Sviluppare autostima e forza di volontà

Ripasso: la preziosa vita umana

Questa mattina abbiamo visto gli stadi graduali del lam rim dal punto di vista di come ci aiutano a sviluppare un sano senso del sé: pensare alla preziosa rinascita umana ci consente di avere un atteggiamento molto positivo verso noi stessi perché vediamo quanto siamo davvero fortunati, capiamo quanto sia raro possedere tutte queste caratteristiche, l’essere temporaneamente liberi dagli stati peggiori con così tante opportunità disponibili, in particolare se ci confrontiamo alla maggior parte delle persone. Inoltre, se consideriamo tutte le altre forme di vita dei sei reami d’esistenza o, se è difficile considerarli seriamente, almeno tutte le altre forme di vita su questo pianeta, vediamo che in effetti la nostra situazione è abbastanza rara.

Quindi sviluppiamo un grande senso di apprezzamento; siamo molto grati per il fatto che abbiamo questa preziosa vita umana ora. La apprezziamo, ci rendiamo conto che non durerà per sempre: invecchieremo, possiamo anche ammalarci e certamente moriremo. Dopo che saremo morti, se pensiamo in termini di un "io" eternamente esistente, allora continueremo in qualche forma e sperimenteremo altre cose. Forse ora non lo sappiamo, ma sicuramente potrebbe essere molto peggio.

Altri tipi di forme di vita e livelli di felicità e infelicità

È sempre difficile prendere sul serio i vari tipi di forme di vita asseriti dal Buddhismo; il modo in cui io mi avvicino a questo è pensando ancora in termini di attività mentale, come abbiamo visto prima. L’"io" è etichettato su un continuum individuale di attività mentale dell'esperienza e quell'attività avrà vari fattori mentali che la accompagnano e diversi tipi di coscienza – quindi vari tipi di coscienza sensoriale, coscienza mentale e anche fattori mentali, in particolare felicità, infelicità: un certo livello di felicità. I confini di ciò che siamo in grado di sperimentare in una particolare area – sensazioni fisiche, vista, felicità o infelicità, ecc. – sono in relazione agli aspetti fisici, all’apparato fisico che abbiamo.

Con un semplice esempio: con il cervello di un essere umano possiamo capire molto di più che con quello di una mosca, ovviamente – sebbene entrambi abbiano il cervello. Ma l'hardware che abbiamo a nostra disposizione per capire, se avessimo un cervello volante, non ci porterebbe molto lontano, vero? Pensiamo agli occhi di diversi tipi di animali – alcuni possono vedere al buio; con gli occhi umani non possiamo davvero vedere al buio. Gli occhi dell’aquila possono vedere molto lontano, gli occhi umani non così tanto. Il naso del cane ha una capacità olfattiva molto maggiore rispetto a un naso umano – odora una gamma molto più ampia; molti animali possono sentire meglio di noi. Quindi rispetto all'apparato sensoriale è abbastanza chiaro che l'ambito di ciò che possiamo sperimentare dipende molto dalla base fisica, dall'hardware.

Ciò dovrebbe valere anche in termini di sensazioni fisiche di piacere e dolore; dopo un certo livello di dolore con un corpo umano diventiamo incoscienti, non siamo in grado di sperimentare oltre la capacità di ciò che il corpo tollererà. Per estensione, quindi, la sensazione di felicità e infelicità. Quando parliamo di sofferenza, non ci riferiamo alla sensazione fisica del dolore; stiamo parlando del fattore mentale di felicità o infelicità. Felicità: vuoi che continui, non vuoi separartene. Infelicità: vuoi davvero separartene.

Iniziamo davvero a chiederci allora se la capacità di infelicità e felicità è anche proporzionale o dipendente dalle basi fisiche che abbiamo per sperimentare stati mentali o fisici? È interessante da analizzare: prova a confrontare i livelli di infelicità. Diciamo che qualcuno ha la sindrome di Down e non è nemmeno a conoscenza della propria situazione; qualcuno che è altamente intelligente e analitico soffre di terribile depressione, esaurimenti nervosi e cose del genere. Negli insegnamenti si dice sempre che la sofferenza mentale è molto peggiore, molto più intensa di quella fisica.

Pensando in questo modo, penso che il livello di felicità e infelicità che potremmo apprezzare – lo spettro – sia piuttosto diverso a seconda del tipo di corpo fisico e della forma di vita che abbiamo. Per estensione potremmo pensare all'intero spettro di felicità/infelicità, piacere/dolore e immaginare che potrebbero esserci basi fisiche che hanno la capacità di sperimentare qualsiasi porzione di questo spettro.

Quindi è piuttosto spaventoso se crediamo che diventeremo nulla dopo la morte e ignoriamo ciò che accadrà. Quando non sei niente è deprimente; ci si inizia a chiedere quali siano le caratteristiche del “nulla”, dell'esperienza del “nulla”?

Ma "nulla" sta accadendo; se "niente" sta accadendo, non è noioso? Sei piuttosto infelice se non succede nulla; immagina che non succeda nulla per l'eternità, quanto saresti annoiato e infelice. Ora non so se questo abbia un senso o se sia solo uno scherzo, ma penso che aiuti a sviluppare questo senso di "Voglio evitare, dopo la mia morte, che le cose siano peggiori di quanto non siano ora". Non vogliamo rimanere bloccati nel grande nulla per sempre; se seguiamo gli insegnamenti buddhisti certamente non vogliamo rinascere con le basi fisiche, anche di umani, con cui sperimenteremo più sofferenza e più problemi, senza la capacità di poter continuare sul cammino spirituale.

Direzione sicura

Sviluppiamo così un sano senso di paura per queste situazioni. È importante capire che ci sono due tipi di paura.

  • Si ha la sensazione che non ci sia nulla da fare, "Sono indifeso, senza speranza". È davvero una paura orribile, molto difficile da sopportare.
  • Ma c'è un sano senso di paura con cui sappiamo che c'è qualcosa che si può fare per evitare una situazione terribile e quindi stiamo attenti. Ad esempio se guidi un'auto: "Ho paura di fare un incidente e quindi sto attento quando guido". Se non mi interessa e non ho paura di fare un incidente sarò molto spericolato e potrebbe essere un disastro.

Quando parliamo delle cause del rifugio, che preferisco chiamare "direzione sicura", una è lo stato di paura – questo sano senso di paura che è basato su un sano senso di "me", del "me" convenzionale – “mi importa di ciò che mi succede e non voglio trovarmi in una situazione orribile in cui non posso fare altri progressi e vedo che esiste un modo per evitarlo: andrò in quella direzione”. È importante capire che senza quel sano senso di “me ”, non potremmo mai pensare di prendere una direzione positiva e sicura nella nostra vita, che è indicata dal cosiddetto “rifugio”.

Se non mi importa di me stesso non farò nemmeno sforzi per evitare la sofferenza. Si riscontra questo atteggiamento nelle persone che non smettono di fumare: “Non mi importa se mi ammalo di cancro, non mi importa cosa succederà, voglio fumare”. In realtà a loro non importa davvero di sé stessi. I fumatori tra il pubblico hanno un grande sorriso di colpa sui loro volti – un reale imbarazzo – ma, se prendete tutto questo sul serio “ho una vita umana preziosa, non voglio perderla, voglio fare qualcosa per prolungarla il più possibile in modo da sfruttare questa opportunità prima di perderla, voglio cercare di evitare di non avere ulteriori opportunità in futuro”: questa è la mentalità, il tutto si basa su un sano senso di "sé".

C'è qualcosa che possiamo fare per evitare situazioni peggiori in futuro: prendere la direzione sicura in Buddha, Dharma e Sangha nella nostra vita. Dobbiamo capire qual è quella direzione e quali sono i tre gioielli effettivi; esistono diversi livelli di Buddha, Dharma e Sangha tuttavia, se guardi a un livello più profondo, allora il gioiello Dharma si riferisce alla vera cessazione dei problemi, della sofferenza, di tutte le forme di sofferenza e ai veri sentieri mentali, i veri livelli di comprensione che porteranno alla vera cessazione dei problemi in modo che non si ripetano più. Sono la terza e la quarta Nobile Verità.

Questa è la direzione che voglio perseguire: cercare di ottenere una vera cessazione delle cause della sofferenza e dei problemi, raggiungendo la vera comprensione o il sentiero della mente che capisce ciò che condurrà a quella vera cessazione. Questa è una direzione molto positiva e sensata. I Buddha sono coloro che hanno effettivamente raggiunto questo pienamente, che hanno insegnato e mostrato la strada per raggiungerlo noi stessi; l'Arya Sangha sono coloro che hanno iniziato a ottenere le vere cessazioni e le vere comprensioni, le hanno raggiunte in parte e sono molto utili perché ci sono vari livelli e loro ci incoraggiano a raggiungere il livello di Buddha che è qualcosa che si ottiene in più fasi. Così ci sembra più raggiungibile, sappiamo che esiste l’Arya Sangha che ci supporta davvero.

Questi sono i Tre Gioielli, la direzione che vogliamo seguire: ci preoccupiamo di noi stessi, prendendoci sul serio e c'è questa direzione che è possibile seguire per evitare la sofferenza. Voglio essere felice, non voglio essere infelice: proviamo ad andare in quella direzione e vediamo che è possibile. Pensateci.

È abbastanza spiacevole che molte persone banalizzino il rifugio, penso che ciò sia dovuto al fatto che non capiscono davvero a un livello più profondo di cosa si tratta. Le meditazioni raccomandate in alcuni dei punti successivi nel lam rim sono molto utili per questo. Meditiamo immaginando che stiamo cadendo da un precipizio nei reami inferiori – la più orribile rinascita – e a quanto terribile sarebbe. Se sappiamo che esiste un modo per salvarci – aprire il paracadute o qualsiasi altra cosa – vorremmo sicuramente farlo. Poi immaginiamo di essere sul punto di cadere, siamo proprio sul bordo del precipizio, abbiamo davvero paura di cadere e desideriamo di aver rafforzato i muscoli per poter mantenere l'equilibrio e non cadere. Immaginiamo poi di essere su un nastro trasportatore che si sta dirigendo verso il bordo del precipizio dove ci scaricherà, e quanto fortemente vorremmo svegliarci per liberarci dal nastro trasportatore.

Queste sono immagini abbastanza potenti che possiamo usare per suscitare un senso di paura che risveglia istinti molto basilari, l’istinto di sopravvivenza per sfuggire a un incendio o simili, un tipo di impulso primordiale e istintivo che vogliamo utilizzare per seguire questa direzione sicura nelle nostre vite, in modo che diventi veramente una base dentro di noi. Come risultato del pensare in questo modo vogliamo davvero rimuovere la causa di peggiori rinascite, di una dannazione eterna all'inferno; o rimuovere le cause che ci portano a morire con rimpianti e la paura di passare in un nulla sconosciuto.

Pensa a questo: “Voglio evitare peggiori rinascite: per farlo devo evitare e liberarmi delle cause di una rinascita peggiore; voglio prendere alcune misure preventive". "Misure preventive" è letteralmente la traduzione della parola "Dharma".

La prima cosa che vogliamo fare allora per andare in quella direzione sicura è rimuovere le cause della sofferenza grossolana, la sofferenza della sofferenza – quindi le cause dell'infelicità – lo sperimentare terribili rinascite e ogni sorta di situazioni spiacevoli che stiamo vivendo. Secondo gli insegnamenti del karma, se sperimentiamo la sofferenza della sofferenza, la prima legge del karma afferma che è il risultato di un comportamento distruttivo.

Karma

Vorrei evidenziare che con karma non si intende azione, sebbene la parola tibetana per "karma" sia quella colloquiale per "azione": molto spesso i tibetani, quando parlano inglese, traducono la parola "karma" come azione, tuttavia non significa azione. Se questo fosse il significato, allora pensate a ciò che ne conseguirebbe: per ottenere l'eradicazione completa di tutto il karma – l’eliminazione del karma – se karma significasse solo azione, significherebbe che bisogna smettere di fare qualsiasi cosa per essere liberati. Non è sicuramente questo il significato.

Un altro metodo di analisi che usiamo nel Buddhismo consiste nel vedere se ci sono conclusioni assurde che seguono da un'asserzione e qui l'affermazione è "il karma consiste nelle azioni". Se il karma fosse le azioni, allora sbarazzarsi di tutto il karma significherebbe che ci si dovrebbe semplicemente sbarazzare di tutte le azioni. Se mi sbarazzo di tutte le azioni, mi sono liberato? No, quindi è sbagliato affermare che karma significhi azioni. È un problema di traduzione.

Ciò di cui parla il karma è la compulsione. C'è un aspetto compulsivo nel nostro comportamento a causa degli istinti e delle tendenze che sono state accumulate dalle nostre emozioni disturbanti e dalla nostra confusione. Pertanto agiamo in modo compulsivo senza alcun controllo su di esso, come un mangiatore compulsivo, il battere compulsivamente le dita – questo tipo di cose.

Qual è la differenza tra “impulsivo” e “compulsivo”?

"Impulsivo" significa che mi è venuto in mente di farlo, mentre "compulsivo" vuol dire che non ho alcun controllo su di esso, per esempio essere un bugiardo, un mangiatore compulsivo. "Compulsivo" qui, nel contesto del karma, è sia positivo che negativo; non è solo mentire, rubare compulsivamente o qualcosa del genere ma anche essere un perfezionista compulsivo, molto nevrotico, "Devo essere perfetto; devo essere buono”. È basato su un grande “io”, su un’attitudine disturbante, è compulsivo. Il perfezionismo è l'esempio perfetto, pulire compulsivamente la propria casa, lavarsi compulsivamente le mani è positivo – non c'è nulla di negativo – ma è totalmente fuori controllo e nevrotico, come correggere compulsivamente gli altri.

Quindi questo è il karma: questa compulsione di cui vuoi sbarazzarti – non è che vuoi smettere di compiere azioni. Assimilatelo perché magari è qualcosa di nuovo.

Inoltre si adatta alla definizione; è importante avere la definizione e poi cercare di capire di cosa si sta parlando. Così, quando vogliamo mentire o vogliamo aprire il frigorifero questo è ciò che matura da tendenze karmiche. Hai voglia di farlo, vuoi farlo: il karma è la compulsione che ti attira all'azione. Prima hai voglia di farlo e poi la compulsione ti attira all'azione e lo fai.

Seguendo la presentazione tradizionale dello scopo iniziale di lam rim – la classica presentazione del karma – notiamo che il problema qui, la causa della sofferenza della sofferenza, è la nostra inconsapevolezza di causa ed effetto comportamentali. Semplicemente non sappiamo che se siamo infelici e soffriamo ciò deriva da un comportamento distruttivo, oppure abbiamo la visione errata che ciò provenga dal nulla o da qualunque cosa. Quindi lavoriamo per sbarazzarci di questo primo livello di inconsapevolezza o ignoranza – inconsapevolezza di causa ed effetto comportamentale. Non si tratta della causa-effetto del calciare una palla che va laggiù bensì di causa ed effetto in termini di comportamento e di ciò che sperimentiamo.

Quindi la presentazione classica è che “non voglio essere infelice, non voglio avere una sofferenza grave e capisco che proviene da un comportamento distruttivo. Così, quando ho voglia di agire in modo distruttivo – poiché quella sensazione deriva da cause precedenti – semplicemente non agirò in quel modo, mi asterrò”. Questo è l'insegnamento tradizionale di questo livello iniziale di applicazione del karma. Ho insegnato il lam rim molto lentamente, riferendomi essenzialmente al Lam rim chen mo [Estesa presentazione degli stadi graduali del sentiero] composta da Tzong Khapa, per più di quattro anni una volta alla settimana e quando siamo arrivati a questa sezione ho chiesto ai miei studenti: “Perché non mentite? Perché non tradite? Per quale motivo?”.

Ragioni per non agire in modo distruttivo

Analizzati per un momento: forse inganni le persone, sei prepotente e menti agli altri tuttavia, se non lo fai, perché non lo fai? È perché hai paura delle rinascite peggiori, dell'infelicità che sperimenterai e quindi ti astieni? Sii onesto con te stesso. Perché non imbrogli e ferisci gli altri?

Non voglio che gli altri pensino male di me.

Quindi, se potessi cavartela andrebbe bene se nessuno lo sapesse?

Mentire è insignificante perché non importa se qualcuno lo saprà o no. Significa solo vantaggi a breve termine, a lungo termine non funzionerà.

Quindi hai una certa convinzione in causa ed effetto.

E qualche senso di colpa perché mi sentirò male con me stesso.

Ora stiamo iniziando ad andare nella direzione di ciò che i miei studenti hanno risposto. Qualcun altro?

Non mento perché non voglio che altre persone mi mentano.

Giusto, ciò si avvicina maggiormente all'insegnamento del Dharma che, a causa della menzogna, gli altri ci mentono; come risultato di imbrogliare, gli altri ci inganneranno, come risultato dell'interrompere sempre e del parlare senza senso nessuno ci prenderà sul serio.

Se siamo sinceri nel non volere conseguenze, non vogliamo causare problemi e così via, ciò concorda perfettamente con gli insegnamenti di Dharma. Ma quello che ho appreso dai miei studenti e che io stesso condivido è che non è giusto imbrogliare, mentire, essere una persona cattiva. Semplicemente “sentiamo che non è la cosa giusta da fare”. È una risposta semplice ma molto profonda. Ci si sente a disagio, siete d’accordo?

Ora introduciamo la struttura concettuale dei cinquantuno atteggiamenti mentali, e vediamo qual è tra questi. Come descriveremmo il fenomeno di "semplicemente non sento che sia la cosa giusta da fare?". C’è un fattore mentale chiamato "senso di dignità morale (ngo tsha shes pa)": ci preoccupiamo di ciò che ci accade e come ciò che facciamo ci influenza: è un senso di dignità, di autostima. “Penso abbastanza a me stesso da non piegarmi così in basso per agire in quel modo. Ho più dignità, non è giusto agire in questo modo basso; ho troppo rispetto per me stesso, non è il tipo di persona che voglio essere".

Troviamo che Vasubandhu nel suo Abhidharmakosha (Tesoreria di argomenti speciali di conoscenza) afferma che questo è un fattore mentale che accompagna tutti i comportamenti costruttivi. Agiamo distruttivamente quando non è presente e abbiamo l'opposto, nessun senso di dignità personale. Non ci importa di come si riflette su noi stessi: non è tanto ciò che gli altri pensano di noi, è ciò che pensiamo di noi stessi ciò che influenzerà il nostro comportamento. Ciò comporta un senso molto salutare di un "io" convenzionale e il rispetto di noi stessi. Si può notare la sequenza di sviluppo di un atteggiamento sempre più positivo verso noi stessi, ciò che descrivo con il termine occidentale "un sano senso di sé". Pensateci.

Video: Dr Chönyi Taylor — “Superare la vergogna delle dipendenze”
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Il secondo fattore mentale che accompagna tutti i comportamenti costruttivi è forse più importante in un contesto asiatico, tuttavia dobbiamo esaminare quanto sia rilevante per noi. È l’interesse per come le nostre azioni si riflettono sugli altri (khrel yod). Gli asiatici in genere non pensano a sé stessi come dei soli individui, ma come membri di una famiglia e quindi “Il modo in cui agisco si riflette sull'onore di tutta la mia famiglia così non voglio portare vergogna, cattiva reputazione e così via, a questa più grande unità che è la famiglia”. Potrebbe essere il villaggio o la lealtà verso il paese – cosa pensa la gente dei lettoni, dei tedeschi, degli americani o dei buddhisti. Se ci preoccupiamo di come il nostro comportamento si riflette sugli altri, ci asterremmo anche dall'agire in modo distruttivo. Questo è incluso, secondo Vasubandhu, nello stato mentale dell’astenersi dall'agire in modo distruttivo, che è il modo in cui si definisce "comportamento costruttivo".

Non saprei quanto sia onnipresente questo fattore mentale nel comportamento costruttivo, nell’ambito della società occidentale che pone così tanta enfasi sull’individuo. Bisogna esaminare dentro di sé se c'è un senso più ampio di questo sano "io" convenzionale che, nel contesto asiatico, includerebbe tutta la nostra famiglia, che potrebbe essere rilevante per questa discussione. C'è un'unità più grande che sento parte della mia identità? Penso sia una questione individuale, ma è interessante pensare a come questo potrebbe essere rilevante per me.

Per esempio, se sei una donna come si riflette sulle donne? "Se una donna si comporta così o così, le persone hanno questa terribile bassa opinione delle donne e quindi devo davvero agire in un modo che indurrà a rispettare socialmente le donne in modo che vengano trattate allo stesso modo". Questo potrebbe essere un fattore. Potremmo non considerare davvero quanto questo sia rilevante in termini del nostro comportamento etico.

Immagino che nel nostro caso sia più probabile per le persone che sono più coinvolte nel Buddhismo, in realtà è ciò che la gente penserebbe di come agiscono i buddhisti.

Giusto, cosa penserebbe la gente di come si comportano i buddhisti? Cosa penserebbe la gente di un piccolo paese come la Lettonia? Il mondo pensa "è un insignificante piccolo paese, che differenza fa?". Sei motivato dalla considerazione che "Se avrò successo, se farò qualcosa di veramente giusto e lodevole, si rifletterà sul mio paese", ma potrebbe essere diverso con persone diverse.

In ogni caso, ciò che sviluppiamo da questo è una responsabilità delle nostre azioni che crea un sano senso di "me" – del modo in cui agiamo, parliamo e pensiamo – un senso di responsabilità. “Non voglio essere infelice, voglio essere felice ma non solo ora – non avere solo gratificazione immediata – ma anche in futuro: sono disposto a posticipare la gratificazione immediata al fine di garantirmi la felicità futura” – come risparmiare per la vecchiaia, acquistare solo ciò che puoi permetterti e non comprare ogni sorta di cose a credito in modo da non doverti preoccupare di non essere in grado di rimborsarlo e perdere tutto, per utilizzare un esempio moderno.

Quindi è il senso di responsabilità basato su un sano senso di "me" [che mi induce ad astenermi dall'agire in modo distruttivo]. Questo senso di responsabilità [deriva dal sapere che] sperimenterò – questa è la prima preoccupazione – che io sperimenterò le conseguenze del mio comportamento. Capiamo che ci sentiamo peggio quando inganniamo, mentiamo e causiamo problemi agli altri. Non solo ora ma anche in futuro; ci sentiamo male.

Un ottimo esempio è la preoccupazione compulsiva: sei felice quando ti preoccupi? Assolutamente no ed è un'infelicità a lungo termine che può portare alla depressione. Ci preoccupiamo compulsivamente tutto il tempo, quindi si ripete e così via. Dobbiamo fare l'associazione che questo tipo di comportamento autodistruttivo provoca la nostra infelicità, quindi ce ne assumiamo la responsabilità. “Voglio evitarlo; voglio fermarlo”. Potrebbe non essere facile, il comportamento compulsivo è molto difficile da fermare e richiede autocontrollo.

Esercitare l'autocontrollo

Questa è la strategia a questo punto di scopo iniziale del lam rim che consiste nell’esercitare autocontrollo: quando ho voglia di agire in modo distruttivo, capisco che sarà autodistruttivo e mi causerà più problemi, così esercito l'autocontrollo per non mettere in pratica ciò che mi sento di fare. Se hai mai provato a seguire una dieta, sai di cosa sto parlando. Segui una dieta, vuoi dimagrire per qualunque ragione: salute, aspetto migliore, qualunque cosa. Ma solo perché decidi di seguire una dieta non significa che smetterai di voler mangiare. Vorrai mangiare e ciò è la maturazione delle precedenti abitudini karmiche: passi davanti alla pasticceria, vedi le torte e ti piacerebbe averne un pezzo, automaticamente. Questa è la maturazione del karma, non saremo in grado di liberarcene in questa fase quindi non sentiamoci male. Il punto è esercitare l'autocontrollo nel momento in cui hai voglia di entrare nel negozio e comprare la torta e non farlo. Non andare compulsivamente a comprarla, non aprire il frigorifero.

Non è facile, ma da cosa dipende l'autocontrollo? Non solo da questa consapevolezza discriminante tra ciò che è utile e ciò che è dannoso, "Se agirò in modo distruttivo porterà a problemi" e così discriminerai. Potresti dire: "Lo so, ma non riesco a controllarmi". Succede. "So che non dovrei fumare e sto cercando di smettere, ma ho ancora voglia di fumare". Sorgerà quella sensazione, quel desiderio quindi ora, oltre a conoscere ciò che è benefico e ciò che è dannoso, hai bisogno di questo sano senso di un "io" – rispetto di sé, un sentimento positivo nei propri confronti in modo da poter esercitare su quella base la forza di volontà del sé convenzionale, l’"io".

Ora i fumatori nella stanza sembrano molto a disagio e le loro facce stanno diventando rosse. Ma in ogni caso penso che sia molto vero che saremo in grado di esercitare l'autocontrollo e la forza di volontà in un modo positivo se avremo questo atteggiamento molto positivo verso noi stessi – questo senso di autostima. Altrimenti non ci interessa e così allora non si esercita alcun autocontrollo, non si ha forza di volontà. È molto interessante analizzare cosa rafforza l'autocontrollo e la forza di volontà?

Dobbiamo essere cauti qui perché, sebbene stiamo costruendo un sano senso di questo "io" convenzionale per essere in grado di esercitare l'autocontrollo e così via, ciò può anche rinforzare un senso di sé gonfiato. Mentre stiamo costruendo un “io” convenzionale mettendoci impegno, ora possiamo iniziare a prestare attenzione al senso gonfiato di “me”, l’io che avrebbe dovuto essere in grado di controllarsi; l'io che dovrebbe e potrebbe avere questo potere di autocontrollo e quindi, poiché non l'ha fatto, è colpevole. È un senso gonfiato di un "io". La persona che diventa un poliziotto che sorveglia sé stessa per controllarsi e poi magari diventa completamente rigida, così non è salutare. Quando sbagliano e non esercitano l’autocontrollo allora si sentono davvero in colpa "avrei dovuto essere in grado di controllarmi" e psicologicamente sconfiggono sé stessi.

Naturalmente, quando guardiamo gli insegnamenti e gli esempi, potremmo pensare a quanto facilmente potremmo giungere a quell'estremo. Sto pensando all'esempio di Ben Gungyal (Ban Gung-rgyal, ’Phen rKun-rgal) – questo è il nome tibetano – che alla fine della giornata aveva una piccola collezione di pietre bianche e nere che attribuiva a tutti i pensieri negativi e le cose distruttive che aveva fatto durante il giorno: pietre nere per quelli distruttivi, bianche per tutti quelli costruttivi. Se la maggioranza era nera si sarebbe sgridato, se bianca si sarebbe congratulato con sé stesso e avrebbe deciso di fare ancora meglio in futuro. Potrebbe diventare piuttosto dualistico, no?

Questo tipo di autoesame alla fine della giornata è ovviamente molto utile se non siamo consapevoli di quello che succede nella nostra vita e con che frequenza agiamo in modo costruttivo o distruttivo. È utile, ma fai attenzione a non cadere nell'estremo di questo solido "io" che è il poliziotto e questo "io" che è sotto processo – è una visione dualistica. Un grande maestro ha detto che se esaminiamo la nostra vita onestamente per vedere quante volte nella nostra vita ci siamo arrabbiati, siamo stati cattivi, scortesi e quante volte siamo stati davvero gentili e abbiamo fatto qualcosa di benefico per gli altri – se facciamo un elenco – allora sarà molto chiaro dove andremo nelle nostre vite future.

Questo processo ci porta ad una valutazione basilare che ci motiva a fare qualcosa; lo sviluppo di autocontrollo e forza di volontà basati sulla consapevolezza discriminante – una valutazione corretta di come abbiamo agito – deve essere fatto con un sano senso di "me", prestando attenzione a questo senso gonfiato di “sé”. Rifletteteci.

Volevo solo sottolineare a cosa dobbiamo fare attenzione; in realtà in questa sequenza iniziale di sviluppo di noi stessi, un sano senso di sé attraverso il lam rim, esercitando poi autocontrollo e forza di volontà, sarà senza dubbio basato su questo senso di "io" gonfiato che deve avere il controllo. È nello scopo intermedio che affronteremo quel particolare problema (il senso gonfiato di “me”); quindi all'inizio è del tutto naturale che ci avvicineremo in questo modo, è così che si inizia. Bisogna perfezionare il modo in cui esercitiamo l'autodisciplina.

Domande

Analisi delle tendenze karmiche

La storia della pasticceria: una volta che stiamo già passando vicino alla pasticceria e sentiamo il profumo, vediamo l'aspetto della torta. Questo è tutto; non possiamo fare nulla a quel punto, giusto? Quindi, quali sono le strategie su come possiamo affrontarlo? Scegliere una strada diversa, fare qualcos'altro ... Quale è il suo suggerimento?

Togme Sangpo nelle Trentasette pratiche del bodhisattva parla di quando un bodhisattva lascia la sua terra natale. È quando i desideri bramosi ci attirano in una direzione e la rabbia ci rende distruttivi – non ricordo la citazione esatta – ma il punto è che, quando una situazione è troppo forte e agisce come condizione o circostanza per l’insorgere di emozioni disturbanti, se non riusciamo a gestirla allora la evitiamo. Non risolve il problema ma almeno ci dà una pausa temporanea per poterci lavorare.

Quando abbiamo questo tipo di situazione, prendiamoci una pausa ed evitiamo quello che sta per innescare il comportamento compulsivo e le emozioni disturbanti, e poi cominciamo ad analizzare. Se ti chiedi come ci si possa lavorare, sto cercando di rispondere: ora prendiamo del tempo, proviamo ad analizzare e vedere cosa sta succedendo. Come ho già detto ieri, questa analisi di cause e condizioni è molto utile; quando sei in una situazione, vedi che è nata non solo da cause karmiche, ma anche da moltissime condizioni.

Dobbiamo vedere che ci sono molte condizioni che causeranno questa tendenza karmica a voler mangiare troppo, a comprare quella torta e questo tipo di cose; ci saranno molte condizioni per far maturare quella tendenza a voler mangiare la torta. Una di quelle condizioni certamente è lo stimolo esterno della torta che si trova proprio lì, qualcuno che ce la offre – che è ancora peggio. Se analizziamo vediamo che ci sono numerose cause e condizioni coinvolte nel voler mangiare: la pressione sociale – se a tutti viene servita una torta c’è la pressione sociale nell’avere una fetta di torta; potremmo seguire la nostra dieta – ma abbiamo fame; potrebbe esserci la situazione economica che ora le torte sono più disponibili di quanto non lo fossero in epoca sovietica. Possono esserci molte condizioni presenti oltre all’avere la tendenza karmica di mangiare troppo e l’intenso desiderio di gratificazione.

Analizzare in questo modo ci aiuta a superare uno di questi ostacoli, il senso gonfiato di "me" – del devo avere il controllo ma non ce l’ho, del mi sento in colpa e voglio scappare. Hai questa sensazione, ti prendi una pausa ma durante quel periodo di tempo ti senti male con te stesso: devi lavorarci su. Questa pausa non è una punizione; potremmo vederla come una punizione ma è un modo molto malsano di considerarla. “Non sono abbastanza brava da poter affrontare le pasticcerie, devo andarmene” denota una bassa autostima.

Dobbiamo lavorare un po’ per smontare questo senso gonfiato di "me", del non essere abbastanza bravo, del non avere autocontrollo. Lavoriamo su questo, vedendo che essere in grado di esercitare il controllo, avere la sensazione di mangiare e così via – tutto questo si basa su numerose cause e condizioni, il che non ci solleva completamente da ogni responsabilità, ma lo inserisce in una prospettiva più ampia.

Un esempio più facile: hai una relazione malsana con qualcuno, litighi costantemente con il tuo partner e abusate entrambi verbalmente e psicologicamente – non sei in grado di gestirlo. Quindi la migliore strategia qui è separarsi, lasciare l’altra persona. Questa è la stessa strategia della pasticceria. Devi rompere la sindrome lasciandolo ma se poi se rimani con "È stata tutta colpa mia" o "È stata tutta colpa tua" e ci rimugini, allora non ti riprenderai molto facilmente e probabilmente entrerai in schemi simili nella prossima relazione.

Non hai la torta disponibile, quindi non mangi compulsivamente torte ma qualcos'altro: non hai affrontato il problema. Quando ci allontaniamo da questa relazione malsana, allora di nuovo devi analizzare che “Mi sto comportando in questo modo per un ampio spettro di cause e condizioni. Anche l'altra persona agisce in questo modo per un ampio spettro di cause e condizioni dalla sua parte e il tutto sta avvenendo in un ambiente, in una società e in una situazione temporale ed economica che deriva anche da un milione di cause e condizioni”. Lo smonti; non è colpa specifica di nessuno, anche se siamo responsabili di come agiamo. Quindi, un sano senso di un "io" convenzionale, non un senso gonfiato, che "È tutta colpa mia" o "È tutta colpa tua".

Forse lasciando questa relazione malsana in realtà non risolviamo affatto il problema – non abbiamo risolto il problema con questa persona in particolare – e poi, ritirandoci da questa relazione, forse ci impegneremo nella prossima, che avrà un modello simile e in questo modo non avremo risolto la situazione.

Ecco perché stavo dicendo che quando prendiamo questa pausa, quando ci distacchiamo usando quel tempo per analizzare e cercare di capire la realtà di ciò che sta accadendo – che dipende da un numero enorme di cause e condizioni, non solo perché "Sei una persona terribile" o "Non sono buono" o "Avevo sempre ragione" – qualunque sia il tipo di esagerazione che proiettiamo su noi stessi e sull'altra persona. Così semplicemente non scappi sempre in altre relazioni bensì usi quello spazio per analizzare, per cercare di capire, per lavorare su te stessa.

Potremmo lavorare su noi stessi e quindi decidere se vogliamo tornare in quella relazione o no. Ci sono alcune relazioni che potresti lasciare senza che ci siano legami; ma altre, come con i tuoi genitori o con i tuoi figli, non puoi semplicemente abbandonarle per sempre. Potresti, ma non è molto carino, quindi dipende. Ma se dobbiamo tornare indietro e impegnarci nuovamente con la persona, solo perché abbiamo lavorato su noi stessi non significa che lei abbia lavorato su sé stessa. Quindi dovrai affrontare questo fatto.

Penso all'esempio di un mio amico che lavorava in un ufficio e l'ufficio era davvero caotico, le pressioni erano orribili e lui non poteva sopportarlo. Aveva molta ansia, attacchi di panico, ecc., quindi ha lasciato quel lavoro. Ora sta prendendo una pausa e può lavorare su sé stesso; ma se torna indietro non deve tornare allo stesso lavoro, non c'è alcun obbligo di tornare indietro. Ma non dovrebbe aspettarsi che se andrà in un altro ufficio e troverà un altro lavoro allora tutto sarà meraviglioso. Non è così: ci saranno pressioni diverse. Bisogna essere realistici, come ha detto Shantideva, quando si ha a che fare con gli altri tutti sono infantili e bisogna essere in grado di affrontarli con grande pazienza.

Pertanto lavoriamo per sviluppare tutte le qualità necessarie per la pazienza e la perseveranza, la comprensione degli altri, ecc. Il mondo è pieno di persone infantili, questa è una causa per lo sviluppo della compassione, tuttavia per svilupparla dobbiamo avere un forte senso di "io": "ho fiducia in me stessa e la forza per essere in grado di aiutare realmente gli altri ad affrontare la loro sofferenza"; è necessaria una base di un sano senso di "me", non di un tipo gonfiato di complesso come "Vado a salvare il mondo".

Sorgere di tendenze e fattori mentali

Da dove vengono i pensieri? Perché ad esempio nel caso di questo famoso esempio della pasticceria si può pensare che "posso comprare questa torta per soddisfare il mio desiderio"; un altro pensiero potrebbe essere "posso comprare la torta per fare qualcun altro felice”. Il terzo pensiero, non correlato, che “Il cielo è blu”. Quindi da dove vengono i pensieri e che processi di pensiero cominceranno? Come si determina questo?

Ora entriamo in un'analisi più complessa della causalità. Nel Buddhismo parliamo di ciò che mi piace tradurre con "tendenze", letteralmente la parola è "semi", ma non dovremmo pensare in termini di semi fisici piantati nella nostra mente, che è un'analogia semplicistica affinché gli agricoltori possano capire. Da tempo senza inizio abbiamo formato così tante diverse tendenze karmiche per via del nostro comportamento, che si ripetono nel voler ripetere un certo tipo di comportamento, letteralmente il desiderio di ripeterlo. Maturano anche nel sentirsi felici o infelici e sperimentando altre persone che agiscono in modo simile nei nostri confronti.

Se hai intenzione di acquistare la torta, prima verrà l'idea di voler comprare la torta, quindi il desiderio di andare effettivamente nel negozio e comprarla. C'è una sequenza e il pensiero verrà prima di tutto – l'impulso mentale della compulsione del pensiero a pensare di entrare nel negozio e comprarla. Tutti i nostri vari fattori mentali lavoreranno anche sul sistema delle tendenze: il fattore mentale della generosità o quello dell'avidità – il desiderio bramoso. Tutti questi non matureranno continuamente senza sosta; solo qualche volta.

Così ognuno di questi – la tendenza al sorgere del fattore mentale della generosità, dell'avidità, della divagazione mentale su cose insignificanti che deriva da chiacchiere insignificanti e così via – ognuna di queste avrà una forza diversa a seconda di quanto spesso l'abbiamo fatto e con quale intensità, ecc. Ci sono tredici variabili diverse che influenzano la forza di queste cose.

Ci sono molti fattori coinvolti e condizioni implicate sul motivo per cui c’è la maturazione in un dato momento di una particolare tendenza: deve esserci una condizione per questo, anche qualcosa di totalmente impersonale come il tempo: piove, ti vuoi riparare dalla pioggia e il luogo più vicino è la pasticceria, così ci entri. Questa è una condizione, poi vedi la torta e la vuoi davvero avere; altrimenti non l’avresti presa.

Ridevo perché pensavo alla mia situazione: ho una forte connessione karmica con i tibetani e adoro la loro cucina, in particolare i momo, degli gnocchi di carne. Mi trasferisco a Berlino nell'appartamento di un amico che non avevo nemmeno visto prima di trasferirmi. C'era l'opportunità di condividere temporaneamente questo appartamento con un amico ed è quello che ho deciso di fare. Sapete in che quartiere mi sono trasferito? In uno dove ci sono quattro ristoranti di cibo tibetano, momo compresi, a pochi passi da quell'appartamento. Come è successo? Non solo uno ma quattro, è scandaloso! Se questo non è un esempio di maturazione di una sorta di karma per cui continua l’esperienza di mangiare cibo tibetano! C'è anche un ristorante che serve tè tibetano, è scandaloso.

Quindi il mio punto è che se entro nel negozio e la generosità entra in gioco pensando di comprare la torta per qualcun altro o solo entra in azione la digressione mentale, tutto dipende dalla forza di ciascuna di queste tendenze per quel tipo di fattore o processo mentale più che da qualunque circostanza esterna che contribuisce. Qualunque cosa accada, dipende dalla combinazione di tutte queste cose, da ciò che è più forte e ciò che è più debole.

Intuizione

A volte le scelte sono determinate dall'intuizione; quindi cos'è l'intuizione nel Buddhismo?

L'intuizione è fondamentalmente come ti senti, sorge in qualche modo e con essa di solito c'è un certo livello di certezza a seconda di quanto ci fidiamo dell'intuizione. Ci sono varie cose che possiamo intuire; non è così facile da analizzare. Potremmo avere intuito come riparare qualcosa, qualcosa che non va nel computer e in qualche modo intuitivamente su quali pulsanti premere. Ma questo proviene dalla precedente esperienza con altri tipi di macchine e meccanismi, non è vero? Potremmo non sapere specificatamente come affrontare questo problema con il computer, ma intuitivamente lo capiamo a causa della conoscenza e dell'esperienza con altre cose simili.

Ci sono alcune azioni che fai deliberatamente in anticipo – questo è nella presentazione del karma – e altre che non sono deliberate. "Non deliberato" sarebbe "Non ho pensato cosa devo fare, faccio questo o quello?”. Lo fai e basta, lo fai intuitivamente. Non è stato deliberato, pensato ed elaborato consapevolmente in anticipo, ma ovviamente si basa sull'esperienza precedente.

Ma quando abbiamo la sensazione intuitiva che pioverà – intuizione sul futuro, sugli eventi futuri – ciò è un po' più difficile da analizzare. "Ho un'intuizione che mi chiamerai" e poi mi chiami – qualcosa del genere. Non so se l'hai mai provato. Io l 'ho provato, stavo pensando a qualcuno e poi ha chiamato. Ovviamente, non ci gonfiamo pensando di essere un personaggio di Star Wars e pensiamo: “Usa la Forza, Luke; ora così mi chiamerai!”.

Non so da dove provenga perché a volte è affidabile e a volte non lo è. Si basa su una sorta di inferenza o di collegamento telepatico? Non lo so; ma certamente non penso che sto facendo in modo che l'altra persona mi chiami, almeno non al nostro livello. Se hai concentrazione e poteri altamente sviluppati, hai la capacità di influenzare gli altri; ma certamente non siamo a quel livello.

A volte, quando comunichi intensamente con qualcuno, succede che ti chiami allo stesso tempo, anche senza un precedente accordo su questo. Sembra che alcune persone entrino in una modalità di funzionamento così sincronizzata che può accadere quasi naturalmente.

Se alleni due scimmie puoi far sì che facciano la stessa cosa contemporaneamente. È una specie di allenamento; se di solito comunichi molto, chatti e così via, è più probabile che a un certo punto comunichi simultaneamente, è statistica. Per usare un’espressione new age, "Abbiamo la stessa vibrazione" e questo tipo di cose che penso siano un po' sopravvalutate. Tuttavia accadono. Ci conosciamo così tanto che è probabile che avremo voglia di comunicare allo stesso tempo. Non è inusuale.

Sono un grande fan di ciò che uno dei miei insegnanti sottolinea sempre, "niente di speciale". Ci siamo chiamati nello stesso istante – niente di speciale. Non farla diventare una cosa speciale; “Ohh, che magia! Siamo fatti l'uno per l'altro”.

Sembra così naturale...

Sembra così naturale e quindi niente di speciale, basta fluire con esso. Il problema ovviamente è quando ce lo aspettiamo; se ti aspetti che accada sempre e poi non succede, allora diventa un problema. Quindi il "niente di speciale" è molto utile qui.

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