I tre anelli seguenti – l'ottavo, il nono e il decimo – sono gli anelli causali che mettono in atto (bsgrub-byed-kyi yan-lag). Essi sono ciò che attiva lo strascico karmico del karma proiettante negli istanti che precedono la morte, in modo tale che i risultati karmici si attuino. In questo modo, essi servono da condizioni agenti simultaneamente (lhan-cig byed-rkyen) per gli aggregati della nostra futura rinascita. Agiscono simultaneamente alle cause karmiche per questi ultimi. Senza la loro presenza e la loro funzione di condizioni, lo strascico karmico non si attiverà e non darà origine ai suoi risultati.
Questi tre anelli sono paralleli alla sequenza che avviene in ogni istante nella nostra vita in risposta all'esperienza di sensazioni di felicità o infelicità. Normalmente rispondiamo con emozioni disturbanti, impulsi ad agire e impulsi in cui effettivamente agiamo. Tuttavia, qui i fattori paralleli sono molto più forti nel loro impatto, poiché avvengono al momento della morte.
L'ottavo anello: il desiderio ardente
L'ottavo anello è il desiderio ardente (sred-pa). Qui, ci stiamo concentrando su sensazioni di felicità, infelicità o neutre che sono maturate nei momenti immediatamente precedenti la nostra morte. È una forma di desiderio bramoso (‘dod-chags) di fare in futuro un'esperienza che al momento potremmo provare oppure no.
Ci sono tre tipi di desiderio ardente.
(1) Il primo è il desiderio ardente in relazione a ciò che è desiderabile (‘dod-sred), ovvero il desiderare ardentemente di non venire separati dalle forme ordinarie di felicità di cui al momento attuale stiamo facendo esperienza. La felicità che proviamo può derivare dall'avere i nostri cari intorno al nostro letto di morte ma anche da un narcotico antidolorifico. Il livello di felicità che desideriamo ardentemente e che non vogliamo abbandonare non deve necessariamente essere intenso.
(2) Il secondo tipo è il desiderio ardente basato sulla paura (‘jigs-sred), ovvero il desiderare ardentemente di venire separati da dolore e infelicità. Molte persone anziane che soffrono mentalmente sentono che tutti i loro conoscenti siano già morti e vogliono solamente essere liberati dalla loro depressione e dalla loro pena. Queste prime due forme di desiderio ardente non sono difficili da comprendere.
(3) La terza forma di desiderio ardente, il desiderio ardente di esistere ancora (srid-sred), si riferisce al desiderio ardente per una sensazione neutra che stiamo provando per sopravvivere e non degenerare, per esempio la sensazione neutra dell'essere addormentati o in coma.
Una spiegazione aggiuntiva del desiderio ardente di esistere ancora è che si tratta di desiderio ardente per il nostro corpo composto da cinque aggregati come base per le prime due forme di desiderio ardente. Dobbiamo esaminare questa spiegazione: è sottile e non facile da comprendere. Anche se siamo in coma, c'è ancora questo desiderio ardente inconscio di avere un corpo, di tenere duro. Un mio amico aveva una zia anziana che ebbe un grave ictus. Rimase in coma parziale. Tutto quello che poteva fare era muovere gli occhi. La maggior parte del tempo, non era presente. I medici dissero che sarebbe dovuta morire entro poche settimane dall'ictus ma lei sopravvisse per circa otto mesi con una sonda nello stomaco che la nutriva. Era aggrappata alla vita e non voleva lasciarla andare.
Persino i meditatori che hanno raggiunto l'equanimità rispetto alle loro sensazioni possono ancora avere desiderio ardente verso il loro corpo, la base per la loro equanimità. Questo non è così difficile da vedere anche nella nostra limitata esperienza. Potremmo praticare tonglen (dare e prendere) mentre siamo sulla poltrona del dentista, oppure pensare che il dolore è temporaneo, recitare mantra e così via. Come risultato, potremmo essere mentalmente un po’ più rilassati rispetto al dolore. Eppure, potremmo scoprire che il nostro corpo è ancora teso. La tensione nelle nostre mani mentre ci aggrappiamo con forza ai braccioli della poltrona del dentista potrebbe essere indicativa di questo terzo tipo di desiderio ardente.
C'è anche un modo alternativo di spiegare i tre tipi di desiderio ardente, in relazione agli oggetti dei tre tempi.
(1) Desiderio ardente in relazione a ciò che è desiderabile è l'aggrapparsi agli oggetti del presente, che desideriamo fortemente mantenere.
(2) Desiderio ardente basato sulla paura è l'aggrapparsi agli oggetti del passato. Abbiamo paura di lasciare andare tutto ciò che ci ricordiamo di aver ottenuto o posseduto in passato.
(3) Desiderio ardente di esistere ancora è l'aggrapparsi agli oggetti del futuro, ovvero aggrapparsi al proseguimento dell'esistenza con una futura rinascita.
Il nono anello: un ottenitore
Il nono anello è un ottenitore (len-pa), che può essere sia un ottenitore di un'emozione disturbante oppure un ottenitore d'un atteggiamento disturbante. Un insieme di aggregati è "macchiato" (zag-bcas kyi phung-po, aggregati contaminati) se deriva dall'inconsapevolezza, il primo anello dell'origine dipendente che ha portato al karma proiettante e a tutto il processo che ha dato origine a questi aggregati. Gli aggregati sono chiamati gli aggregati ottenenti (nyer-len-gyi phung-po) se contengono uno o più di questi ottenitori d'emozioni o atteggiamenti. A causa della loro presenza e funzionamento, otteniamo aggregati futuri che includeranno anch'essi, attraverso il meccanismo per cui essi favoriscono l'attivazione dello strascico karmico.
Ci sono quattro ottenitori, il primo è un ottenitore di un'emozione disturbante, mentre gli altri tre sono ottenitori di atteggiamenti disturbanti.
(1) Un ottenitore di un'emozione disturbante è l'ottenitore di un desiderio (‘dod-pa nye-bar len-pa) rivolto verso alcuni oggetti sensoriali desiderabili del reame degli oggetti dei sensi desiderabili. Può essere attaccamento verso uno di essi di cui stiamo facendo esperienza al momento attuale, oppure desiderio bramoso per uno che vorremmo avere. Una forma molto comune è il desiderare che qualcuno ci tenga per mano o ci abbracci. Vogliamo una sensazione fisica. "Abbracciami!" "Non lasciarmi andare." Vogliamo vedere immagini dei nostri cari, o di Buddha, Gesù o di chiunque altro. La maggior parte delle persone non desidererà un odore o un sapore al momento della morte, ma un cane potrebbe avere attaccamento o desiderio bramoso verso l'odore del proprio padrone. Potrebbe anche essere attaccamento o desiderio bramoso verso il suono della voce di una persona amata. Questo accade veramente al momento della morte. È terribile. Questa è una delle cose che attiva il karma proiettante. Tutto ciò viene spiegato nei testi in gergo tecnico. È importante metterlo in relazione alla nostra esperienza e riflettere su cosa stiamo effettivamente parlando.
(2) Il secondo tipo è un ottenitore d'una prospettiva ingannevole (lta-ba nye-bar len-pa). È a sua volta diviso in tre tipi, che coprono tre delle cinque "prospettive ingannevoli disturbanti sulla vita" (lta-ba nyon-mongs-can, visioni ingannevoli), che io chiamo in breve "prospettive ingannevoli."
Qui stiamo parlando dei cosiddetti "klesha" in sanscrito (nyon-mongs), che io preferisco tradurre con "emozioni e atteggiamenti disturbanti," ma anche questo è un termine inadeguato. Secondo la definizione, quando essi sorgono, ci fanno sentire turbati e a disagio. Alcuni traducono questo termine con "afflizioni emozionali" o "emozioni afflittive," ma questi termini creano l'impressione che si stia parlando soltanto di emozioni. Non è così.
È estremamente difficile trovare una frase o un'espressione nelle nostre lingue che copra l'intero significato di ciò che è incluso nei klesha. Dei sei klesha fondamentali, cinque non sono prospettive sulla vita, mentre le cinque suddivisioni del sesto klesha sono prospettive sulla vita. Dei cinque che non sono prospettive sulla vita, attaccamento e ostilità sono emozioni nel senso occidentale del termine. Arroganza o orgoglio è forse un'emozione, ma per lo più è un atteggiamento. Ingenuità e indecisione sono stati mentali disturbanti. Il sesto, prospettive ingannevoli, sono atteggiamenti disturbanti.
In ogni caso, andiamo a vedere le tre prospettive ingannevoli che sono incluse tra le divisioni di un ottenitore d'una prospettiva ingannevole.
(a) La prima, una prospettiva distorta (log-par lta-ba), è principalmente un rifiuto di causa ed effetto. Con questa prospettiva distorta, potremmo negare causa ed effetto. Potremmo ancora credere nella rinascita futura, tuttavia neghiamo che in essa sperimenteremo i risultati di nessuna delle nostre azioni. Per usare l'analogia del computer, il nostro atteggiamento è che il nostro disco rigido verrà completamente formattato e procederemo verso la nostra prossima vita come un disco rigido vuoto. La formattazione e i programmi che verranno caricati su di esso in una vita futura non avranno alcuna relazione con quello che abbiamo fatto in questa vita. Questo può anche essere molto inquietante, poiché non abbiamo idea di ciò che verrà caricato su di esso e potrebbe facilmente essere qualcosa di terribile. Non c'è niente che possiamo fare per influenzare quello che accadrà.
La nostra prospettiva distorta può essere anche un rifiuto della rinascita. Se pensiamo che questa vita sia l'unica che un "io" apparentemente solido avrà mai, tenderemo ad aggrapparci ad essa con ancora più forza rispetto al caso in cui crediamo nella rinascita.
Un'altra variante potrebbe essere un rifiuto della direzione sicura (rifugio). Possiamo avere la sensazione che non ci siano fonti di direzione sicura che possano indicarci quali siano i pensieri di maggiore beneficio da coltivare o preghiere da fare al momento della morte. Con questa prospettiva distorta, possiamo sentirci persi e indifesi. Siccome le prospettive distorte hanno una componente emozionale di antagonismo contro chiunque o contro qualsiasi visione che sia in disaccordo con la nostra, questo rifiuto di tutto ciò che può aiutarci può essere molto amaro al momento della morte.
(b) Il secondo ottenitore d'una prospettiva ingannevole è una prospettiva estrema (mthar-‘dzin-pa’i lta-ba). Un tipo consiste nell'atteggiamento disturbante secondo cui il nostro corpo e la nostra mente, con la loro attuale identità apparentemente concreta e permanente, dureranno per sempre e la morte non avverrà mai. È un grandioso rifiuto della morte: uno stato mentale molto disturbato e inquietante. Può portare facilmente al panico completo al momento della nostra morte.
Una prospettiva estrema può anche essere quella che non ci sia alcuna continuità dopo la nostra morte. Pensiamo che dopo la morte non accada nulla, che non ci sia nessun'altra esperienza. Se guardiamo questa cosa dal punto di vista psicologico, questo è uno stato mentale disturbante. Sottostante ad esso c'è generalmente la sensazione spaventosa che non ci sarà un bel niente.
(c) Il terzo ottenitore d'una prospettiva ingannevole è il considerare una prospettiva ingannevole come suprema (lta-ba mchog-tu ‘dzin-pa). Considerare una prospettiva ingannevole come suprema è un atteggiamento che si riferisce al modo in cui consideriamo le cose. Secondo una spiegazione, potremmo considerare i nostri aggregati, il nostro corpo e così via, come completamente puri, puliti, una fonte di vera felicità. Con questa prospettiva ingannevole, consideriamo tale atteggiamento come supremo sulla base di una considerazione scorretta (tshul-min yid-byed): pensiamo che sia totalmente vero. Questo è il motivo per cui vogliamo continuare ad avere il nostro corpo. Quando pensiamo ai nostri corpi come ad una fonte di vera felicità, la maggior parte delle persone generalmente pensa al sesso.
La considerazione scorretta che è in gioco in questo caso potrebbe anche assumere la forma opposta, ovvero il considerare i nostri aggregati come sporchi ed orribili. Considereremmo allora questa prospettiva come totalmente corretta e forse penseremmo, "se solo potessi riuscire a separarmi da loro, allora sarei davvero felice." Per esempio, qualcuno che sta morendo di cancro o di AIDS o che sta per commettere un suicidio potrebbe avere questa prospettiva ingannevole.
Dunque, queste tre – una prospettiva distorta, una prospettiva estrema e il considerare una prospettiva ingannevole come suprema – costituiscono il secondo tipo di ottenitore, un ottenitore d'una prospettiva ingannevole.
(3) Il terzo tipo di ottenitore è l'atteggiamento disturbante del considerare una moralità o condotta ingannevole come suprema (tshul-khrims-dang brtul-zhugs mchog-tu ‘dzin-pa).
- Moralità ingannevole è il liberarci di qualche comportamento banale il cui abbandono è del tutto privo di significato, in particolare nella circostanza della morte. Un esempio potrebbe essere l'abbandonare i nostri cibi preferiti che non ci fanno bene quando siamo nella fase finale di un cancro terminale.
- Condotta ingannevole è il vestirsi, agire o parlare in maniera banale e del tutto priva di significato in vista della morte imminente. Per esempio, metterci l'uniforme militare in modo da morire in alta uniforme; afferrare un amuleto portafortuna; oppure, non accettando ciò che sta accadendo, chiamare a gran voce affinché qualcuno miracolosamente ci salvi dalla morte.
Con questo ottenitore d'un atteggiamento disturbante, siamo convinti che comportarsi in questo modo banale ci purificherà da tutto ciò che è negativo, ci libererà da tutte le nostre preoccupazioni e ci porterà sicuramente ad un destino migliore.
(4) Il quarto ottenitore è affermare la nostra identità (bdag-tu smra-ba): questo si riferisce all'atteggiamento disturbante di una prospettiva ingannevole su una rete transitoria (‘jig-lta). Pensando nei termini di un "io" solido, identifichiamo quest'io solido con i nostri aggregati, in altre parole con qualche componente della nostra esperienza mentre stiamo morendo. Oppure identifichiamo questo "io" apparentemente solido come il possessore, controllore o inquilino dei nostri aggregati che sono solidamente "miei." Per esempio, quando stiamo morendo, questo potrebbe tradursi in un attacco di panico accompagnato dal pensiero: “cosa mi sta succedendo? Cosa succede al 'mio' corpo?”
Questi sono i quattro modi di afferrarsi disperatamente. Queste cose effettivamente capitano ad ognuno di noi quando moriamo, in una forma o un'altra. "Tenetemi! Sto morendo! Qualcuno mi salvi! Non voglio lasciare questo corpo, mi ha dato così tanta gioia nella mia vita! Cosa mi sta succedendo?" È un'esperienza orribile. Questa è l'esperienza della morte con inconsapevolezza.
Nella pratica dell'anuttarayoga tantra, ripassiamo mentalmente il processo della morte in modo da morire senza inconsapevolezza e in modo da non essere presi dal panico al momento della morte. Sappiamo che il processo di dissoluzione nella morte avviene in otto stadi e sappiamo quello che succederà, quindi non andiamo fuori di testa. Fino a che non abbiamo ottenuto completa familiarità con gli otto stadi del processo della morte, le istruzioni per la meditazione sono: mentre immaginiamo di stare sperimentando ciascuno stadio, essere consapevoli di quale stadio è appena terminato, quale stadio sta avvenendo in questo momento e quale sarà il prossimo stadio. Il motivo per fare ciò è acquisire familiarità in modo da non perderci; rimaniamo consapevoli dell'intero processo. Altrimenti, è facile andare fuori di testa ad ogni particolare stadio mentre sta effettivamente avvenendo. In un certo senso, il panico è una delle cose principali che causa l'attivazione del karma proiettante.
Il decimo anello: ulteriore esistenza
Il decimo anello, ulteriore esistenza (srid-pa), viene generalmente tradotto come "divenire." Letteralmente, tuttavia, significa "esistenza," intendendo l'esistenza nella nostra prossima rinascita. Qui, il nome del risultato viene dato ad una delle sue cause. "Ulteriore esistenza" in realtà si riferisce ad un impulso karmico che attiva (nus-pa mthu-can-du byed-pa) lo strascico karmico del karma proiettante appena prima della nostra morte.
Poiché è un tipo di impulso karmico mentale, il nome tecnico completo per "ulteriore esistenza" è un "impulso karmico che pone in atto un'ulteriore esistenza" (yang-srid sgrub-pa’i las). È un po’ come un impulso alla sopravvivenza. L'ulteriore esistenza che esso mette in atto include le quattro divisioni di questo anello: esistenza nel bardo (bar-do’i srid-pa), esistenza del concepimento (skye-srid), esistenza precedente la morte (sngon-dus-kyi srid-pa, sngon-gyi srid-pa), ed esistenza della morte (‘chi-srid).
Le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti del desiderio ardente e un ottenitore stimolano (gsos-‘debs) un impulso d'ulteriore esistenza e, proprio come l'ottavo e il nono anello, il decimo anello è una condizione necessaria agente simultaneamente per una rinascita samsarica. Lo strascico karmico attivato di un karma proiettante è la causa che "matura" in quella rinascita. Il karma proiettante che causa la rinascita karmica è un fenomeno del passato e non è la causa immediata della rinascita.
Al momento di questi tre anelli causali che mettono in atto, lo strascico del karma proiettante designato sulla nostra coscienza causale carica non è ancora maturato in maniera da generare il suo risultato. I due anelli seguenti, gli anelli risultanti di ciò che è attuato (mngon-par grub-pa’i ‘bras-bu’i yan-lag), riassumono il risultato dell'essere gettato nella prossima rinascita.
L'undicesimo anello: concepimento
L'undicesimo anello, il concepimento (skye-ba), equivale al primo momento dell'anello numero quattro, facoltà mentali nominabili con o senza forma grossolana. Come abbiamo visto, questo non significa necessariamente il momento del concepimento come lo intendiamo dal punto di vista biologico, quanto piuttosto il momento in cui l'embrione inizia a fungere da base per l'esperienza. Questo undicesimo anello dura solamente un momento.
Il dodicesimo anello: invecchiare e morire
Il dodicesimo anello, invecchiare e morire (rga-shi), inizia nel secondo istante della nostra rinascita. Dunque, dopo il primo istante della nostra esperienza della vita futura sulla base di un embrione, iniziamo ad invecchiare. Questo è molto interessante secondo il nostro concetto d'invecchiare. Non iniziamo ad invecchiare solamente quando abbiamo sessant'anni; iniziamo ad invecchiare nell'istante successivo al concepimento.
Mia madre, prima di morire, viveva in una comunità di pensionati in Florida. Tutti coloro che vivevano là avevano tra sessantacinque ed ottant'anni e nessuno di loro si riteneva anziano. Erano solamente "pensionati." "Gente anziana" sono gli ultra ottantenni negli ospizi. I bambini o gli adolescenti considerano vecchio chiunque abbia più di venticinque anni. Figurarsi chi ha più di quarant'anni! Il modo buddhista di considerare la vecchiaia è molto più salutare: nell'istante successivo al concepimento, iniziamo ad invecchiare.
Il processo della rinascita samsarica
I dodici anelli non avvengono in sequenza lineare. Perché dovrebbero, al di là del nostro desiderio d'aggrapparci ad una simmetria intrinseca? Ci sono quattro insiemi di anelli.
- Il primo insieme, gli anelli causali che proiettano (1, 2 e 3a), avviene tutto il tempo. Stiamo "piantando i semi" del karma proiettante tutto il tempo.
- Il terzo insieme, gli anelli causali che mettono in atto (8, 9 e 10), avviene nei momenti immediatamente precedenti la morte. Questi sono il modo in cui attiviamo lo strascico del karma proiettante.\
- Il secondo insieme, gli anelli risultanti di ciò che è stato proiettato (3b, 4, 5, 6 e 7), si riferisce allo sviluppo dell'embrione nell'utero nella vita che è stata proiettata dal karma proiettante attivato.
- Gli ultimi due anelli, gli anelli risultanti di ciò che è attuato (11, 12), iniziano di nuovo nel secondo insieme. Potremmo morire prima che il secondo insieme si sia pienamente sviluppato, come nel caso di un aborto indotto o spontaneo, oppure molto tempo dopo.
Gli anelli causali che proiettano | Gli anelli risultanti di ciò che è stato proiettato | Gli anelli causali che mettono in atto | Gli anelli risultanti di ciò che è attuato |
---|---|---|---|
1. Inconsapevolezza 2. Impulsi incidenti 3. Coscienza carica a. Causale | b. Risultante 4. Facoltà mentali nominabili con o senza forma grossolana 5. Stimolatori di cognizione 6. Consapevolezza contattante 7. Provare un livello di felicità | 8. Desiderio ardente 9. Un ottenitore 10. Ulteriore esistenza | 11. Concepimento 12. Invecchiare e morire |
(1) Nel caso in cui il processo venga completato in due vite, il primo e il terzo insieme avvengono nella stessa vita e il secondo e il quarto nella vita immediatamente successiva.Per completare tutti i dodici anelli servono due o tre vite. Il primo insieme, il piantare lo strascico del karma proiettante, è una vita. Il terzo insieme, che attiva questo strascico karmico, può avvenire nella stessa vita in cui è stato piantato oppure in una vita successiva; potrebbe anche essere milioni di anni più tardi. Non devono affatto essere consecutivi. Il secondo e il quarto insieme si riferiscono ad una vita sotto prospettive diverse.
(2) Se invece avviene in tre vite, il primo insieme avviene in una vita, il terzo insieme in un'altra vita, non necessariamente quella successiva, e il secondo e il quarto insieme avvengono nella vita immediatamente successiva alla vita in cui è avvenuto il terzo insieme. Una volta che lo strascico del karma proiettante è stato attivato dal terzo insieme, il quarto insieme è il risultato nella prossima vita.
Interrompere il processo: la purificazione di Vajrasattva
Dunque, come ne veniamo fuori? Come interrompiamo il processo? Come spesso nel Buddhismo, ci sono molti passaggi coinvolti. Prima di tutto, cerchiamo di purificarci dalla forza karmica negativa che abbiamo accumulato. Uno dei metodi più diffusi per farlo è attraverso la meditazione di Vajrasattva. Questo metodo si trova solo nel Mahayana.
La meditazione inizia con la contemplazione delle azioni distruttive che abbiamo commesso. Questo include sia le azioni negative che effettivamente ci ricordiamo di aver compiuto, sia ciò di cui non ci ricordiamo. Questo include anche le azioni distruttive che senza dubbio abbiamo commesso nelle vite passate. Anche se non sappiamo veramente cosa abbiamo fatto nelle vite passate, tuttavia ammettiamo che qualsiasi fossero state le nostre azioni distruttive, queste erano sbagliate. Non deve necessariamente essere una cosa così vaga. Per esempio, io sono allergico ai gatti e lo sono fin da quando ero un bambino. Questa è una sofferenza. Deve provenire da qualche comportamento negativo in una vita precedente. Non importa cosa fosse. Si potrebbero fare delle speculazioni, ma in ogni caso ci deve essere stata qualche causa di ciò in una vita precedente e qualsiasi cosa sia stata, fu uno sbaglio.
Non c'è bisogno di confessare i nostri "peccati" o "crimini" a nessun altro, neppure a Buddha. Semplicemente ne prendiamo atto davanti a noi stessi. Ci siamo comportati in quel modo perché eravamo confusi, non perché eravamo "cattivi" e abbiamo disobbedito ai comandamenti divini o alle leggi civili. Il perdono e il chiedere pietà sono concetti propri di certi sistemi etici non-buddhisti che non hanno rilevanza in un contesto buddhista.
Poi, applichiamo le quattro forze opponenti.
(1) Come prima cosa, ci rammarichiamo di aver agito distruttivamente. Il rammarico è molto diverso dalla colpa. La colpa è come non buttare mai via la spazzatura o non scaricare mai l'acqua del water. Vi restiamo attaccati e non molliamo mai, anche se è orribile. Questa è davvero una buona analogia. Metterla in ridicolo rende più facile il lasciare andare. Quando proviamo rammarico, è come se avessimo mangiato cibo che ci fa star male. Vorremmo non averlo mangiato, ma non significa che siamo persone cattive per il fatto di averlo mangiato.
(2) In secondo luogo, prendiamo la ferma decisione di fare del nostro meglio per non ripetere queste azioni. Non possiamo fare una promessa e poi garantire che non grideremo mai più a nessuno. Ma faremo del nostro meglio per non arrabbiarci e non gridare più. Questo secondo fattore, quindi, implica l'intenzione di non ripetere l'azione. Se la forza karmica negativa che deriva dal nostro comportamento distruttivo è ancora nel nostro continuum mentale in forma di energia sottile negativa, la nostra intenzione di non ripeterla trasforma l'energia karmica sottile in un potenziale karmico negativo. La forza karmica del nostro precedente schema comportamentale di gridare ora tenderà di meno a farci agire allo stesso modo nel prossimo futuro.
Inoltre, ricordatevi che nel sistema Ghelug Prasanghika, che afferma l'esistenza dell'energia karmica sottile, questa energia sottile è ancora un impulso karmico e, se le emozioni motivanti erano forti, sarebbe ancora un karma proiettante attivo. La forza karmica di un'astrazione non-statica, come un potenziale karmico, è molto meno potente della forza karmica di un impulso di energia karmica sottile.
(3) Terzo, riaffermiamo la direzione positiva verso cui ci stiamo dirigendo con la direzione sicura (rifugio) e la bodhicitta. Questo si chiama "la forza della base a cui ci affidiamo." Torniamo ad essere calmi e stabili. Queste sono le direzioni verso cui ci stiamo dirigendo nella nostra vita. La nostra vita si basa su tutto questo.
(4) Quarto, applichiamo qualche azione positiva per neutralizzare lo strascico karmico negativo che abbiamo accumulato. Qui l'azione positiva è la meditazione di Vajrasattva, che pratichiamo con una visualizzazione in più stadi. In essa, fondamentalmente immaginiamo di sciacquare tutta la forza karmica negativa fuori dal nostro corpo e di lasciarla andare. Buttiamo via la spazzatura. Mentre facciamo questa visualizzazione recitiamo un mantra di cento sillabe.
Non è soltanto il dire parole magiche senza provare o pensare nulla. Se ripetiamo il mantra ventuno volte ogni giorno con le quattro forze opponenti al completo, con la giusta concentrazione, la motivazione Mahayana e così via, la forza negativa di questa particolare azione karmica non crescerà, non aumenterà. Questo perché la forza karmica positiva della nostra applicazione delle forze opponenti ostacola e riduce la pesantezza delle nostre azioni distruttive. Altrimenti, la forza negativa nel nostro continuum mentale crescerà ogni giorno.
Molti fattori influenzano la pesantezza dei risultati che maturano dallo strascico karmico. Alcuni hanno luogo mentre commettiamo l'atto karmico, come per esempio quanta sofferenza causiamo agli altri e la forza della nostra emozione motivante. Altri fattori possono aver luogo anche dopo che l'azione è terminata, come l'applicazione di azioni contrastanti in questo caso. Se per esempio litighiamo con il nostro partner e lasciamo la cosa lì senza scusarci, il risentimento, il dubbio e così via diventeranno ogni giorno più forti. Ma se ci scusiamo, le conseguenze del litigio nella nostra relazione quotidiana diventeranno meno pesanti. Per questa ragione ci viene sempre raccomandato di recitare il mantra di Vajrasattva almeno ventuno volte al giorno. Una volta che conosciamo il mantra, non ci vuole davvero molto per farlo.
Se ripetiamo il mantra centomila volte in maniera pura – con bodhicitta, giusta concentrazione e, ottimamente, anche con una comprensione concettuale della vacuità – possiamo ottenere una "purificazione provvisoria" delle reti di forza karmica negativa che abbiamo accumulato da quelle azioni distruttive su cui ci siamo concentrati durante la purificazione.
Il meccanismo somiglia a quello che spiega il modo in cui azioni distruttive fisiche, verbali o mentali rivolte verso uno specifico bodhisattva e motivate dalla rabbia, possano devastare (bcom) qualsiasi forza karmica positiva accumulata da precedenti azioni costruttive rivolte verso quel bodhisattva in questa vita o in qualsiasi altra vita precedente. Il termine devastare ha un significato molto specifico. La forza karmica del nostro comportamento irato sradica (med-pa) qualsiasi forza karmica positiva accumulata da azioni costruttive dirette verso quel bodhisattva, ma non influenza le tendenze karmiche positive di quelle azioni. Poiché quelle tendenze karmiche positive possono ancora maturare, è possibile che in futuro desidereremo nuovamente agire in maniera costruttiva nei confronti di quel bodhisattva e dunque ci impegneremo in tale comportamento. Tuttavia, senza una rete di sostegno di forza karmica positiva, quelle tendenze karmiche richiederanno circostanze esterne e interne molto forti e speciali per attivarsi e maturare. Dunque il termine sradicare non significa che abbiamo ottenuto un vero arresto (‘gog-bden) della forza karmica positiva rivolta verso quel bodhisattva, in modo tale che non potremo mai più accumularne altra. Possiamo accumularne altra perché il nostro comportamento irato non ha sradicato le nostre tendenze karmiche positive verso di lui o di lei.
Inoltre, lo sradicamento, tramite la rabbia, di una specifica forza karmica positiva significa che, indipendentemente dalle circostanze presenti, questa forza positiva non potrà mai maturare nel risultato in cui sarebbe maturata, qualora la rabbia non l'avesse devastata. Nonostante ciò, la forza karmica positiva potrebbe maturare in un'altra forma di felicità, molto più debole di quella che avrebbe prodotto in precedenza, e tale maturazione potrebbe venire fortemente ritardata.
In aggiunta a questo effetto che il nostro comportamento irato ha sullo strascico karmico di qualsiasi azione costruttiva commessa in precedenza e rivolta verso quel bodhisattva, esso indebolisce anche le nostre reti di forza karmica positiva accumulate dal nostro precedente comportamento costruttivo rivolto verso chiunque altro. Questo significa che la forza karmica negativa del nostro comportamento irato fa sì che queste reti positive producano risultati più deboli o minori e spesso posticipa la loro maturazione.
Compiere centomila ripetizioni del mantra di Vajrasattva con le giuste visualizzazioni e uno stato mentale corretto ha una funzione simile nei confronti del nostro strascico karmico negativo. In termini di tipologie specifiche di comportamento distruttivo rivolto verso individui specifici, se abbiamo ammesso apertamente d'avere sbagliato e abbiamo applicato le quattro forze opponenti, la nostra pratica di purificazione sradica le reti di forza negativa derivanti da quel tipo di comportamento rivolto verso quegli individui. Non influenza le tendenze karmiche accumulate precedentemente e rivolte verso di loro e dunque, in presenza di circostanze forti, esse possono maturare in un ulteriore comportamento distruttivo rivolto nei loro confronti. Inoltre, la nostra pratica di Vajrasattva indebolisce anche le reti di forza karmica negativa derivanti da altri tipi di azioni distruttive commesse in precedenza che non abbiamo ricordato o su cui non abbiamo riflettuto nella nostra aperta ammissione, ma non le sradica. Inoltre, anche le reti di forza karmica negativa derivanti da quelle tipologie di azioni distruttive che abbiamo ammesso, ma che erano rivolte verso individui diversi da quelli che abbiamo specificato, vengono solamente indebolite.
Per questo motivo, è importante cercare di ricordarsi ed ammettere il maggior numero possibile di azioni negative specifiche rivolte verso individui, poiché l'effetto sarà più forte rispetto al caso di una formulazione vaga come "qualsiasi negatività rivolta verso qualsiasi essere senziente." Tuttavia, è importante pensare nella maniera più vasta possibile mentre si pratica la purificazione di Vajrasattva. Pertanto, quando pensiamo a "tutte le negatività rivolte verso tutti gli esseri senzienti," dobbiamo essere veramente sinceri e cercare di concepire al meglio tutto ciò che davvero implica pensare a "tutte le negatività" e a "tutti gli esseri senzienti." Se lasciamo che queste parole siano vaghe e se esse non hanno una valenza emotiva per noi, la nostra purificazione sarà limitata.
In ogni caso, qualsiasi livello di purificazione ottenuto tramite la recitazione di mantra ma non accompagnato dalla cognizione non-concettuale della vacuità è solamente provvisorio. È soltanto un sollievo temporaneo dalla maturazione pesante del nostro strascico karmico negativo accumulato in precedenza. Ci dà una tregua per respirare e lavorare sul sentiero con meno intralci, come quando otteniamo una preziosa rinascita umana con le tregue e gli arricchimenti che la rendono la rinascita più favorevole ai fini della pratica spirituale.
Anche dopo aver praticato con successo la purificazione di Vajrasattva, certamente sperimenteremo ancora desiderio ardente e un ottenitore di un'emozione o atteggiamento quali condizioni agenti simultaneamente per l'attivazione e la maturazione dello strascico karmico negativo in generale. La nostra meditazione di Vajrasattva non ha avuto effetto su di loro.
Ciononostante, poiché lo strascico karmico negativo lasciato sul nostro continuum mentale sarebbe più debole, gli impulsi d'ulteriore esistenza, stimolati dal nostro desiderio ardente e dagli ottenitori, i quali attivano quello strascico, porterebbero a risultati meno pesanti in termini di sofferenza. Certamente non saremo liberi per sempre da qualsiasi tipo d'infelicità o da rinascite peggiori o dall'incontrare cose spiacevoli, ma la sofferenza più pesante sarebbe temporaneamente allontanata.
Inoltre, siccome il desiderio ardente e l'ottenitore di un'emozione o atteggiamento sono le condizioni che agiscono simultaneamente in modo da far sorgere nuovi impulsi karmici, certamente non siamo liberi dall'eventualità che ulteriori impulsi karmici negativi possano sorgere in futuro e, se li mettiamo in atto, di accumulare fresco strascico karmico negativo. Il meccanismo è simile a quello spiegato da Asanga e altri maestri Mahayana per riconnettere le cosiddette "radici troncate di forza positiva (radici di virtù)." Soltanto la cognizione non-concettuale della vacuità ci può liberare per sempre da tutto il karma, lo strascico karmico e le maturazioni karmiche, sia di tipo negativo che di tipo positivo. Entrambi i tipi ci legano alla rinascita che ricorre in maniera incontrollabile: il samsara.
Inoltre, poiché la nostra pratica di Vajrasattva non ha necessariamente avuto un effetto sulla forza delle nostre emozioni ed atteggiamenti disturbanti, incluso l'afferrarsi ad un "io" solido, alcuni dei nostri impulsi karmici ed azioni saranno ancora fortemente motivati da essi. Come risultato, continueremo ad accumulare nuovo karma proiettante e il suo strascico che maturerà ancora in rinascite samsariche. Ma, nel frattempo, abbiamo una tregua temporanea dalle condizioni difficili che fungerebbero da ostacoli ad una nostra pratica più profonda per liberarci completamente dal karma. Ecco perché le centomila ripetizioni del mantra di Vajrasattva costituiscono una pratica preliminare efficace per il tantra, che viene diffusamente raccomandata e praticata.
Un ultimo punto riguardo alla ripetizione del mantra di Vajrasattva. Per favore, non siate superstiziosi riguardo ai numeri. Non è che se ne facciamo venti anziché ventuno, allora non funziona, oppure che tra 99,999 e centomila facciamo il terno al lotto. Certamente non funziona così. È molto più salutare fare qualche ripetizione ogni giorno, oppure farne molte per un periodo più lungo di tempo. È come quando contiamo il respiro: il numero non è importante. È molto facile perdersi nei numeri e farne un'ossessione.
L'antidoto definitivo: la cognizione non-concettuale della vacuità
Quello di cui abbiamo veramente bisogno per liberarci per sempre da tutti gli aspetti del karma in modo che non ritornino mai più è la cognizione non-concettuale della vacuità. Soltanto questo porterà ad un vero arresto del karma.
Vacuità significa un'assenza. Attribuiamo un'esistenza solida e sostanziale a noi e agli altri, immaginandoci d'esistere come degli "io" solidi, sostanziali. Questo è il primo anello. Ci sembrava fosse proprio così e ci abbiamo creduto. Tuttavia, le nostre proiezioni non corrispondono a nulla di reale. C'è un'assenza assoluta di un "io" realmente solido. Non esiste e non è mai esistito. Sembra come se ci fosse, ne abbiamo un'idea concettuale, ma in realtà questa cosa non esiste. La nostra convinzione che questo solido "io" esista è rivolta a qualcosa che effettivamente esiste: l'io convenzionale. Ma la maniera in cui crediamo esista non si riferisce a nulla di reale. L'io convenzionale non esiste come un solido "io," perché non c'è un tale modo di esistere. Farò un esempio sperando di rendere le cose più chiare.
Vediamo un uomo con la barba bianca con un vestito rosso e bianco. Appare e ci sembra come se fosse veramente Babbo Natale. Tuttavia nessun uomo può esistere come Babbo Natale, perché in realtà Babbo Natale non esiste. Quando smettiamo di attribuire questa maniera impossibile di esistere, vediamo semplicemente un uomo che sembra Babbo Natale, ma che è privo d'esistere come il vero Babbo Natale. Sappiamo che è proprio come un'illusione: l'apparenza di Babbo Natale non corrisponde a nulla di reale.
Allo stesso modo, questo "io" convenzionale appare e ci sembra sostanziale, ma questo non corrisponde alla realtà perché non c'è alcuna cosa come un "io" solido e sostanziale. Quello che percepiamo è semplicemente un "io" convenzionale che sembra esistere come un falso "io," ma questa apparenza ingannevole è solamente come un'illusione. Questo è vero non soltanto per quanto riguarda noi stessi, ma anche per tutti gli altri.
Questa è solo una semplice introduzione alla vacuità. Ovviamente è una cosa molto complicata. Per avere un vero arresto di tutti gli aspetti del karma e della rinascita samsarica, dobbiamo focalizzarci in maniera non-concettuale, e con una piena e corretta comprensione, sull'assenza di questo modo impossibile di esistere in termini di noi stessi e degli altri.
Livelli progressivi della comprensione della vacuità: le cinque menti sentiero
Nel Buddhismo ci sono cinque cosiddetti "sentieri" per raggiungere la liberazione o l'illuminazione, a seconda del percorso in cui ci troviamo. "Sentiero" significa una mente sentiero. Un sentiero è un livello della mente, un livello di esperienza delle cose.
(1) Otteniamo una prima mente sentiero quando abbiamo come motivazione primaria una motivazione spontanea (rtsol-med) che sia la determinazione ad essere liberi (rinuncia) oppure, in aggiunta a questa, bodhicitta. "Spontanea" significa che non abbiamo bisogno di percorrere una linea di ragionamento, con uno sforzo consapevole, finché non arriviamo a sentirla. Viene del tutto automaticamente. Avere bodhicitta come nostra motivazione primaria significa che è evidente tutto il tempo: abbiamo continuamente l'intenzione di ottenere l'illuminazione e di aiutare gli esseri limitati, sia che siamo consci di questa speranza e di questa finalità oppure no.
Prima di raggiungere questa prima mente sentiero, potremmo aver ottenuto la perfetta concentrazione della mente calma e posata di shamatha (zhi-gnas) oppure no. Questa prima mente sentiero si chiama la mente sentiero che accumula (tshogs-lam), generalmente tradotta come il "sentiero dell'accumulazione." Con questo livello mentale, lavoriamo per accumulare, tra le altre qualità positive, shamatha focalizzata sulla corretta comprensione concettuale della vacuità. Quando otteniamo shamatha focalizzata concettualmente sulla vacuità, otteniamo il terzo dei tre principali stadi di questo sentiero, una mente sentiero avanzata che accumula.
A questo punto lavoriamo per sviluppare la coppia unita di shamatha e vipashyana focalizzata sulla vacuità. La vipashyana (lhag-mthong) è uno stato mentale eccezionalmente percettivo e non è necessariamente focalizzato sulla vacuità. Potremmo perfino averlo ottenuto prima di raggiungere il sentiero dell'accumulazione. In effetti, anche i meditatori non-buddhisti ottengono shamatha e vipashyana focalizzandosi su una varietà di oggetti. Qui, il punto principale è di focalizzarsi sulla vacuità. Ovviamente, è possibile fare un tipo di meditazione sulla vacuità che somigli a vipashyana prima di aver ottenuto shamatha. Tuttavia, ottenere la vipashyana effettiva è solamente possibile una volta che si sia raggiunta la perfetta concentrazione di shamatha.
(2) Quando otteniamo la coppia unita di shamatha e vipashyana focalizzata sulla vacuità, abbiamo ottenuto la seconda mente sentiero, una mente sentiero che si applica (sbyor-lam), generalmente tradotta come "sentiero della preparazione." Con questo secondo livello di mente sentiero, la nostra unione di shamatha e vipashyana è focalizzata concettualmente sulla vacuità e continuiamo ad applicarla per poter raggiungere la coppia unita che è focalizzata sulla vacuità in maniera non-concettuale. Dunque in questo stadio siamo in grado di focalizzarci sulla vacuità solamente tramite un'idea corretta di cosa sia. Altrimenti, se non avessimo idea di cosa significhi vacuità, su cosa ci focalizzeremmo? È una meditazione concettuale. È importante non disprezzare la meditazione concettuale.
La seconda mente sentiero ha quattro stadi. Quando raggiungiamo il terzo, lo stadio della pazienza, non abbiamo più alcuna paura di perdere la nostra identità convenzionale. Questo è davvero molto avanzato, poiché con il secondo stadio di questa mente sentiero abbiamo unito shamatha e vipashyana focalizzate sulla vacuità persino nei nostri sogni. Con questo terzo stadio della mente sentiero che si applica, non avremo più nessuno dei peggiori tipi di rinascita. Potremmo ancora avere rinascite migliori con dolore e sofferenza, ma non rinasceremo mai più come uno scarafaggio, tanto per fare un esempio.
Ciò significa che la forza dello strascico karmico positivo derivante dalla nostra meditazione sulla vacuità è diventata così potente da indebolire seriamente la forza dello strascico del nostro karma proiettante negativo. Lo ha indebolito ad un punto tale che questo strascico karmico negativo non maturerà più come rinascita in uno dei reami peggiori dell'esistenza samsarica. Può solamente maturare in forma di condizioni ed esperienze terribili in rinascite samsariche migliori o perfino in questa vita. Inoltre, la forza delle nostre emozioni ed atteggiamenti disturbanti si è anch'essa indebolita in maniera sufficiente affinché qualsiasi impulso karmico negativo o azioni motivate o accompagnate da esso non possa più fungere da karma proiettante. Non accumuliamo più alcun karma proiettante negativo.
La nostra meditazione sulla vacuità, tuttavia, non ha ancora influenzato lo strascico karmico del nostro karma proiettante positivo per ulteriori rinascite samsariche in uno degli stati migliori. Inoltre, non ha ancora indebolito la forza delle emozioni e degli atteggiamenti disturbanti che potrebbero ancora motivare o accompagnare i nostri impulsi karmici e le nostre azioni positive al punto tale che queste emozioni ed atteggiamenti disturbanti non possano più renderli karma proiettante.
(3) La terza mente sentiero è la mente sentiero del vedere (mthong-lam), con la quale abbiamo unito shamatha e vipashyana focalizzate in modo non-concettuale sulla vacuità. Non abbiamo più bisogno di focalizzarci sulla vacuità mediante un'idea di essa, bensì possiamo focalizzarci liberi da ogni concetto.
Parlando di ciò che accade in questo stadio, la nostra discussione deve diventare un po’ più complessa. Restringeremo la nostra discussione alle presentazioni Ghelug e Karma Kagyu del sistema di principi Prasanghika-Madhyamaka. Le scuole Sakya e Nyingma hanno ciascuna una presentazione leggermente differente di questo materiale.
Vi ricorderete che stavamo parlando dell'inconsapevolezza riguardo al modo in cui le persone esistono e al modo in cui tutti i fenomeni esistono, e che essa ha due livelli: l'inconsapevolezza avente una base dottrinale e quella che sorge spontanea. Prima del sentiero del vedere, veniamo chiamati "esseri ordinari" (so-so’i skye-bo). Una volta che abbiamo ottenuto questa mente sentiero, veniamo chiamati un "arya" (‘phags-pa), un essere altamente realizzato, un "nobile." Gli esseri ordinari possiedono sia l'inconsapevolezza avente una base dottrinale sia quella che sorge spontanea riguardo al modo in cui le persone esistono. Con una mente sentiero del vedere, ci liberiamo dall'inconsapevolezza avente una base dottrinale. Tuttavia, un arya sperimenta ancora l'inconsapevolezza che sorge spontanea, almeno fino ad un certo livello più avanzato. L'inconsapevolezza che sorge spontanea è molto più profondamente radicata di quella avente una base dottrinale: questo è il motivo per cui sia gli esseri ordinari sia gli arya la possiedono.
Non tutta l'inconsapevolezza è il primo anello dell'origine dipendente. Il primo anello è solamente l'inconsapevolezza riguardo al modo in cui le persone esistono. Inoltre, nonostante sia l'inconsapevolezza avente una base dottrinale sia quella che sorge spontanea riguardo al modo in cui le persone esistono costituiscano il primo anello nel continuum mentale di un essere ordinario, l'inconsapevolezza che sorge spontanea riguardo al modo in cui le persone esistono, presente nel continuum mentale di un arya, non costituisce il primo anello. In questo modo, nonostante che, come arya, ci siamo liberati dall'anello dell'inconsapevolezza, abbiamo ancora l'inconsapevolezza che sorge spontanea, non soltanto riguardo alle persone, ma anche riguardo alle cose.
Poiché come arya ci siamo liberati dal primo anello, siamo liberi da un bel po’ di confusione. Non creiamo più il secondo anello; non c'è più alcun nuovo karma proiettante, neppure quello positivo. Questo perché le emozioni e gli atteggiamenti disturbanti che sorgono automaticamente sono troppo deboli per rendere persino i nostri impulsi e le nostre azioni positive sufficientemente forti da essere karma proiettante. Dunque, anche se non siamo ancora liberi dal samsara, non c'è più creazione di nuovo karma proiettante.
Dunque non c'è più il terzo anello, la coscienza carica con nuovo karma proiettante. Di conseguenza, non ci sono gli anelli risultanti di ciò che è stato proiettato o gli anelli risultanti di ciò che è attuato da nuovo karma proiettante. Tuttavia, abbiamo ancora vecchio karma proiettante, in forma di reti di forze karmiche e tendenze karmiche. È troppo complicato entrare nei dettagli di questo punto. Possiamo ancora attivare il vecchio karma proiettante e sperimentare gli anelli risultanti di ciò che è stato proiettato e gli anelli risultanti di ciò che è attuato a partire da esso.
Mentre abbiamo una mente sentiero del vedere, facciamo ancora esperienza di tutti i vari tipi di risultato del karma, inclusa la consapevolezza contattante e provare un livello di felicità. Nonostante gli anelli del desiderio ardente e dell'ottenitore non abbiano più forme aventi una base dottrinale, essi hanno ancora forme che sorgono spontanee. Siamo liberi dal primo anello, l'inconsapevolezza avente base dottrinale riguardo al modo in cui le persone esistono e l'inconsapevolezza che sorge spontanea riguardo ad esso, che sorgono nel continuum mentale di un essere ordinario. Tuttavia, secondo le affermazioni Ghelug Prasanghika, non siamo ancora liberi dalla radice del samsara, l'inconsapevolezza che sorge spontanea, nel continuum mentale di un arya, riguardo al modo in cui non soltanto le persone, ma anche tutti i fenomeni esistono. Dunque, nonostante non abbiamo più il desiderio ardente e gli ottenitori d'emozioni e atteggiamenti aventi una base dottrinale, che deriverebbero dall'inconsapevolezza avente una base dottrinale, abbiamo ancora il desiderio ardente e gli ottenitori che sorgono spontanei, derivanti dall'inconsapevolezza che sorge spontanea.
I sistemi Ghelug non-Prasangika e tutti i sistemi che sono spiegati nelle tradizioni non-Ghelug non affermano che l'inconsapevolezza riguardo alla realtà di tutti i fenomeni, sia che si trovi nel continuum mentale di un essere ordinario o in quello di un arya, sia la radice del samsara. Questo perché essi considerano tale inconsapevolezza come un oscuramento che riguarda tutto il conoscibile, il quale previene l'onniscienza. Non la considerano, come fa la scuola Ghelug Prasanghika, come un oscuramento che è un atteggiamento o emozione disturbante, il quale previene la liberazione.
Inconsapevolezza riguardo alla realtà
| Avente base dottrinale | Che sorge spontanea | |
---|---|---|---|
E sseri ordinari | Riguardo alle persone | Primo anello | Sia il primo anello sia la radice del samsara |
Riguardo a tutti i fenomeni | Né il primo anello né la radice del samsara | Radice del samsara | |
Arya | Riguardo alle persone | Nessuna | Radice del samsara |
Riguardo a tutti i fenomeni | Nessuna | Radice del samsara |
Desiderio ardente di non venire separati da forme ordinarie di felicità,All'interno del desiderio ardente, abbiamo ancora le forme che sorgono spontanee di tutti i tre tipi di desiderio ardente:
- Desiderio ardente di venire separati dall'infelicità e
- Desiderio ardente che le sensazioni neutre non degenerino, e verso i nostri corpi come base continuativa per provare felicità e assenza di sofferenza.
All'interno degli ottenitori, abbiamo ancora le loro forme che sorgono spontanee:
- Desiderio verso oggetti sensoriali desiderabili,
- Una prospettiva ingannevole su una rete transitoria e
- Una prospettiva estrema.
Tuttavia non abbiamo più:
- Una prospettiva distorta,
- Considerare una prospettiva ingannevole come suprema,
- Considerare una moralità o una condotta ingannevole come suprema.
Questi tre ottenitori di prospettive ingannevoli hanno solamente le forme aventi una base dottrinale.
Anche senza concetti, possiamo ancora aggrapparci ai nostri corpi perché costituiscono la solida identità dell'io e ci afferriamo a quell'io avente questa solida identità affinché duri per sempre. Tuttavia, solamente sulla base di concetti possiamo negare gli effetti del nostro comportamento nelle nostre vite future, pensare ai nostri corpi come delle magnifiche fonti di vera felicità, oppure invocare disperatamente che un miracolo ci salvi dalla morte.
Quando moriamo, questo livello più sottile di desiderio ardente e l'ottenitore d'emozioni e atteggiamenti che sorgono spontanei, stimoleranno ancora un impulso d'ulteriore esistenza che attiverà lo strascico karmico del vecchio karma proiettante rimasto nel nostro continuum mentale. Avremo ancora l'esperienza della rinascita samsarica proiettata sotto l'influenza del karma e delle emozioni e degli atteggiamenti disturbanti. Non sarà una rinascita in uno dei tre reami peggiori. Abbiamo eliminato questa possibilità molto tempo prima. Poiché abbiamo una forte determinazione ad essere liberi, una forte bodhicitta e forti preghiere, verremo proiettati in una rinascita fortunata con una preziosa vita umana che ci permetterà di proseguire lungo il sentiero per l'illuminazione.
Tuttavia, siccome abbiamo tutto il nostro strascico karmico che abbiamo accumulato in precedenza, possiamo ancora fare esperienza di essere infelici, venire investiti da una macchina e di avere il cancro. Possiamo persino continuare ad arrabbiarci e replicare precedenti comportamenti negativi come gridare agli altri. Tuttavia, siccome le nostre azioni distruttive sono motivate solo dalla rabbia che sorge automaticamente e non dalla sua forma avente una base dottrinale, la forza degli impulsi e delle azioni è debole. Non è abbastanza forte da creare alcun nuovo karma proiettante. Anche il desiderio e l'attaccamento che sorgono spontanei e che potrebbero motivare i nostri impulsi e le nostre azioni positive, come l'aiutare qualcuno spinti dal desiderio che ci sia bisogno di noi, non genereranno nessun nuovo karma proiettante. Tuttavia, siamo ancora nel samsara.
(4) Per uscire dal samsara, dobbiamo lavorare ulteriormente con la vacuità con una quarta mente sentiero, la mente sentiero che si abitua (sgom-lam), generalmente tradotta come il "sentiero della meditazione." Alla fine, arriviamo allo stadio in cui la nostra unione di shamatha e vipashyana, concentrata sulla vacuità in maniera non-concettuale, è sufficientemente forte da eliminare la nostra inconsapevolezza che sorge spontanea riguardo a qualsiasi cosa: sia le persone sia tutti i fenomeni. A quel punto, ci liberiamo dalla radice del samsara.
Se abbiamo lavorato nella direzione dell'ottenimento solo della libertà dal samsara, motivati dalla determinazione di essere liberi, raggiungeremo lo stadio di un arhat shravaka o pratyekabuddha. Se abbiamo lavorato nella direzione del bodhisattva, completiamo il settimo dei dieci stadi di un bodhisattva e stiamo per entrare nell'ottavo. Siamo un arhat bodhisattva, ma non ancora un Buddha.
Ognuna delle varie scuole che sottoscrivono la spiegazione comune Mahayana del karma spiega in maniera leggermente differente di cosa incominciamo a liberarci e di cosa finiamo di liberarci ad ognuno di questi livelli arya. Tuttavia, concordano tutte sul fatto che quando otteniamo lo stato di arhat, non sperimenteremo più alcuna sofferenza o non sentiremo più il bisogno impulsivo di ripetere i nostri precedenti schemi comportamentali karmici. Ma abbiamo solamente ottenuto il nirvana con residuo (lhag-bcas-kyi myang-‘das). Finché non moriremo e non ci libereremo dal residuo dei nostri corpi samsarici contaminati con cui siamo nati, potremo ancora venire investiti da una macchina o ci potrà ancora venire il cancro, ma non ne soffriremo.
Una volta che moriamo, tuttavia, otteniamo il nirvana senza residuo (lhag-med myang-‘das), il parinirvana, e nessuna di queste cose ci capiterà mai più. Rinasceremmo con corpi fatti di luce. Questi corpi non sono samsarici e non sono proiettati dal desiderio ardente, un ottenitore o un impulso di ulteriore esistenza. Tuttavia, non siamo ancora liberi dalle nostre costanti abitudini karmiche o da ciò che continuamente matura da esse. Comunque non voglio entrare nei dettagli, visto che le varie scuole fanno diverse affermazioni a questo proposito.
Secondo il sistema di principi Ghelug Prasanghika, nirvana con residuo significa con un residuo del creare l'apparenza di una vera esistenza trovabile (bden-snang). Nirvana senza residuo significa privo di un tale residuo. Gli arhat si alternano tra i due, non soltanto nella parte restante della vita in cui ottengono lo stato di arhat, ma anche in tutte le loro vite future fino all'ottenimento dell'illuminazione, quando si libereranno per sempre da tali modi di creare l'apparenza. Fanno l'esperienza del nirvana senza residuo solamente durante l'assorbimento totale (mnyam-bzhag, equilibrio meditativo) sulla vacuità. Fanno invece l'esperienza del nirvana con residuo in tutti gli altri momenti come il loro ottenimento successivo (rjes-thob, periodo post-meditativo), sia che stiano meditando su qualcosa di diverso dalla vacuità oppure che non stiano meditando affatto.
Dunque, quando gli arhat raggiungono il nirvana, sia che siano arhat shravaka, pratyekabuddha o bodhisattva, sono liberi da tutte le maturazioni karmiche dello strascico karmico che matura in maniera intermittente (reti di forza karmica e tendenze karmiche). La continuità dei loro aggregati non è più contaminata. Poiché non hanno alcuna caratteristica peculiare trovabile dalla loro parte che potrebbe ancora renderli contaminati, non sono più contaminati. Ogni momento della loro continuità deriva dalla profonda consapevolezza (ye-shes), non dall'inconsapevolezza. Questo perché, secondo la scuola Ghelug Prasanghika, anche l'inconsapevolezza riguardo al modo in cui tutti i fenomeni esistono è inclusa tra gli oscuramenti che ostacolano la liberazione, e gli arhat hanno raggiunto un vero arresto di questo insieme di oscuramenti. Soltanto se gli aggregati derivano direttamente dall'inconsapevolezza nel momento precedente, possono venire considerati contaminati. Quando gli arhat muoiono nella vita in cui hanno ottenuto la liberazione, tuttavia, essi rinascono con corpi fatti di pura luce, come nei sistemi di principi Mahayana comuni.
In questa fase, secondo la scuola Ghelug Prasanghika, abbiamo ottenuto il vero arresto dell'inconsapevolezza e del karma, ma rimaniamo ancora con le abitudini costanti dell'inconsapevolezza, le abitudini costanti karmiche e ciò che matura continuamente da entrambe. Esse fanno sì che la nostra cognizione sia continuamente limitata e continuamente incapace di focalizzarsi sulle due verità allo stesso tempo. Dunque, non siamo in grado di beneficiare gli altri nel modo più completo possibile.
(5) Con la quinta mente sentiero, la mente sentiero che non ha più bisogno di formazione (mi-slob lam), diventiamo dei Buddha, se abbiamo intrapreso il percorso Mahayana. A questo punto saremo per sempre in grado di focalizzarci in maniera non-concettuale non soltanto sulla vacuità, ma anche sulle due verità allo stesso tempo. Questo ci libererà per sempre dalle abitudini costanti dell'inconsapevolezza e dalle abitudini karmiche costanti. In quanto Buddha illuminati, saremo in grado di beneficiare gli altri nel modo più completo possibile.
Riassunto del processo di purificazione
Sto presentando brevemente questi stadi complicati soltanto per dare un'idea generale dei passaggi del processo di purificazione, in modo che non avremo false speranze riguardo a ciò che accadrà lungo il sentiero. Riassumendo:
- Prima di tutto, impediamo che le forze karmiche negative diventino ogni giorno sempre più forti.
- Poi facciamo piazza pulita e ci liberiamo dal nostro cumulo di forza karmica negativa, specialmente lo strascico karmico del karma proiettante negativo, ma immediatamente ricominceremo ad accumulare nuova forza negativa, nuovo karma proiettante negativo.
- Poi arriviamo allo stadio in cui non saremo gettati in nessuna delle rinascite peggiori per via dello strascico karmico del karma proiettante negativo.
- Successivamente, ci liberiamo dal primo anello. Non accumuliamo più nuovo karma proiettante – né positivo, né negativo.
- Come prossimo passo, ci liberiamo dalla radice del samsara. Non abbiamo più rinascite che si ripetono incontrollabilmente. Ci siamo liberati da tutto lo strascico karmico del karma proiettante.
- Alla fine raggiungiamo l'illuminazione e in quel momento superiamo tutte le nostre limitazioni e ci rendiamo conto di tutto il nostro potenziale per essere in grado di beneficiare gli altri il più possibile.
Il processo di purificazione avviene gradualmente, e si verifica come risultato della focalizzazione non-concettuale sulla vacuità con la coppia unita di shamatha e vipashyana. Non possiamo avere simultaneamente, in uno stesso momento cognitivo, sia l'inconsapevolezza della realtà che la corretta cognizione non-concettuale della vacuità. Comprendiamo la vacuità oppure no. Liberarci da tutta l'inconsapevolezza e da tutte le abitudini costanti d'inconsapevolezza dipende dalla forza e dalla durata della nostra focalizzazione non-concettuale su quella comprensione. La bodhicitta rende la forza della nostra cognizione estremamente potente. Se siamo in grado di avere questa motivazione, che è la più forte di tutte, la mente più concentrata di tutte e focalizzarla tutto il tempo non-concettualmente sulla vacuità, l'inconsapevolezza non tornerà mai più. Rimarremo per sempre con questa comprensione.
Abbiamo coperto una spiegazione intermedia del processo del samsara, il processo dell'uscita dal samsara e di tutto il processo di purificazione via via fino allo stato di Buddha. Per favore rendetevi conto che questo processo può essere spiegato in maniera molto più complessa. Dobbiamo lavorare in maniera graduale.
Domande riguardanti il karma mentale
Quando un pensiero di rabbia sorge nella nostra mente, possiamo capire che l'impulso grossolano generato da quel pensiero è ciò che ci fa dire o fare qualcosa mentre l'impulso sottile resta presente nel nostro continuum mentale?
È necessario smontare il quadro concettuale da cui stai ponendo questa domanda. Nei nostri linguaggi occidentali, usiamo la parola pensare in senso molto ampio. Nel caso della spiegazione buddhista, è necessario limitarlo. Quando parliamo del karma derivante da azioni mentali, un esempio di un'azione mentale potrebbe essere il pensiero: "Non mi ha chiamato ieri. Ho sprecato tutto il giorno a casa ad aspettare la sua telefonata. La prossima volta che lo vedo, gli urlerò contro perché è così irrispettoso." Pensare a questa successione di pensieri è un'azione mentale distruttiva. L'emozione negativa della rabbia che l'accompagna è una cosa diversa. La rabbia è la motivazione, non è il pensiero negativo stesso.
Indipendentemente da quale sistema di principi seguiamo, il karma mentale non implica impulsi fisici di energia, né grossolani né sottili. È solamente l'impulso mentale che porta avanti e sostiene una successione di pensieri. Non è mai l'azione karmica del pensare.
Cosa succede se voglio dire qualcosa di cattivo a qualcuno, ma poi non lo metto in atto e tuttavia questo pensiero continua a tornare fino a quando non mi spinge ad agire?
Prima di tutto dobbiamo differenziare l'atto mentale negativo dall'atto verbale negativo. Pensare qualcosa è un atto mentale, l'atto verbale è dirlo effettivamente. Pensare in anticipo di fare qualcosa – pianificarlo – può portare a dirlo effettivamente, ma non necessariamente porterà a dirlo. Nella discussione del karma, abbiamo quattro possibilità: pianificato e messo in atto; pianificato e non messo in atto; non pianificato ma messo in atto; né pianificato né messo in atto. Il potenziale karmico più pesante deriva dal pianificare qualcosa e poi metterlo in atto.
Allora è corretto dire che anche se un pensiero non porta ad un'azione, già il solo pensiero crea un karma che dobbiamo purificare? E che dire dell'uccidere qualcuno in sogno? Nessuno viene ferito, stiamo quindi generando karma negativo da purificare?
Sì a entrambe le tue domande. Nel caso del sognare d'uccidere qualcuno, anche se il sogno è iniziato con la pianificazione dell'uccidere la persona e poi effettivamente la uccidiamo nel sogno, la forza karmica negativa è più debole rispetto al caso d'uccidere qualcuno durante lo stato di veglia. Anche se l'azione è stata pianificata e poi messa in atto nel sogno, non c'era una base reale – mancava una persona reale – verso cui l'azione era diretta e che è stata uccisa dalla nostra azione.
Se ho il karma di morire, a casa oppure in un letto d'ospedale, in maniera più o meno conscia, che cosa potresti suggerire come pratica considerando che non sono un praticante molto avanzato? Dovrei praticare shamatha, una figura di Buddha oppure visualizzare il mio lama?
La cosa più importante al momento della nostra morte è restare focalizzati sul rifugio (la nostra direzione sicura) e sulla bodhicitta. Per favore tenete a mente che il rifugio non significa: "O Buddha salvami!" Piuttosto significa pensare: "Questa è la direzione in cui voglio continuare, la direzione sicura indicata dal Buddha, dal Dharma e dal Sangha. Voglio intraprendere tutto il percorso fino all'illuminazione per poter aiutare chiunque. Mi auguro di poter ottenere una forma umana pienamente dotata di tutte le tregue dalla sofferenza e le ricchezze di circostanze favorevoli che mi sostenga nel migliore dei modi per continuare il sentiero fino allo stato di Buddha in modo da poter essere veramente del migliore aiuto a chiunque. Mi auguro di poter essere sempre guidato da insegnanti pienamente qualificati." Possiamo restare focalizzati sulla figura di un Buddha o dei nostri lama per restare con questo pensiero. Oppure, se questo è troppo difficile, possiamo solamente focalizzarci sul pensiero: "Mi auguro di poter essere in grado di beneficiare chiunque."
Conclusione
Non posso mai enfatizzare abbastanza la necessità di essere realistici: "Cosa ti aspetti dal samsara?" Finché non diventeremo degli arhat, non smetteremo di sentirci infelici di tanto in tanto. E non smetteremo di ammalarci, avere incidenti eccetera finché non avremo ottenuto un corpo fatto di luce. Prima di ottenere lo stato di arhat, la nostra esperienza continuerà ad andare su e giù. Man mano che andiamo avanti, questo ottovolante non sarà così estremo, eppure a volte ci sentiremo ancora infelici riguardo alle cose, saremo di cattivo umore e ci succederanno cose che non vorremmo ci capitassero. Non dobbiamo ingannarci con false speranze di miracoli oppure lasciarci ingannare da persone che ci dicono che i miracoli avvengono.
Se abbiamo un'idea realistica di ciò che accade nel processo verso l'illuminazione, essa rafforzerà la nostra determinazione e il nostro coraggio. Possiamo pensare: "So che sarà difficile e che il mio umore andrà su e giù, ma continuerò ad andare avanti lo stesso. Non lascerò che questo mi distragga." In questo modo, possiamo lavorare continuamente e con costanza verso la liberazione e verso l'illuminazione senza arrenderci o scoraggiarci quando i miracoli non avvengono.
Dedica
Auguriamoci che qualsiasi comprensione possiamo aver ottenuto, diventi sempre più profonda in modo da riuscire a vedere con maggiore chiarezza il processo che ci trattiene nel samsara, e anche i passaggi per venirne fuori. Auguriamoci che qualsiasi forza positiva derivante dal nostro ascolto e dalla nostra riflessione su tutto questo possa fungere da causa per essere in grado di lavorare in maniera realistica e costante verso la liberazione e l'illuminazione per il beneficio di tutti.