I cinque sistemi delle cinque famiglie di Buddha
Abbiamo visto che, se consideriamo le cinque famiglie di Buddha dalla dimensione di ciò che si svilupperà in tutti gli aspetti di un Buddha, ci sono cinque fattori: attività mentale, buone qualità, espressione verbale, espressione fisica e influenza - o corpo, parola, mente, qualità e attività - a seconda di come vogliamo chiamarle. Ovviamente, abbiamo tutti questi anche come Buddha. Ognuno di questi può essere diviso nelle cinque famiglie di Buddha: ci sono cinque diversi stili di attività mentale; cinque diversi stili di espressione verbale; cinque diversi stili di espressione fisica - riferendosi ai cinque elementi; cinque diversi tipi di attività - il modo in cui influenziamo gli altri; cinque diversi tipi di buone qualità. Questi possono essere classificati in queste famiglie di Buddha ed è qui che entra in gioco la variazione. Come definiamo queste cinque varianti di attività mentale? In quale famiglia le mettiamo? Di nuovo, ci sono diversi sistemi diversi.
Solo per vostra informazione, lasciatemi menzionare i cinque sistemi che conosco. Come ho detto, potrebbero essercene altri.
- C’è il sistema generale anuttarayoga tantra, la classe più elevata di tantra. Al suo interno, c’è la variante che troviamo nel sistema Ghelug e la variante che troviamo nei sistemi non-Ghelugpa ovvero Kagyu, Nyingma e Sakya. La differenza usuale è in termini di quella che viene chiamata consapevolezza simile a uno specchio e consapevolezza della realtà o dharmadhatu; queste sono invertite in questi due sistemi: dove uno ha lo specchio, l’altro ha la consapevolezza della realtà e viceversa, poiché sono definiti in modo leggermente diverso in accordo al loro approccio alla meditazione sulla vacuità.
- Poi, c’è il sistema che troviamo specificamente nella tradizione Karma Kagyu, che la maggior parte delle persone in Occidente conosce con il nome tibetano “namsce yesce” (rnam-shes ye-shes). Questo è un sistema in connessione con la meditazione mahamudra che parla di consapevolezza profonda, consapevolezza generale e consapevolezza specifica. È un altro sistema dall’approccio mahamudra karma kagyu. Sembra che ci siano due varianti all’interno di quel sistema, proprio come ci sono due varianti nell’anuttarayoga generale che riguardano esattamente lo stesso punto: un sistema ha la consapevolezza simile a uno specchio, l’altro ha la consapevolezza della realtà, e viceversa - questi due sono scambiati. Quali sono questi due sistemi? All’interno del Karma Kagyu uno è un sistema che troviamo, ad esempio, nei commentari del Grande Jamgon Kongtrul, e l’altro è quello che troviamo nell’interpretazione di Trungpa. Non ho idea di quale sia la sua fonte, da dove tragga la sua interpretazione o dove scambi le consapevolezze della realtà e simile a uno specchio, ma ha quella variazione. È ciò che troviamo nella consapevolezza dello spazio Maitri.
- Poi c’è il quinto sistema, il Kalachakra, che è ancora una volta diverso. Non mi sorprenderebbe se anche all’interno del sistema Kalachakra trovassimo i due diversi tipi di commenti che scambiano la consapevolezza simile a uno specchio e quella della realtà.
Le due varianti sono piuttosto interessanti. Se vuoi sapere da dove vengono, dal momento che la consapevolezza simile a uno specchio e quella della realtà sono intercambiabili, ha a che fare con un mandala e con la sua figura centrale: è Vairochana o Akshobhya? I primi tantra che furono tradotti in tibetano tendevano a enfatizzare Vairochana al centro, e quelli che vennero dopo tendevano a enfatizzare Akshobhya al centro. È da questo che proviene questa variante.
Comunque, questa è la situazione: non sto dicendo che un sistema sia migliore dell’altro, così come non possiamo dire che la medicina cinese sia migliore o peggiore di quella ayurvedica. Sono solo diversi e ognuno ha un intero sistema costruito attorno a sé. È importante almeno esserne consapevoli, così da non esserne confusi. Almeno vale per me - e spero che sia così per tutti - che, quando conosciamo la fonte del sistema, possiamo essere un po’ più rassicurati che non è che qualcuno ha inventato questo e qualcuno ha inventato quello arbitrariamente, ma che ognuno di questi cinque o sei sistemi, o quanti altri potrebbero essercene, in realtà proviene da una certa tradizione, punto di vista e ha un proprio sviluppo. Quindi c’è una tradizione e possiamo accettare che ce ne siano diverse.
Base, sentiero e modi risultanti per descrivere i cinque tipi di consapevolezza profonda
Cominciamo a lavorare con alcune delle cinque divisioni di questi cinque aspetti di base: corpo, parola, mente, qualità e attività. Ovviamente, non avremo tempo per esaminare tutto ma solo alcuni rappresentativi. Cominciamo con i cinque in termini di mente, attività mentale o modi diversi in cui siamo consapevoli delle cose. Consideriamo il modo in cui questi cinque sono definiti nel sistema generale dell’anuttarayoga tantra nella variante ghelug, quindi sappiamo con cosa stiamo lavorando. Questo è ciò che spiego nel mio libro Developing Balanced Sensitivity; l’esercizio che si trova lì è basato su questo particolare sistema di questi cinque tipi di ciò che è chiamata “consapevolezza profonda”.
Uno dei punti di questa presentazione è che, per comprendere davvero la natura di Buddha, dobbiamo essere in grado non solo di identificarla in noi stessi ma anche in un verme. Se possiamo comprendere che ce l’ha anche un verme allora è davvero natura di Buddha, giusto? È qualcosa che tutti hanno, non solo gli esseri umani. Ovviamente, se ce l’ha un verme non c’è motivo di provare scarsa autostima, perché ce l’abbiamo anche noi e probabilmente la nostra è un po’ più sviluppata di quella del verme. Ecco perché dico che è importante essere in grado di identificarla anche in un verme. Questa presentazione in particolare è abbastanza facile da riconoscere in un verme, per questo mi piace molto.
Possiamo sempre parlare di questi aspetti della natura di Buddha in termini di situazione di base che tutti hanno, incluso un verme: l’aspetto del sentiero è quello in cui vengono sviluppati come un sentiero spirituale verso l’illuminazione e, infine, il livello risultante riguarda ciò che ha un Buddha. Alcuni sistemi enfatizzano molto di più la presentazione della base, quindi possiamo identificarci con un verme. Altri sistemi parlano molto di più del livello del sentiero di quando vengono effettivamente sviluppati - sarebbe molto difficile identificarli in un verme, meglio nelle esperienze di un praticante. È così che viene descritto. Sebbene potremmo trovare il livello di base, non è proprio così che viene descritto. Viene presentato dal punto di vista del sentiero. Poi, altre presentazioni parlano delle famiglie di Buddha dal punto di vista del risultato e di iconografia dei mandala: i colori, le figure di Buddha e il loro aspetto. È difficile rapportarlo a un verme, non è vero? Ci sono molte presentazioni diverse a seconda del punto di vista da cui descriviamo le famiglie di Buddha: la base, il sentiero e il risultato.
Ciò che vorrei fare in questo corso non è solo presentare un assaggio dell’esperienza di ciò di cui stiamo parlando con queste famiglie di Buddha, ma anche fornirne la struttura per poter poi lavorare con altre presentazioni di esse che potremmo trovare nei libri, in ciò che altri maestri insegnano e così via. Altrimenti, questo è un argomento così sconcertante che è molto facile perdersi e confondersi.
Le attività mentali a volte sono chiamate “saggezza del Buddha”, sebbene non sia un modo particolarmente appropriato per descrivere ciò che ha un verme; ad esempio, è difficile dire che un verme abbia cinque tipi di saggezza. Ecco perché la chiamo semplicemente consapevolezza, ed è consapevolezza profonda perché è molto fondamentale. Chiamarla saggezza del Buddha significa descriverla dal punto di vista del risultato. Con il Buddha è saggezza ma, con un verme, è imbarazzante chiamarla così. Guardate come base, sentiero e risultato influenzano molto il modo in cui vengono descritti e il vocabolario utilizzato. Lasciatemi prima descrivere le cinque consapevolezze o attività mentali per poter poi lavorare con loro.
La consapevolezza simile a uno specchio (o a una macchina fotografica)
Innanzitutto, abbiamo la “consapevolezza simile a uno specchio”. Uno specchio è l’immagine che viene utilizzata e a cui dobbiamo pensare in termini di quando Buddha ha insegnato. Ora sarebbe più appropriato chiamarla “macchina fotografica” perché, con questa consapevolezza, semplicemente assorbiamo informazioni. La parola “specchio” è un po’ fuorviante perché riflette, anche se prende le informazioni e le riflette, qui non stiamo parlando dell’aspetto riflettente ma del semplice assorbire informazioni.
Non stiamo limitando la nostra discussione solo alla vista come l’acquisizione di informazioni visive come fa una macchina fotografica, ma anche al microfono che acquisisce informazioni sonore; possiamo estenderla a tutti i sensi, anche alla mente, in termini di acquisizione di tutte le informazioni su tutti i diversi aspetti della sensazione che proviamo, ad esempio. Ci sono l’olfatto, il gusto, la sensazione fisica e anche la facoltà mentale, perché possiamo acquisire tutte le informazioni, che potrebbero essere anche molto complesse, su come ci sentiamo al momento. C’è infelicità, c’è anche un po’di fastidio e di impazienza. Ci sono molti, molti aspetti diversi delle informazioni in termini di “come mi sento?”. “Simile a uno specchio” o “simile a una macchina fotografica” significa che questa profonda consapevolezza solo acquisisce le informazioni.
Percepire attraverso i cinque sensi e non attraverso la mente?
No, la mente è un’altra dimensione di questo, è solo l’informazione, la macchina fotografica, il semplice scattare una foto di ciò che emotivamente stiamo provando ora. Ci sono molti pezzi diversi di informazione che si verificano tutti in un momento.
Ma la sensazione si manifesta nella mente?
Sì. Non stiamo parlando solo di sensazioni o sentimenti fisici: freddo, caldo e dolore, questo tipo di cose. Quelle, ovviamente, le ha anche un verme. Un verme vede, sente, percepisce, ecc. Stiamo anche parlando di assorbire le informazioni nelle nostre sensazioni di felicità e infelicità e nelle nostre emozioni. Si tratta semplicemente di assorbire informazioni. Potremmo non prestare attenzione a tutto, ma arrivano comunque.
Ad esempio, ci siamo guardati l’un l’altro in questo cerchio. Abbiamo visto che vestiti indossa ogni persona e potremmo non essere in grado di ricordarlo, ma quell’informazione è arrivata. Questo è un fattore di attenzione: quanta attenzione prestiamo a quell’informazione che la telecamera ha catturato. Tutti questi fattori mentali sono lì. Comunque, l’informazione è la consapevolezza simile a uno specchio o a una telecamera.
Le consapevolezze equalizzanti, individualizzanti e realizzanti
Poi c’è la consapevolezza equalizzante. Equalizzare significa semplicemente considerare diverse cose contemporaneamente, metterle insieme. Guardare, diciamo, queste tre persone di fronte a me, metterle insieme in modo equo, considerarle insieme. Anche un verme fa lo stesso. Poi c’è la consapevolezza individualizzante. Con l’equalizzare possiamo ovviamente mettere insieme solo poche o molte cose. L’individualizzazione è semplicemente concentrarsi su una cosa e sulla sua individualità. Poi c’è la consapevolezza realizzante del relazionarsi a un oggetto in qualche modo: di fare qualcosa con esso o verso di esso - di relazionarvisi.
La consapevolezza del dharmadhatu
C’è quella che in sanscrito viene chiamata “consapevolezza del dharmadhatu”. Dharmadhatu significa sfera della realtà e, in breve, la chiamo “consapevolezza della realtà”. Ha due aspetti: la consapevolezza della realtà convenzionale delle cose, che tutti abbiamo, e poi la consapevolezza della realtà più profonda delle cose, che è un po’ più difficile. Di solito, la prima accompagna le altre quattro.
Questa consapevolezza della realtà si riferisce a ciò che qualcosa è. Noi assorbiamo informazioni come la telecamera, e questo va di pari passo con ciò che è. Questo è un tavolo, questo è un pavimento, questo è cibo, questa è una roccia. Il verme potrebbe non avere la parola “roccia” o “cibo”, ma ha il concetto di roccia o cibo. I concetti non devono essere verbali; il verme sa cosa sono. Quindi, assorbiamo le informazioni e sappiamo cosa sono.
Inoltre, equalizzare significa considerare diverse cose contemporaneamente, che possono o meno essere presenti al momento e metterle insieme. Come si incastrano? Questo è del cibo, un verme vede una forma colorata e la mette insieme ad altre forme colorate che ha visto prima, sa che è cibo e le raggruppa in categorie; vede gli schemi. L’equalizzazione mette semplicemente le cose insieme in una categoria e la realtà convenzionale (la consapevolezza della realtà) è la categoria di cui si tratta. È tutto cibo.
Queste tre forme colorate che vedo dall’altra parte della stanza sono tre donne. Le sto mettendo insieme, in quale categoria rientrano? La consapevolezza della realtà comprende che sono tutte donne allo stesso modo, è il modo in cui elaboriamo le informazioni. Non ci limitiamo ad assorbirle, ma le elaboriamo inserendole in categorie: in universali, in un certo senso, e vediamo gli schemi. Tutti ce l’hanno, è una questione di quanto lo estendiamo per vedere che tutti allo stesso modo desiderano essere felici e non soffrire, in modo da poter avere ugualmente compassione per tutti. Ovviamente, questo può essere sviluppato, ma quella capacità di base di mettere insieme le cose, considerare diverse cose insieme e poi vedere cosa hanno in comune, è la consapevolezza della realtà che tutti abbiamo, anche un verme. Altrimenti, come potrebbe mangiare se non fosse in grado di riconoscere il cibo?
Quindi, la consapevolezza individualizzante specifica solo una cosa individuale, e la consapevolezza della realtà convenzionale quali sono le caratteristiche speciali di questa cosa. Posso mettere insieme queste tre persone, con l’equalizzazione, nella categoria degli uomini, ma posso anche conoscere la loro individualità, questo è Hans-Harald, questo è Matthias, questo è Kes, ecc. Conosciamo l’individualità, non solo che si uniscono ma anche la loro identità individuale. L’individualizzazione vede l’individuo e poi la consapevolezza della realtà si chiede “Che cos’è? Quale di queste è in questa categoria?”.
La consapevolezza del dharmadhatu non si riferisce forse alla consapevolezza onnicomprensiva?
Dipende da come lo traduciamo, come consapevolezza onnicomprensiva o consapevolezza della realtà. Dipende anche da come la definiamo e secondo quale sistema. Nel sistema che sto usando la definiremmo e la tradurremmo come consapevolezza della realtà. Ha più senso. Onnicomprensiva è in un altro sistema. Come ho detto, questi diversi tipi di consapevolezza possono essere definiti in modo diverso in ciascun sistema, ove possiamo identificare le cinque dentro di noi come sono definite lì. Tuttavia, è importante lavorare solo con un sistema alla volta altrimenti saremo completamente confusi.
La consapevolezza che realizza è quella del relazionarsi. C’è la consapevolezza di base di relazionarsi a qualcosa, e la consapevolezza della realtà convenzionale è come relazionarsi. Come ci relazioniamo a questo particolare individuo? Parlerei in un certo modo a un adulto, in un altro a un bambino e in un altro ancora a un cane. Si basa sull’individualità e, sebbene ci sia la consapevolezza di relazionarsi, attraverso quella della realtà convenzionale sappiamo come e in che modo farlo.
Ovviamente, un Buddha ha completamente sviluppato questo e quindi è in grado di conoscere l’individualità di ogni singolo essere senziente e il modo migliore per insegnare e guidarlo. Questa è la consapevolezza del relazionarsi, come condurre quell’essere all’illuminazione. Il verme assorbe le informazioni di questa forma colorata, sa che è cibo, lo mette in quella categoria, si concentra su questo singolo pezzo di cibo, sa che è lì e cosa farne; sa come mangiarlo e come relazionarsi con questa cosa. Il modo per relazionarsi con essa è mangiarla, anziché combatterla, farci l’amore o qualsiasi altra cosa. Un verme ha tutte queste cose.
La consapevolezza della realtà più profonda è che le cose non esistono in modo permanente, solidamente in questa o quella categoria: è più aperta e ciò consente alla nostra flessibilità di essere in grado di gestire le situazioni in modi diversi mentre si sviluppano. “Mi relaziono a questa persona in questo modo, ed è l’unico modo, permanente”. Bene, se siamo così con nostro figlio e continuiamo a comportarci in quel modo quando sarà cresciuto, siamo nei guai. Ovviamente, questa consapevolezza della realtà più profonda ci consente di essere flessibili e di relazionarci in modi diversi mentre il bambino si sviluppa, o in una relazione personale con qualcuno, di relazionarci in modi diversi in base alle circostanze, perché vediamo che è aperta, che non esistono in un solo modo. Questa è la consapevolezza della realtà più profonda, tiene conto della flessibilità. In una relazione o anche in una conversazione, quando l’umore cambia dobbiamo essere flessibili, per esempio cambiare il tono della voce o il modo in cui stiamo facendo le cose. È questa consapevolezza (consapevolezza della realtà più profonda) che ci consente di essere flessibili. Se c’è un problema con questo abbiamo molte difficoltà a relazionarci con gli altri, non è vero?
Questi sono cinque tipi di consapevolezza di base. Li abbiamo tutti, ed è così che funziona la nostra attività mentale. Se possiamo riconoscerli, allora possiamo lavorarci. Possiamo vedere che possono essere adattati ed evoluti. È molto importante qui.
Dualismo
Qualcuno ha sollevato una questione sul dualismo quando lavoriamo con questi fattori in evoluzione, cercando di farli crescere e così via. È importante cercare di non farlo dal punto di vista di un “io” separato da questi cinque tipi di consapevolezza o da altro. Non è come se fosse un osservatore che guarda cosa sta succedendo, e poi un controllore che regola le manopole e i pulsanti sull’apparato. Non è così. Se lo sperimentiamo in questo modo, c’è molta autoalienazione e grandi problemi.
In alcuni sistemi buddhisti questo è chiamato dualismo, dualità, sensazione di dualità. Ciò richiede di lavorare con la comprensione che l’attività mentale si verifica in ogni momento senza che ci sia un “io” separato che la faccia accadere. Si verifica e basta. Sebbene possiamo dire “io”, “mia attività mentale” e così via, questo è solo un modo di riferirci ad essa. Anche se possa sembrare che ci sia un solido “io” separato, non esiste proprio così. Lavorare davvero con queste cinque famiglie di Buddha significa farlo nel contesto di questa comprensione buddhista di come esiste il sé; altrimenti, può essere una pratica molto artificiale e alienata di questo “io” controllore. “Ora devo fare questo a me stesso”. È come se ci fosse un “io” che è il controllore e un “me stesso” che è la vittima o il paziente che stiamo controllando. È molto nevrotico perché una parte di noi è il giudice e l’altra il criminale. C’è senso di colpa e paranoia che lo rende molto nevrotico. È molto importante ricordarlo quando si lavora con tutti questi sistemi.
Ovviamente, ci vuole un bel po’ di allenamento e comprensione per essere in grado di lavorare con questo - è solo attività mentale - e per essere in grado di fare aggiustamenti senza che ci sia il punto di vista di un “io” separato che li fa gli. È abbastanza delicato e difficile da fare. Non dovremmo illuderci che sia facile. Tuttavia, se siamo sensibili a questo pericolo allora possiamo stare attenti. Quando iniziamo a fare il viaggio del giudice, con paranoia, sensi di colpa e tutto il resto, possiamo dire “Ehi, questo non è davvero ciò che sta succedendo ma si basa sulla confusione”. Almeno essere consapevoli di quel pericolo è utile, anche se non siamo ancora in grado di raggiungere lo stato in cui non si presenta.
Non è che siamo stupidi, anche se può sembrare così. Sembra naturalmente che ci sia un “io” separato ed è ciò che rende così terribile ciò che nel Buddhismo chiamiamo “samsara”. Sembra naturalmente che ci sia un solido “io” separato, perché c’è questa voce nella nostra testa che dice “Oh mio dio, cosa dovrei fare adesso? Oh, lo farò. Cambierò l’espressione del viso”. La voce continua nella nostra testa dandoci la sensazione che ci sia un “io” separato da qualche parte chissà dove, forse seduto nella parte posteriore della nostra testa, separato dall’intera cosa e che osserva e controlla. Questa è solo una visione di un cartone animato di Walt Disney. Non è la realtà.
Allenamento della sensibilità
Abbiamo parlato di uno dei sistemi delle cinque famiglie di Buddha in termini di attività mentale o mente. In questo sistema dei cinque tipi di consapevolezza profonda, abbiamo visto che quella simile a uno specchio assorbe informazioni come una macchina fotografica. Quindi, l’equalizzazione consiste nel mettere insieme diverse cose in modo da elaborare tali informazioni, vederne gli schemi o le categorie. Poi c’è la visione dell’individualità della situazione o della persona, la relazione e l’essere consapevoli della realtà convenzionale di ciò che le cose sono e della flessibilità che le cose possono essere convenzionalmente così ora, ma sono anche aperte al cambiamento.
Nell’addestramento della sensibilità abbiamo alcuni esercizi per riconoscere e coltivare queste cinque. Prima di addentrarci nell’esercizio, lasciatemi dare un’idea di come si applica alla nostra vita quotidiana. Ad esempio, torniamo a casa e vediamo il nostro partner. Per prima cosa, dobbiamo assorbire le informazioni sul suo aspetto, la sua espressione: è triste o sembra molto stanco? Spesso lo ignoriamo e basta. Dobbiamo assorbire le informazioni quando parla: il tono della voce, l’emozione che c’è dietro. Assorbiamo tutte le informazioni: è la consapevolezza simile a uno specchio o a una videocamera. Quindi, dobbiamo elaborarle, vediamo come si adattano ai modelli del comportamento precedente di questa persona. Potremmo pensare che forse sono arrabbiati con noi o altro; dobbiamo vedere come ciò che vediamo e sentiamo si adatta al modello del comportamento dell’altro. Questo è equalizzare, metterlo insieme ad altre cose che sappiamo su di lui. Vediamo in quale modello si adatta, ma non è solo “Oh, è di nuovo arrabbiato”. Dobbiamo rispettare l’individualità di questa particolare situazione e vedere cosa la rende individuale. Non è solo un altro momento.
Ricordate, tutti questi tipi di consapevolezza si uniranno qui con quella della realtà di cosa è, quali sono le informazioni, qual è il modello e qual è l’individualità della situazione. Quindi, mettiamo insieme la consapevolezza del relazionarci con la persona con come farlo, che è cosa fare effettivamente in risposta a questa situazione quando comprendiamo le informazioni, il modello e l’individualità. Non è solo la consapevolezza del relazionarsi ma con quella della realtà convenzionale di come relazionarsi, cosa fare. Quindi, c’è la consapevolezza della realtà più profonda che comprende che, sebbene possano essere così ora, non sono bloccati in questa particolare situazione come se fossero nel cemento. Questo ci consente l’apertura per essere flessibili, accettare nuove informazioni, mentre la nostra interazione e conversazione procede, e come le inseriamo in altre categorie, rispondiamo e siamo flessibili nella nostra interazione durante il periodo di tempo in cui siamo con la persona. Questo è molto importante.
Ad esempio, un mio amico cerca di spiegarmi certe cose o di convincermi di un certo punto di vista, di darmi consigli sul mio lavoro. Lui spiega, io capisco e sono d’accordo, ma poi continua per i successivi dieci o quindici minuti, continuando a cercare di convincermi di una decisione che ho già detto “Sì, sono d’accordo”. Eppure, continua e continua, ripetendo. Questa è una mancanza di flessibilità. È come rimanere davvero bloccati a un certo punto dell’interazione. È molto noioso.
Questi cinque sono elementi o fattori molto cruciali con cui lavoriamo per sviluppare una sensibilità equilibrata e corretta verso gli altri. Un Buddha li ha pienamente sviluppati al massimo grado. Se notiamo nella nostra interazione che siamo carenti in una o più di queste aree, allora non abbiamo davvero recepito l’informazione. Se entriamo e iniziamo subito a parlare con l’altra persona, allora non ci siamo presi il tempo di recepire l’informazione che potrebbe essere impegnata. Molto spesso, entriamo e iniziamo a scaricare tutto il nostro viaggio su qualcuno, e non prestiamo nemmeno attenzione al fatto che è impegnato o arrabbiato. Dobbiamo sapere quale area di queste cinque dobbiamo cercare di migliorare. Il punto è che sono sempre lì anche se potrebbero non funzionare molto pienamente. Anche un verme le ha.
Facciamo un esercizio. Nell’allenamento alla sensibilità, facciamo esercizi con molti passaggi, ma qui ne faremo solo uno riguardante questi cinque tipi di consapevolezza profonda. Sediamoci in cerchio guardandoci l’un l’altra. Cercheremo di riconoscere questi cinque tipi di consapevolezza profonda, uno alla volta, mentre ci guardiamo. Potremmo conoscere o meno alcune persone, non è un problema. Per prima cosa, assorbi semplicemente le informazioni, sii la telecamera. Nell’allenamento alla sensibilità, facciamo sempre esercizi sulla base delle due “gambe” presenti in tutti gli esercizi. Una è la mente tranquilla, non fare commenti su ciò che osserviamo, pensare a qualcos’altro, raccontare storielle, preoccuparsi, storie mentali o film. Dobbiamo calmare la mente.
L’altro è l’atteggiamento premuroso che consiste nel prendere l’altra persona sul serio: sei un essere umano e hai dei sentimenti proprio come me. Il modo in cui interagisco con te, il modo in cui parlo e il modo in cui agisco influenzeranno i tuoi sentimenti e il tuo umore, proprio come il modo in cui interagisci con me influenzerà i miei; in questo modo, prendiamo sul serio l’altra persona, il nostro comportamento e le nostre azioni. Questo è l’atteggiamento premuroso perché, quando ci guardiamo intorno al cerchio, non è che stiamo solo guardando le persone in televisione, ma persone reali con sentimenti proprio come noi. Questo è importante altrimenti diventa molto freddo. Anche se non abbiamo tempo per fare un grande allenamento in questo, almeno sii consapevole di questo. Cerchiamo di non essere come un osservatore distante che guarda gli animali allo zoo.
Esercizio: la consapevolezza simile a una videocamera
Per prima cosa ci calmiamo, concentrandoci sul respiro così da poter rivolgere la nostra energia all’esercizio che stiamo facendo, che sia meditazione o qualsiasi altra cosa. Guarderemo ogni persona nel cerchio. Se c’è contatto visivo a volte le persone sembrano bloccarsi e rimanere un po’ ipnotizzate da quel contatto e forse iniziano a sentirsi un po’ imbarazzate. Se capita che ci sia contatto visivo continuate e basta. Il contatto visivo non è il punto qui. Qui vogliamo solo essere la telecamera, assorbire le informazioni su ogni persona.
Ora, la consapevolezza della realtà di solito entra in gioco qui. So che una persona è stanca, o sembra stressata, o questo o quello, ma non abbiamo bisogno di verbalizzarlo. Quando incontriamo qualcuno dobbiamo essere in grado di assorbire tutte le informazioni e sapere quali sono, ma non le categorizziamo tutte in termini di come è vestita, come si comporta, come appare, l’espressione del suo viso, tutti questi tipi di cose. Dobbiamo essere in grado di assorbire semplicemente le informazioni e cosa sono, senza essere come un annunciatore radiofonico, che annuncia tutto. Questo è ciò che intendiamo per mente tranquilla.
Facciamolo in termini di videocamera. Vai alla tua velocità intorno al cerchio, non sentirti costretto a guardare tutti. Non andare troppo lentamente in modo da guardare solo una persona ogni cinque minuti, o troppo velocemente. Quando siamo davvero molto sviluppati, allora possiamo farlo molto rapidamente. Il mio insegnante Serkong Rinpoce, ad esempio, a un grande insegnamento con Sua Santità il Dalai Lama, gli sedeva accanto e guardava sempre in basso, ma ogni tanto alzava lo sguardo verso il pubblico solo per pochi secondi per poi tornare a guardare in basso. Più tardi mi disse “Questo dormiva, quello non era attento, questo stava facendo questo e quello stava facendo quello”, era in grado di vedere tutto in pochi secondi in quel modo. Il modo in cui guardiamo normalmente è come un bambino allo zoo “Ooh!”. Dobbiamo fissare qualcosa con la bocca aperta e guardarlo per molto tempo prima di riuscire effettivamente a capire cosa vediamo. Questo può essere accelerato e sviluppato. Ancora una volta, calmatevi un attimo e.. registrate!
[Esercizio]
Esercizio: la consapevolezza che eguaglia
Ora guardiamo due o tre persone insieme. Dalla nostra distanza qui possiamo farlo abbastanza facilmente. Cerchiamo di vederle insieme, in modo equo: tutte e tre sono esseri umani e hanno sentimenti proprio come noi, vogliono essere apprezzate e non antipatiche, proprio come noi. Sono tutti uguali in questo senso. Mettili insieme senza doverlo verbalizzare. Silenzio per un momento. Quindi, guarda i gruppi come persone uguali, con rispetto.
[Esercizio]
Poi abbassiamo lo sguardo, lasciamo che l’esperienza si assesti e concentriamoci sul respiro.
Esercizio: la consapevolezza che individua
Le persone che stiamo vedendo non sono solo un gregge di pecore, in cui non possiamo distinguerle; sono tutte pecore, ma ognuna è un individuo. La parte successiva dell’esercizio consiste nel guardare ogni persona come un individuo con la sua storia, personalità, circostanze e così via, anche se non è necessario conoscerne il nome. Comporta rispetto per la persona come individuo perché, se dobbiamo relazionarci a lei, non è utile avere un modo standard per trattare ogni pecora. Dovremmo relazionarci in termini di individualità della persona, su misura per quella che è la sua situazione. Calmiamoci prima e poi guardiamo nel cerchio ogni persona come un individuo, usando la consapevolezza individualizzante.
[Esercizio]
Esercizio: la consapevolezza che realizza
La successiva è la consapevolezza che realizza, la consapevolezza del relazionarsi. Qui osserviamo ogni persona con la consapevolezza di relazionarsi ad essa in termini di informazioni, schemi, qualità, che vogliono piacere. Questo è un individuo e questa è la consapevolezza del relazionarsi in un modo appropriato, che conosciamo grazie all’altro tipo di consapevolezza. Questa è piuttosto sottile. Potremmo non sapere quale è un modo appropriato di relazionarci alla persona se non la conosciamo molto bene ma, solo sulla base delle informazioni che possiamo raccogliere, ci relazioneremo al meglio.
Diciamo che lavoriamo in un negozio. un cliente viene da noi e possiamo vedere che questa persona è stanca, ha fretta, è amichevole e così via. Ci relazioneremo in modo appropriato in base a questo. È ovvio che siamo in grado di farlo. Se il cliente è un adulto, un bambino piccolo o una persona molto anziana, ovviamente, adattiamo il modo in cui ci relazioniamo. Non parliamo al bambino di otto anni come parliamo a un adulto.
Qui, quando guardiamo intorno al cerchio, cerchiamo di avere la consapevolezza, l’intenzione o il desiderio di relazionarci con questa persona in modo appropriato. Ciò che sperimentiamo qui è come se la nostra energia si dirigesse verso la persona per incontrarla realmente, non solo per incontrare un’altra pecora ma questa persona come individuo. Questa è la consapevolezza da avere qui. Potremmo non sapere esattamente quale sarà quell’interazione, ma è molto importante fare quel passo: mettere energia ed essere aperti a incontrare e interagire. Questa è questa consapevolezza relazionale; sulla base di quanto sappiamo degli altri tipi di consapevolezza abbiamo un’idea di come relazionarci. Di nuovo, iniziamo calmandoci e concentrandoci sul respiro. Quindi, guardiamo intorno al cerchio con la consapevolezza: relazionatevi!
[Esercizio]
Esercizio: la consapevolezza della realtà
Infine, abbiamo la consapevolezza della realtà, che consiste nel vedere che la situazione con l’altra persona è aperta al cambiamento così come il nostro modo di affrontarla. In altre parole, flessibilità e apertura. Siamo aperti a qualsiasi cosa si sviluppi nell’interazione. Risponderemo di conseguenza con apertura e flessibilità.
Si noti che in tutti e cinque è fondamentale un atteggiamento di accettazione dell’altra persona così com’è, in modo non giudicante, accettandone l’individualità. Non siamo giudicanti e accettiamo come si svolgerà l’interazione. Questo non significa essere passivi e non fare nulla, ma solo non giudicanti. “Aperto” significa che non abbiamo idee fisse sull’altra persona e su noi stessi. Guardatevi intorno al cerchio con questo tipo di consapevolezza, questo tipo di attività mentale, per essere aperti.
Ci calmiamo e guardiamo gli altri con questa consapevolezza di apertura, consapevolezza della realtà. Sono aperti, noi siamo aperti al cambiamento, all’essere flessibili nell’interazione.
[Esercizio]
Discussione
C’è qualcosa che vorreste riferire al gruppo in merito a ciò che avete imparato e osservato o eventuali domande?
All’inizio ho avuto un po’ di esitazione sull’efficacia di questi esercizi. Nel secondo o terzo ho scoperto che all’improvviso diventa reale. È come se stessi mettendo dei mattoni uno sopra l’altro e poi all’improvviso sembra reale. C’è una differenza tra ascoltarlo e sentirlo.
Con qualsiasi esercizio ci vuole tempo la prima volta. Ovviamente, abbiamo qualche esitazione e dubbio. Ci vuole un po’, è naturale.
Il relazionarsi con le persone a volte ha funzionato molto bene e a volte per niente. Ho sentito stress e malessere quando non funzionava bene.
In realtà è un buon segno perché ci indica un’area su cui dobbiamo lavorare. Con certi tipi di persone, scopriamo che la nostra energia esce più facilmente nel relazionarci a loro e con altri potremmo avere dei blocchi. Ci mostra che queste sono le aree su cui dobbiamo lavorare. Tuttavia, poiché siamo in grado di relazionarci con alcune persone, la nostra energia esce, ciò riafferma che abbiamo la possibilità di relazionarci con tutti, perché il meccanismo di base è lì. Questo è il punto dell’essere un fattore della natura di Buddha.
Quindi, applichiamo i cinque tipi di consapevolezza a questo particolare blocco emotivo. Raccogliendo le informazioni, cerchiamo di vedere lo schema. Qual è? Ad esempio, possiamo relazionarci più facilmente con le donne ma non con gli uomini, o con le persone anziane e non con quelle più giovani, o con le persone che troviamo carine rispetto a quelle che non troviamo attraenti. Cerchiamo di vedere qual è lo schema e di metterlo insieme. Ogni situazione specifica in cui ci troviamo è un caso individuale, non dovremmo rinchiuderci in questo schema. Vogliamo relazionarci a questo problema, affrontarlo. Come possiamo superarlo? È molto importante. Vogliamo relazionarci a questo problema, fare qualcosa al riguardo. Per renderci conto di questo durante il processo dell’affrontarlo, dobbiamo essere aperti a poter cambiare o superare questo blocco. È la consapevolezza dell’apertura.
Quando siamo consapevoli di avere questi cinque tipi di consapevolezza, questi fattori della natura di Buddha, abbiamo grande fiducia di avere un meccanismo per essere in grado di affrontare qualsiasi problema o blocco. Ovviamente, abbiamo bisogno anche di altri fattori, come la compassione per noi stessi e questo genere di cose. Si incastrano tutti insieme. Questo è il punto importante: abbiamo già tutti gli strumenti dentro di noi. È solo una questione di riconoscerli e sapere come svilupparli e applicarli. Non sapevamo nemmeno di averli o di poterli applicare. Ma come abbiamo visto, anche un verme li ha.
Ci sono certe persone con cui non vuoi avere a che fare perché semplicemente le disprezzi, non ti piacciono. Per esempio, c’è una donna che fa le pulizie nel mio ufficio e non mi piace incontrarla perché è molto loquace. Quindi, evito di incontrarla. Ogni volta che vado in ufficio lei donna è lì, anche se non dovrebbe esserci. Mi chiedo se ci sia uno scopo per cui la vedo, ovvero che dovrei imparare qualcosa dalla situazione.
Come abbiamo visto nella rinascita dal punto di vista buddhista, non è come se ci fosse un’autorità superiore esterna che ci impartisce lezioni da imparare, mettendo questa donna lì per sfidarci. Questo è un modo molto paranoico di vedere la nostra vita. Tuttavia, è importante riconoscere che ti stai relazionando con questa donna e lo fai evitandola.
È un modo soddisfacente di relazionarsi? Qual è l’effetto dell’esercizio svolto oggi? Che influenza ha sull’altra persona? Non influenza lei, ma che influenza ha su di me? Mi rende molto teso. È così che voglio continuare a vivere questa donna perché, ovviamente, se non abbiamo il potere di licenziarla, allora dobbiamo avere a che fare con lei. Potremmo non essere così sviluppati da diventare i suoi migliori amici, ma possiamo certamente essere abbastanza creativi e flessibili da relazionarci in un modo diverso, almeno da non essere turbati da lei. Dobbiamo accettare senza giudizio che questa donna è molto loquace. È così.
Un modo di relazionarsi con le persone è stabilire dei confini, dei limiti, senza sentirsi tesi, arrabbiati o in colpa. È importante non solo con la donna delle pulizie, ma con tante altre persone nella nostra vita. Questo può essere molto utile per l’altro, lo è sicuramente per noi. Stabilisci limiti e confini, ma rimani flessibile in base alla situazione; dobbiamo essere in grado di dire in modo rilassato “Mi scusi, devo tornare al mio lavoro” senza sentirci tesi, senza respingerla. Invece di dire qualcosa come “Stai zitta e lasciami in pace!”, dì molto semplicemente “Mi scusi, devo tornare al mio lavoro”.
Differenze tra i sistemi Ghelugpa e non Ghelugpa
Questo è un sistema di questi cinque tipi di consapevolezza profonda che troviamo nell’anuttarayoga tantra (la classe più elevata di tantra) come spiegato nel sistema Ghelug. Ora, possiamo rapidamente guardare il modo in cui è qui spiegato dal punto di vista dei sistemi non Ghelugpa, solo per evidenziare le differenze. Non faremo un grande esercizio su di esso, ma vogliamo solo avere un’idea di quale sia la variazione.
- Nel sistema non-Ghelug, al posto di questo primo tipo di consapevolezza – quella della macchina fotografica o dello specchio - qui abbiamo la consapevolezza della realtà. La consapevolezza della realtà coinvolge molto di ciò che avevamo prima, ma nel sistema Ghelug è chiamata consapevolezza simile a uno specchio. Nel sistema non-Ghelug assorbiamo le informazioni così come la consapevolezza della realtà convenzionale che avevamo prima. Assorbiamo le informazioni, è questo e non quello: per esempio, questo è un uomo, non una donna; questa è una persona anziana, non giovane, ecc.
- Allo stesso modo, come prima, abbiamo la consapevolezza equalizzante: il modello, il mettere insieme, i tipi individualizzanti e relazionali; è la stessa cosa.
- Infine, abbiamo la consapevolezza simile allo specchio, che consiste nell’aprirsi ed essere come lo specchio per accogliere tutto nel contesto più ampio di ogni cosa. Il contesto di un’intera relazione con una persona, di tutta la nostra vita, di tutto ciò che riguarda la sua vita e di ciò che sta facendo. Potremmo non conoscere tutti i dettagli, ma non importa. Il punto è essere aperti a questa persona in questo contesto più ampio. Quando parliamo di apertura qui, è questa enorme espansione di vedere qualcosa nell’intero contesto. Non è facile da identificare in un verme, poiché è qualcosa su cui lavoriamo sul sentiero.
Questo è un altro tipo di presentazione che può essere molto utile. Nelle relazioni ciò che è un po’ diverso è questo diverso tipo di apertura, questo intero contesto. È molto importante vedere la nostra relazione con qualcuno nel contesto di tutta la nostra vita e di tutte le altre relazioni che abbiamo; altrimenti, la enfatizziamo troppo o la sottovalutiamo non adattandola a un equilibrio con ciò che sta accadendo. Si può applicare questa visione aperta ed espansiva in termini della relazione con questa persona, vedendola nel contesto delle nostre relazioni con tutti gli altri nella nostra vita.
È molto interessante vedere che, quando vogliamo essere amati da qualcuno, non ci importa che altre persone ci amino: vogliamo solo che questa persona ci ami. Gli altri non contano davvero. Inoltre, quando litighiamo con qualcuno con cui abbiamo una relazione, è molto importante riuscire ad essere aperti per vedere quell’incidente nel contesto dell’intera relazione, invece di farla saltare in aria e poi identificare l’intera relazione con questo piccolo incidente. Guarda l’intero quadro e questo è solo un incidente, niente di più e niente di meno.
Se pensiamo a come un verme ha questo, allora dobbiamo tornare all’immagine dello specchio (questa è chiamata consapevolezza simile allo specchio in questo sistema). Pensateci. Lo specchio assorbe l’intero campo visivo. Potremmo prestare attenzione solo a una piccola parte di ciò che vediamo ma, in realtà, vediamo l’intero campo visivo. Questa è l’apertura, vedere l’intero contesto.
Il verme capisce il concetto di specchio?
No, per niente, ma vede un intero campo visivo. Anche se può essere concentrato solo su questa forma colorata che è cibo di fronte a lui, in realtà percepisce l’intero campo sensoriale visivo. Immagino che i vermi abbiano occhi, ma non lo so davvero. È un’analogia. Sappiamo che una mosca ha occhi e vede l’intero campo sensoriale, l’intero contesto. Abbiamo questa capacità di aprirci e di vederlo. È solo una questione di ampliarlo. In questo modo, non possiamo dire che un sistema sia migliore di un altro. Ci dà solo un po’ più informazioni con cui lavorare.
Continueremo domani con un altro sistema di consapevolezza profonda: quello che troviamo nel sistema di namsce yesce. Questi sono diversi tipi di consapevolezza con cui Chogyam Trungpa Rinpoce lavora all’interno di questa consapevolezza dello spazio Maitri, un altro modo di guardare ai cinque tipi di attività mentale.