Definizioni
Il prossimo argomento riguarda i soggetti e gli oggetti. La parola soggetto può essere intesa in molti modi diversi ma, letteralmente, è qualcosa che ha un oggetto. I soggetti sono fenomeni funzionali (dngos-po) che hanno oggetti (yul-can), e gli oggetti (yul) sono ciò che possiedono. Questo è in realtà l’argomento.
Per un fenomeno funzionale avere un oggetto significa possedere continuamente e attivamente un oggetto che è appropriato a se stesso ogni volta e per tutto il tempo in cui quel fenomeno funzionale si verifica o esiste. È qualcosa che ha sempre un oggetto finché esiste. Per questo, ne abbiamo alcuni che hanno o assumono - dzinpa (’dzin-pa) - un oggetto cognitivamente e alcuni che non prendono cognitivamente un oggetto ma ce l’hanno sempre. Cosa significa? Tra le cose che hanno sempre un oggetto, le persone (gang-zag) e i modi di essere consapevoli di qualcosa (shes-pa) prendono sempre cognitivamente l’oggetto, conoscono l’oggetto. Ad esempio, i suoni comunicativi (sems-can-du ston-pa’i sgra) hanno sempre un oggetto, ma non conoscono l’oggetto; l’oggetto che hanno sempre è ciò che comunicano. La definizione è che comunicano l’essere creati da una persona. Quindi, abbiamo questa divisione qui.
Persone
E le persone? Ad esempio, nel nostro esempio, pensare di essere un idiota totale o vedere il computer. Da un lato, possiamo dire che la coscienza mentale pensa “Sono un idiota”, ma dovremmo anche dire che io penso di essere un idiota – io lo sto pensando. Non è che non lo sto pensando e solo la mia coscienza mentale lo fa. O che la mia coscienza visiva vede il computer, ma io non lo vedo. Non ha senso.
La persona, il me, il sé è sempre un fenomeno di imputazione sulla base di un continuum mentale individuale. In realtà, la base è un continuum dei cinque aggregati, ma semplifichiamo e diciamo sul continuum mentale. C’è un continuum, momento dopo momento dopo momento, di esperienza. Da un istante all’altro sperimentiamo persino la morte o la rinascita. Il continuum mentale continua senza inizio, senza fine, ed è composto da diversi tipi di coscienza e fattori mentali, cose che vediamo e sentiamo, e così via. Tutti questi cambiano continuamente a velocità molto diverse. Ci sono alcune cose che sono fenomeni di imputazione sulla base di essi.
Stiamo parlando dei fenomeni che cambiano di momento in momento, come l’età: ora ho un anno, poi due, tre, e così via. È qualcosa che esiste come un fenomeno di imputazione su questo continuum, in questo senso, nell’arco di una vita. Cambia, non è vero? Momento dopo momento, si invecchia. Come l’età, c’è anche il fenomeno di imputazione me sulla base di questo continuum mentale. Non è così facile da capire, ma è assolutamente cruciale nello studio buddhista capire cosa intendiamo per me.
L’età non è una forma di fenomeno fisico, non è come un computer e nemmeno un modo di essere consapevoli di qualcosa. È più astratto. Non possiamo dire che non esista una cosa come l’età, tuttavia non è solida. Non serve imputarla attivamente perché ci sia l’età di qualcosa. La stessa cosa con me: non possiamo dire che non esista un me ma non è qualcosa di solido, una forma di fenomeno fisico, né un modo di essere consapevoli di qualcosa.
Tuttavia, anche se non è di per sé un modo di essere consapevoli di qualcosa, come la coscienza - la rabbia o qualche emozione - conosce comunque le cose, perché in un certo senso la mente conosce le cose, la coscienza conosce le cose, noi conosciamo le cose. Seguite? Non ha assolutamente senso dire che non lo vediamo, che solo la coscienza visiva lo vede. Qual è il significato di dire che lo vediamo, lo sentiamo o lo pensiamo? È che, sulla base della coscienza mentale, uditiva o visiva, del pensiero, dell’udito o della vista, c’è un me, io sto pensando, ascoltando o vedendo.
Questo è il primo tipo di cosa che cognitivamente prende un oggetto. Persone: io, tu, il verme, tutti.
Modi di essere consapevoli di qualcosa
La seconda divisione consiste nei modi di essere consapevoli di qualcosa; può essere la coscienza primaria (rnam-shes) (come la coscienza visiva, uditiva, olfattiva, ecc.) o i fattori mentali (sems-byung) che la accompagnano. Abbiamo attenzione, distinzione, rabbia, sentirci felici o infelici: tutti questi fattori mentali. Hanno sempre un oggetto, prendono sempre cognitivamente quell’oggetto, lo conoscono.
A proposito, quando diciamo che avere un oggetto significa averlo sempre finché esiste, ci sono alcune cose che non hanno attivamente un oggetto; ce l’hanno ma non sempre attivamente. Il mio esempio preferito, una pala da neve. Qual è l’oggetto associato a una pala da neve? La neve. Quando d’estate è in garage, sta attivamente prendendo l’oggetto neve? No. Tuttavia, la coscienza è sempre in funzione, che dormiamo o meno, perché io sperimento il sonno. La mente sta sperimentando il sonno profondo o i sogni, quindi io sto sperimentando il sonno profondo e io sto sperimentando i sogni.
Quando sia la coscienza che io sperimentiamo qualcosa, conoscendo qualcosa, allora questo si chiama cognizione manifesta (shes-pa mngon-gyur-ba). Tuttavia, cosa succede quando dormiamo? Qual è l’oggetto qui? Un’oscurazione, per esempio. Con la coscienza mentale sperimentiamo un’oscurazione, un’assenza di pensiero di qualcosa come un oggetto. Cosa avviene con la coscienza uditiva quando dormiamo? Dovremmo dire che abbiamo una cognizione subliminale, è ancora in funzione. Subliminale (bag-la nyal) significa che la coscienza uditiva in quel momento sta cognitivamente prendendo un oggetto ma noi, la persona, no. Pensateci. Mentre dormiamo la nostra coscienza uditiva sente il ticchettio dell’orologio, ma noi non lo sentiamo. Tuttavia, quando suona la sveglia, sia la coscienza uditiva che noi lo sentiamo. Se la coscienza uditiva non fosse in funzione mentre dormiamo a questo livello subliminale, non potremmo mai sentire la sveglia. È interessante pensare a come sentiamo la sveglia o come sentiamo qualcuno che ci solletica i piedi quando dormiamo.
Modi concettuali e non concettuali di essere consapevoli di qualcosa
Abbiamo diversi modi di essere consapevoli di qualcosa: non concettuale (rtog-med) e concettuale (rtog-bcas). Non concettuale non è mescolato a una sorta di categoria (spyi), e concettuale è con una categoria. Non concettuale è come vedere qualcosa sul tavolo. Cosa vediamo? Una forma colorata sul tavolo ma anche un oggetto convenzionale, un computer. Quindi, vediamo sia una forma colorata che un computer; questo è non concettuale. Tuttavia, concettuale sarebbe guardarlo attraverso la categoria di computer “Questo è un computer”. Abbiamo una sorta di concetto; è una categoria, una generalità, computer. Ne parleremo molto più in dettaglio in un’altra lezione.
La cognizione sensoriale - coscienza sensoriale - non è concettuale. La coscienza mentale può essere concettuale o non concettuale. Concettuale è il pensiero, non concettuale è vedere qualcosa nel sogno. Potremmo anche pensare in un sogno, naturalmente, ma è qualcos’altro. Nei sogni, potremmo avere una cognizione non concettuale o concettuale, ma avviene con la coscienza mentale. È un modo di essere consapevoli di qualcosa, ha un oggetto.
La cognizione non concettuale solo vede una forma colorata sul tavolo. In realtà, cosa stiamo vedendo? Un computer, ma non pensiamo “computer”. La cognizione concettuale riconosce questo con la coscienza mentale e pensa in termini di computer. Non dobbiamo pensarlo verbalmente, ma lo pensiamo attraverso questa categoria, questo filtro di computer. Ovviamente, abbiamo un’idea di cosa sia, diremmo nelle nostre lingue occidentali. È concettuale guardare questo oggetto e poi pensarlo attraverso il filtro, la categoria dei miei beni.
Modi validi e non validi di essere consapevoli di qualcosa
I modi di conoscere qualcosa, i modi di esserne consapevoli, possono essere validi (tshad-ma, cognizione valida) o non validi (tshad-min, cognizione non valida) – un modo valido di conoscere o un modo non valido di conoscere qualcosa. Ci sono diverse spiegazioni a seconda della scuola filosofica, quella usuale definisce valido come fresco (gsar-tu) e non fraudolento (mi-bslu-ba). In altre parole, è fresco in ogni momento e non fraudolento (in altre parole, non è né inaccurato né indeciso).
Quali sono i modi validi per conoscere qualcosa? Abbiamo il classico elenco di sette modi, due sono validi e cinque non validi.
Cognizione nuda valida
La cognizione nuda valida (mngon-sum tshad-ma) che non conosce attraverso il mezzo di una categoria, non è concettuale. Potrebbe anche essere distorta: ci togliamo gli occhiali e vediamo una macchia sul tavolo anche se non c’è. Vediamo con precisione cosa sta apparendo - una macchia - ma in realtà non c’è.
Torno a casa, ho il computer sbagliato, non è il mio, lo guardo sul tavolo e sto impazzendo, sono molto arrabbiato e turbato. Lo guardo e questa è pura cognizione visiva. È valido. Vedo una forma colorata, il computer; questo è valido.
Cognizione inferenziale valida
La cognizione inferenziale valida (rjes-dpag tshad-ma) è un’inferenza. Sappiamo che questo non è il mio computer sulla base di un ragionamento. Perché non è il mio computer? Qual è la ragione? Non è il mio perché è grigio ed è un Apple. Il ragionamento: questo computer è grigio ed è un Apple mentre il mio è nero ed è un Dell. Poiché questo non è nero e Dell, posso concludere che non è il mio computer. Se lo fosse dovrebbe essere nero e Dell, ma non è così.
Come faccio a sapere che non è il mio computer? Dobbiamo dedurlo - si chiama inferenza - basandoci su un ragionamento. Ovviamente, non seguiamo passo dopo passo questo sillogismo ma sappiamo all’istante che non è il mio computer, non è vero? Tuttavia, lo sappiamo attraverso un processo di inferenza. Pensateci. Come facciamo a sapere che non è il mio computer? Sappiamo così tante cose attraverso l’inferenza. Entriamo in un negozio “Questo non è quello che voglio comprare”. Come facciamo a saperlo? “Quello che voglio comprare è così e così. Questo non è così, quindi non lo voglio”. Come la frutta al mercato.
Non è la stessa cosa della distinzione (’du-shes). Possiamo distinguere una cosa dall’altra, questa non è inferenza. Possiamo distinguere il pezzo di carta dal tavolo ma non è inferenza. Questa distinzione avviene semplicemente nel vedere - cognizione non concettuale. Fondamentalmente, è distinguere un elemento in un campo sensoriale dal resto del campo: questa forma colorata dalle forme colorate che la circondano.
Cognizione susseguente
Quali sono i modi non validi? Il primo è chiamato cognizione susseguente (bcad-shes), i momenti successivi di cognizione nuda o inferenziale. Non sono validi perché (secondo questa definizione) non sono freschi, stanno diventando un po’ stantii. Altre scuole non hanno questa categoria di cognizione susseguente perché ogni momento, da un certo punto di vista, è fresco e nuovo.
Cognizione che suppone
La supposizione (yid-dpyod) è come un’ipotesi. Il fattore che qui non abbiamo è la consapevolezza decisiva (nges-shes). Questa è un’altra variabile. Se una cognizione è sia accurata che certa, realmente determinata - è questo e non quello - allora si chiama comprensione (rtogs-pa).
Con la supposizione non siamo sicuri, è un’ipotesi. Potrebbe essere un’ipotesi fondata o meno. Ad esempio, suppongo che riavrò indietro il mio computer. Non lo so davvero, ma lo suppongo. Questo può anche avvenire tramite un processo inferenziale, ma suppongo “Beh, sono in Austria. Le persone sono oneste”, e così via. Presumo che lo riavrò indietro, ma non posso esserne davvero sicuro.
Cos’è l’intuizione?
L’intuizione è anche una forma di supposizione, può essere corretta o errata. Abbiamo l’intuizione che pioverà e poi non piove. Solo perché è un’intuizione non significa che sia corretta. Ho l’intuizione che il mercato azionario salirà. Potrebbe non farlo. Non abbiamo un termine tibetano per ciò che chiamiamo intuizione; è un’ipotesi di cui ci sentiamo abbastanza certi, che emerge spontaneamente senza un processo analitico.
La supposizione potrebbe basarsi su un’analisi come “Beh, sono in Austria. La gente è onesta”. Presumo che lo riavrò indietro, ma non ne sono poi così certo. Spero davvero di riaverlo.
Questi sono modi diversi in cui prendiamo un oggetto, sia io che la coscienza.
Cognizione non determinante
Di solito è tradotta come cognizione disattenta, ma la traduzione letterale è cognizione non determinante (snang-la ma-nges-pa). Qualcosa appare, ma non ne siamo certi. Letteralmente questo è ciò che significa, quindi è non determinante.
Non stiamo parlando solo di un campo sensoriale. Mentre guardo il gruppo di persone di fronte a me, sto prestando attenzione a una persona e non alle altre, anche se in realtà le vedo. Questo, diremmo, è disattenzione, ma non è di questo che stiamo parlando qui. Oppure ti sto guardando, sto guardando tutti in classe, ma non sto davvero prestando attenzione a cosa indossi. Dopo, non ricordo davvero il colore del maglione o della maglietta che indossi. Ovviamente lo vedo, ma non si tratta di questo.
Parliamo di cosa succede con i diversi sensi. Ad esempio, sto preparando il mio caffè, sto guardando la caffettiera e sono molto coinvolto in questo, e sento la vostra conversazione, le due persone accanto a me. La sento, ma è una cognizione non determinante. Non sto davvero accertando che tu stia dicendo questo e non quello. Stiamo parlando di due diverse coscienze sensoriali: mentre siamo concentrati su una è non determinante con l’altra e, inoltre, non abbiamo attenzione lì. C’è una distinzione qui tra uno e tra due campi sensoriali.
All’aeroporto ascolto un annuncio all’altoparlante o parlo con una persona, e la mia cognizione visiva vede che ci sono due bagagli sul pavimento, e prendo quello sbagliato. Quella cognizione visiva era una cognizione non determinante. Non stavo determinando con precisione che questo è mio e non tuo, perché la mia attenzione era tutta rivolta ad ascoltare cosa stava dicendo l’altra persona. Non ho determinato, non ho accertato, questo è mio e non di qualcun altro - tra mio e non mio.
Questo particolare modo di conoscere si verifica solo con la coscienza sensoriale e non nella sfera della coscienza mentale. Avviene un altro processo quando, per esempio, recitiamo un verso e non pensiamo veramente a cosa significhi, ma è solo una specie di “bla bla bla”. Non è cognizione disattenta ma ha a che fare con la cognizione concettuale.
Dubbio indeciso
Il prossimo si chiama dubbio (the-tshoms) ma letteralmente è un tentennamento indeciso, un tentennare avanti e indietro tra due possibilità. Qualcuno ha preso il mio computer o gli addetti all’aeroporto l’hanno trovato e portato ai bagagli smarriti? Siamo indecisi, non lo sappiamo, stiamo tentennando avanti e indietro: è questo o quello? Dobbiamo capire cosa significa dubbio qui.
Cognizione distorta
Poi c’è la cognizione distorta (log-shes): ho visto la borsa di qualcun altro e l’ho vista come la mia. Questo è semplicemente sbagliato.
Abbiamo tutti questi diversi modi di assumere cognitivamente gli oggetti. Abbiamo persone, modi di essere consapevoli delle cose; queste hanno oggetti e li assumono cognitivamente.
Suoni comunicativi
I suoni comunicativi hanno oggetti ma non li assumono cognitivamente. Comunicano che sono stati creati da una persona. Possono essere il suono della parola, dei passi o un colpo di tosse. Nel caso del suono della parola c’è un oggetto aggiuntivo: il significato che trasmette. Ci sono tre tipi diversi.
Parole
Abbiamo le parole (ming).
Sono nomi?
Sì. Nomi o parole. Non ci riferiamo solo a nomi, oggetti, ma anche verbi e aggettivi. Le parole, credo, sono più ampie di un semplice nome.
Ad esempio, la parola “computer” è usata per riferirsi a una categoria di cose, una generalità. Ci sono molti oggetti che rientrano nella categoria o generalità di computer, e c’è una parola che è usata per la categoria e gli oggetti che vi rientrano, “computer”. La parola non è la stessa della categoria, o abbiamo la parola “idiota”; “Sono un idiota”.
A volte ci sono dei soprannomi (btags-ming). La parola vera e propria (dngos-ming) è “idiota” e poi ci sono soprannomi per idiota, come stupido, che hanno lo stesso significato.
Ovviamente le categorie sono moltissime e non entriamo troppo nei dettagli.
Frasi
Poi abbiamo le frasi (tshig) che possono essere un gruppo di parole oppure un’intera frase come “Sono un idiota”. Non solo la parola “idiota”, ma “Sono un idiota”. Proprio come la parola “idiota” o “computer” ha un significato, anche “Sono un idiota” ha un significato, quindi c’è un oggetto. Il modo in cui comprendiamo il significato di una frase è un processo molto complesso che ha a che fare con la cognizione concettuale perché, dopotutto, sentiamo solo una parola alla volta. Quando sentiamo la seconda parola non stiamo più sentendo la prima, perché non è valida e non sta più accadendo. Ciò ha a che fare con i nostri vecchi amici, gli ologrammi mentali. Ma ci arriveremo.
Sillabe
Quelle che noi chiamiamo lettere nel contesto sanscrito sono sillabe (yi-ge). Una sillaba è composta da una consonante e una vocale o da una vocale da sola. Non possiamo semplicemente dire una consonante da sola, vero? Si tratta di un suono che possiamo effettivamente pronunciare. Non stiamo parlando nemmeno di ortografia qui. Perché ad esempio, abbiamo varie preposizioni in russo che sono solo una consonante e, anche se non scriviamo una vocale, c’è un certo suono presente come k, che significa da; la lettera k significa verso.
Pensiamo alle sillabe i-dio-ta di “idiota”. È interessante quando sentiamo i, dio e ta non stanno ancora accadendo. Quando sentiamo dio, i non sta più accadendo, e ta non sta ancora accadendo tuttavia, in qualche modo, mettiamo tutto insieme. È davvero notevole. Tutto questo comunica che queste sillabe sono create da una persona e, come possessori di oggetti, hanno un oggetto - un significato.
Ora, non ne sono davvero sicuro - è una cosa da chiedere a Ghesce-la - ma abbiamo l’impressione che tutto debba essere un linguaggio verbale, parlato. Tuttavia, lo metterei seriamente in dubbio, perché cosa dire dei messaggi dei tamburi nella giungla o del codice Morse? Questi sono suoni che in realtà comunicano che sono prodotti da una persona e hanno un significato, ma non sono verbali. Penso che debbano essere inclusi qui, ma non sono sicuro che ci sia una quarta categoria in cui potrebbero rientrare.
In realtà, è molto interessante se si approfondisce ulteriormente. Il suono non ha un significato intrinseco, vero? Se una parola come “subliminale” avesse un significato intrinseco e io non sapessi l’italiano e non ne conoscessi il significato, dovrei comunque capirla. Sebbene la parola abbia un significato, dobbiamo averlo imparato; non è che se ne sta lì e salta fuori.
Possiamo sentire i tamburi tom-tom nella giungla ma, a meno che non conosciamo la lingua, non ne capiamo certamente il significato; non ci comunicano un significato, ma comunicano che è stato creato da una persona. Che dire del linguaggio dei segni? Non sono suoni comunicativi ma gesti delle mani. Dove lo inseriamo qui? Ovviamente, se vediamo qualcuno fare il linguaggio dei segni noi non abbiamo idea del significato, ma ce l’ha per coloro che lo conoscono.
Tutte queste cose – linguaggio, parole, nomi e frasi, e le parti che le compongono, le sillabe – devono essere concordate per convenzione. Un gruppo di persone le inventa – assegna suoni senza senso per un significato, una parola – e poi è una convenzione che tutti adottano; tutti sono d’accordo e l’imparano. È piuttosto interessante.
Si tratta di cose che hanno oggetti, i cosiddetti soggetti.
Oggetti
Si riferiscono agli oggetti cognitivi (yul) che sono coinvolti quando sappiamo qualcosa. Forse abbiamo bisogno di un momento prima di addentrarci in questo argomento, perché è altrettanto complesso.
Il punto importante qui è che, quando ci troviamo in questa situazione “Ho preso il computer sbagliato, sono arrabbiato con me stesso” e così via, è utile distinguere tra i nostri modi validi di pensare e sapere e quelli che non lo sono.
È un dato di fatto: vedo un computer e so che non è mio. È valido. Tuttavia, spero, suppongo, di riaverlo indietro. Non lo so davvero. L’ha preso qualcuno o è nell’ufficio oggetti smarriti? Tutte queste cose sono incerte. Come ci aiuta? Ci aiuta nel senso che non ha senso preoccuparsene. Come potremmo saperlo se non chiamiamo? È nell’ufficio oggetti smarriti o l’ha preso qualcuno? Perché preoccuparsene? È al di là di ciò che possiamo sapere ora. Preoccuparci non ci aiuterà; ci renderà solo più infelici.
Quando chiamo l’aeroporto, se voglio comunicare correttamente, devo scegliere le parole con molta attenzione in modo che la persona dall’altra parte capisca di cosa sto parlando. Questo diventa molto interessante - non è proprio il nostro argomento - ma quando abbiamo parole diverse, le persone possono capirle in modo molto diverso. Potremmo pensare di essere molto chiari in quello che diciamo, ma in realtà quelle parole non comunicano davvero quello che avevamo in mente. Sono sicuro che lo abbiamo sperimentato tutti. Qual è veramente il significato della parola? Cosa comunica veramente?
Dobbiamo qui distinguere nella nostra discussione tra quali sono gli oggetti cognitivi coinvolti nella cognizione non concettuale e quali in quella concettuale. È un’analisi leggermente diversa. Facciamo prima la non concettuale.
Oggetti coinvolti nella cognizione non concettuale
Ad esempio, quando vedo una forma colorata, vedo il computer lì sul tavolo, un computer, e lo distinguo. Lo distinguo dal tavolo, ad esempio. Non lo distinguo necessariamente tra il mio computer e non il mio computer, ma lo distinguo dal tavolo. Questa distinzione (’du-shes) è la parola che di solito viene tradotta come riconoscere, che però ha più a che fare con il ricordare qualcosa. Per poter vedere qualcosa, questa forma colorata, dobbiamo distinguere tra questa e le altre forme colorate nel nostro campo visivo, non è vero? Questa forma colorata è un computer e quella è il tavolo. Senza distinguere e senza necessariamente porre dei confini, non sappiamo nulla di ciò che stiamo vedendo. Possiamo mettere insieme le forme colorate in modi piuttosto strani.
Oggetti coinvolti
Innanzitutto, abbiamo un oggetto d’impegno (’jug-yul). Qual è l’oggetto effettivo con cui è coinvolta la coscienza? Questo è il computer; questo è l’oggetto principale con cui questa particolare cognizione si impegna. Le forme colorate e il computer sono ciò con cui è coinvolta la nostra coscienza visiva.
Oggetti focali
Sebbene non sia elencato tra i nostri oggetti c’è anche un oggetto focale (dmigs-yul), ciò su cui si sta concentrando quella coscienza come il computer e le forme colorate.
Oggetti apparenti
Un oggetto apparente (snang-yul) è l’oggetto effettivo che sorge nella cognizione come se fosse direttamente di fronte alla coscienza, un ologramma mentale. La parola tecnica è un aspetto mentale, nampa (rnam-pa); è un derivato mentale completamente trasparente di un oggetto di senso comune esterno. L’oggetto di senso comune (’jig-rten-la grags-pa) è un oggetto regolare, come un computer. L’oggetto apparente è una rappresentazione mentale derivata da quell’oggetto, ed è completamente trasparente; attraverso di esso vediamo questo oggetto esterno ed è per questo che lo chiamo ologramma mentale.
Ciò ha senso da un punto di vista scientifico occidentale. Dall’oggetto esterno provengono raggi di luce che vengono trasmessi agli occhi e al sistema nervoso, e poi tradotti in impulsi elettrici e reazioni chimiche che avvengono tra i neuroni, e colpiscono un certo centro nel cervello. Dovremmo dire che è un ologramma mentale, in qualche modo è trasposto in qualcosa che vediamo, non è vero? È derivato dall’oggetto, dal computer, un derivato mentale. Rappresenta quel computer, è ciò che appare realmente, come direttamente di fronte alla coscienza. Attraverso quell’ologramma mentale vediamo l’oggetto d’impegno, ciò su cui ci stiamo concentrando, il computer vero e proprio. È così che funziona, ha senso anche dal nostro punto di vista occidentale. È lo stesso con tutti i sensi.
Oggetti coinvolti nella cognizione concettuale
Con la cognizione concettuale penso al computer, al mio computer. Non entriamo nel merito se sentiamo effettivamente nella nostra mente la parola “computer” o no; lo faremo in una lezione separata. Possiamo pensare al computer senza dover verbalizzare nella nostra mente “computer”, ovviamente. Possiamo pensare al nostro computer, non dobbiamo effettivamente dirlo. Non tutti i pensieri sono verbali, o lo sono? È verbale se immaginiamo il computer nella nostra mente? Quando accendiamo il nostro computer e sappiamo quali pulsanti premere e così via, stiamo effettivamente recitando le istruzioni nella nostra mente? Tuttavia, lo sappiamo, è concettuale, attraverso le categorie generali di ora premi questo pulsante, ora premi quel pulsante.
La nostra parola occidentale pensare non è così precisa, in realtà. Cosa significa pensare? C’è il pensiero verbale e quello non verbale. Spesso non consideriamo nemmeno quello non verbale. Da un punto di vista buddhista abbiamo due varietà. Come capiamo qualcosa? C’è un processo di pensiero, ma non necessariamente verbalizziamo tutto. Quando eseguiamo una danza abbiamo un’idea di cosa dovrebbero fare le nostre gambe - di certo non lo stiamo recitando - così facciamo gli stessi passi ogni volta. Dobbiamo ampliare il nostro modo di comprendere queste cose.
Oggetti coinvolti e focali
Abbiamo solo cinque minuti e questo è complicato. Quindi, concettuale, qual è l’oggetto d’impegno e l’oggetto focale? Qui è lo stesso di quando abbiamo una cognizione non concettuale. Sto pensando al mio computer, quindi l’oggetto d’impegno è il computer, la forma colorata del computer - la forma colorata e il computer. Che stiamo pensando computer mentre lo guardiamo, o non lo vediamo e pensiamo computer, mio computer, non importa; l’oggetto d’impegno e l’oggetto focale sono lo stesso; non deve essere effettivamente presente, ma è ciò che è coinvolto qui. Questo è ciò con cui siamo impegnati, l’oggetto principale con cui è impegnata la nostra particolare cognizione. Non deve essere presente quando è concettuale.
Oggetti apparenti
Qual è l’oggetto apparente? Cosa sorge proprio di fronte alla coscienza? Qui abbiamo ciò che in questa terminologia è chiamata generalità (spyi), che io chiamo categoria. Qui è la categoria di oggetti (don-spyi) di computer. Questo è ciò che è effettivamente lì. È un derivato mentale (gzugs-brnyan, riflesso mentale) di tutti i singoli computer che rientrano in questa categoria e, in base a certe caratteristiche definitorie, non includiamo il vaso di fiori in questa categoria computer. È ciò che è noto come semi-trasparente, non completamente trasparente, e non ha a che fare con le cose che sono fuori fuoco.
È difficile capire davvero cosa intendiamo con trasparente e semi-trasparente. Quando parliamo di un foglio di carta oleata o di plastica, diremmo “Beh, è semi-trasparente”. Possiamo vedere le cose attraverso, ma non è così chiaro. Non intendiamo questo qui. Ciò che significa è che, in qualche modo, ciò che è semi-trasparente si mescola con ciò che è visto e conosciuto attraverso di esso. Otteniamo come una piccola sovrapposizione, una proiezione; la chiameremmo proiezione. Cosa si mescola con questo oggetto che appare? L’oggetto d’impegno.
L’oggetto che appare è la categoria e questa è un fenomeno statico: non ha forma o aspetto, non è una forma di fenomeno fisico. Non assomiglia a niente, giusto?
Isolati concettuali
Questo è un po’ complicato ma mi limito a un accenno. In una cognizione concettuale la prima cosa che appare attraverso la categoria computer è un isolato concettuale (ldog-pa). Un altro modo di tradurlo è niente altro che un computer. È un tipo di fenomeno di negazione, un niente altro che. Isola tutto ciò che non rientra in questa categoria da tutto ciò che vi rientra. Anche questo, come la categoria, è un fenomeno statico e non ha forma.
Ma poiché sia la categoria che l’isolato concettuale mancano di qualsiasi forma, dobbiamo rappresentare nel nostro pensiero un computer. L’esempio più semplice che uso spesso è un cane. Pensa a un cane: ognuno avrà un’immagine mentale diversa di ciò che rappresenta un cane per noi. Quindi, quando pensiamo a un cane, attraverso la categoria e l’isolato concettuale cane, appare una sorta di ologramma mentale che rappresenta un cane per noi.
Sto pensando computer. Questa è la categoria computer, ma in realtà ciò a cui voglio pensare è il mio computer, il mio Dell nero, non questo Apple grigio. Innanzitutto, l’isolato concettuale nient’altro che un computer stabilisce i confini di ciò che può rientrare nella categoria computer. Un cane non può rientrarvi. Quindi, attraverso la categoria e l’isolato concettuale appare un ologramma mentale che sembra il mio Dell nero che rappresenta il mio computer. L’ologramma mentale ha un colore e una forma ed è anche completamente trasparente. Attraverso questo, potrei guardare questo oggetto sul tavolo e vederlo come il mio computer, oppure il mio computer non c’è, e lo sto solo pensando, ma c’è ancora qualcosa che appare, questo ologramma mentale. È tutto concettuale, avviene attraverso questa categoria di computer e potrebbe essere associato alla parola o meno (questa è un’altra variabile).
Se lo facciamo in modo grafico c’è la coscienza, la categoria di fronte ad essa (che è semitrasparente) e poi di fronte a questa c’è nient’altro che il mio computer (completamente trasparente); attraverso questo c’è un ologramma mentale che sembra il mio computer (che è trasparente) tramite il quale posso guardare questa cosa sul tavolo, il computer.
Oggetti concettualmente impliciti (concettualizzati)
Ora, abbiamo un oggetto concettualmente implicito (zhen-yul), ciò che il pensiero pensa che sia. Ciò che è concettualmente implicito - ciò che questo implica - è il mio computer, il mio vero computer. Potrebbe essere accurato o inaccurato, non è vero?
Sto guardando questo computer davanti a me e penso che sia il mio computer. L’oggetto concettualmente implicito è in realtà il mio computer, ciò che il mio pensiero pensa che sia. Cosa penso? Ciò che è concettualmente implicito qui è il mio computer e ora lo sto proiettando su questo oggetto qui. Ci sono due possibilità: sto effettivamente guardando il mio computer e penso che sia il mio, oppure sto guardando il computer di qualcun altro e penso che sia il mio. Ciò che il mio pensiero giudica che sia potrebbe in realtà essere corretto o scorretto. Potrebbe corrispondere a ciò che sto vedendo davanti a me o no. Questo è ciò che dobbiamo distinguere in termini di oggetti.
Conclusione
L’argomento dei soggetti e degli oggetti non è molto semplice. I tibetani lo studiano per uno o due anni, e noi l’abbiamo coperto in un’ora e mezza. È un piccolo assaggio di quanto potrebbe essere molto utile nell’analisi: cosa sto pensando e vedendo in realtà? È corretto? È scorretto? Cosa sta succedendo in realtà? Vi aggiungiamo l’analisi dei diversi fattori mentali; alcuni di loro potrebbero funzionare correttamente, altri non così bene.
Potrei guardarlo e pensare che è il mio computer o non lo è; potrei essere felice o infelice; potrei essere arrabbiato, attaccato, e allora? Questo è il punto, e allora? È correttamente il mio computer o no? Il punto importante non è cosa sto provando ma è il mio computer o no? Lo sto vedendo correttamente? Se riconosco validamente che non è il mio computer, allora posso pensare chiaramente a come posso riaverlo indietro. Giusto? Inoltre, ne sono certo? Non lo so. Qualcuno l’ha preso? È nell’ufficio oggetti smarriti? Spero di riaverlo indietro.
Poi c’è la cognizione inferenziale: se voglio recuperarlo dovrò chiamare l’aeroporto, chiedere e dovrò scegliere parole che lo spieghino chiaramente. Tutto questo è coinvolto. Se è lì, dovrò guidare fino all’aeroporto, dovrò prenderlo e probabilmente sprecare un giorno intero. E allora? Che mi piaccia o no è irrilevante. Questa è la cognizione inferenziale; è ciò che consegue, ciò che deduco che dovrò fare per recuperarlo. Ricorda, i risultati successivi. Ci dicono che è lì. Qual è il risultato successivo? Devo salire in macchina e guidare fin lì, ecc. Tutto ciò ne consegue, che ci piaccia o meno, è irrilevante.
Tutte queste analisi complesse sono in realtà molto pratiche per consentirci di affrontare situazioni difficili nella vita. Tuttavia, ci vuole un po’ di tempo per familiarizzare con questi schemi quindi bisogna essere pazienti, ma funziona. Le persone lo fanno da migliaia di anni. Funziona.