Consigli per sviluppare una pratica significativa del tantra

La pratica della sadhana nella nostra lingua

Pensa che sarebbe meglio recitare la maggior parte della nostra sadhana non in tibetano, ma in una lingua più facile da capire come l'inglese o il norvegese? 

I tibetani certamente non recitano le loro sadhana in sanscrito ma in tibetano. Possiamo pertanto affermare che ci sono molti benefici e vantaggi nel recitare le nostre pratiche nella nostra lingua: ci permetterebbe di capire meglio ciò che stiamo recitando. Una sadhana è come il copione di un'opera o qualcosa del genere, in cui dobbiamo generare gli stati mentali e le visualizzazioni descritti. Questo è già abbastanza difficile e si complica ulteriormente quando dobbiamo comprendere il significato delle parole.

La difficoltà, naturalmente, sta nell'avere una traduzione non solo accurata ma anche abbastanza bella e melodiosa da recitare, dovrebbe anche essere tale da favorire il canto, il che è molto impegnativo e non facile da fare. Crea degli ostacoli una sadhana molto difficile da recitare a causa della lingua e che non è nemmeno tradotta chiaramente.

Il motivo per mantenerle in tibetano, come aveva spiegato il precedente Kalu Rinpoce predecessore di quello attuale, è che nei centri di tutto il mondo tutti coloro che praticano sono in grado di recitarle insieme nella stessa lingua, il che è molto utile per costruire una comunità. Ci sono pro e contro in ogni scelta.

Personalmente, per la maggior parte dei miei anni di pratica delle sadhana le ho recitate in tibetano, ma questo perché conosco il tibetano e ne capivo il significato. Non ho mai avuto l'esperienza di non capire quello che recitavo, tranne all'inizio quando non conoscevo la lingua e non avevo ricevuto alcuna spiegazione del testo. Potevo leggere e cercare le parole nel dizionario, ma non sapevo davvero cosa stavo recitando. Eppure, in quella fase è stato molto utile. 

Il motivo è che, provenendo da un ambiente intellettuale, l'università di Harvard, ero molto arrogante. Avevo l'atteggiamento di non voler fare qualcosa senza capire cosa stavo facendo. Ho capito che era un problema quell'atteggiamento di sentirmi così importante e di volere che gli altri “me” lo spiegassero, ho scoperto che era molto utile per acquisire un senso di umiltà recitare le sadhana anche se non capivo bene quello che stavo facendo. Quando ero pronto, i miei insegnanti mi spiegavano il significato di ogni cosa. 

Questo avveniva prima che fossero disponibili le traduzioni; ho iniziato a fare queste pratiche molto tempo fa, nel 1970. In seguito, però, il mio tibetano è migliorato, ho ricevuto gli insegnamenti e ho praticato le sadhana in tibetano. Ma a un certo punto la mia pratica ha raggiunto un punto in cui non andavo oltre, era diventata solo un "bla, bla, bla" senza che significasse molto per me. Iniziai a recitarle in inglese. Erano mie traduzioni quindi sapevo cosa dovevano significare. Ora continuo a farle in inglese e trovo che abbiano più significato per me. Quindi, ho provato a farle in questi tre modi diversi: in tibetano, senza sapere cosa significassero le parole, in tibetano conoscendolo bene e in inglese. 

Quando facciamo queste pratiche insieme in una comunità potremmo usare un certo stile, specialmente se si tratta di una comunità internazionale, e potremmo usarne un altro quando le eseguiamo privatamente. Penso che dobbiamo giudicare da soli quale sia lo stile più utile. Il punto è, naturalmente, usare le sadhana per generare effettivamente gli stati mentali e le visualizzazioni descritte. 

Come ho detto prima, facciamo un'auto-generazione, un'auto-trasformazione, non solo una trasformazione della nostra bocca. Tuttavia per il canto, il tibetano è ancora la lingua migliore.

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