettoniche per farci vedere il loro aspetto. 

L’enfasi sul tantra era perfetta per me durante questo periodo della mia vita. La mia formazione accademica era stata parziale. Aveva sviluppato solo le mie capacità intellettuali dell’emisfero sinistro. Avevo bisogno di equilibrarle con le capacità creative e artistiche dell’emisfero destro. Avevo bisogno di allenare la mia immaginazione, e provare le complesse visualizzazioni del tantra era un veicolo perfetto per farlo.

Ero particolarmente eccitato di imparare come ciascuna caratteristica delle figure che stavo cercando di visualizzare – i loro volti, le braccia, le gambe, quello che tenevano in mano e così via – rappresentasse vari aspetti degli insegnamenti, e che immaginarli tutti in una volta era un metodo per tenere a mente ed integrare tutto ciò che rappresentavano. Motivato dall’amore e dalla compassione per tutti gli esseri, l’obiettivo di bodhichitta era di ottenere l’onniscienza rappresentata da queste immagini per beneficiare tutti questi esseri. Questo si adattava perfettamente con la mia aspirazione dell’infanzia di ottenere una conoscenza universale. Quell’aspirazione non era esagerata se considerata nel contesto del bodhichitta.

La mia formazione accademica, tuttavia, era incentrata solo su me stesso. Anche se aspiravo a diventare un professore, il mio desiderio di una conoscenza universale era fondamentalmente solo per il mio beneficio. Avevo bisogno di equilibrarlo con un approccio più altruista. Sua Santità mi disse sostanzialmente questo nella mia prima udienza con lui, che avevo bisogno di addestrarmi sia nella saggezza che nella compassione. Serkong Rinpoche sembrava intuire che avevo bisogno che non mi insegnasse nulla a meno che non dovessi tradurlo per gli altri. La mia motivazione per imparare qualunque cosa doveva essere per beneficiare gli altri condividendo la mia conoscenza con loro. Da quel momento ciò divenne un tema dominante nella mia vita, con il sito web e così via. Rendere gli insegnamenti accessibili al mondo intero è ora diventato un desiderio che mi coinvolge totalmente. Sono persino risentito del fatto che devo dormire la notte, perché non vedo l’ora di tornare alla mia scrivania.

L'unica cosa che Rinpoche mi insegnò individualmente fu il Kalachakra, e lo fece con grande profondità e dovizia di particolari. Nuovamente, con il senno di poi, penso che lo fece per prepararmi a tradurre l’iniziazione di Kalachakra per Sua Santità – cosa che in seguito feci, molte volte – e a scrivere il libro L’iniziazione di Kalacakra [Ubaldini Editore, Roma. N.d.T.], rititolato come Introduzione all’iniziazione di Kalachakra per la seconda edizione [esiste al momento (agosto 2025) solo la versione inglese, N.d.T.]. Dunque anche lo studio del Kalachakra era per beneficiare gli altri.

In generale, quando traducevo, Rinpoche non mi faceva prendere note. Dovevo ricordarmi tutto. Non mi faceva nemmeno scrivere nulla finché non tornavo a casa la sera. Per addestrarmi ulteriormente, quando insegnava qualcosa e io traducevo, interrompeva l’insegnamento, mi spiegava qualcosa sul Kalachakra e poi tornava a quello che stava insegnando. Di nuovo non potevo scrivere nulla finché non tornavo a casa, e mi rimproverava severamente se non mi ricordavo tutto.

Una volta accompagnai Sua Santità come interprete per una visita in Olanda. Durante una conferenza stampa, uno dei reporter prese un registratore e chiese a Sua Santità di offrire un messaggio per i tibetani in Nepal. Dopo qualche tempo sarebbe andato lì. Sua Santità lo fece in tibetano, e poi continuò la conferenza stampa. Alla fine, il reporter chiese a Sua Santità cosa avesse detto. Sua Santità si voltò verso di me mentre lasciava la stanza e disse: “Berzin, digli cosa ho detto”. Fui molto grato per la formazione di Rinpoche. 

Migliorare il mio stile di traduzione e le competenze linguistiche

Rinpoche era molto preoccupato dei termini di traduzione che utilizzavo. I termini tibetani erano stati scelti con cura dai vecchi traduttori lotsawa ed erano pieni di significato. Avevo bisogno di mungere il significato dalle parole, lui diceva. Per via di questo, mi chiedeva quale fosse la connotazione della parola inglese che stavo usando per qualche termine. Quando non corrispondeva al termine tibetano, spiegava la connotazione corretta. In questo modo, mi aiutava a individuare una traduzione che corrispondesse al tibetano, anche se non era un termine standard come quelli coniati spesso dai missionari per la traduzione della Bibbia. È così che ho cominciato a creare la mia nuova terminologia di traduzione.

All’inizio, seguendo la raccomandazione di Serkong Rinpoche, tradussi ogni parola, anche i nomi, come avevano fatto i tibetani. Ma seguendo il consiglio di Geshe Dhargyey, il quale mi spiegò che le traduzioni iniziali del Kangyur e del Tengyur furono in seguito revisionate quasi tutte, anche io in seguito revisionai questo stile e alcuni di questi termini quando scoprii che non funzionavano. Il modello delle traduzioni mongole dal tibetano sembrava più adatto alla nostra situazione in inglese rispetto al modello tibetano per tradurre il sanscrito.

Prima che i mongoli iniziassero a tradurre testi tibetani, avevano già avuto contatti con il Buddhismo dagli uighuri. Come altri traduttori dell’Asia Centrale prima di loro – i khotanesi, i tochariani, i sogdiani e i goktürk – gli uighuri semplicemente traslitterarono molti termini buddhisti sanscriti nelle loro traduzioni, come “Buddha” e “bodhisattva”. I mongoli conoscevano già molti di questi termini. Per via di questo, quando in seguito tradussero dal tibetano, si rivolsero al metodo uighuro inserendo termini chiave come “Buddha” nel sanscrito translitterato. Siccome il pubblico che legge in inglese, come i mongoli prima di loro, conoscevano già termini come “Buddha”, decisi che sarebbe stato meglio tenerli nella traslitterazione, ma inserendo spiegazioni della loro connotazione quando apparivano per la prima volta in un commentario.

Ora, quando imposto le mie traduzioni e la ricerca sui testi originali in sanscrito (quando questi sono disponibili), spiego le connotazioni sia dei termini sanscriti sia dei termini scelti dai tibetani per tradurli, siccome spesso i due sono molto differenti. Tendo a preferire il sanscrito quando scelgo come tradurre i termini. Quando le fonti primarie sono solo disponibili nella traduzione cinese, gli ultimi strumenti di IA mi hanno permesso di individuare i brani rilevanti per la mia ricerca, e ho cominciato a tradurre e analizzare anche questi. La mia formazione ad Harvard – che mi ha permesso di confrontare le versioni sanscrite, cinesi, e tibetane dei testi e dei loro termini – è stata fondamentale.

Rinpoche era anche interessato che il mio vocabolario tibetano aumentasse. Per aiutarmi a farlo, mi fece prendere un dizionario tibetano e mi fece scrivere una frase con ogni parola, per aiutarmi a ricordarla. Non siamo andati molto avanti prima di farmi smettere, ma avevo capito il messaggio che stava cercando abilmente di darmi. Dovevo migliorare il mio vocabolario.

Per seguire le orme dei traduttori tibetani lotsawa che erano sia accademici che praticanti realizzati, dovevo formarmi non solo nelle lingue, ma anche nella meditazione. Serkong Rinpoche non mi diceva cosa praticare. La motivazione e l’iniziativa doveva provenire da me. Poi gli chiedevo se avesse obiezioni ai miei suggerimenti, e lui invariabilmente diceva che non ne aveva nessuna. Ho sempre basato la mia pratica tantrica sulle sadhana lunghe e complete e le facevo in tibetano. Le sadhane lunghe, Rinpoche diceva, erano per principianti. Quelle brevi erano solo per i praticanti avanzati che si ricordavano a memoria le abbreviazioni. 

Nel corso degli anni seguenti, su mia iniziativa, intrapresi e completai due altre pratiche preliminari e poi i ritiri dei mantra e le puja del fuoco di sei tantra anuttarayoga che praticavo giornalmente, e il ritiro dei mantra di una delle pratiche del tantra kriya. Sonam Norbu mi aiutò con le puja del fuoco, e ne fui molto grato. Rinpoche mi consigliò, per tutti i miei ritiri, di fare solo due sessioni al giorno – una al mattino presto e una alla sera – e poi di continuare come al solito i miei compiti, non dicendo a nessuno oltre a Sonam che ero in ritiro. Questo stile era perfetto per me.

La mia ulteriore formazione

Rinpoche mi offrì anche consigli inestimabili per questioni terrene. Quando gli accordi con Oxford University Press per la possibile pubblicazione di una versione della mia tesi di dottorato fallirono, mi indicò gli errori che avevo fatto nelle negoziazioni e mi istruì su come fare accordi commerciali. I suo consigli mi furono molto utili con i vari accordi commerciali che dovetti prendere per creare i siti Berzin Archives e Study Buddhism.

Per mantenere la mia salute per tutti i miei anni in India, andavo ogni settimana dal dott. Yeshe Dhonden, che era particolarmente vicino a Serkong Rinpoche. Le mie poche conoscenze della medicina tibetana provengono dal mio desiderio di comprendere come mi stesse trattando per i vari squilibri che sorgevano dalla mia esperienza personale con la terapia.

Questa attenzione speciale che diedi alla mia salute fu incrementata da due esperienze memorabili durante gli anni ’70 sulla morte. La prima avvenne quando stavo traducendo per un insegnamento sul lam-rim offerto dall’abbate del monastero di Namgyal. Non ricordo il nome. Quando raggiunse la sezione su come la morte può arrivare in ogni momento, improvvisamente si strinse il petto e si fermò. Il suo attendente ci disse di uscire tutti velocemente. L’abbate aveva appena avuto un attacco cardiaco e morì qualche minuto dopo. Eravamo tutti in shock.

La seconda esperienza fu con un giovane canadese, che non conoscevo, che morì da avvelenamento per monossido di carbonio. Apparentemente utilizzava un forno a carbone nella sua capanna per riscaldarsi la notte, e questa capanna non era ventilata. Come membro anziano della comunità occidentale, le autorità mi chiesero di prendermi cura del corpo. Assieme ad un amico andai nella baracca che fungeva da camera mortuaria, dove lo trovammo nudo, per terra, sul pavimento di cemento. Quando lo prendemmo, il cadavere sembrava come quello di un pesce freddo, morto. Lo portammo in una jeep ai campi di cremazione. Fortunatamente, un gruppo di monaci tibetani ci aiutarono a costruire una pira di legna, metterlo sopra con un telo, e cremarlo.

Tradurre per Sua Santità il Dalai Lama

Sua Santità il Dalai Lama ha vari traduttori, e in base alla situazione e al bisogno, chiede a uno o all’altro di tradurre per lui. Man mano che le mie competenze linguistiche in tibetano miglioravano, cominciai ad essere uno dei suoi traduttori, ma solo raramente. Questo avvenne tra la fine degli anni ’70 fino ai primi anni ’90. Non fui mai il suo traduttore quotidiano.

All’inizio, prima di cominciare a tradurre oralmente per lui, prendevo molte note sugli insegnamenti di Sua Santità e dopo le leggevo agli occidentali. Poi cominciai le traduzioni consecutive e infine presi l’abitudine di fare traduzioni simultanee, con gli occidentali che ascoltavano su radio FM. Sua Santità mi sceglieva come il traduttore per qualche iniziazione, per insegnamenti avanzati sul tantra e per alcuni incontri con scienziati, psicologi, e leader religiosi non buddhisti. In quegli incontri, il mio compito era di fare da ponte tra i loro modi di pensare e i modi buddhisti. Quando traducevo, inserivo delle informazioni contestuali sui loro sistemi dedotte dalle loro parole, in modo tale che Sua Santità potesse capire più facilmente. Una volta che altri, specialmente tibetani, potevano tradurre queste varie situazioni, Sua Santità non me lo chiese più. Potevo essere di aiuto per lui in altri modi. 

Ogni volta che traducevo consecutivamente per Sua Santità, Serkong Rinpoche si sedeva vicino e mi guardava attentamente. In seguito, se avessi violato qualche protocollo di decoro, specialmente di fronte a migliaia di tibetani, mi avrebbe rimproverato severamente. Imparai presto ad essere più consapevole dell’etichetta tibetana. L’addestramento della memoria che Serkong Rinpoche mi aveva dato fu fondamentale perché Sua Santità, quando insegna, parla solitamente per cinque o più minuti alla volta prima di fermarsi per la traduzione.

Ad alcuni di questi insegnamenti, le persone potevano fare domande scritte da porre il giorno seguente a Sua Santità. Rinpoche le analizzava tutte con me la sera. Molte non erano domande chiare ed erano troppo lunghe. Spesso quando le persone fanno una domanda a un grande lama, il lama la comprende in modo differente e risponde a una domanda diversa. Per evitarlo, mi disse di non tradurre queste domande letteralmente, ma di dirgli in una frase cosa stessero chiedendo. Mi disse anche di riformularle in un modo che si adattava alla struttura concettuale del Dharma. Solo così Sua Santità sarebbe stato in grado di comprendere la domanda correttamente e di dare una risposta appropriata. Rinpoche rifiutava anche molte domande e ne aggiungeva altre che erano più appropriate per Sua Santità, e che sarebbero state di maggiore beneficio. In questo modo imparai una lezione importante su come porre domande ai grandi maestri di Dharma.

I tour d’insegnamento con Serkong Rinpoche

Accompagnai Serkong Rinpoche e i suoi due attendenti Ngawang e Choentse-la, in due tour d’insegnamento in Nord America e in Europa occidentale, uno nel 1980 e l’altro nel 1982. Ciascun tour prevedeva un periodo a casa di Alan e della sua famiglia per dargli ulteriori insegnamenti. Choentse-la era stato con Rinpoche sin da bambino ed era fuggito in esilio con lui dal Tibet. Era sempre con Rinpoche dovunque andasse, e si prese cura di lui come fosse un figlio devoto. Era molto calmo e quieto e aiutava Rinpoche nei rituali. Ngawang era nepalese ed era estroverso, ben organizzato e molto intelligente. Rinpoche l’aveva scelto da adolescente introducendolo nella sua famiglia, e l’aveva formato affinché diventasse il suo segretario per scrivere le lettere e gestire la casa. In effetti, prima di morire, Rinpoche scelse due giovani adolescenti, Gendun Samdup e Thupten Sherab, e li introdusse nella sua famiglia. Diventarono gli attendenti di Rinpoche nella sua vita successiva e lo crebbero come se fossero i suoi genitori. Thupten Sherab si prese cura del lavoro fisico della casa, e Gendun Samdup divenne un Geshe e si dedicò agli aspetti finanziari.

Rinpoche aveva scelto anche me. Non solo tradussi per lui in questi tour in occidente, ma organizzai tutto, scrissi tutte le lettere e ottenni tutti i visti per lui e i due attendenti – tutto questo senza internet. Grazie a ciò fui in grado di organizzare i miei successivi tour d’insegnamento. Vedendo il comportamento di Rinpoche e come dava insegnamenti in questi tour, adattandosi sempre alla cultura e al pubblico locale, dai bambini fino agli accademici, imparai a come comportarmi nei miei tour futuri. Fu particolarmente utile vedere come prendeva sul serio tutti, dagli hippy stonati ai ricchi benefattori, trattandoli tutti con la stessa gentilezza e rispetto.

Rinpoche era sempre umile e informale. Disse alle persone di non spendere molti soldi in hotel o ristoranti rinomati. Preferiva, quando possibile, alloggiare nelle case della gente e mangiare con le famiglie. Ho seguito il suo esempio in tutti i miei viaggi, e questo mi consentì di conoscere più facilmente la cultura e lo stile di vita delle persone che mi ospitavano nei vari paesi che ho visitato.

Rinpoche era estremamente flessibile e si adattava con creatività alle nuove situazioni. Quando conduceva i rituali, improvvisava sempre; ad esempio, invece di usare un vaso costoso ed elaborato in certe cerimonie, usava una bottiglia di latte. Quando gli venne chiesto come mantenere l’impegno di fare l’offerta dello tshog due volte al mese, il 10 e il 25, senza avere un calendario tibetano, lui rispose: “Ma i calendari occidentali non hanno anche i giorni 10 e 25 ogni mese?”. Questi esempi mi insegnarono come dare consigli alle persone dei paesi comunisti riguardo la loro pratica del Dharma di fronte alle severe restrizioni che subivano. 

L’evento più indimenticabile di questi tour fu l’udienza privata con Papa Giovanni Paolo II a gennaio del 1980 in Vaticano, poco dopo che divenne papa. Lo scopo dell’udienza era di avere un primo contatto con lui per Sua Santità e di organizzare eventualmente un incontro tra i due. Quello che condividevano in comune, Rinpoche spiegava, era la preoccupazione per la libertà religiosa in Cina. Questo poteva essere un punto di partenza per le loro conversazioni. Tradurre per questa udienza formale mi insegnò un principio importante di buona diplomazia, ovvero quello di sottolineare un argomento di interesse reciproco per entrambe le parti. Avrei fatto buon uso di questo principio negli anni a venire.

Proprio come Rinpoche aveva previsto che avevo il potenziale karmico per diventare il suo traduttore, vide inoltre che sarei diventato un insegnante di Dharma. Lo capii perché una sera, mentre eravamo seduti informalmente al tavolo della cucina della persona che ci ospitava a Londra durante uno dei nostri tour, mi spiegò per caso come relazionarmi ai miei maestri quando, in futuro, sarei diventato io stesso un maestro di Dharma. 

La morte di Serkong Rinpoche

Rinpoche aveva una relazione speciale con Spiti, una valle sul lato indiano dell’Himalaya vicino al confine con il Tibet. Storicamente faceva parte del Tibet occidentale. Rinpoche aveva ravvivato e riformato lì il Buddhismo e aveva organizzato per Sua Santità l’iniziazione di Kalachakra nell’estate del 1983. Fino a quel momento, lo Spiti era stata un’area proibita, non poteva entrare nessun straniero. Questa restrizione fu rimossa per l’iniziazione, e quindi organizzai i permessi e un autobus per un gruppo di noi occidentali della biblioteca – io per tradurre e gli altri per partecipare. Eravamo i primi stranieri ad andare nello Spiti nei tempi moderni. Nonostante il viaggio difficile, abbiamo avuto un assaggio di quello che doveva essere il vecchio Tibet.

Poco dopo che lasciammo lo Spiti, Rinpoche improvvisamente morì lì il 29 agosto dopo aver completato un ritiro. Disse a un discepolo che, usando il tong-len, la meditazione sul dare e prendere, stava prendendo su di sé un ostacolo alla vita di Sua Santità, anche se ciò avrebbe significato perdere la sua vita, e questo è esattamente ciò che fece. Con il senno di poi, penso che il fatto che mi abbia dato un set di indumenti e strumenti rituali da indossare e tenere come uno dei discepoli principali durante questa iniziazione di Kalachakra sia stato un regalo d’addio di Rinpoche per me.

L’ultimo consiglio che ricevetti da lui, quando gli chiesi qualcosa sull’iniziazione di Kalachakra, era di usare sempre la logica e la ragione per trovare una risposta, e analizzarla nel contesto dell’intero sistema. Mi dimostrò come farlo per rispondere alla mia domanda, e da allora ho sempre seguito questo metodo.

[Per maggiori informazioni su Serkong Rinpoche, vedi: Un ritratto di Tsenciab Serkong Rinpoche]

Rinpoche mi aveva già fatto cominciare la lettura di una serie di commentari qualche anno prima che morisse. Mi disse che non avrei mai trovato un maestro che avesse abbastanza tempo per insegnarmi tutto quello che volevo apprendere. Riecheggiando il consiglio del professor Kaufmann, disse che dovevo leggere i testi da solo e porre domande solo quando avrei trovato dei punti che non capivo. Così lessi almeno una dozzina di testi, per la gran parte commentari tantrici che aveva raccomandato, e con pazienza rispose a tutte le mie domande. Man mano che proseguivo, facevo delle bozze di traduzioni di tutti i testi. Ricordandosi il piano originale che avevo di studiare il Tantra di Guhyasamaja quando arrivai per la prima volta in India, Rinpoche incluse tra le mie letture il commentario tibetano di questo tantra, usato come libro di studio al Collegio Tantrico Inferiore di Gyume. Semplicemente sfogliando il primo capitolo, divenne evidente che sarebbe stato impossibile comprenderlo, per non dire tradurlo, per la mia tesi di dottorato.

Dopo la morte di Rinpoche, Sua Santità accettò di guidare la mia lettura, rispondendo alle mie domande per molti anni quando non potevo usare la logica e il ragionamento per comprendere qualcosa. In questo modo lessi tantissimi testi tibetani, focalizzandomi sulle sezioni che mi interessavano particolarmente, come il Kalachakra e l’anuttarayoga tantra in generale. Per farlo, mi risultarono molto utili gli strumenti di ricerca che avevo imparato ad Harvard.

Una cosa che Rinpoche voleva che imparassi era l’astrologia tibetana, particolarmente le parti derivanti dagli insegnamenti di Kalachakra. Fui in grado di cominciare a studiare solo l’anno successivo alla morte di Rinpoche. Gen Lodro Gyatso, l’astrologo capo dell’istituto medico e astrologico tibetano (TMAI in inglese, N.d.T.) a Lhasa ristabilitosi a Dharamsala, mi accettò come suo studente. Parlava con un pensante accento di Amdo, che non riuscivo a comprendere. Così Ngodup, il cuoco di Serkong Rinpoche, si unì alle lezioni traducendo le sue spiegazioni nel dialetto di Lhasa.

Fummo i suoi ultimi studenti. Gen Lodro Gyatso improvvisamente morì dopo averci insegnato i calcoli per il calendario tibetano e le effemeridi. Queste fanno parte della materia che proveniva dagli insegnamenti di Kalachakra. Non imparai mai le parti che provenivano dall’astrologia cinese o sull’interpretazione degli oroscopi. Tuttavia, ciò che era più importante, imparai la terminologia astrologica del Kalachakra, che non si trovava in nessun dizionario. In base a quello che avevo appreso, scrissi un algoritmo nel 1985 per calcolare il calendario tibetano e le effemeridi, che un amico usò per scrivere un programma MS-DOS per fare i calcoli. Lo donammo all’istituto medico e astrologico tibetano.

Un’altra cosa che Rinpoche voleva che facessi era di ricevere l’iniziazione di Hevajra da Chogye Trichen Rinpoche, il capo della tradizione Sakya Tsar e il principale maestro Sakya di Sua Santità. Sentiva che avere questa connessione di Dharma con il suo vecchio amico sarebbe stato importante per me in futuro. Assieme a Gyatso Tsering, che in seguito divenne il direttore della biblioteca, i due avevano fondato il Consiglio per gli Affari Religiosi poco dopo il loro esilio in India. Qualche tempo dopo la morte di Serkong Rinpoche, viaggiai a Kathmandu e richiesi l’iniziazione. Chogye Trichen gentilmente accettò e me la diede privatamente. Ricevere questa iniziazione mi aprì le porte per ricevere in futuro insegnamenti Sakya più profondi. 

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