Perché i cinque aggregati sono importanti?

Comprendere i cinque aggregati per capire la nostra esperienza

La prima domanda che potremmo porci quando iniziamo questo argomento è perché mai vorremmo studiare e imparare i cinque aggregati – forme di fenomeni fisici, sensazioni di qualche livello di felicità, distinguere, altre variabili influenzanti e tipi di coscienza? Dopo tutto, il Buddhismo è pieno di ogni sorta di liste. Vogliamo davvero imparare un’altra lista?

Ma imparare i cinque aggregati non è solo questione di memorizzare una lista ed essere in grado di passare un esame. Studiamo i cinque aggregati perché offrono un modo sistematico per comprendere quello che sperimentiamo nella vita. Perché cerchiamo di comprendere la nostra esperienza? È perché c’è qualcosa di insoddisfacente riguardo la nostra esperienza; altrimenti, non cercheremmo un sentiero spirituale, vero? Vogliamo sapere cosa accade nelle nostre vite e nelle vite delle altre persone. Non possiamo farlo, tuttavia, senza qualche sistema o linea guida; è molto difficile farlo da soli.

Ovviamente sono stati sviluppati molti sistemi nel corso degli anni. Sappiamo tutti che ci sono vari schemi psicologici per comprendere noi stessi. Questi schemi offrono linee guida utili per affrontare al meglio una situazione difficile che potremmo provare nelle nostre vite. Certamente ci possono aiutare per analizzare e superare alcuni problemi. Penso sia doveroso dire che questi sistemi della psicologia occidentale ci possono aiutare ad affrontare la vita in modo salutare. Nessuno può negarlo. Tuttavia, spesso non offrono le soluzioni più profonde ai nostri problemi. I problemi continuano a tornare in una forma o in un’altra.

Esplorare gli insegnamenti buddhisti

Il Buddhismo, d’altro canto, va un po’ più in profondità. Non ci insegna ad affrontare al meglio una situazione difficile o semplicemente a gestire la vita in modo salutare. Al contrario, il Buddhismo offre un modo per eliminare i nostri problemi affinché non accadano proprio mai più.

Questa è un’affermazione molto forte, vero? Naturalmente, potremmo avere dei dubbi su questa affermazione e sospettare che sia solo una campagna di marketing che sta cercando di venderci il Buddhismo. Potremmo chiederci se questo sia vero. Abbiamo dubbi all’inizio. Il Buddha stesso sarebbe molto felice se avessimo dei dubbi, perché lui stesso dava questo consiglio: “Non credete in me solo per via della vostra fede; ma testate ogni cosa che dico come se steste comprando dell’oro”. Quando compriamo dell’oro, vogliamo controllare che non sia solo una superficie splendente ma che si tratti di oro autentico. Abbiamo bisogno di utilizzare un processo simile per esaminare quello che il Buddha ha insegnato. In realtà, è importante utilizzare questo metodo investigativo per qualunque cosa che ci viene insegnata.

Molti di noi sono timidi a mettere in dubbio il Buddhismo, specialmente quando mettiamo piede per la prima volta in un centro buddhista. Tutti gli altri sembrano così convinti, e noi ci sediamo lì non credendo davvero alla rinascita, né in molte altre cose che stanno accadendo. Tutti questi rituali che fanno sembrano pratiche vicine alla magia. Dovremmo seguire dei maghi o delle streghe tibetane, o c’è qualcosa di diverso qui? Abbiamo paura di aprire la bocca e porre domande e dare voce ai nostri dubbi perché tutti sembrano essere così sicuri. Vogliamo essere un “bravo buddhista”. Ma se semplicemente accettiamo tutto quello che ci viene detto senza analizzarlo, senza metterlo in discussione, il Buddha stesso non ne sarebbe felice.

Dunque, è molto importante porsi delle domande. Se abbiamo dubbi, possiamo esprimerli. Possiamo dire, “C’è una lista dei cinque aggregati, e quindi?”. Oppure riguardo la rinascita, come possiamo realmente credere in questo? Se rendiamo coscienti questi dubbi, li esprimiamo e li discutiamo, allora possiamo lavorare con questi problemi. Quando abbiamo dei dubbi, stiamo utilizzando la nostra mente. Stiamo cercando di capire qualcosa. Possiamo capire qualcosa soltanto se la esaminiamo e la esploriamo.

Avere dubbi vuol dire mettere in discussione qualcosa, cercare di capire se sia vera o no. Questo è effettivamente uno stato mentale utile per raggiungere una conclusione approfondita. Tuttavia, se per noi avere dubbi significa non credere in qualcosa e pensare che sia stupida, allora non siamo nemmeno aperti a metterla in discussione. C’è una netta differenza tra questi due stati mentali. Cerchiamo di avere un atteggiamento aperto e di esplorazione durante queste sessioni, e auguriamoci di avere questo stesso atteggiamento nel corso di tutto il nostro sentiero spirituale.

Il Buddha disse, “Ecco un modo che ho scoperto che ci aiuta a superare i nostri problemi affinché non continuino mai più”. Lui disse, “Provateci, esaminatelo, e scoprite da soli se funziona o meno”. Ma ci ha anche avvertito di non aspettarci dei miracoli, spiegando che questo sentiero richiede molto duro lavoro, non è così facile. È stato molto onesto, e non ha cercato di venderci qualcosa esagerandone le qualità. Se vogliamo una cura miracolosa, non la troveremo nel Buddhismo. Forse i miracoli possono accadere, ma anche i miracoli hanno delle cause. E cosa ci fa sentire così speciali da pensare che accadrà un miracolo per noi?

Per eliminare la nostra sofferenza, nel modo inteso dal Buddha, è necessario comprendere cosa il Buddha intendeva con sofferenza. Abbiamo molte tipologie di sofferenza. Possiamo parlare della sofferenza fisica delle malattie e di altre cause fisiche; abbiamo sofferenze sociali, ambientali e psicologiche. Di cosa stava parlando effettivamente il Buddha?

Come abbiamo detto prima, ci sono molti sistemi che offrono le loro soluzioni a questi tipi di problemi. Esistono teorie e metodi per migliorare le situazioni sociali, economiche, politiche, ecc. Tuttavia, il Buddha stava parlando di qualcosa di più profondo di questi esempi; si stava riferendo a qualcosa che sta al di sotto di tutti questi tipi differenti di sofferenze.

Le quattro nobili verità

Il Buddha ha parlato in termini delle quattro nobili verità. Cosa intendiamo con “nobile verità”? Questo si riferisce a un certo gruppo di persone, gli arya in sanscrito, solitamente tradotto come “i nobili” – una traduzione forse non molto appropriata. Gli arya hanno visto, non concettualmente, la situazione reale della vita, ovvero le quattro verità o fatti che loro hanno visto essere veri; però questi fatti veri non sono considerati tali per la gran parte delle persone comuni. Gli arya comprendono la realtà della sofferenza, le sue cause, e sanno che è possibile bloccarne le cause per sempre affinché la sofferenza non torni mai più. Gli arya hanno anche visto e hanno realizzato fino a un certo punto lo stato mentale che dobbiamo sviluppare per eliminare tutta la sofferenza, e come sarà quello stato mentale una volta che la sofferenza è stata eliminata. Pertanto, abbiamo bisogno di esaminare il contesto di queste quattro nobili verità per comprendere le spiegazioni del Buddha sulla vera sofferenza e come eliminarla per sempre. È all’interno di questo contesto che il Buddha ha insegnato i cinque aggregati. 

La prima nobile verità: vera sofferenza

Quando il Buddha parlò della sofferenza, cosa intendeva dire realmente? Innanzitutto, dobbiamo comprendere che la sofferenza è un’esperienza. È l’esperienza di una sensazione che, una volta provata, vogliamo eliminarla. Non vogliamo continuare a provarla. Esaminiamo questa definizione. È una definizione ampia, e ci sono molti aspetti coinvolti.

Le persone sono diverse; certe cose vanno bene per certe persone ma non per altre. Ma in ogni caso, tutti hanno provato qualcosa nelle loro vite che per loro non andava bene. È importante comprendere che stiamo parlando di un modo di sperimentare le cose che non ci piace. L’enfasi non è tanto su quello che stiamo sperimentando. È piuttosto il modo in cui lo stiamo sperimentando che è insoddisfacente. Non è piacevole, e quindi vorremmo sbarazzarcene.

Ad esempio, se abbiamo dei batteri nel nostro sistema digestivo, è un problema o no? I batteri nel nostro stomaco potrebbero non essere un problema. Alcuni batteri in effetti ci aiutano a digerire. Con questi batteri nel nostro stomaco, ci sentiamo bene, siamo in salute. Tuttavia, in altre circostanze, con batteri differenti o anche con gli stessi batteri, potremmo ammalarci. Il problema è come ci sentiamo, e non tanto i batteri stessi. In altre parole, il problema è la nostra esperienza dei batteri.

Quando parliamo della sofferenza, ci stiamo riferendo a questo. Stiamo parlando del nostro modo di sperimentare le cose, e come ci fanno sentire. La sofferenza non ci fa sentire bene, ci fa sentire molto male, ed è un tipo di sensazione che vorremmo non avere. Questo potrebbe essere un modo di descrivere la nostra esperienza di quasi qualunque cosa che non ci piace. Ecco cosa intendiamo per sofferenza in generale. Prendiamoci un momento per rifletterci sopra.

[Pausa]

La sofferenza della sofferenza

Più specificatamente, il Buddha ha parlato di tre tipologie differenti di sofferenza. Innanzitutto, abbiamo la “sofferenza della sofferenza” o, in altre parole, il problema della sofferenza. Questa è l’ovvia sofferenza e infelicità che conosciamo bene, come ad esempio quando ci facciamo male, ci ammaliamo, o quando una persona amata ci lascia o muore. Questo include dolore, depressione e tutte queste cose. È ovvio come questo sia qualcosa che non vogliamo che continui quando ne facciamo esperienza.

La sofferenza del cambiamento

Poi, il secondo tipo di problema o sofferenza si chiama “la sofferenza del cambiamento”. Questa è molto più sottile, e non è così facile da riconoscere o accettare. È la nostra esperienza della felicità ordinaria.

Quando leggiamo o sentiamo che il Buddhismo dice che la felicità è in realtà sofferenza, questo diventa molto difficile da comprendere. Questo vuol dire che dobbiamo essere miserabili tutto il tempo? O che c’è qualcosa di sbagliato nel sentirsi felici, e dovremmo sentirci in colpa quando abbiamo questa sensazione? Il Buddhismo sta dicendo che non dovremmo godere di nessuna cosa e tutti i piaceri sono solo dei peccati? No, il Buddhismo non sta affatto dicendo questo. Pertanto, abbiamo bisogno di esaminare più da vicino quello che il Buddha stava effettivamente insegnando.

La definizione di felicità è un’esperienza che, quando la proviamo, vorremmo che continuasse, non vogliamo che finisca. Non c’è nulla di sbagliato nel volere che qualcosa continui, se ci piace. Qual è il problema? Il problema è che non continua, e in effetti, cambia. Qualunque piacere che proviamo cambia e giunge al termine, solitamente prima di quando vorremmo che finisca. Questo è il problema, e ciò produce sofferenza, vero? Un altro punto è che quando finisce, non abbiamo alcuna idea di quello che verrà dopo. Non c’è garanzia su quello che seguirà. Ci sarà un altro piccolo periodo di felicità? Saremo mai felici di qualcos’altro o cadremo in depressione? Ecco alcune delle insicurezze che abbiamo quando ci sentiamo felici.

Un altro punto è che qualunque sia la felicità comune che proviamo, non è mai abbastanza. Non siamo mai soddisfatti. Non è abbastanza avere un buon pasto una volta nella vita. Vorremmo averne sempre di più. Non è abbastanza fare sesso solo per una volta, non è sufficiente sentire le parole “Ti amo” solo una volta. Vogliamo sempre di più. Non è mai abbastanza. Non abbiamo mai abbastanza amore, ad esempio. C’è qualcuno che ne ha avuto abbastanza, di amore?

Quando la felicità che proviamo finisce, cosa che sfortunatamente capita sempre, soffriamo perché vogliamo altra felicità. Tuttavia, non possiamo sempre provare altra felicità, specialmente non “su richiesta” o esattamente quando vogliamo noi. In questi modi, l’esperienza della felicità per le varie cose piacevoli che ci accadono nella vita è anche problematica. Ecco cosa s’intende quando il Buddha parlava della sofferenza del cambiamento. 

Queste due tipologie di sofferenza – infelicità e felicità ordinaria – sono abbastanza facili da comprendere. La seconda è un po’ più oscura; tuttavia, se ci riflettiamo, ha un senso. Perché non ci prendiamo uno o due minuti per pensare a tutto questo ed esaminare da soli se ha senso? Quando analizziamo queste cose, non pensiamoci ad un livello astratto o teorico. Colleghiamole alla nostra esperienza personale.

[Pausa]

Sofferenza onnipervasiva

Con queste due tipologie di sofferenza, la sofferenza della sofferenza e la sofferenza del cambiamento, abbiamo coperto la nostra solita esperienza di infelicità e di felicità ordinaria – quella tipologia che non dura, non soddisfa mai e non offre mai sicurezza. Il terzo tipo di sofferenza spiegata dal Buddha è nota come la “sofferenza onnipervasiva”. Questo si riferisce al meccanismo per cui perpetuiamo queste prime due tipologie di sensazioni problematiche.

Perché sperimentiamo continuamente gli alti e bassi dei primi due tipi di sofferenza? Ci sono sempre alti e bassi, e questo si ripete continuamente. Il Buddha ha spiegato che c’è qualcosa nella nostra esperienza, in ogni momento, che sta causando la continuazione di questi problemi. Il problema onnipervasivo sottostante è che in ogni momento, costantemente, stiamo perpetuando i primi due tipi di problemi.

È esattamente a questo punto che la discussione dei cinque aggregati diventa essenziale. Ancora una volta, questo è perché i cinque aggregati spiegano in modo sistematico quello che stiamo provando in ogni momento. Grazie a questo metodo sistematico di analizzare e comprendere ciascun momento della nostra esperienza, possiamo scoprire il vero rompiscatole e cosa perpetua senza fine la sofferenza ordinaria e la felicità insoddisfacente. È da trovare nei cinque aggregati. 

La seconda nobile verità: la vera causa della sofferenza 

Questo ci porta alla seconda nobile verità, ovvero che c’è una vera causa della nostra sofferenza. C’è una vera causa per cui tutte queste sofferenze si ripetono continuamente. La possiamo trovare nei cinque aggregati. In altre parole, la possiamo trovare in ciascun momento della nostra esperienza personale.

Qual è questo rompiscatole in ciascun momento della nostra esperienza? È la nostra inconsapevolezza della realtà. Semplicemente non sappiamo. Questa viene solitamente tradotta come “ignoranza”, ma almeno in inglese, la parola “ignoranza” ha una connotazione condiscendente di guardare qualcuno dall’alto in basso dicendo “Sei stupido”. Non è che siamo stupidi, semplicemente non sappiamo. Non è che c’è qualcosa di sbagliato in noi, nel senso che è colpa nostra e quindi siamo colpevoli. Al contrario, il punto è che non è ovvio il modo in cui le cose esistono e cos’è la realtà, e quindi semplicemente non sappiamo.

La vita crea molta confusione, vero? Non è facile comprendere cosa sta accadendo nelle nostre vite personali, per non parlare di quello che accade nel mondo. Le cose stanno così. È difficile persino riconoscere che siamo inconsapevoli della realtà di quello che accade e che semplicemente non sappiamo. Questa inconsapevolezza e confusione fa parte di ogni singolo momento della nostra esperienza, e quindi si ritrova nello schema dei cinque aggregati.

Di nuovo, questo diventa molto interessante, vero? Ciò significa che la causa dei nostri problemi non è qualcosa di esterno, ma fa parte del nostro modo di fare esperienza delle cose. Riflettiamoci su per un momento.

[Pausa]

La terza nobile verità: un vero arresto della sofferenza

La terza nobile verità è che è possibile raggiungere un vero arresto di questi problemi, e questo si fa ottenendo un vero arresto delle loro cause. “Arrestare qualcosa”, qui, si riferisce all’eliminazione di qualcosa in modo tale che non torni mai più. Se potessimo rimuovere la sofferenza per sempre, se potesse andarsene per sempre, quello sarebbe un vero arresto di essa.

Quando abbiamo un problema in famiglia, ad esempio, e dormiamo, a meno che non lo sogniamo, il problema sembra arrestarsi per un breve periodo. Mentre dormiamo, forse non ci stiamo pensando, ma quando ci svegliamo il problema ritorna, è ancora lì. In questo modo, il problema della confusione della realtà non se ne va via per sempre quando andiamo a dormire. Abbiamo bisogno di estirparlo attivamente affinché non torni mai più.

Quando parliamo di eliminare qualcosa per sempre, da cosa lo stiamo eliminando? Lo stiamo eliminando dai cinque aggregati della nostra esperienza. È importante cercare di scoprire e capire se è possibile avere cinque aggregati di esperienza privi di confusione. Ricordatevi, i cinque aggregati sono solo uno schema organizzativo che ci consente di comprendere la nostra esperienza; dunque, in altre parole, potremmo avere l’esperienza delle cose senza confusione? In effetti, non è così semplice immaginare una cosa del genere. Richiede molta riflessione e comprensione per convincersi che sia effettivamente possibile.

Possiamo mettere da parte questa domanda per dopo. Il punto importante qui è di riconoscere che la vera sofferenza, le sue cause e il suo vero arresto avvengono tutte nel contesto dei cinque aggregati. Ricordatevi come abbiamo cominciato questa discussione: innanzitutto abbiamo bisogno di discutere l’importanza di imparare i cinque aggregati.

La quarta nobile verità: un vero percorso mentale

La quarta nobile verità è solitamente chiamata il “vero sentiero”, uno che genererà questo vero arresto. Ma dobbiamo stare un po’ attenti qui alla terminologia. Cosa significa “sentiero”? Nel nostro linguaggio comune, un sentiero è qualcosa su cui camminiamo per andare da qualche parte. Sembra come se fosse qualcosa di esterno, come un corso di studi, passi di meditazione eccetera che abbiamo bisogno di seguire. Non stiamo parlando di questo. Ci stiamo riferendo a uno stato mentale, un “percorso mentale” che fungerà da sentiero per portarci al nostro obiettivo spirituale. Il punto importante è che si tratta di uno stato mentale. È una comprensione, e se sviluppiamo questa comprensione, questo genererà un vero arresto della confusione e del non sapere.

Qual è questo stato mentale? È uno che è una chiara, corretta, comprensione della realtà. Più ci familiarizziamo con essa, più ci sbarazzeremo della confusione affinché non torni mai più. Come funziona? Il punto è che questa comprensione contrasta e distrugge la nostra comprensione errata. La comprensione corretta allora diventa presente in ogni momento della nostra esperienza, e non c’è più confusione. Invece di non sapere cosa sta accadendo nella vita in ogni momento, sappiamo esattamente cosa sta succedendo.

Questo è il nostro obiettivo. Sappiamo o non sappiamo. Non possiamo avere entrambi nello stesso momento. Più comprendiamo la realtà correttamente, meno spesso avremo confusione. Stiamo rimpiazzando la confusione con il suo esatto opposto, ovvero la conoscenza corretta; questi due si escludono a vicenda, e la conoscenza corretta è uno stato mentale che funge da sentiero. Alla fine, questa comprensione porterà a rimpiazzare la confusione completamente in modo tale che non ritorni mai più. Questa comprensione, questo stato mentale, non è solo la causa per eliminare tutta la confusione, ma sarà anche il risultato che avremo alla fine.

Ecco di cosa stiamo parlando quando citiamo il cosiddetto vero sentiero, il vero percorso della mente. Dove avviene questo vero percorso della mente? Avverrà nei cinque aggregati. Ciascun momento della nostra esperienza, invece di essere pieno di confusione e altre cose, sarà pieno di comprensione. Ok?

Riflettiamo su questo per un momento.

[Pausa]

La relazione tra i cinque aggregati e le cinque tipologie di consapevolezza profonda

Quando rimpiazziamo completamente la nostra confusione con la comprensione corretta, e questa comprensione corretta è presente in ogni momento della nostra esperienza, allora la natura del modo in cui proviamo le cose sarà molto diversa. Il modo in cui si spiega è che non avremo più i cosiddetti cinque aggregati “ordinari”; al contrario, sperimenteremo le cose in termini dei cinque tipi di consapevolezza profonda, le cosiddette “cinque saggezze del Buddha”. In altre parole, ciascun momento della nostra esperienza, invece di essere fatto dei cinque aggregati, sarà formato da queste cinque tipologie di consapevolezza profonda.

In un certo senso, ciascuno di questi tipi di consapevolezza profonda è un tipo di trasformazione dell’aggregato corrispondente. Queste cinque tipologie di consapevolezza profonda sono:

  • La consapevolezza profonda simile allo specchio: per prendere tutte le informazioni, come un aggregato delle forme
  • La consapevolezza profonda dell’uguaglianza: per essere consapevoli delle caratteristiche comuni delle cose, come un aggregato di sentire un livello di felicità verso ogni cosa
  • La consapevolezza profonda dell’individuazione: per essere consapevoli delle distinzioni specifiche tra le cose, come un aggregato della distinzione
  • La consapevolezza profonda dell’ottenimento: per sapere cosa è necessario fare, come un aggregato di altre variabili influenzanti
  • La sfera della realtà o consapevolezza profonda del dharmadhatu: per sapere cosa sono le cose, sia convenzionalmente che al livello più profondo, come un aggregato di tipi di coscienza.

Non andremo nei dettagli di questo argomento per ora; è solo per mostrarvi come l’argomento delle cinque tipologie di consapevolezza profonda si connette strettamente all’argomento dei cinque aggregati. I cinque aggregati sono un modo di comprendere la nostra cosiddetta esperienza “non purificata” delle cose, che si riferisce alla nostra esperienza delle cose non ancora purificate dalla confusione. I cinque tipi di consapevolezza profonda sono un modo per spiegare ciascun momento della nostra esperienza quando è stata purificata.

In sintesi

Tutti i problemi e la sofferenza della nostra vita possono essere compresi nei termini dei cinque aggregati che formano la nostra esperienza. Questi cinque aggregati sono uno schema organizzativo analitico per comprendere quello che sperimentiamo. La vera causa dei nostri problemi si trova nei cinque aggregati. Più precisamente, più comprendiamo i fattori della nostra esperienza, più saremo in grado di identificare questo rompiscatole. Senza questa comprensione, la nostra esperienza è solo una confusione indifferenziata.

Non possiamo semplicemente smettere di fare esperienza delle cose; tuttavia, vogliamo arrestare il rompiscatole che fa parte del modo in cui sperimentiamo le cose. Lo stato di essere liberi da questo rompiscatole avviene nel contesto dei cinque aggregati. E lo stato mentale che eliminerà il rompiscatole si trova pure all’interno dei cinque aggregati. Quello stato di comprensione sarà lì come parte dei cinque aggregati tutto il tempo. Tuttavia, i cinque aggregati si manifesteranno come le cinque tipologie di consapevolezza profonda – il modo più accurato di comprendere e affrontare le nostre vite, liberi dalla sofferenza.

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