L’attività mentale e il modo in cui esiste il "sé"
Abbiamo iniziato la nostra discussione sul sano sviluppo del sé attraverso gli stadi graduali del lam-rim vedendo che dobbiamo distinguere chiaramente tra il sé convenzionale e il falso sé – il sé che deve essere confutato. Quando parliamo del sé o "io", questo è ciò che può essere etichettato su ogni momento della nostra esperienza e su tutti i vari fattori, i cosiddetti cinque aggregati che compongono ogni momento della nostra esperienza. In ogni momento c'è l'esperienza di qualche attività mentale di quello che sta succedendo e questa attività mentale ha dei contenuti. Ci sono oggetti che sorgono come ologrammi mentali e c'è una sorta di conoscenza di quegli oggetti basata sulla luce, le vibrazioni dell'aria e così via attraverso le cellule sensoriali fotosensibili e sensibili al suono del corpo, ecc.; il cervello e il sistema nervoso trasformano quei segnali, quelle informazioni in un ologramma mentale che è quello che percepiamo. Questa è l’attività mentale, il conoscere qualcosa: la creazione di un ologramma mentale.
Che si tratti di un pensiero o di una percezione sensoriale è lo stesso tipo di meccanismo e la conoscenza avviene con una sorta di coscienza – sensoriale e mentale. Questo è uno degli aggregati coinvolti, sperimentarlo significa viverlo con un certo livello di felicità o infelicità – questo è un altro aggregato; per conoscere qualsiasi cosa si deve essere in grado di distinguere vari elementi all'interno di un intero campo dei sensi; altrimenti per esempio la vista è solo una massa di pixel – ma noi non vediamo solo i pixel, giusto? Dobbiamo distinguere gli oggetti all’interno di tale massa, e ci sono tanti tipi di emozioni che accompagnano questo e meccanismi mentali come concentrazione, interesse, attenzione, ecc.
Tutto questo accade momento per momento, ogni aspetto cambia momento per momento a un ritmo diverso, in ogni momento possiamo etichettarvi "io", io sto vivendo questo. Non è qualcun altro a viverlo, ma quell’"io" lo sta vivendo – possiamo ovviamente affrontare un'intera discussione su come quell’"io" esiste, ma l’"io" è semplicemente ciò che può essere etichettato su questo. C'è la parola "io", potrebbe anche esserci un nome associato, Alex nel mio caso. Ma non sono solo una parola, "io"; non sono solo un nome, ovviamente. Tuttavia quel nome o la parola "io" possono essere usati per riferirsi a questa esperienza, allo sperimentare questa attività. Quell’"io" si riferisce a qualcuno. A chi? A "me". Non si riferisce a te o al tavolo; si riferisce a "me". Quindi, questo è il "me" convenzionale che in realtà esiste.
È un po’ complicato definire come esiste, tuttavia esiste, funziona: io faccio, sperimento, ecc. e quando penso a "me", penso a "me" attraverso la categoria "me", perché ogni volta, ogni momento ciò che sto vivendo è diverso, quindi la cosiddetta "base per l'etichettatura" cambia continuamente. Così, anche se la parola potrebbe rimanere la stessa – "me" – o il nome potrebbe rimanere lo stesso [e la categoria "me" rimane la stessa], in realtà il "me" convenzionale è diverso in ogni momento a seconda di ciò che è esperito.
È come un film, c'è il titolo ma il film non è solo il titolo: ogni momento del film è diverso, ma tutti i momenti sono quel film. Il nome del film si riferisce a ciascuno momento. Ora c’è questa scena del film, poi quella scena e quell’altra – cambia di momento in momento, l’intero film non viene riprodotto in un momento. Quindi, abbiamo questo "io" convenzionale. Il nome del film, il titolo del film ["me"] si riferisce al film ["me"]. C'è un film in riproduzione [il film "me"], quindi "me" si riferisce a qualcosa; all’"io" convenzionale. Esiste un "io".
Quindi questo è il "me" convenzionale e se vivo la mia vita con questo senso di "me", pensando a me stessa e agendo seguendo questo concetto di "me", questo è un sé sano. Su tale base, sono responsabile di ciò che faccio e ne sperimento i risultati. È su questa base che esercito sforzi e forza di volontà per fare davvero qualcosa, come alzarmi dal letto la mattina: devo alzarmi per andare al lavoro o per prendermi cura dei bambini. Questo è un senso convenzionale, un sano senso di "me". Per favore, prendete un momento per affermare la vostra comprensione del "me" convenzionale; io esisto.
Ricordate che, se avete difficoltà con questo concetto dell’etichettatura – abbiamo visto questo esercizio ieri – provate a pensare a voi stessi. Abbiamo scoperto che non puoi pensare "io" senza una base, qualcosa che rappresenta quel "me" nel tuo pensiero, sia che si tratti semplicemente del suono verbale della parola "io" – pensi "io" – o di un ologramma mentale di come sembri, una sorta di sentimento o qualcosa del genere. Etichettiamo quel "me" – lo chiamiamo "io" per dirlo in un linguaggio ancora più semplice – ma io non sono la parola "io"; non sono la base, non l'ologramma mentale. C’è un "io". Questa è l'etichettatura mentale; è etichettato sulla base di ciò che rappresenta l’"io" quando pensiamo "io".
Nel Buddhismo si parla estesamente dell'etichettatura mentale e tuttavia non è così facile da capire davvero, forse questo può facilitarlo.
Ora tutti sembrano estremamente seri, ma dovete pensare a qualcosa per pensare "io". Qualunque cosa pensi non è l’"io"; è qualcosa che rappresenta l’"io". Quindi l’"io" è etichettato, lo chiamiamo "io", quindi l’"io" è etichettato su quello. Quell'etichetta si riferisce a qualcosa, ma io non sono il suono mentale della parola "io" – ovviamente no, sarebbe sciocco.
Allora come esiste quell'io? C’è un modo reale in cui esiste e c'è un modo impossibile in cui immaginiamo possa esistere, tuttavia non può esistere in quel modo perché è impossibile. Ho usato questo esempio ieri:
- "Sono uno dei sette miliardi di persone e non sono niente di speciale, devo interagire e vivere con tutti" – questo è corretto.
- "Sono la persona più speciale dell'universo, dovrei sempre fare a modo mio, ho sempre ragione" e così via – questo è impossibile.
Stiamo qui prendendo in considerazione il "me" convenzionale che esiste e considerando come esiste: uno è il modo effettivo, l'altro è impossibile. Quindi, il modo possibile e reale si riferisce a ciò che esiste realmente – un modo di esistenza che è di fatto come è la nostra realtà. Quel modo impossibile di esistere non si riferisce ad alcun modo di esistere che sia reale: è una proiezione, una fantasia, "io sono il centro dell'universo", il più importante del mondo, dovrei sempre avere ragione e fare a modo mio. Questo modo di esistere non può accadere.
Queste sono due maniere di considerare il modo di esistenza di quella stessa base, il “me” convenzionale. Il falso "io": ciò che è falso in realtà non è l’"io". Ciò che è falso e da confutare è il modo in cui immaginiamo che questo "io" esista, il falso "io". Quando diciamo il falso “io”, non c’è un “io” del genere. Ciò vuol dire mettere insieme il pacchetto del "me" convenzionale che esiste e questo modo impossibile di esistere. Metterlo insieme come un pacchetto e poi chiamarlo falso "io" – questo non esiste, non vi è nulla di simile, non esiste questo tipo di persona.
Tuttavia se guardiamo un po' più precisamente in realtà ciò che vogliamo confutare è questo modo impossibile di esistere del "me" convenzionale. Se comprendiamo questo e compiamo questa sottile distinzione, allora non sorgeranno domande come quelle di ieri. "Chi sperimenta la malattia fisica del corpo?" era la domanda, "l’io convenzionale o quello falso?" Non esiste un falso "io", quindi la domanda non è molto precisa in termini del quadro concettuale, non è formulata accuratamente. Io sto vivendo la malattia e il dolore, nessun altro. Questo è l’"io" convenzionale, non può essere un altro.
Quindi davvero l'unico problema è come posso concepire me stesso che sta vivendo la malattia? Pensiamo a quel "me" in termini di "non sono l'unico a sperimentare questa malattia, esistono migliaia di altre persone che l'hanno sperimentata; è nata da cause e condizioni, quindi cambierà di momento in momento perché le cause e le condizioni che l’hanno provocata cambiano momento per momento. Perché non c'è nulla di nuovo che generi la malattia di momento in momento e, poiché deriva dal mutare di cause e condizioni, finirà”. Pertanto su quella base sviluppo pazienza ecc., per affrontarla in modo sano.
Oppure considera la proiezione gonfiata di come esisto: "Sono l'unico nell'universo ad avere avuto questo"; “Povero me, sono la vittima, tutti dovrebbero dispiacersi per me”; "Tutti dovrebbero prestare particolare attenzione a me perché sono così infelice"; ecc. Qual è il risultato? Questo è pensare in termini di un modo impossibile di esistenza. È ancora il “me” convenzionale che sta vivendo questa malattia, nessun altro.
È molto importante, quando discutiamo di questo argomento del "me" convenzionale in rapporto al falso "me", non concepirli come il "me" buono e il "me" cattivo: questo è l’"io" cattivo, stupido, non va bene e questo è l’"io" buono, quello convenzionale. Pensare così è fuorviante; ti stai fuorviando in termini di come affrontare questo problema, come superare la sofferenza.
Il problema è davvero ciò che pensiamo di noi stessi, come immaginiamo di esistere. Questo è il problema, non è l’"io". C'è un "io", pensaci. Perché è il nostro atteggiamento – se pensi che il problema sia il falso "io" che devi in qualche modo eliminare dalla testa, è piuttosto strano – è un po' come un invasore spaziale che è nella tua testa, un mostro che devi cacciare. Non stiamo parlando di questo bensì di cambiare il nostro atteggiamento verso noi stessi attraverso la comprensione. Questo è il Buddhismo.
Per usare una terminologia diversa: pensi che il problema sia avere un ego, è così che concepisci il falso "io" – "Devo solo liberarmi del mio ego, altrimenti seguo il viaggio dell'ego". Questo è il vero problema, avere un grande ego e ora faccio questa campagna per sbarazzarmene: ciò è un completo malinteso sul percorso buddhista, non è di questo che stiamo parlando. Per favore, pensateci perché penso che la maggior parte di noi, proveniente da un background occidentale con un po' di comprensione della psicologia secondo le teorie occidentali, lo sovrapporrà al Buddhismo e penserà che questo è ciò di cui stiamo parlando, sbarazzarsi dell'ego. Non è così: vogliamo liberarci di un atteggiamento, di un fraintendimento di come esistiamo. Non pensate in termini di questa terminologia – ego, non-ego e questo genere di cose – ti confonderà e basta.
Digeritelo, per favore - questo è un grande pasto da digerire.
Passare da un contesto concettuale occidentale a uno buddhista
Penso che ci vorrà un po' di tempo per decondizionarci dall'analizzare e pensare in termini di un contesto concettuale occidentale. Come ci avviciniamo agli insegnamenti buddhisti e cosa abbiamo imparato in passato nelle nostre vite? Abbiamo una struttura concettuale occidentale, ad esempio, di psicologia o religione – ci sono molte diverse strutture concettuali che abbiamo acquisito durante la nostra vita prima di studiare il Buddhismo così, naturalmente, cerchiamo di dare un senso a ciò che ascoltiamo – il processo dell'ascolto del Dharma – in accordo al contesto concettuale che già conosciamo, tuttavia ciò porta a fraintendimenti.
Quindi, dobbiamo imparare il contesto concettuale buddhista. Ecco perché lo studio di tutte le liste degli insegnamenti buddhisti – i cinquantuno fattori mentali, i cinque aggregati e tutte queste cose – non sono informazioni inutili, forniscono il quadro concettuale all'interno del quale possiamo analizzare e comprendere gli aspetti più profondi degli insegnamenti buddhisti. Cercare di comprendere gli insegnamenti buddhisti al di fuori di quel quadro concettuale in accordo a un diverso contesto, semplicemente non è appropriato.
Non iniziamo il nostro studio con un quadro concettuale completamente nuovo, ovviamente. L'atteggiamento migliore da avere è accettare che la propria comprensione iniziale degli insegnamenti buddhisti attraverso la struttura concettuale occidentale sia semplicemente provvisoria, da rivedere man mano che approfondiremo gli studi, senza esservi attaccati. Per rivederla non devi esserne attaccato, altrimenti ti aggrappi ad essa insistendo che è l'unico modo per capire.
Ogni contesto concettuale può essere valido, non stiamo dicendo che quelli occidentali relativi all'analisi, come la psicologia, ecc., siano stupidi o non validi. Sono validi, ma possono esserci molti schemi concettuali per comprendere lo stesso fenomeno, che è fondamentalmente la nostra esperienza di vita. Quindi, se vogliamo veramente trarre beneficio dagli insegnamenti buddhisti in modo ottimale, dobbiamo avvicinarci a essi a un livello sempre più profondo, attraverso la struttura concettuale buddhista stessa. Anche all'interno della struttura concettuale buddhista ci sono le diverse scuole filosofiche e così via, che ci portano a una comprensione progressivamente più profonda. Il quadro concettuale è solo uno strumento utile, ma scegliete quelli giusti, quelli adatti.
Ora, il "me" convenzionale esiste; questo è ciò a cui l'etichetta "me" si riferisce sulla base di momenti in continua evoluzione della nostra esperienza personale. Indipendentemente dalla nostra precedente struttura concettuale relativa alla durata del tempo in cui esiste il sé, abbiamo visto che quando lo esaminiamo davvero sul serio, pensiamo in termini di un sé eterno, come nell'esempio di "Io sono morto”. Come puoi essere morto se non sei niente? Se non sei niente, non puoi nemmeno concettualizzare "Io sono morto", perché non c'è un "io" morto. Quindi potrebbe non essere così chiaro nelle nostre menti che è così che concepiamo noi stessi – come eterni – ma è proprio quello che pensiamo.
Gli insegnamenti di lam-rim
Consideriamo ora gli insegnamenti del lam-rim. Come lavoriamo su quell’"io" convenzionale che è eterno? Come possiamo costruirlo in modo sano per poter effettivamente superare i nostri problemi? Questo è il Buddhismo, dopotutto: liberarsi della sofferenza. Tuttavia per sbarazzarsi e affrontare la sofferenza, bisogna avere un sano senso di sé e che il sé convenzionale si assuma la responsabilità della sua vita, che abbia una sorta di forza di volontà per dirigere ciò che fa – se non ce l’hai, non puoi nemmeno alzarti dal letto la mattina per prenderti cura dei bambini o andare al lavoro. Se è così, allora quanto più abbiamo bisogno di un sano senso di sé per seguire il sentiero spirituale per raggiungere la liberazione e l'illuminazione?
La preziosa vita umana
Iniziamo con la preziosa vita umana: se abbiamo un senso di sé eterno allora ciò che abbiamo ora, questa opportunità della preziosa vita umana, è estremamente rara. È incredibile, fantastica; dobbiamo usarla. Riflettendo sulla preziosa rinascita umana e apprezzandola sviluppiamo un atteggiamento costruttivo verso noi stessi: "Quanto sono fortunato, quanto è incredibile ciò che sto vivendo, una preziosa rinascita umana". Iniziamo ad avere un atteggiamento positivo verso noi stessi.
Un mio amico che è un insegnante buddhista offre ai suoi studenti un tipo di esercizio molto forte per far apprezzare loro la preziosa vita umana che hanno. Per questo esercizio, gli studenti indossano una benda nera spessa molto pesante per un'intera giornata, come se fossero ciechi, affinché apprezzino di toglierla e di poter vedere. È un esercizio molto pesante.
A Berlino ci sono i cosiddetti "ristoranti ciechi" in cui si mangia completamente al buio, nell'oscurità assoluta. C'era anche una mostra completamente buia con un mercato allestito e si provava a fare la spesa come dei ciechi. Inizi quindi ad apprezzare davvero ciò che hai, anche la semplice vista. Con auricolari e tappi per le orecchie molto pesanti provate a essere sordi o a stare su una sedia a rotelle per un giorno. Questi esercizi sono molto potenti per dimostrarci quanto siamo fortunati ad avere una tregua, una libertà temporanea da tali situazioni.
Ciò non significa che i non vedenti e i non udenti non possano seguire il Dharma e migliorarsi. Oggi è possibile, ma è molto più difficile; però se non abbiamo questa sfida allora quanto siamo più fortunati. Se siamo ciechi o sordi, pensiamo a quanto siamo fortunati a non essere ulteriormente menomati. Così non dobbiamo attraversare i regni inferiori e cose del genere; immagina se avessi subito una paralisi e la tua testa tremasse continuamente come potresti leggere? È incredibile non avere la sindrome di Down con cui non puoi capire nulla. Immagina se non ci fossero opportunità per l'educazione – l'intera società è barbara o non ci sono assolutamente insegnanti spirituali, nessun supporto per chi ha un interesse spirituale.
Per quelli di voi che sono abbastanza grandi, confrontate le opportunità che avete avuto durante il periodo sovietico e le opportunità che avete ora. Quindi, pensando in questo modo, ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati. Stiamo parlando del "me" convenzionale. Questo è un modo molto positivo di esaminare noi stessi. Pensiamoci, è lì che iniziamo nell'addestramento buddhista per sviluppare un sano senso di "me", iniziando ad apprezzare quanto siamo fortunati e che opportunità abbiamo di fare qualcosa di positivo nella vita, soprattutto alla luce del fatto che continueremo per sempre.
La consapevolezza discriminante e l’affidarsi a noi stessi
Ora penso che dovrei menzionare il modo in cui pensare, come meditare su questo? C’è l’"io" convenzionale e qualcosa che lo rappresenta, potremmo avere un quadro mentale di noi stessi, qualunque sia non importa, potrebbe essere solo il suono della parola mentale "io". Come esistiamo? Ricordate che questo è il problema: cosa è corretto, cosa è impossibile o errato. Qui stiamo parlando dell’errato, perché potrebbe essere possibile. Quindi usiamo la cosiddetta "consapevolezza discriminante" per discriminare tra ciò che è corretto e ciò che non lo è.
Ciò che è corretto qui è che non siamo ciechi, per esempio. Quindi siamo liberi dell’essere ciechi – temporaneamente, perché si può perdere la vista quando si invecchia – vediamo bene. Ciò che è assente, ciò che è presente. Posso vedere: non sono cieco. Sono libero: non sono in prigione. Ora, possiamo introdurre i due atteggiamenti principali che si trovano negli insegnamenti su come affidarci a un maestro spirituale: uno è la ferma convinzione delle buone qualità dell'insegnante. Qui ci riferiamo alla ferma convinzione nel fatto che abbiamo queste incredibili libertà: posso vedere, non sono cieco; ho libertà, non sono in prigione; c'è una lunga lista degli insegnamenti sulla preziosa rinascita umana.
“Ho davvero la libertà, almeno per il momento, da questo impedimento, da questa disabilità e ho l'opportunità di ciò che è disponibile [la facoltà di vedere]”: devi esserne molto convinto. Questa è una parte del nostro atteggiamento quando pensiamo all’"io". L'altro aspetto dell'atteggiamento corretto quando ci affidiamo a un maestro è l'apprezzamento della sua gentilezza. Qui apprezziamo non tanto la gentilezza, ma il beneficio che deriva dall’essere liberi da questa disabilità; la nostra vita è ricca di opportunità: apprezziamolo, è fantastico! Per dirlo in un linguaggio semplice "Ho davvero questa opportunità e ciò è fantastico": questo è il modo in cui ti concentri sull’“io” che ha questa preziosa rinascita umana. “Ce l'ho davvero! È incredibile, fantastica. L’apprezzo davvero”. Pensa così per un momento e ricorda che la qualità più importante consiste nel non avere una mentalità chiusa rispetto al Dharma, al percorso spirituale, l’essere di larghe vedute al riguardo: questa è la cosa più fantastica che abbiamo.
Iniziamo a contrastare questo atteggiamento di "povero me" con il quale pensiamo di esistere in questo modo impossibile, in questo modo errato – il cosiddetto "falso me". "Povero me, non posso fare niente", ecc. È davvero molto interessante esaminare questo atteggiamento di "povero me": “Povero me – non ho una ragazza”, “non ho un ragazzo”, “non ho figli”, “Povero me – non guadagno abbastanza”. Pensiamo a tutte queste qualità che rendono il "me" un "povero me". Ti rende infelice pensare così, vero? Invece se pensi "Che fantastico non sono cieco, non sono paralizzato, non ho una mentalità completamente chiusa – è fantastico!", hai un atteggiamento molto più positivo nei confronti dell’“io” convenzionale e inizi a costruire un sano senso di "me".
Portare gentilezza, gratitudine, amore e compassione
Ora introduciamo un altro fattore dagli insegnamenti del Dharma. L’arte di studiare il Dharma è che più impari, più riesci a mettere insieme i diversi pezzi in molti modi creativi più benefici. Quindi citiamo alcuni consigli dagli insegnamenti sulla meditazione in sette parti di causa ed effetto sul bodhichitta. Come lo facciamo? Consideriamo l’apprezzare la gentilezza dell'insegnante spirituale, quindi apprezziamo la gentilezza, l'opportunità e quanto sia fantastico avere questa preziosa vita umana. Ora nel tuo motore di ricerca interno metti "gentilezza", fai clic e cerca quali sono gli insegnamenti che parlano di gentilezza? Tutti sono stati mia madre e sono stati così gentili con me quando sono stati mia madre. Ora vediamo se questi due pezzi possono stare insieme: questo è il modo in cui componi il puzzle del Dharma tramite il tuo motore di ricerca interno.
In quella meditazione di causa ed effetto in sette parti, il punto che segue il ricordare la gentilezza dell'amore materno consiste nell’avere la sensazione – di solito semplicemente tradotto come voler "ripagare quella gentilezza" – di avere un debito sentendosi in colpa se non lo si ripaga. È un malinteso, in realtà l'atteggiamento è di gratitudine "Sei così gentile con me, te ne sono davvero grato" e, poiché ti senti così, vorresti anche essere gentile verso di loro. Tuttavia lo stato d'animo non è quello di avere un debito bensì di gratitudine. “Apprezzo questa preziosa vita umana e ne sono grato”: cosa sorge automaticamente quando proviamo questa grande gratitudine e apprezzamento [nel contesto del riconoscimento di tutti come essere stati nostra madre in qualche vita precedente e del ricordo della gentilezza dell'amore materno che abbiamo ricevuto]? È amore che scalda il cuore, ogni volta che vedi qualcuno ti si scalda il cuore “Oh, che bello vederlo; sarebbe davvero terribile se gli succedesse qualcosa di brutto”.
Allo stesso modo, se lo applichiamo alla meditazione sulla preziosa vita umana e pensiamo in termini di “Sono così fantastiche queste opportunità che ho”, allora ne sono grato, la apprezzo e quando penso a me ho un atteggiamento positivo e mi sento bene con me stesso. È così importante.
Nelle meditazioni per lo sviluppo di bodhichitta, ciò che segue è l'amore (il desiderio che gli altri siano felici, abbiano le cause della felicità) e la compassione (il desiderio che siano liberi dalla sofferenza e dalle sue cause). Allo stesso modo, avere questo atteggiamento positivo verso noi stessi poiché apprezziamo così tanto queste libertà che abbiamo, queste opportunità, ci induce a essere più preoccupati per “Vorrei davvero essere felice, avere le cause per felicità, essere libero dalla sofferenza e dalle sue cause”: inizi a assumerti delle responsabilità al riguardo. Mi seguite?
Essere consapevoli della morte
Questa situazione e queste opportunità che abbiamo tuttavia non dureranno: la realtà è che moriremo e che le perderemo, dobbiamo davvero approfittarne ora che ce l'abbiamo. È come essere in un bar che chiude alle due in punto, sarà meglio pranzare prima delle due perché poi chiuderà e non ci sarà cibo disponibile. Quindi approfitta di quest’opportunità che hai, quella finestra di opportunità, prima che si chiuda. È abbastanza chiaro.
Non devi nemmeno pensare esclusivamente alla morte qui: e la vecchiaia? Dobbiamo sfruttare questa opportunità che abbiamo prima di iniziare a perdere la memoria, prima che la vista e l’udito si indeboliscano, di avere meno energia per fare qualsiasi cosa e così via. Esiste anche la sofferenza della vecchiaia, non solo quella della morte. A venti o trent’anni la vecchiaia sembra molto lontana, ma quando hai la mia età – ho sessantotto anni – allora inizi davvero a prendere sul serio quanti anni di vita produttiva sono rimasti, non sai mai cosa succederà.
Quindi sviluppiamo un senso di interesse per ciò che ci accade e che sperimentiamo, non solo ora ma anche in futuro. È molto importante per sviluppare un sano senso di sé. Nutriamo un atteggiamento positivo verso noi stessi perché apprezziamo quello che abbiamo e “Vorrei essere felice non solo adesso ma anche in futuro, perché sono preoccupato per ciò che accadrà. Queste opportunità che ho ora non dureranno”. Quindi, mentre il bar è aperto prendiamo quanto più cibo possibile, accumulando una scorta per il futuro perché potrebbe non riaprire.
Nell’era sovietica era così, giusto? Un negozio poteva avere un certo articolo – ora c'è il caffè.
Devi stare in coda per mezz'ora per prendere una tazza di caffè.
Ora è disponibile e quindi potresti acquistarne il più possibile perché non sai mai quando sarà di nuovo disponibile, qualunque sia la merce. Quale sarebbe un buon esempio?
La carne.
La carne, questo è un buon esempio. Quindi la morte può arrivare in qualsiasi momento.
Introduzione a ciò che accade dopo la morte
Cosa succede dopo la morte? Se crediamo nel Buddhismo, nell'Induismo o in uno dei sistemi che credono nella rinascita, è possibile avere una rinascita peggiore dove non avremmo più queste opportunità. Quindi è abbastanza spaventoso, se prendiamo davvero sul serio cosa significhi essere uno scarafaggio, per esempio: non è molto bello che chiunque ci veda voglia solo calpestarci. Se crediamo nelle religioni occidentali o mediorientali, si può avere la dannazione eterna all'inferno, il che non è un bel pensiero. Se pensiamo che diventeremo nulla – “Ora sono morto, non sono niente" – se ci pensate, è abbastanza spaventoso per la maggior parte delle persone perché è davvero una caduta nell'ignoto. Come sarà essere niente – “Io ora non sono niente" – tuttavia c'è ancora un "io": in realtà è piuttosto spaventoso.
Come dicevo, puoi anche pensare in termini di generazioni future: le persone avranno solo un brutto ricordo di noi perché abbiamo lasciato loro tutti i tipi di problemi; anche questo non è molto bello. Nessuno di noi vorrebbe essere ricordato come una persona orribile, vero?
Quindi tutta questa meditazione sulle rinascite peggiori dopo la nostra morte può davvero essere molto utile per sviluppare questo sano senso di "me" – perché lo voglio davvero evitare. Se siamo grati per le opportunità che abbiamo c’è una sensazione calorosa verso noi stessi, vogliamo essere felici – quindi come risultato di ciò ovviamente vorremmo evitare, se possibile, che qualcosa di orribile ci accada dopo la morte, facendo qualcosa al riguardo per prevenirlo.
Il sentirsi impotenti e senza speranza non porta a un sano senso di "me". Piuttosto, possiamo assumerci la responsabilità di ciò che ci accade, è qui che entra in gioco il rifugio, ciò che io chiamo "direzione sicura". Non sono senza speranza; non sono impotente; c'è qualcosa che può essere fatto, che possiamo fare, per evitare non solo di perdere questa opportunità ma di non guadagnarla di nuovo. Lasciamo comunque questa discussione sulla direzione sicura e su cosa potremmo fare per evitare peggiori rinascite o un futuro peggiore fino alla nostra prossima sessione; con il nostro poco tempo rimanente possiamo affrontare alcune domande se ci sono.
Domande
Situazioni difficili del prevenire la sofferenza
Parlando della sofferenza degli altri e del modo per alleviarla, se ad esempio ci troviamo di fronte a una situazione in cui l'unico modo per alleviare la sofferenza di un uccello affamato è dargli da mangiare un grasso verme, cosa facciamo?
Non è una situazione facile, ovviamente. Se si trattasse di salvare la vita di mio figlio o quella dei vermi parassiti nel suo stomaco, allora è chiaro che salverò la vita del bambino perché può aiutare molto di più gli altri con la sua rinascita umana rispetto al continuum mentale che ora è nella forma del verme. È abbastanza chiaro come si discrimina. Ma quando si tratta di un ragno e una mosca o, come dicevi, di un uccello e un verme, allora non è così chiaro cosa fare, cosa scegliere.
Quindi consideriamo gli esempi dalla letteratura buddhista: in che modo Buddha in una vita precedente affrontò questa situazione? In una vita precedente, il Buddha incontrò una tigre con i suoi cuccioli affamati e si offrì alla tigre affamata. Oppure Asanga tagliò un pezzo della sua gamba per dar da mangiare al cane, eccetera. Questi sono gli esempi dei grandi bodhisattva. Poi esaminiamo: "Sono a un livello in cui posso farlo?". Se pensi a ciò che possiamo fare ora, allora consideriamo l'effetto karmico, da un lato, di salvare la vita del verme o della mosca e inoltre impedendo al ragno o all'uccello di accumulare il karma negativo dell'uccisione. Questi sono due aspetti positivi in termini di karma. Se non facciamo nulla quando potremmo fare qualcosa, allora la mosca o il verme perdono la vita e l'uccello o il ragno accumulano quel karma negativo. C'è qualcosa di positivo che possiamo fare? Beh, stiamo impedendo a quel ragno o all'uccello di morire di fame; potrebbero in qualche modo trovare cibo altrove.
Questo è il modo in cui analizzi, con domande come questa dobbiamo essere in grado di analizzare. Se hai il quadro concettuale all'interno del Buddhismo per poterlo analizzare, puoi capire cosa fare: qui applichiamo gli insegnamenti sulle conseguenze karmiche, su causa ed effetto. Quindi, quale sarà la conseguenza karmica di una scelta o dell'altra? Poi discrimini tra le due: quale è un karma negativo più pesante, quale è un karma positivo più forte. È così che decidi, riflettici.
L’egoismo e un sano senso di sé
Quando pensiamo ai benefici della preziosa rinascita umana sviluppando un sentimento d'amore caloroso verso noi stessi e poi iniziamo a preoccuparci del nostro benessere, ciò non va nella direzione della cura di sé?
Sicuramente va nella direzione della cura di sé ma non è un difetto. Quando si lavora con un sé sano – un sano senso di sé che si oppone a un senso di sé gonfiato e non salutare – è necessario costruire quello sano prima di smontare quello malsano. Questo è il motivo per cui si raccomanda sempre di non insegnare la vacuità ai bambini o ai giovani adolescenti, che non hanno davvero stabilito un sano senso di sé. Allo stesso modo, non insegnarla a persone che sono gravemente disturbate emotivamente e che non hanno un sano senso di sé: se fin dall'inizio iniziano a smontare qualsiasi senso di sé, quando non hanno un senso costruttivo e salutare del sé convenzionale, rimangono senza nulla e questo è molto dannoso.
Anche se quando inizi il lam-rim come principiante stai costruendo questo amore per te stesso con un forte senso di "me" e così via – questo va bene perché nelle fasi successive poi smonterai qualunque sia l'esagerazione che vi hai proiettato. Però avrai una base sana che è ancora lì: il "sé" convenzionale. Quindi è il nostro atteggiamento nei confronti di quel "sé" convenzionale ciò su cui dobbiamo lavorare: si deve affermare di avere un "sé" convenzionale e avere un atteggiamento positivo nei suoi confronti prima di iniziare a sbarazzarsi del modo errato di considerarlo.
Per questo ho detto che ci sono due livelli di procedere lungo il lam-rim: uno è come principiante – senza la visione buddhista della vacuità, ecc.; il secondo è ripercorrerlo con la visione buddhista – hai compiuto l'intero addestramento quindi ora, con la visione mahayana e una certa comprensione della vacuità, torni indietro e poi ripeti l'intero processo diverse volte, sempre più in profondità.
La maggior parte di noi si avvicina al lam-rim nella versione leggera, senza pensare e credere davvero alle vite future: solo per ricavarne beneficio in questa vita, il che va bene; può essere utile percorrere il lam-rim con questo scopo. Si rimane nell’ambito della scienza e della filosofia buddhista, senza entrare in quello religioso che pensa in termini di vite future. Va bene.
Cosa succede se consideriamo le vite future? "Voglio una preziosa vita umana in futuro perché voglio poter continuare sul sentiero" – ma come ci stiamo pensando? Forse in termini di "Voglio stare di nuovo con i miei insegnanti" e "Voglio di nuovo stare con i miei amici" – c'è tutto questo attaccamento. È come se tutti pensassimo a noi stessi come a dei tulku (un lama reincarnato): "Mi ritroveranno e mi riunirò con tutti i miei amici e i miei insegnanti e semplicemente continuerò”. Non è certo così, tuttavia quello è il nostro livello iniziale: c'è molto attaccamento e amore per noi stessi nel modo in cui pensiamo di ottenere nuovamente una preziosa vita umana. Per il momento va bene in quanto almeno cerchiamo di agire per evitare rinascite peggiori.
È solo nell'ambito intermedio che si inizia a pensare: "In effetti, anche se sarò di nuovo con i miei vecchi amici, il mio insegnante e così via, ci saranno ancora problemi", quindi devi sviluppare la rinuncia a questo: è il passo seguente. È solo quando abbiamo attraversato tutta l’evoluzione del lam-rim e ritorniamo all'inizio che possiamo iniziare a sviluppare il desiderio di evitare peggiori rinascite e ottenerne di migliori, non per l’attaccamento alla vecchia casa, agli amici e ai beni, ma più puramente: “Ci vuole molto tempo per raggiungere la liberazione e l'illuminazione quindi ho bisogno di molte preziose rinascite umane per accumulare tutta la forza positiva e la comprensione”. Questo è un altro livello in cui non si pensa al proprio beneficio per egoismo, tuttavia ciò avviene quando ti sviluppi a un livello più avanzato.
Avere una motivazione sincera
Penso che uno dei problemi sia che siamo stati introdotti a questo materiale troppo rapidamente. Abbiamo già sentito parlare di "devi liberarti dell’egoismo" e anche un po’ della vacuità: abbiamo già ascoltato tutti questi discorsi. Tuttavia abbiamo trascurato di lavorare davvero su questo livello iniziale molto fondamentale del lam-rim e sentire sinceramente queste motivazioni; è molto, molto difficile provare sinceramente queste motivazioni; si possono esprimere a parole senza che i nostri cuori ne siano davvero toccati.
Penso che sia un po' più stabile e realistico migliorarsi in termini dello sviluppo di un sano senso di sé. Va bene, ci sarà egoismo, se mai arriveremo al punto in cui stiamo sinceramente pensando di beneficiare le vite future. "Voglio una vita umana preziosa per poter essere sempre protetto dai miei insegnanti" ecc. Quando lo sviluppiamo ulteriormente applichiamo la comprensione della vacuità; non cercate di applicarla fin dall'inizio, perché c'è il grande pericolo di cadere nel nichilismo.
Finché comprendiamo che questo livello di lavorare per le vite future con egoismo e attaccamento è provvisorio, allora va bene. Non lo prendo come la vera cosa definitiva; dire che va bene che sia provvisorio ci consente di sentirlo con più sincerità, il che è davvero molto importante: sinceramente sto lavorando per le mie vite future, sto facendo qualcosa al riguardo. Possiamo pensare a come io esisto nelle vite future e così via, e così possiamo perfezionarlo.
Farò un esempio della mia vita: sto realizzando questo enorme sito web, studybuddhism.com e spero davvero che, per tutto il lavoro che ci sto mettendo, nella mia prossima vita sarò un prezioso essere umano, lo troverò su internet molto velocemente, molto giovane e ne sarò molto attratto: è tutto per me, a mio vantaggio. Se altre persone ne traggono beneficio è fantastico, tuttavia sono davvero preoccupato di trovarlo molto rapidamente e facilmente per poter continuare a lavorarci di nuovo e migliorarlo. Quindi certo c'è attaccamento che tuttavia mi permette di crederci molto sinceramente, così finalmente posso iniziare a pensare che "forse sono a un certo livello di motivazione iniziale sincera".
Cercare di rendere sincere queste motivazioni è davvero il primo passo, il passo più importante. Quindi puoi affinare la tua comprensione della realtà del sé e così via, tuttavia se non è sincera e lavori soltanto sul perfezionamento, cosa stai raffinando? Non hai niente. “Non dovrei avere amore per me stesso perché non c'è il sé. Quindi se non c'è un sé, perché dovrei fare qualcosa per cercare di ottenere le rinascite umane per il sé?”: così non ti resta nulla.
Questi sono punti importanti, cercate di assorbirli, prendetevi un momento per farlo.