Oggetti conoscibili autosufficienti e oggetti conoscibili imputati

Introduzione

Per ottenere la liberazione o l’illuminazione è necessaria la cognizione non concettuale che le persone, ad esempio “io”, mancano di un’anima impossibile (gang-zag-gi bdag-med, la mancanza del sè delle persone, l’assenza di identità delle persone). Nella presentazione ghelug, ad eccezione del sistema filosofico Vaibhashika, tutti gli altri sistemi buddhisti indiani affermano che una delle anime impossibili specifiche che mancano alle persone è quella che ha un’esistenza sostanziale conoscibile e autosufficiente. La scuola Vaibhashika afferma che le persone hanno un’esistenza sostanziale conoscibile e autosufficiente.   

I sistemi filosofici Sautrantika, Cittamatra e Svatantrika asseriscono la mancanza o l’assenza di un’anima impossibile come la mancanza di un’anima sottile e impossibile delle persone (gang-zag-gi bdag-med phra-mo, mancanza del sè delle persone sottile), mentre la scuola Prasangika afferma che questa è la mancanza di un’anima grossolana e impossibile delle persone (gang-zag-gi bdag-med rags-pa, mancanza del sè delle persone grossolana). 

Una valida cognizione (tshad-ma) di questa mancanza del sè richiede l’identificazione corretta e decisiva del “me” validamente conoscibile – il mero “io” (nga-tsam) – e la sua distinzione dall’anima impossibile di una persona. Qui, la proprietà che distingue i due è il modo in cui l’ “io” validamente conoscibile potrebbe essere validamente conosciuto. Le variabili non riguardano specificamente se la cognizione valida sia concettuale o non concettuale. Riguarda se il “me” validamente conoscibile abbia un’esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente o un’esistenza conoscibile imputabile (btags-yod, sanscr. prajnaptisat; esistenza imputata). 

Tutti i sistemi filosofici buddhisti indiani non Prasangika affermano che i fenomeni validamente conoscibili devono essere l’una o l’altra. La scuola Prasangika asserisce che tutti i fenomeni validamente conoscibili hanno un’esistenza conoscibile imputata. Niente ha un’esistenza conoscibile in modo autosufficiente.

I fenomeni sostanzialmente esistenti conoscibili e autosufficienti

In generale, ci sono quattro modi per affermare l’esistenza sostanziale (rdzas-yod, sanscr. dravyasat) – letteralmente, l’esistenza come entità sostanziale (rdzas, sanscr. dravya):

  • esistenza sostanziale nel senso di essere stabile e immutabile (brten-pa mi-’gyur ba’i rdzas-yod). Ciò include solo fenomeni statici (rtag-pa, permanenti), non influenzati (’dus ma-byas, incondizionato);
  • esistenza sostanziale nel senso di poter svolgere una funzione (don-byed-nus-pa’i rdzas-yod). Ciò include solo i fenomeni non statici (mi-rtag-pa, impermanente), influenzati (’dus-byas, condizionati);
  • esistenza sostanziale nel senso di essere stabilita logicamente (rigs-pas grub-pa’i rdzas-yod). Ciò include tutti i fenomeni esistenti. Ciò è noto anche come esistenza sostanziale stabilita essendo il focus di una cognizione valida (tshad-ma’i dmigs-pa’i rdzas-yod);
  • esistenza sostanziale nel senso di essere autosufficiente conoscibile (rang-rkya thub-pa’i rdzas-yod). Ciò include solo forme di fenomeni fisici (gzugs) e modi di essere consapevoli di qualcosa (shes-pa).

Tutti i sistemi filosofici buddhisti concordano sul fatto che solo l’esistenza sostanziale autosufficiente è un’esistenza sostanziale definitiva (rdzas-yod mtshan-nyid-pa).

Un fenomeno sostanzialmente esistente conoscibile e autosufficiente – letteralmente, un fenomeno con esistenza come entità sostanziale che è conoscibile e autosufficiente  – è definito come “un fenomeno validamente conoscibile che, quando effettivamente conosciuto (dngos-bzung), non si basa su un’effettiva cognizione di qualcos’altro”. In quanto entità sostanziale ha il potere, stabilito dalla sua parte, di farsi conoscere da sola.

  • La “cognizione effettiva” si riferisce alla cognizione manifesta (mngon-gyur) sia esplicita (dngos-su rtogs-pa) che implicita (shugs-la rtogs-pa).
  • Nella cognizione manifesta di un oggetto cognitivo, la coscienza della cognizione manifesta dà origine a un aspetto mentale (rnam-pa, ologramma mentale) che rappresenta l’oggetto esplicitamente conosciuto. L’oggetto cognitivo appare attraverso quell’aspetto sia alla persona che alla coscienza della cognizione manifesta. Sia la persona che la coscienza manifesta conoscono l’oggetto. Quando la conoscenza implicita accompagna quella esplicita in una cognizione manifesta, non appare un ologramma mentale dell’oggetto implicitamente conosciuto, ma quell’oggetto implicitamente è comunque conosciuto sia dalla persona che dalla coscienza manifesta.
  • “Conoscere” un oggetto significa determinarlo in modo accurato e deciso (nges-pa) come “questo” e non “quello”.
  • La “cognizione effettiva di qualcos’altro” si riferisce alla cognizione effettiva della base d’imputazione del fenomeno (gdags-gzhi, base di etichettatura) immediatamente prima della cognizione valida di esso.

Chiameremo l’ “esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente” in breve “esistenza conoscibile autosufficiente”.

I fenomeni conoscibili imputati

Un esistente imputato è quel fenomeno che, quando effettivamente conosciuto, si basa sulla cognizione effettiva di qualcos'altro - vale a dire, della sua base di imputazione immediatamente prima della sua effettiva cognizione. Seguendo le indicazioni del mio maestro, Tsenshap Serkong Rinpoce, per “estrarre” il significato delle parole, analizziamo l’etimologia dei termini sanscrito e tibetano per “esistenza imputata” al fine di chiarirne il significato:

  • Il termine sanscrito originale, prajnaptisat, per il tipo di esistenza che tali fenomeni hanno, si traduce letteralmente come “esistenza come qualcosa che viene conosciuto con la consapevolezza discriminante”. Prajna (shes-rab) è consapevolezza discriminante e prajnapti è il participio causativo passivo della forma verbale del termine: causato per essere discriminato. Il termine prajnapti è simile nella forma grammaticale al termine vijnaptirupa, che ricorre nelle presentazioni Vaibhashika e Prasangika del karma. Lì è tradotto in tibetano in accordo con la sua forma grammaticale sanscrita come rnam-par rig-byed-kyi gzugs. In italiano è tradotto come “forma rivelatrice”, la cui conoscenza fa sì che se ne conosca la motivazione. Pertanto, nel termine prajnaptisat, il sanscrito connota l’esistenza che viene rivelata da qualcos’altro, vale a dire la cognizione effettiva della sua base d’imputazione immediatamente prima della sua cognizione effettiva.
  • I traduttori tibetani scelsero di rendere il termine come btags-yodBtags è il passato del verbo ’dogs-pa, che significa “legarsi a qualcos’altro”. Così, nel termine btags-yod, il tibetano connota l’esistenza legata a qualcos’altro – cioè, come nel sanscrito prajnaptisat, legata alla cognizione effettiva della base a cui è legato nel momento immediatamente precedente alla sua effettiva cognizione. In italiano il termine è tradotto come “esistenza imputata”.  

Per rendere la discussione più chiara traduciamo “fenomeni esistenti imputati” come “fenomeni conoscibili imputati”. I sistemi Sautrantika, Cittamatra e Svatantrika concordano sul fatto che solo le astrazioni non statiche (ldan-min ’du-byed, variabili influenzanti non congruenti che non sono né forme di fenomeni fisici né modi di essere consapevoli di qualcosa) e i fenomeni statici (astrazioni statiche) costituiscono l’insieme dei fenomeni conoscibili imputati. La scuola Vaibhashika non sembra affermare che alcun fenomeno validamente conoscibile sia imputabile, mentre quella Prasangika asserisce che tutti i fenomeni validamente conoscibili sono conoscibili imputati.

  • Secondo la scuola Sautrantika, la conoscenza effettiva dei fenomeni conoscibili imputati si basa sulla conoscenza effettiva delle loro basi d’imputazione sia nel momento immediatamente precedente che contemporaneamente alla conoscenza effettiva del fenomeno.
  • Secondo le scuole Mahayana, quanto sopra è il caso di tutti i fenomeni conoscibili imputati, eccetto i vari tipi di mancanza di un’anima impossibile (bdag-med; mancanza del sè), vacuità (stong-nyid; vuoto) e veri arresti (’gog-bden; vere cessazioni). L’effettiva cognizione della mancanza del sè, delle vacuità e dei veri arresti si basa sulla reale conoscenza delle loro basi d’imputazione solo nel momento immediatamente precedente; non è necessario conoscere effettivamente le loro basi d’imputazione simultaneamente ad essi.
  • A causa di questa differenza, nella scuola Sautrantika l’assorbimento totale non concettuale sulla mancanza dell’anima impossibile della persona in realtà riconosce simultaneamente gli aggregati, l’ “io” validamente conoscibile e questa mancanza di un’anima impossibile. Nei sistemi Mahayana, allora viene effettivamente riconosciuta solo la mancanza di un’anima impossibile o vacuità. Gli aggregati, l’ “io” validamente conoscibile e oggetto di confutazione, sono effettivamente conosciuti solo nel momento immediatamente precedente.

La distinzione di Asanga

Secondo l’Antologia di argomenti speciali di conoscenza di Asanga (Chos mngon-pa kun-las btus-pa, sanscr. Abhidharmasamuccaya) seguita in questo punto non solo dalle scuole Cittamatra e Madhyamaka-Svatantrika, ma anche dai Sautrantika-seguaci della logica, 29 dei 51 i fattori mentali (sems-byung) sono conoscibili imputati, gli altri sono conoscibili autosufficienti.

I 29 fattori mentali conoscibili imputati sono:

  • Le venti emozioni disturbanti ausiliarie (nye-nyon nyi-shu)
  • I cinque atteggiamenti disturbanti con visione (nyon-mong lta-ba-can, visioni ingannevoli) che costituiscono la sesta delle sei emozioni e atteggiamenti disturbanti radice (rtsa-nyon drug), e
  • Le quattro consapevolezze sussidiarie mutevoli (gzhan-’gyur bzhi).

Gli altri fattori mentali conoscibili autosufficiente sono:

  • le cinque consapevolezze sussidiarie sempre funzionanti (kun-’gro lnga),
  • i cinque accertanti (yul-nges lnga),
  • le undici emozioni costruttive (dge-ba bcu-gcig),
  • le cinque emozioni disturbanti e atteggiamenti radice senza visione (lta-min nyong-mongs).

La definizione di conoscibile fornita in questo testo è un fenomeno che può diventare un oggetto sperimentato da un sensore cognitivo (dbang-po) basandosi su ed essendo accompagnato da un’espressione verbale (brjod-byed-kyi sgra) o qualcosa di una classe diversa (rigs mi-mthun). Un fenomeno conoscibile autosufficiente è definito come quello che può diventare un oggetto sperimentato da un sensore cognitivo senza basarsi su un’espressione o qualcosa di una classe diversa.

Le venti emozioni disturbanti ausiliarie e, tra i quattro fattori mentali mutevoli, il rimorso e il sonno – ciascuna di queste 22 è inclusa come parte (cha) di una o più delle tre emozioni disturbanti velenose (dug-gsum, tre veleni): desiderio (’dod-chags), ostilità (zhe-sdang) o ingenuità (gti-mug). Le tre emozioni disturbanti velenose si trovano in una categoria di consapevolezza sussidiaria diversa da quella in cui sono, ovvero nella categoria delle emozioni e degli atteggiamenti disturbanti radice. La cognizione effettiva con uno qualsiasi dei ventidue si basa ed è accompagnata dall’emozione velenosa e disturbante di cui fa parte. Ad esempio, la cognizione effettiva, con gelosia, della ricchezza di qualcuno si basa ed è accompagnata dalla cognizione effettiva di quella ricchezza con il desiderio di averla.

Allo stesso modo, tra i quattro fattori mentali mutevoli, l’analisi grossolana (rtog-pa) e il discernimento sottile (dpyod-pa) sono tipi di consapevolezza discriminante (shes-rab), che è in una categoria di fattori mentali diversa. Le cinque visioni ingannevoli sono tipi di consapevolezza discriminante ingannevole e disturbante (shes-rab nyon-mongs-can).

Gungthang, i cui commenti appartengono alla tradizione dei testi di Kunkyen, chiarì che i 29 fattori mentali specificati da Asanga come imputati conoscibili sono solo nominalmente imputati conoscibili. Non sono fenomeni imputati conoscibili definitivi (btags-yod mtshan-nyid-pa). Tutti i modi di essere consapevoli di qualcosa sono conoscibili autosufficienti.

  • Nel contesto delle scuole Sautrantika-seguaci della logica, Ciittamatra e Svatantrika-Yogachara, che accettano la consapevolezza riflessiva (rang-rig), il motivo è che tutti i modi di essere consapevoli di qualcosa sono effettivamente riconosciuti dalla consapevolezza riflessiva senza basarsi sulla consapevolezza cognitiva che effettivamente conosce qualsiasi altra cosa.
  • Per le scuole Svatantrika-Sautrantika e Prasangika, la ragione è che tutti i modi di essere consapevoli di qualcosa stabiliscono il proprio verificarsi da soli (shes-pa rang-nyid shes-pa rang-nyid-gyi grub-pa) senza basarsi sulla sua effettiva cognizione da parte di qualsiasi altra cosa.

Tutte le altre tradizioni dei libri di testo ghelug accettano la spiegazione di Gungthang.

L’asserzione della scuola Cittamatra

Kunkyen (Kun-mkhyen ’Jam-dbyangs bzhad-pa) asserisce che, nel sistema Cittamatra, esiste una distinzione tra esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente (rang-rkya thub-pa’i rdzas-yod) ed esistenza sostanziale di qualcosa conoscibile da solo (rang-rkyang ’dzin-pa’i rdzas-yod). Nel primo termine tecnico, rkya si riferisce a qualcosa stabilito da solo e non come parte di una sequenza e rang-rkya thub-pa significa “in grado di stabilirsi come oggetto di cognizione effettiva senza aver fatto affidamento sulla previa cognizione effettiva di qualcos’altro”. In quest’ultimo termine rkyang significa “solo” e quindi rang-rkyang ’dzin-pa significa “conoscibile da solo”, ovvero senza che qualcosa sia anche effettivamente conosciuto simultaneamente. Nei termini di questa distinzione, Kunkyen afferma che solo quest’ultima – l’esistenza sostanziale di qualcosa che è conoscibile da solo – è un’esistenza sostanziale per definizione, non l’esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente. Tutte le forme di fenomeni fisici e tutti i modi di conoscere sono fenomeni sostanzialmente esistenti definitori: sono tutti sostanzialmente esistenti come cose che sono conoscibili da sole. 

Gungthang (Gung-thang dKon-mchog bstan-pa’i sgron-me) chiarì l’intenzione del suo maestro Kunkyen spiegando che egli rifiutava l’esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente come essere esistenza sostanziale definitoria perché considerava tale esistenza applicabile solo a fenomeni non validamente conoscibili. L’ “esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente” si applica solo all’anima sottile e impossibile di una persona (una persona sostanzialmente esistente conoscibile autosufficiente), e tale persona è totalmente inesistente. Lo stesso termine non può essere utilizzato sia per i fenomeni inesistenti (fenomeni che non possono essere validamente conosciuti) sia per i fenomeni esistenti (quelli che possono essere validamente conosciuti). I fenomeni sostanzialmente esistenti definitori devono includere solo i fenomeni validamente conoscibili. Pertanto, i fenomeni sostanziali conoscibili autosufficienti non possono essere considerati definitori. 

Nessuna delle altre tradizioni dei testi ghelug accetta questo uso limitato di tali termini. Per loro, il termine esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente può essere applicato sia a (1) fenomeni inesistenti da negare (shes-bya-la mi-srid-pa’i dgag-bya), come l’anima sottile e impossibile delle persone, e a (2) due classi di fenomeni validamente conoscibili: forme di fenomeni fisici e modi di conoscere qualcosa.

In generale, la scuola Cittamatra definisce i fenomeni conoscibili imputati allo stesso modo di quelle Vaibhashika e Sautrantika. Tuttavia definisce diversamente i fenomeni conoscibili autosufficienti, in accordo con il significato di “esistenza sostanziale di qualcosa che è conoscibile da solo”. Pertanto, i fenomeni conoscibili autosufficienti sono definiti come fenomeni in grado di stare qui (tshur-thub gyi dngos-po), o fenomeni la cui esistenza è stabilita come qualcosa in grado di stare qui (tshur-thub grub-pa’i dngos-po), o fenomeni in grado di resistere saldamente (tshugs-thub-gyi dngos-po). I tre termini sono sinonimi.

A causa di questo cambiamento di definizione, la scuola Cittamatra può affermare la cognizione della mancanza di un’anima impossibile mediante l’assorbimento totale non concettuale di un arya (mnyam-bzhag, equilibrio meditativo), senza la sua base d’imputazione, su cui si basa la mancanza, simultaneamente all’essere conosciuto. Può affermare ciò senza giungere alla conclusione assurda che la mancanza di un’anima impossibile sia un conoscibile autosufficiente. Per conoscere in modo non concettuale la mancanza di un’anima impossibile di una persona, ad esempio, si devono prima comprendere gli aggregati su cui si basa l’imputazione di tale anima, e poi sia gli aggregati che l’apparenza di un’anima impossibile. Poi si esamina il modo di esistere dell’anima impossibile. Quando si è definitivamente accertato che non esiste allora contemporaneamente al recidere l’imputazione di quest’anima impossibile, si conosce esplicitamente solo la sua mancanza e non gli aggregati su cui è imputata.

Pertanto, la mancanza del sè della persona è un imputato conoscibile, perché la sua effettiva cognizione si basa sulla cognizione di qualcos’altro. Ma poiché è un conoscibile autosufficiente richiede solo che, quando un oggetto è effettivamente conosciuto deve essere conoscibile da solo; non specifica che “conoscibile da solo” significa senza basarsi sia sulla cognizione immediatamente precedente che sulla cognizione immediatamente precedente di qualcos’altro. La mancanza di un’anima impossibile può essere effettivamente conosciuta senza conoscere contemporaneamente qualcos’altro, ma non senza conoscerlo immediatamente prima. Pertanto, la mancanza di un’anima impossibile è un conoscibile imputabile. La scuola Madhyamaka accetta questa distinzione Cittamatra.

Al contrario, sebbene le forme dei fenomeni fisici, come insiemi, siano imputabili alle loro parti fisiche, e i modi di essere consapevoli di qualcosa siano imputabili alle loro parti temporali, non è necessario prima apprendere le parti e poi, basandosi su quella conoscenza, conoscere l’insieme. Si conoscono le parti e il tutto in un unico passaggio, simultaneamente. Inoltre, sebbene la cognizione effettiva di un tutto debba basarsi sulla cognizione effettiva simultanea delle sue parti, ciò non trasforma il tutto in un fenomeno conoscibile imputabile nelle scuole non Prasangika.

Secondo l’interpretazione ghelug non-Prasangika riguardante tutte le forme di fenomeni fisici che hanno parti e tutti i modi di conoscere che hanno parti temporali, sia gli interi che le loro parti sono conoscibili autosufficienti. Questo perché un intero fenomeno fisico che ha parti è sempre una forma di fenomeno fisico, e un intero modo di conoscere che ha parti temporali è sempre un modo di conoscere qualcosa. Tutte le forme dei fenomeni fisici e tutti i modi di conoscere qualcosa sono conoscibili autosufficienti.

L’asserzione speciale della scuola Svatantrika-Sautrantika

Oltre ad accettare la distinzione comune tra fenomeni conoscibili autosufficienti e imputati condivisa con gli altri sistemi filosofici buddhisti indiani, la scuola Svatantrika-Sautrantika ha la sua specifica affermazione di esistenza sostanziale riguardo agli interi e alle loro parti. Si basa su una distinzione che attua tra due tipi di forme di fenomeni fisici.

Le forme composite (bsags-pa’i gzugs) – letteralmente “forme ammucchiate” – sono quelle in cui le particelle e/o parti costitutive si collegano tra loro, come gli arti e il tronco di un corpo umano o le parti di un vaso, per formare un’intera massa (gong-bu). Tali forme di fenomeni fisici hanno un’esistenza sostanziale composita (bsags-pa’i rdzas-yod).

Le forme raggruppate (bsdu-ba’i gzugs) sono quelle in cui le loro parti costitutive non sono collegate tra loro, come una foresta, composta da un gruppo di alberi che ha un’esistenza sostanziale raggruppata (bsdu-ba’i rdzas-yod).

Le forme composite sono insiemi conoscibili autosufficienti, poiché la loro effettiva cognizione non si basa sulla previa cognizione effettiva delle parti su cui sono imputate, ma richiedono la cognizione di almeno alcune delle loro parti simultaneamente con esse. Sebbene le forme raggruppate abbiano un’esistenza sostanzialmente stabilita, sono degli insiemi conoscibili imputati: la loro effettiva cognizione richiede la cognizione effettiva di alcune delle loro parti immediatamente prima della loro cognizione simultanea con quelle parti.

L’asserzione speciale della scuola Prasangika

La scuola Prasangika accetta anche lo schema comune di divisione tra fenomeni conoscibili autosufficienti e fenomeni conoscibili imputabili, ma considera l’esistenza conoscibile imputabile - in questo senso condiviso - come un’esistenza grossolana conoscibile imputabile. Secondo le asserzioni Prasangika, nessun fenomeno validamente conoscibile ha un’esistenza sostanziale conoscibile autosufficiente. Questo perché asserisce che un’esistenza sostanzialmente stabilita (rdzas-su grub-pa) è impossibile e un fenomeno conoscibile in modo autosufficiente, come accennato prima, è un fenomeno che esiste sostanzialmente come conoscibile autosufficiente.

  • L’esistenza di qualcosa è sostanzialmente stabilita se ha la capacità di svolgere una funzione (don-byed nus-pa). Questa capacità nasce dal fatto che il fenomeno è un’entità sostanziale (rdzas).  Questa definizione si basa sull’affermazione che tutti i fenomeni validamente conoscibili hanno un’esistenza stabilita dalla loro natura propria (rang-bzhin-gyis grub-pa, esistenza autostabilita, esistenza inerente) come referenti trovabili delle “cose” (btag-don) corrispondente ai nomi e ai concetti per essi. In altre parole, se possiamo coniare un termine, “esistenza stabilita trovabile”. Se qualcosa ha un’esistenza sostanzialmente stabilita, è sulla base del fatto che ha un’esistenza stabilita trovabile, dalla sua stessa parte (rang-ngos-nas grub-pa).
  • Sautrantika, Cittamatra e Svatantrika affermano che i fenomeni non statici e influenzati hanno la capacità di produrre uno o più risultati e quindi sono sostanzialmente stabiliti.
  • Poiché la scuola Prasangika asserisce che l’esistenza stabilita in modo trovabile è impossibile, afferma anche che l’esistenza sostanzialmente stabilita è impossibile e, quindi, anche la conoscibilità autosufficiente è impossibile.

I Prasangika asseriscono tre tipi equivalenti di fenomeni conoscibili imputati definitori:

  • conoscibile imputato su una base (rten-nas btags-pa’i btags-yod)
  • conoscibile imputato definito da nomi ed etichette (ming-dang brda’i bzhag-pa’i btags-yod)
  • conoscibile imputato dalla cognizione concettuale (rtog-pas btags-pa’i btags-yod).

(1) Gli interi, ad esempio, sono imputazioni sulla base delle loro parti, e tutti i fenomeni sono imputazioni sulla base delle loro basi d’imputazione. Nessuno deve imputarli attivamente in questo momento perché siano imputazioni sulle loro basi.

(2) Quando si cerca, non è possibile trovare alcunchè come “cosa” referente corrispondente al nome o all’etichetta della stessa. Tuttavia i fenomeni validamente conoscibili sono imputabili con nomi ed etichette. Singoli individui, gruppi privati di persone e società che parlano una lingua comune stabiliscono convenzioni (tha-snyad) per chiamare, con determinati nomi ed etichette, insiemi di oggetti che condividono caratteristiche definitorie comuni. Le caratteristiche definitorie comuni (mtshan-nyid, definizioni) sono scelte anche dalle persone, dai gruppi o dalle società. Sulla base di tali convenzioni, gli oggetti che hanno quelle caratteristiche definitorie sono imputati conoscibili come oggetti fissati da nomi ed etichette.

  • Secondo alcuni testi i termini nome (ming) ed etichetta (brda) sono equivalenti.
  • Secondo altri, il nome di qualcosa viene prima di tutto quando una persona, un gruppo o una società assegna alla categoria audio (sgra-spyi, audio universale, suono universale), tavolo, ad esempio, la categoria significato/oggetto (don-spyi, significato universale) tavolo. La categoria audio è l’insieme composto da combinazioni individuali dei suoni tavo e lo pronunciati con qualsiasi voce e con qualsiasi volume. La categoria significato/oggetto tavolo è l’insieme dei singoli elementi significati dalla combinazione dei suoni ta, vo e lo. La combinazione dei suoni ta, vo e lo, infatti, non ha alcun significato di per sé, singolarmente o in combinazione, a meno che una persona, un gruppo o una società non assegni loro arbitrariamente una definizione e quindi un significato. L’etichetta viene dopo. Una volta che qualcuno impara il nome tavolo, quando vede un oggetto con una parte superiore piatta sorretta da gambe – il segno caratteristico definitorio convenzionale di “tavolo” –  nasce il nome tavolo.      
  • Secondo ancora altri testi, un’ “etichetta” viene prima, quando una persona, un gruppo o una società che parla una lingua comune assegna arbitrariamente (etichetta) una categoria audio, come “ta+vo+lo” per indicare una categoria di significato/oggetto. Da quel momento in poi “tavolo” diventa il nome che la persona, il gruppo o la società usa per oggetti con un piano piatto sorretto da gambe.
  • A volte, il termine don-spyi viene utilizzato per la combinazione di una categoria audio e di significato/oggetto e in questo significato più generale possiamo forse tradurlo semplicemente come “categoria”. Le categorie sono astrazioni statiche arbitrarie utilizzate, secondo convenzioni concordate, per conoscere concettualmente tutti i fenomeni validamente conoscibili. Tutto ciò che è validamente conoscibile è conoscibile imputabile attraverso una categoria. Nulla, tuttavia, esiste di per sé in una categoria, e quando cerchiamo categorie “là fuori” non possiamo trovarle.

(3) La cognizione concettuale non è necessariamente verbale e non implica necessariamente la conoscenza degli oggetti attraverso le categorie specificate dagli universali audio e di significato. La cognizione concettuale può avvenire con categorie specificate da universali grafici e di significato, come una “immagine mentale” usata come universale per rappresentare, significare e pensare in modo non verbale su un tavolo. Può anche essere con categorie specificate dall’odore e dagli universali di significato, come “l’odore mentale” usato come universale da un cane per rappresentare, significare e pensare al suo padrone, e così via con universali basati sugli altri sensi. La cognizione concettuale può anche avvenire solo con astrazioni statiche, come uno spazio (nam-mkha’). Uno spazio è l’assenza di qualsiasi contatto ostruttivo – in altre parole, l’assenza di qualsiasi oggetto materiale con cui si possa entrare in contatto in un luogo e che possa ostacolare la presenza di qualcosa lì. Uno spazio è un oggetto valido, conoscibile imputabile, imputato o imputabile mediante cognizione concettuale su un oggetto che è già situato da qualche parte, o su un’area vuota intermedia (bar-snang) – un’area tra due oggetti materiali che non ha alcun oggetto materiale situato in essa.

Tutti i fenomeni validamente conoscibili, infatti, sono conoscibili imputabili come cose imputate dalla cognizione concettuale. Ciò non significa che tutti i fenomeni validamente conoscibili possano essere validamente conosciuti solo mediante la cognizione concettuale ma solo che sono validamente conoscibili esclusivamente (tsam, meramente) perché imputabili su base di imputazione; sono privi di qualcosa al loro interno, come una natura che si auto-stabilisce o un segno caratteristico definitorio che abbia anche il potere di stabilire la loro esistenza. Ciò deve essere precisato: sono validamente conoscibili perché sono esclusivamente imputati o imputabili mediante una cognizione concettuale valida. Un mostro sotto il letto non è validamente conoscibile solo perché un bambino spaventato pensa che sia lì.

  • La scuola Svatantrika asserisce che l’esistenza di tutti i fenomeni validamente conoscibili è stabilita dal fatto che sono imputati o imputabili sulla base del fatto che hanno anche un’esistenza stabilita trovabile dalla loro parte. Pertanto, non sono imputabili esclusivamente mediante la cognizione concettuale.
  • Per la scuola Prasangika, la valida conoscibilità di un oggetto esclusivamente imputato o imputabile non è stabilita dal fatto che l’oggetto sia trovabile come “cosa” referente corrispondente all’imputazione. Non è possibile trovare alcunchè. 

Si stabilisce esclusivamente dal lato della mente validamente imputante, secondo tre criteri:

  • un’imputazione valida non deve essere contraddetta dalla convenzione stabilita della persona, del gruppo o della società che utilizza l’etichetta;
  • un’imputazione valida non deve essere contraddetta da alcuna cognizione valida della verità superficiale (kun-rdzob bden-pa, verità relativa, verità convenzionale) dell’oggetto, come la cognizione valida del suo aspetto;
  • un’imputazione valida non deve essere contraddetta da alcuna cognizione valida della verità più profonda (don-dam bden-pa, verità ultima) dell’oggetto, come la cognizione valida del suo modo di esistenza (un’assenza o vacuità di tutti i modi impossibili in cui potrebbe essere stabilita l'esistenza).
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