Allenarsi nella consapevolezza discriminante superiore
Rimuovere gli ostacoli alla liberazione e all’illuminazione
La discussione sull’addestramento alla consapevolezza discriminante superiore inizia con la seconda metà della strofe 41:
(41b) Tuttavia, se non sei riuscito a impegnarti nella consapevolezza discriminante di vasta portata, non sarai in grado di eliminare le oscurazioni.
La concentrazione, una mente calma e stabile, e le consapevolezze avanzate di per sé non sono sufficienti per ottenere l’illuminazione; bisogna anche liberarsi dei due insiemi di oscurazioni. Il primo insieme si riferisce alle varie emozioni e atteggiamenti disturbanti che abbiamo, e ai loro semi − semi karmici o eredità. Queste oscurazioni impediscono la nostra liberazione dal samsara, oscurano la nostra capacità di vedere la realtà chiaramente.
Il secondo insieme di oscurazioni riguarda tutti i fenomeni conoscibili, ciò a cui ci riferivamo in termini della nostra visione periscopica: ci impediscono di ottenere l’illuminazione nel senso che ci impediscono di essere in grado di vedere tutti gli esseri senzienti, tutte le connessioni karmiche, tutte le influenze di ogni cosa su di loro e gli effetti che tutti i nostri insegnamenti avranno su varie persone e così via. Dobbiamo liberarci di queste oscurazioni per ottenere l’illuminazione.
Per farlo abbiamo bisogno della consapevolezza discriminante della vacuità.
Abbinare consapevolezza discriminante di vasta portata e atteggiamenti di vasta portata
(42) Pertanto, per sbarazzarti di tutti le oscurazioni senza eccezione, per quanto riguarda le emozioni disturbanti e i fenomeni conoscibili, medita sempre sullo yoga della consapevolezza discriminante di vasta portata assieme ai metodi.
Le oscurazioni che impediscono la liberazione sono fondamentalmente la nostra ignoranza o inconsapevolezza della vacuità, le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti che derivano da ciò e le eredità della nostra precedente inconsapevolezza che causano il loro ripetersi; le oscurazioni che impediscono l’onniscienza si riferiscono alle abitudini di tale inconsapevolezza. Le abitudini sono ciò che fa sì che le cose appaiano come se fossero veramente o solidamente esistenti; accompagnano con l’inconsapevolezza stessa, dove ci afferriamo e crediamo che le cose esistano nel modo in cui appaiono.
Per liberarci di entrambi questi insiemi di oscurazioni e della nostra inconsapevolezza, abbiamo bisogno di questa consapevolezza discriminante della vacuità insieme ai metodi: semplicemente sedersi e ottenere questa consapevolezza discriminante di per sé non è sufficiente.
(43) Questo perché si dice che la consapevolezza discriminante senza i metodi, così come i metodi senza consapevolezza discriminante, siano ancora schiavitù. Pertanto non abbandonare mai l’averli entrambi.
Se abbiamo solo la consapevolezza discriminante della vacuità ma non ci impegniamo realmente nei metodi per aiutare gli altri, allora questa è solo conoscenza intellettuale che non applichiamo in modo pratico. Affinché questa consapevolezza discriminante diventi sempre più profonda, abbiamo bisogno del supporto di una forza positiva altrimenti non siamo in grado di ottenere davvero intuizioni più profonde. Quella consapevolezza discriminante di per sé non diventerà abbastanza profonda se ci avviciniamo ad essa in modo molto arido, senza fare effettivamente nulla per accumulare energia positiva.
Allo stesso modo, con dei “metodi senza consapevolezza discriminante”, in altre parole, se cerchiamo solo di aiutare gli altri il più possibile ma senza quella consapevolezza discriminante che distingue ciò che è appropriato, ciò che è inappropriato, come esistono loro, come esistiamo noi e così via, allora possiamo facilmente far degenerare il nostro aiuto in un grande viaggio dell’ego; anche questo non porterà alla liberazione o all’illuminazione. In entrambi i casi, si dice “siano ancora schiavitù”. Abbiamo bisogno di entrambi, dice, “non abbandonare mai l’averli entrambi”.
La differenza tra la consapevolezza discriminante di vasta portata e gli altri atteggiamenti di vasta portata
In cosa consiste in realtà questa divisione tra consapevolezza discriminante e metodi? Atisha lo spiega nelle due strofe successive:
(44) Per liberarti dai dubbi riguardanti ciò che è consapevolezza discriminante e ciò che sono i metodi, chiarirò l’effettiva divisione tra i metodi e la consapevolezza discriminante.
(45) Il Trionfante ha spiegato che escludendo la consapevolezza discriminante di vasta portata, tutte le reti di fattori costruttivi, come la generosità di vasta portata e così via, sono i metodi.
Ciò che di solito viene chiamato “metodo e saggezza” è definito in termini dei sei atteggiamenti o perfezioni di vasta portata. Il sesto di questi, la consapevolezza discriminante, è ovviamente l’aspetto della consapevolezza discriminante o saggezza, e gli altri cinque sono l’aspetto del metodo: generosità di vasta portata, autodisciplina etica, pazienza, perseveranza e stabilità mentale o concentrazione.
(46) È grazie al potere dell’aver meditato sui metodi che, meditando profondamente e con consapevolezza discriminante su un oggetto, qualcuno con una natura (di bodhicitta) può ottenere rapidamente l’illuminazione. Questo non avverrà avendo meditato soltanto sulla mancanza di identità (stabilite in modo autonomo).
Per far sì che la nostra meditazione sulla consapevolezza discriminante recida la nostra inconsapevolezza, le sue eredità, abitudini e così via, deve avere una forte quantità di forza positiva. Abbiamo bisogno di molta pazienza, disciplina, perseveranza, ovviamente concentrazione e generosità, e useremo questa comprensione per aiutare gli altri, per darla agli altri.
Se abbiamo questa forte forza positiva allora “meditando profondamente e con consapevolezza discriminante su un oggetto”, recideremo l’inconsapevolezza e le abitudini. Quindi, con la “natura di bodhicitta”, la natura di Buddha per raggiungere l’illuminazione, possiamo “ottenere rapidamente l’illuminazione”, se abbiamo questa motivazione bodhicitta. “Meditare soltanto sulla mancanza di identità (stabilite in modo autonomo)” di per sé non sarà sufficiente, non ci porterà all’illuminazione.
L’impossibilità di un’identità auto stabilita
L’identità auto stabilita, spesso chiamata “identità intrinseca”, si riferisce al fatto che c’è qualcosa dentro un oggetto – auto stabilito in esso - che per suo potere rende l’oggetto ciò che è, conferendogli la sua identità. Un esempio che uso spesso è: se stiamo guidando o andando in bicicletta e c’è un’auto che cerca di sorpassarci, suona il clacson selvaggiamente e così via, allora ci sembra che “questa persona è un idiota”, ha qualcosa che non va, c’è una natura auto-stabilita dalla sua parte che, per solo potere, la rende un idiota.
Non ci sembra affatto che l’essere un idiota nasca in modo dipendente dal concetto di “idiota”, dalla situazione in cui ci troviamo e da tutte queste cose. Sembra che ci sia qualcosa di sbagliato in questa persona, stabilito dentro di lei: è davvero un idiota. Questo è ciò che intendiamo per identità auto stabilita che è un modo impossibile di esistere. Niente esiste come ciò che è per il potere di qualcosa di auto stabilito al suo interno, che lo rende ciò che è, indipendentemente da qualsiasi altra cosa.
Anche se la guardiamo a un livello molto elementare, la persona in macchina è composta di atomi, e gli atomi di piccole particelle ed energia. Cosa c’è lì dentro che rende questa persona un idiota? Niente. Quella mancanza di modi impossibili di esistere, questo è ciò che significa vacuità. Vacuità significa che non esiste una cosa del genere, è completamente assente, e non c’è mai stata questo tipo di esistenza impossibile.
(47) La consapevolezza della vacuità di nature che si stabiliscono autonomamente, la quale è arrivata a realizzare che gli aggregati, le fonti cognitive e gli stimolatori cognitivi sono privi di un sorgere (stabilito in modo autonomo), è stata pienamente spiegata come consapevolezza discriminante.
Ora, dobbiamo andare un po’ più velocemente perché non abbiamo molto tempo, quindi non posso spiegare assolutamente tutto; “aggregati, componenti costitutive e stimolatori cognitivi” si riferiscono a tutto ciò che sperimentiamo in termini di corpo, mente, emozioni, varie immagini, suoni che sentiamo e così via.
Vacuità si riferisce a “vacuità di nature auto stabilite”: non esiste questo modo impossibile di stabilire l’esistenza di qualcosa. Nell’esempio dell’idiota nella macchina accanto a noi. Questa persona non esiste veramente come un idiota auto-stabilito, con una linea solida attorno a sé, come da un libro da colorare per bambini, che lo isola da tutto il resto e, quindi, eccolo lì, un idiota solidamente esistente e auto stabilito.
Non esiste una cosa del genere, quindi ovviamente non può sorgere: non possiamo avere la nascita di un idiota auto stabilito, perché non esiste una cosa come un idiota auto stabilito. Come può nascere come in un libro da colorare? Nessuno esiste in quel modo. Quella totale assenza è ciò che intendiamo per vacuità e la consapevolezza discriminante di quella vacuità è la consapevolezza discriminante di vasta portata.
(48) Se (le cose avessero) un’esistenza (stabilita in modo autonomo), sarebbe illogico che esse debbano sorgere. Inoltre, se (fossero stabilite in modo autonomo come) non esistenti (al momento della loro causa, non potrebbero essere fatte sorgere), come un fiore dallo spazio. In più, poiché sussisterebbero le conclusioni assurde di entrambi questi difetti, le cose non avvengono nemmeno dall’avere entrambe (un’esistenza e una non-esistenza stabilite in modo autonomo).
Questo è un piccolo inserimento delle parole effettive del testo. Se omettiamo ciò che è stato inserito qui, sarebbe semplicemente:
(48) Se esistenti sarebbe illogico che esse debbano sorgere. Inoltre, se non esistenti sarebbero come un fiore nello spazio. Poiché sarebbero assurde le conclusioni di entrambi questi difetti, le cose non sorgono nemmeno dall’essere entrambi.
Questo significa che per ottenere davvero questa consapevolezza discriminante della vacuità, dobbiamo avere certezza che non esistono questi modi impossibili di esistere attraverso un processo di comprensione inferenziale, il “principio del terzo escluso” della logica occidentale. Se qualcosa avesse un’esistenza auto stabilita dovrebbe essere o questo o quello - due lati di una dicotomia - o entrambi o nessuno dei due. Se non è nessuno di questi, allora non c’è alternativa: è impossibile.
“Se (le cose avessero) un’esistenza (stabilita in modo autonomo), sarebbe illogico che esse debbano sorgere”. Consideriamo ora la causalità: se quella persona esisteva già auto stabilita come un idiota al momento della sua nascita, allora non c’è motivo per cui debba effettivamente sorgere e nascere: esisteva già e quindi non avrebbe avuto bisogno di nascere per stabilire la sua esistenza.
Stiamo parlando, a un livello più generale, di ciò che stabilisce che qualcosa esiste. L’esistenza auto stabilita implica che ci sia qualcosa al suo interno che la fa esistere per il suo solo potere. Se qualcosa avesse un’esistenza auto stabilita – c’è qualcosa già dalla sua parte che la fa esistere, indipendentemente da qualsiasi altra cosa - allora la domanda è: come potrebbe mai sorgere? Se qualcosa esisteva già per il suo potere al momento della sua causa, allora come potrebbero circostanze e cose esterne determinare la sua esistenza? Esisterebbe già.
L’esempio usuale è un germoglio e un seme: se il germoglio esisteva già al momento della sua causa, al momento del seme, allora come potrebbe mai sorgere il germoglio? Non ha bisogno di sorgere, poiché esiste già. Al momento dell’esistenza del seme, se diciamo che il germoglio non esiste affatto e che è auto stabilito come inesistente, che c’è qualcosa dentro il germoglio che per suo potere lo rende non esistente, allora il germoglio non potrebbe mai sorgere, dovrebbe essere sempre un seme. Niente potrebbe far sorgere il germoglio perché c’è qualcosa già lì che, per suo potere, non lo sta facendo esistere quindi niente potrebbe influenzarlo. La sua creazione sarebbe come un “fiore” che appare magicamente “dallo spazio”, non può esistere.
“Sarebbero assurde le conclusioni di entrambi questi difetti” se dicessimo “Beh, in un certo senso ha un’esistenza auto stabilita perché possiamo vederlo ma, da un altro punto di vista più profondo, in realtà non esiste”. Anche questo è impossibile.
(Partecipante): Come può qualcuno dotato di poteri speciali, come Sai Baba, far materializzare le cose, come un fiore uscito nello spazio, senza una causa?
Le cose non sorgono sulla base di un’esistenza auto stabilita, poiché non esiste una cosa del genere. Lui non fa apparire un fiore auto stabilito nello spazio, non c’è nulla dalla parte del fiore che gli faccia avere un’esistenza auto stabilita o un’inesistenza auto stabilita prima che lui lo materializzi. Poiché non c’è nulla dalla parte di quel fiore che gli faccia avere un’esistenza o un’inesistenza auto stabilita allora, attraverso una combinazione di vari metodi - la sua concentrazione e la sua capacità di controllare gli elementi e così via - è in grado di materializzare o far apparire qualcosa che non ha un’esistenza auto stabilita. La sua esistenza è stabilita dall’origine interdipendente e non da una natura auto stabilita al suo interno.
Le cose nascono sulla base di un’esistenza auto stabilita?
Questo primo ragionamento è che le cose al momento della loro causa non hanno né un’esistenza né un’inesistenza auto stabilita, né entrambe né nessuna delle due. Quindi, come sorgono?
(49) Le cose fenomeniche non sorgono (stabilite da sole) in modo autonomo, né da qualcosa di differente, né da entrambe. E nemmeno (sorgono) affatto da nessuna causa. Grazie a questo, per via della loro natura essenziale, (tutte le cose) sono prive di una natura che si stabilisca autonomamente.
Un germoglio proviene da un seme? Il germoglio è già nel seme e quindi sorge da sé stesso? Non è possibile. Se qualcosa fosse già lì, come potrebbe sorgere? Anche affermare che la causa sia la stessa del risultato non ha alcun senso.
Inoltre, non può sorgere da qualcosa di auto stabilito come diverso. Se la causa ha una grande linea continua attorno a sé e l’effetto ha una grande linea attorno a sé, ed esistono totalmente da soli per loro potere, allora l’effetto non potrebbe in alcun modo sorgere dalla causa. La causa non potrebbe fare nulla: un effetto non può sorgere da qualcosa di assolutamente separato e diverso da sé che, quindi, non sarebbe in grado di influenzarlo.
Le cose non nascono né da sé stesse né da qualcosa di diverso, qualcosa che è sia sé stessa sia qualcosa di diverso. Inoltre, le cose non nascono da nessuno dei due, in altre parole, “da nessuna causa”. Per questo motivo, non esiste una cosa come l’esistenza auto stabilita in termini di cose che nascono da sé o da altro.
(50) Inoltre, quando analizzi tutte le cose [per vedere] se siano (stabilite in modo autonomo come) una o molte, allora, siccome la loro natura essenziale è la mancanza di qualunque cosa che possa venire indicata, puoi acquisire certezza della totale non-esistenza di nature che si stabiliscono in modo autonomo.
Questo è l’argomento del “né uno né molti” e significa che, se esistesse una cosa come l’esistenza auto stabilita, dovrebbero esserci o una sola cosa o molte cose che hanno un’esistenza auto stabilita.
Se parliamo di “me” e “della mia identità” come padre - non sono un padre, non ho figli - ma diciamo che la mia identità è come padre e, se io e padre avessero un’esistenza auto stabilita con linee continue attorno a loro e se ci fosse una cosa come l’esistenza auto stabilita allora dovrebbe esserci o solo una cosa che ha un’esistenza auto stabilita o molte cose che hanno un’esistenza auto stabilita. Se c’è solo una cosa che ha un’esistenza auto stabilita, allora io e padre dovremmo essere assolutamente identici, un’unica cosa, il che significherebbe che dovrei essere un padre anche prima di avere figli, il che è assurdo.
Se ci fossero molte cose con un’esistenza auto stabilita, allora io sarei una cosa auto stabilita, il padre sarebbe un’altra cosa auto stabilita, e dovrebbero essere in grado di esistere in modo totalmente separato per loro potere. Allora, chi è il padre? Non potrei essere io. Ciò significa che anche questo è un modo impossibile di esistere.
Riconoscere che l’esistenza auto stabilita è un’illusione
Da tutti questi diversi ragionamenti logici ricaviamo convinzione che, sebbene le cose sembrino avere un’esistenza auto stabilita e sebbene questa persona in macchina sembri essere un idiota, stabilita da una qualche natura auto stabilita trovabile al suo interno, ciò è impossibile poiché non si riferisce a nulla di reale. Sebbene ci sembri che ci sia un’esistenza auto stabilita, tuttavia, come dice Atisha, la nostra mente “è priva di qualsiasi cosa che possa essere indicata”. È come un’illusione, sembra avere un’esistenza auto stabilita ma non è così. In realtà non possiamo indicare qualcosa che abbia davvero un’esistenza auto stabilita perché ciò è impossibile.
Pertanto, “puoi acquisire certezza della totale non-esistenza di nature che si stabiliscono in modo autonomo”: è la vacuità, non esiste una cosa come l’esistenza auto stabilita. Concentrarsi su quell’assenza, “non esiste una cosa del genere”, con la convinzione che sia impossibile è la comprensione e la consapevolezza discriminante della vacuità. Quando abbiamo davvero familiarità con ciò, non crediamo più che le cose esistano realmente nel modo in cui ci appaiono ingannevolmente.
Fermare le emozioni disturbanti e l’illusione di un’esistenza auto stabilita
Sebbene quella persona sembri un idiota, un idiota auto stabilito, sappiamo che in realtà non esiste in quel modo. Si sta comportando in un modo che consideriamo idiota secondo il nostro concetto di idiota, di tutte le circostanze e così via. Questa comprensione ci aiuta a evitare di arrabbiarci e questo è il modo in cui ci liberiamo delle emozioni disturbanti.
Più ci familiarizziamo con il non credere nell’esistenza auto stabilita, con il non esserne ingannati, più alla fine le nostre menti smetteranno di creare quell’apparenza di esistenza auto stabilita. Allora, ci libereremo delle oscurazioni che impediscono l’onniscienza, diventiamo illuminati.
Tuttavia, affinché la nostra convinzione che questo è un modo impossibile di esistere dobbiamo prima basarci su ragionamenti validi perché la nostra percezione ordinaria non lo indicherà affatto. Questi ragionamenti provengono dai testi, quindi Atisha dice:
(51) Inoltre, anche le linee di ragionamento nelle 70 strofe sulla vacuità e dal Testo radice sulla via di mezzo e così via spiegano come la natura intrinseca delle cose fenomeniche sia stabilita come vacuità.
Menziona alcune delle fonti. Poi continua:
(52) Tuttavia, poiché questo testo sarebbe diventato troppo lungo, non ho quindi aggiunto particolari qui. Quello che ho spiegato è finalizzato alla meditazione semplicemente su un comprovato sistema di principi filosofici.
Atisha menziona questo solo brevemente; dice che è “finalizzato alla meditazione”, in altre parole, bisogna meditare su questo, pensarci davvero, diventarne familiari e così via. Questa è una spiegazione della realtà che è stata “comprovata”, dimostrata logicamente dall’esperienza valida. Una volta che ci si convince che è così, si ha l’opportunità di percepirlo effettivamente, di percepire le cose in questo modo. Quindi, è stato dimostrato; non è solo un insieme di principi filosofici non validi.
Riassume:
(53) Così, siccome non puoi essere indirizzato verso la natura autonomamente stabilita di alcuna cosa, senza eccezioni, la meditazione sulla mancanza di identità (stabilite in modo autonomo) è la meditazione sulla consapevolezza discriminante.
La vacuità della vacuità
Non importa su cosa ci concentriamo, niente ha un’esistenza e un’identità auto stabilita. Allora, che dire della vacuità stessa? Ha un’esistenza auto stabilita? Come passiamo effettivamente da una cognizione concettuale a una non concettuale della vacuità? Queste due domande sono strettamente collegate tra loro.
(54) Con la consapevolezza discriminante, non viene mai vista una natura che si stabilisca in modo autonomo di alcun fenomeno; ed è spiegato che lo stesso è vero riguardo alla realtà della stessa consapevolezza discriminante. In questo (modo) medita (sulla vacuità) in maniera non concettuale.
Quando meditiamo sulla vacuità per prima cosa ne otteniamo una cognizione concettuale che consiste nel focalizzarsi attraverso la categoria concettuale “vacuità”. Meditiamo “Non esiste un’esistenza auto stabilita. È impossibile, quindi c’è una totale assenza di essa”. Come ci concentriamo su un’assenza? Ne abbiamo una sorta di rappresentazione mentale: è una specie di spazio vuoto, un’assenza di tutto. Ci concentriamo concettualmente sulla vacuità, quindi, attraverso la categoria “vacuità” e un’idea, come un ologramma mentale che rappresenta la vacuità, vale a dire un ologramma mentale di una sorta di spazio vuoto. Questa è una rappresentazione concettuale di “non esiste una cosa del genere”, un’assenza totale.
Tuttavia, quando ci concentriamo concettualmente in questo modo, sebbene la rappresentazione mentale della vacuità appaia come dotata di esistenza auto stabilita, tale apparenza non corrisponde a una vacuità auto stabilita effettiva. Un’assenza di esistenza auto stabilita non può, di per sé, essere auto stabilita; non può avere una natura auto stabilita al suo interno che, per suo stesso potere, la renda un’assenza totale. Non è una non esistenza auto stabilita di esistenza auto stabilita.
Shantideva lo dice molto bene nel suo testo, Bodhicharyavatara, Impegnarsi nella condotta del bodhisattva: quando una mente non è focalizzata sull’esistenza auto stabilita dell’esistenza auto stabilita, non può essere focalizzata su una non esistenza auto stabilita dell’esistenza auto stabilita. Quando la mente non si concentra su nessuno di quei due estremi, questa è cognizione non concettuale della vacuità. In altre parole, focalizzandosi sulla mancanza di esistenza auto stabilita di ciò a cui si riferisce la rappresentazione mentale di una totale assenza di esistenza auto stabilita (vacuità effettiva), non può focalizzarsi su una non esistenza auto stabilita dell’esistenza auto stabilita, poiché ha negato l’esistenza auto stabilita.
Tuttavia, la cognizione non concettuale della vacuità è convinta che non esiste l’esistenza auto stabilita: questo è assolutamente uno dei punti più importanti qui. In altre parole, la convinzione che non esiste una cosa come l’esistenza auto stabilita è la cognizione non concettuale della vacuità, ciò che realmente eliminerà la nostra inconsapevolezza, la causa dei nostri problemi e della nostra sofferenza.
Andare oltre i pensieri concettuali e oltre il dolore
(55) Questa esistenza compulsiva che proviene da pensieri concettuali (che si afferrano all’esistenza stabilita in modo autonomo) ha la natura di identità (meramente architettata) dal pensiero concettuale. Pertanto, lo stato di libertà da tutti i concetti, senza alcuna esclusione, è il supremo Nirvana Stato Oltre il Dolore.
L’afferrarsi a un’esistenza veramente stabilita, auto stabilita, avviene in modo manifesto solo con la cognizione concettuale. Tutti lo accettano. Tuttavia, le abitudini di quell’afferrarsi a un’esistenza auto stabilita sono lì mentre abbiamo solo la percezione sensoriale e crea ancora un’apparenza di esistenza auto stabilita. Non ci liberiamo delle abitudini dell’afferrarsi semplicemente ottenendo una cognizione sensoriale non concettuale.
Abbiamo quell’afferrarsi in una forma manifesta concettualmente, con la cognizione concettuale. Afferrarsi all’esistenza auto stabilita significa afferrarsi alle cose come esistenti nel modo in cui ci appaiono, auto stabilite; quindi, significa credere che esistano in quel modo. La nostra “esistenza compulsiva” nel samsara, con tutti i suoi problemi, “proviene da questi pensieri concettuali”, da questo afferrarsi all’esistenza auto stabilita.
Il samsara “ha la natura di identità (meramente architettata) dal pensiero concettuale”. In altre parole, il pensiero concettuale fa sì che le cose esistano in questo modo impossibile in cui appaiono - badate bene, tutti i pensieri concettuali si afferrano a un’esistenza auto stabilita - e le abitudini di ciò creano le apparenze dell’esistenza auto stabilita. Ciò è anche indicato qui, che il nostro samsara è “(meramente architettato) da pensieri concettuali”. “Pertanto, lo stato di libertà da tutti i concetti, senza alcuna esclusione, è il supremo Nirvana Stato Oltre il Dolore”: qui si riferisce non solo al nirvana della liberazione, ma all’illuminazione.
Atisha ora supporta la sua spiegazione con citazioni del Buddha:
(56) Così allo stesso modo, il Maestro Conquistatore che Sorpassa Tutti ha detto, “Il pensiero concettuale (l’afferrarsi all’esistenza stabilita in modo autonomo) è la grande inconsapevolezza, ciò che ti fa cadere nell’oceano dell’esistenza che ricorre in modo incontrollabile. Dimorando nella concentrazione assorta priva di tali concetti, renderai chiaro, come lo spazio, uno stato non concettuale”.
Questo è il samsara.
Rimanendo in una concentrazione assorta priva di tali concetti renderai chiaro come lo spazio uno stato non concettuale.
“Maestro Conquistatore che Sorpassa Tutti” è il significato della parola bhagavan: conquistatore nel senso di colui che si è liberato di tutti gli oscuramenti, maestro tutte le buone qualità e colui che ha sorpassato persino Brahma.
Buddha disse che avere questo pensiero concettuale è inconsapevolezza. Il pensiero concettuale non è semplicemente pensare verbalmente, può anche essere non verbale. Il problema principale del pensiero concettuale è che si afferra all’esistenza auto stabilita. Questo è ciò che si intende con “il pensiero concettuale è la grande inconsapevolezza”.
È molto importante identificare qual è il difetto della cognizione concettuale, che non è che si concentra su qualcosa attraverso una categoria di essa, che è ciò che fa. Se non abbiamo idea o concetto di cosa significhi la categoria “vacuità”, come possiamo effettivamente concentrarci su di essa? Non è questo il difetto, bensì che si afferra a un’esistenza auto stabilita. Questo è il suo aspetto difettoso: l’afferrarsi a un’esistenza auto stabilita che viene con la cognizione concettuale - che la cognizione concettuale ha come parte di essa - che ci fa cadere nel samsara.
Atisha dice di “dimorare in una concentrazione assorta priva di tali concetti”, e che l’unico modo in cui si può essere privi di questo pensiero concettuale è con la comprensione della vacuità - non solo della vacuità, ma della vacuità della vacuità. Con questa cognizione non concettuale della vacuità la mente sarà chiara, “priva di tali concetti”; in altre parole, non si afferra all’esistenza auto stabilita, “come lo spazio” è libera da ciò.
La seconda strofe che Atisha cita:
(57) Inoltre, dalla Formula Dharani per impegnarsi nel non concettuale, Egli disse, “Se la Progenie del Trionfante
ciò significa i bodhisattva
impegnata in questa pura pratica di Dharma dovesse contemplare questo stato [in cui non c’è] alcun pensiero concettuale (l’afferrarsi all’esistenza stabilita in modo autonomo), allora essi trascenderebbero questi concetti che sono difficili da oltrepassare e otterrebbero gradualmente uno stato non concettuale”.
Se siamo sul sentiero del bodhisattva dobbiamo davvero pensare, “contemplare” - cosa significa essere non concettuali, qual è in realtà il punto della non concettualità. Quando comprendiamo davvero cosa significa essere non concettuali allora, attraverso la meditazione in accordo con quella corretta comprensione, saremo in grado di superare questo livello di cognizione concettuale e “ottenere uno stato non-concettuale”, lo stato della cognizione non concettuale della vacuità.
Ci sono due tipi di cognizione non concettuale. C’è la cognizione sensoriale non concettuale: vedere, sentire, ecc.; è automaticamente non concettuale, ma sono comunque accompagnati da inconsapevolezza. Non siamo consapevoli che il modo in cui ciò che stiamo vedendo sembra esistere è una falsa apparenza; non corrisponde a come le cose esistono realmente. Non è questo ciò a cui miriamo, avere solo una cognizione sensoriale non concettuale; ce l’abbiamo comunque. Ciò a cui miriamo è una cognizione non concettuale della vacuità e questa si ottiene solo confutando e quindi liberandosi dell’afferrarsi all’esistenza auto stabilita. Dobbiamo capire molto chiaramente cosa significa, questo “stato non concettuale”.
(58) Quando avrai acquisito la certezza, grazie a queste citazioni e queste linee di ragionamento, che tutte le cose sono prive di un’esistenza stabilita in modo autonomo e senza un sorgere (che si stabilisca autonomamente), medita in uno stato [in cui non c’è] alcun pensiero concettuale (di esistenza stabilita autonomamente).
(Partecipante): Ma non è una concezione anche la vacuità della vacuità?
Potremmo averne un concetto, è vero, la categoria “vacuità della vacuità”, e qualcosa per rappresentarla quando ci pensiamo, ma ciò di cui stiamo parlando qui non è il pensiero concettuale della vacuità della vacuità ma di ciò che sperimentiamo effettivamente nella meditazione. Quando ci siamo effettivamente liberati dall’afferrarsi all’esistenza auto stabilita, ci siamo anche liberati dall’afferrarsi all’auto esistenza dell’assenza di esistenza auto stabilita e, quindi, poiché tutto il pensiero concettuale si afferra all’esistenza auto stabilita, non c’è più alcun pensiero concettuale. Quindi, otteniamo la cognizione non concettuale della vacuità. Sta parlando del processo effettivo nella meditazione.
Qui si conclude la sezione sulla consapevolezza discriminante superiore.
Manifestare il risultato
(59) Quando avrai meditato in questo modo sui fatti della realtà
questo si riferisce alla vacuità
e avrai ottenuto gradualmente lo (stadio) del calore e così via, allora otterrai (lo stadio di) un essere estremamente gioioso e così via, e l’illuminazione della Buddhità non sarà lontana.
Nelle fasi dell’illuminazione si passa attraverso cinque sentieri, le menti sentiero, i cinque diversi livelli di mente o di comprensione. Raggiungiamo il primo di questi, una mente sentiero dell’accumulazione o costruzione - se lo stiamo seguendo in un modo Mahayana - quando abbiamo bodhicitta senza sforzo; in altre parole, non dobbiamo servirci dei ragionamenti nella meditazione ma sorge automaticamente.
Quindi, stiamo costruendo o accumulando sempre di più, fondamentalmente, le due reti di costruzione dell’illuminazione, lavorando per ottenere shamatha, lo stato mentale calmo e stabile e vipashyana, uno stato mentale eccezionalmente percettivo che ha una corretta comprensione della vacuità. Questo è ciò in cui ci impegniamo in questo primo sentiero.
Quando effettivamente otteniamo shamatha e vipashyana, in altre parole, la concentrazione perfetta con la corretta comprensione della vacuità, sarà prima una cognizione concettuale della vacuità; poi raggiungiamo il secondo sentiero dell’applicazione o preparazione. Applichiamo le abilità che abbiamo appreso e sviluppato nel primo sentiero, andando sempre più in profondità con la comprensione della vacuità. Quel secondo sentiero ha vari stadi, “calore” è il primo di questi.
Ciò che dice è che “Quando avrai meditato in questo modo sui fatti della realtà e avrai ottenuto gradualmente lo (stadio) del calore e così via”, ciò significa la cognizione concettuale della vacuità, allora, si raggiunge la cognizione non concettuale della vacuità e si inizia a progredire attraverso i dieci stadi del bodhisattva, i dieci bhumi. Il primo di questi è “l’estremamente gioioso”. “Allora”, dopo aver raggiunto la cognizione concettuale dello stadio calore, la cognizione concettuale della vacuità, “otterrai (lo stadio di) un essere estremamente gioioso”, questa è la cognizione non concettuale della vacuità e allora “l’illuminazione della Buddità non sarà lontana”.
Poi dobbiamo procedere verso il quarto sentiero, che è il sentiero della meditazione e abituarci a questa cognizione non concettuale della vacuità, così da essere in grado di averla sempre, non solo nell’assorbimento meditativo, e poi essere in grado di recidere tutto ciò che impedisce l’illuminazione.
“La Buddità non sarà lontana” - il quinto sentiero è il sentiero del non più allenamento, quando effettivamente raggiungiamo la Buddità. Sebbene sia possibile raggiungere l’illuminazione in questo modo, ci vorrà molto, molto tempo: dobbiamo accumulare forza positiva per “tre innumerevoli eoni”, ovvero tre miliardi di eoni di tempo.
Il primo set di miliardi di eoni è per ottenere la cognizione non concettuale della vacuità. Quando la otteniamo per la prima volta, allora non ci afferriamo più all’esistenza auto stabilita basata su quadri concettuali ma ci afferriamo ancora automaticamente all’esistenza auto stabilita. Il secondo set di miliardi di eoni è necessario per liberarsi di questo e, quando ci siamo liberati delle oscurazioni che impediscono la liberazione, diventiamo arhat.
Tuttavia, la nostra mente crea ancora apparenze di esistenza auto stabilita a causa delle abitudini di afferrarsi ad essa: questo è ciò che impedisce l’illuminazione o l’onniscienza. Ci vuole il terzo set di miliardi di eoni di costruzione di forza positiva in modo che la nostra cognizione non concettuale della vacuità si liberi di quelle oscurazioni in quanto, se siamo in grado di rimanere concentrati non concettualmente sulla vacuità per sempre, allora non c’è più creazione di apparenze di esistenza auto stabilita; è finita.