Un’analisi buddhista: l’applicazione dello schema di causalità

Sofferenza e rinascita

Gli insegnamenti buddhisti ci insegnano metodi per superare i vari tipi di sofferenza. C’è la sofferenza generale dell’infelicità, che può accompagnare le nostre esperienze sensoriali o mentali. Anche il tipo ordinario di felicità è problematico perché non ci soddisfa mai, non ne abbiamo mai abbastanza, presto ci annoiamo e si trasforma in infelicità. Se mangiamo troppo del nostro cibo preferito, all’inizio potremmo essere felici ma se mangiamo troppo diventiamo molto infelici. Questi alti e bassi delle nostre vite, per cui a volte ci sentiamo infelici e a volte felici accadono in ogni rinascita incontrollabile e ricorrente, indipendentemente dall’esistenza che abbiamo. La proporzione e l’intensità della felicità e dell’infelicità ovviamente varieranno in base alla forma di vita che abbiamo e, più profondamente, in base ai vari potenziali karmici che hanno portato a quella rinascita. A un livello più profondo abbiamo la sofferenza onnipervasiva dell’avere questa rinascita incontrollabilmente ricorrente che funge da base per sperimentare l’infelicità e la felicità contaminata.

I dodici anelli dell’origine interdipendente

Abbiamo visto nella nostra discussione sulle cause di maturazione che l’intero meccanismo della rinascita è guidato dalla nostra sete, in una forma o nell’altra, di felicità o infelicità che sperimentiamo. Ricordate, abbiamo parlato dei dodici anelli dell’origine interdipendente, del le cause di maturazione che costruiamo, che sono emozioni disturbanti e comportamenti distruttivi o costruttivi contaminati che ne conseguono, che possono lasciare dietro di sé varie tendenze o eredità karmiche, a seconda di come vogliamo etichettarle. Al momento della morte, quando stiamo sperimentando felicità, infelicità o una sensazione neutra, abbiamo sete di non essere separati da quella felicità, di essere separati dall’infelicità o che quella sensazione neutra non degeneri. Quindi abbiamo un’emozione o un atteggiamento disturbante di ottenimento; c’è un intero elenco di questi, ma fondamentalmente pensiamo in termini di “io”, “Non voglio essere separato dalla felicità”. Ciò attiva queste tendenze karmiche in combinazione con queste due: la sete, e l’emozione e l’atteggiamento di ottenimento. Ciò attiva il karma proiettante che genererà quindi la spinta affinché il continuum mentale proceda con l’ulteriore rinascita samsarica, in cui sperimenteremo più infelicità e più felicità contaminata. Tutto questo è guidato dal primo anello dell’origine interdipendente: l’inconsapevolezza di come il sé esiste in termini di noi stessi e degli altri.

La confusione e l’importanza della decostruzione e della corretta comprensione

Dobbiamo comprendere tutta questa presentazione dettagliata delle due verità, del sé e di causa ed effetto per poter superare la rinascita incontrollabile e ricorrente, ottenere la liberazione e poi andare oltre per realizzare l’illuminazione. Siamo confusi su come esistiamo noi e gli altri, secondo i prasanghika, e anche confusi su tutta la realtà, sulle due verità. Inoltre, siamo confusi su ciò che stiamo sperimentando in termini di tutte le varie cause che determinano le varie componenti degli aggregati di ogni momento della nostra esperienza. Pertanto, non sappiamo o comprendiamo in modo errato, e questa è la fonte più profonda di tutti i nostri problemi. È cruciale decostruire le apparenze ingannevoli che abbiamo di qualsiasi cos sperimentiamo in ogni momento. Ciò significa:

  • decostruire le apparenze stesse – per questo abbiamo bisogno di comprendere le due verità
  • decostruire l’apparenza ingannevole di noi stessi che stiamo sperimentando le due verità
  • decostruire, in termini di causalità, come sorgono queste apparenze – quali sono le loro cause
  • comprendere anche come tutto questo insieme sorge in modo dipendente sulla base di queste cause, condizioni e parti
  • integrare tutto questo insieme per stabilire il modo in cui esistiamo.

Tutti questi argomenti si integrano in modo molto pratico, anche se quando li esaminiamo punto per punto scopriamo che possono essere piuttosto stimolanti a livello intellettuale. Ma è sempre importante, quando ci si avvicina a questo tipo di materiale, comprenderne lo scopo. Lo scopo, come ho detto, dell’insegnamento del Buddha non è annoiare o confondere le persone, ma aiutarle a superare la sofferenza. Quindi, quando si studia questo materiale e lo si approfondisce, è molto importante affrontarlo sempre dal punto di vista di come può aiutare me stesso e gli altri a superare vari tipi di sofferenza e, al livello più profondo, a superare la sofferenza onnipervasiva di rinascere in modo incontrollabile con più infelicità più problemi, più felicità contaminata, più insoddisfazione e così via. Come posso aiutare gli altri a ottenere la liberazione anche da questo?

Quanto tempo ci vorrà? Sentire che ci vorranno tre miliardi di eoni di accumulo di forza positiva ci aiuta a non scoraggiarci. Potremmo pensare che sia per scoraggiarci ma in realtà è per aiutarci a non esserlo. Perché ci scoraggiamo? Quando ci aspettiamo risultati immediati, quando non otteniamo risultati immediati o risultati dopo uno o due anni. Questo insegnamento sul tempo che ci vorrà ci aiuta a sviluppare la forza eroica e lo sforzo di andare sempre avanti, indipendentemente da quanto ci vorrà.

Questo sforzo eroico è virya in sanscrito, a volte è tradotto come “perseveranza gioiosa” traduzione che uso anche io. Tuttavia, è leggermente incompleta. La parola sanscrita è correlata alla parola “vira”, “eroe”, legata alla parola latina “vir”, “uomo”, con la sua derivazione “virile”. La connotazione qui è uno sforzo eroico, virile, che anche le donne possono fare ovviamente - non ha nulla a che fare con il genere - ma questo forte sforzo eroico è detto essere come un’armatura che ci protegge dallo scoraggiamento. Quindi, abbiamo bisogno di molto coraggio per intraprendere il cammino verso la liberazione e l’illuminazione - questa è la connotazione di questo termine. Naturalmente, dobbiamo perseverare e provare gioia in ciò che stiamo facendo; non lo troviamo terribile, come un compito sgradevole che dobbiamo fare. Quindi, indossiamo tutti le nostre armature e torniamo alla nostra presentazione di causa ed effetto.

I diversi pezzi che compongono la nostra esperienza

Ciò che stiamo cercando di descrivere qui è il modo in cui avvengono tutte le varie componenti nei cinque aggregati che costituiscono ogni momento della nostra esperienza. In altre parole, abbiamo un momento di esperienza. Il punto critico in questo, se pensiamo in termini di rinascita e di generazione di sempre più problemi, è il livello di felicità o infelicità che stiamo sperimentando in quel momento. Dobbiamo stare attenti a non sviluppare questa sete, e un forte pensiero in termini di “io identificandoci ciò che sta accadendo. “Io devo liberarmi di questo” - trasformandolo in un grande viaggio egoico “io, io, io” - “La mia felicità”, “Devo essere felice”, “Devo ottenere ciò che voglio”, “Tutti devono prestarmi attenzione” - questo tipo di esperienza.

Sapete come questo può degenerare in “Sono infelice perché non mi presti attenzione, dovresti prestarmi attenzione”, “Dovresti amarmi”, “Amami per me stesso, non per altro” - e degenera sempre di più. Allora siamo infelici e questo non fa che perpetuare i nostri problemi, non è vero? “Amami per come sono”, come se potesse esserci un sé che esiste indipendentemente dal nostro corpo, dalla nostra mente, dalla nostra personalità, ecc. Da questo modo di pensare deriva la compulsione di dire effettivamente qualcosa - questo è il karma. Il karma è quella compulsione che ti spinge a dire qualcosa, senza controllo, quindi c’è un’emozione disturbante. Tutti i problemi derivano dal dire qualcosa che in realtà fa sì che l’altro si allontani ulteriormente.

Quando proviamo felicità o infelicità, in ogni momento - un certo livello di ciò come parte degli aggregati - dobbiamo capire da dove proviene, qual è la causa. Dobbiamo capire che abbiamo questa causa di maturazione che deriva da un comportamento distruttivo o costruttivo contaminato, il che significa che è dominato da qualche emozione e atteggiamento disturbanti. Da dove proviene?

Ci sono cause onnipresenti e cause di pari status - la tendenza a essere così, la tendenza dell’emozione disturbante che deriva da precedenti casi di cattive abitudini. Sappiamo come ciò sia sorto.

Ci sono quelle tendenze karmiche da cui sono nate felicità o infelicità - la fonte natale, la pagnotta di pane appena sfornata - e le tendenze delle emozioni disturbanti da cui sono nate rabbia o attaccamento. Ciò deriva da queste cause di ottenimento.

Sono tutte queste condizioni contribuenti che agiscono simultaneamente “Lei è venuta da me e mi ha ignorato” e “Ha fatto questo” o “Ha fatto quello” - tutto ciò rientra nell’altra categoria di cause agenti. Questa è una circostanza in cui è sorto questo incidente, in cui ho detto “Non mi ami” e bla bla bla. Le cause agenti sono tutto, tranne il risultato, che in qualche modo ha contribuito a ciò che è accaduto.

Naturalmente, ci sono anche le cause antecedenti indirette, come la madre di quella persona. Se non avesse dato alla luce quella persona, lei non sarebbe mai venuta a dirmi questo o quello. Quindi, abbiamo tutti i tipi di cause e condizioni lì.

Ricordate, le cause immediate e le cause a lungo termine. La causa immediata, anche in termini di condizioni, è ciò che questa persona mi ha detto. Ma la causa a lungo termine è l’intera storia della nostra relazione, che è molto importante ricordare. Spesso la dimentichiamo e prendiamo solo ciò che è accaduto in questo momento, identificandolo con l’intera relazione e dimenticando tutte le cose buone e positive che ci sono state, non è vero? Questo perché non comprendiamo le cause immediate, le cause a lungo termine, le circostanze e così via; siamo semplicemente troppo limitati.

Ci sono anche le cause congruenti. Quando siamo infelici per quello che ci ha detto o perché ci ha ignorati, tendiamo a pensare a quel momento come a qualcosa di veramente solido, come se non fosse accaduto in parti. Ora dobbiamo tornare ai vaibhashika: ovviamente ha delle parti, ma sembra che non ne abbia. Ci riferiamo qui alle parti di quel momento di esperienza; stiamo identificando quell’intero momento solo con l’infelicità. Cause congruenti: c’è la coscienza primaria e un intero insieme, un’intera rete di altri fattori mentali che contribuiscono a quel momento di esperienza. Se li comprendiamo allora non identifichiamo l’intero momento solo con l’infelicità. Forse non stavamo prestando molta attenzione e non abbiamo sentito correttamente le sue parole. C’è inconsapevolezza lì – “Questa persona mi ha ignorato”, ma magari non ero consapevole che forse era impegnata con qualcos’altro o forse aveva mal di testa - non ne ho idea. Quindi c’è inconsapevolezza e ingenuità; forse l’umore che ho contribuisce a quell’infelicità e deriva da quello che è successo prima nel corso della giornata - sono molto stanco o qualcosa che non è andato come volevo al lavoro o altro. Questo contribuisce all’infelicità.

Decostruiamo tutti i diversi pezzi e poi creiamo quel momento. Quindi, invece di guardare a questo momento in modo così semplicistico – “Sono infelice e la causa è che mi hai ignorato” - comprendiamo la portata molto più ampia della situazione e non ne facciamo un gran problema, fondamentalmente.

Da che parte stanno le cause?

Potremmo chiederci se questa analisi ci porta alla conclusione che siamo la causa di tutto ciò che ci accade. Non è così, torniamo ai sistemi filosofici. Guardando questo dal punto di vista dei cittamatra, non ci sono fenomeni stabiliti esternamente quindi abbiamo a che fare solo con le nostre menti. Ma anche per i cittamatra l’altra persona è veramente stabilita e sappiamo che è solo nel contesto della nostra cognizione della persona che possiamo parlare di lei. Ma anche per la scuola Cittamatra quella persona, nel contesto della nostra cognizione, ha un’esistenza veramente stabilita, e la sua apparenza deriva da tutti i tipi di cause e condizioni dalla sua parte. Quindi il suo comportamento non è colpa mia, non è il mio karma che l’ha indotta a ignorarmi. Ricorda, il mio karma mi fa sperimentare che mi ignora, ma il loro karma fa sì che mi ignori.

E così, quando analizziamo comprendiamo tutte le cause dal mio lato e dal lato dell’altro, come ciò sia sorto in modo dipendente da questa combinazione. Quando comprendiamo tutto questo non ci agitiamo. Di solito ci agitiamo perché siamo ingenui: non sappiamo come esistiamo e proiettiamo qualcosa di impossibile. Ma con una corretta comprensione non sviluppiamo un’emozione disturbante che, quando sorge ci fa perdere la pace della mente e l’autocontrollo, quindi compulsivamente facciamo qualcosa di stupido. Manteniamo la calma in quella situazione, manteniamo il nostro autocontrollo e poi siamo in grado di gestirla.

Potremmo sentirci infelici, ma è a causa di precedenti cause karmiche. E anche se lo sono? A volte sono infelice, non è niente di speciale. Non lasciarti travolgere da questo. In uno stato mentale calmo affronta la situazione, qualunque cosa ti stia turbando. Fai tutto ciò che è appropriato e in questo modo non agisci in modo compulsivo.

Meditare sull’origine interdipendente di causa ed effetto

È importante sapere come meditare su ciò di cui abbiamo discusso. Abbiamo molti tipi diversi di meditazione nel Buddhismo tra cui shamatha e vipashyana, potreste aver già sentito questi termini.

  • Shamatha è una mente calma e stabile: è calma e quieta dal torpore mentale e dalla volubilità mentale, distrazione. È stabile, quindi rimane sull’oggetto e non si muove; è concentrazione perfetta. Il corpo e la mente si sentono molto leggeri e flessibili; possono essere usati per qualsiasi cosa.
  • Vipashyana è, in quello stato, l’essere in grado di discernere dettagli sottili. Letteralmente il termine vipashyana significa “stato mentale eccezionalmente percettivo”.

Questi sono gli stati finali di questi due, ma possiamo esercitarci ora per ottenerli. Come meditiamo su tutto ciò di cui abbiamo discusso?

  • Dobbiamo ascoltare questa analisi della causalità e ottenere informazioni corrette.
  • Dobbiamo riflettervi e capirla correttamente.
  • Inoltre, non solo dobbiamo averla capita, ma anche essere convinti che sia vera e utile; vogliamo anche essere in grado di padroneggiare questo sistema.
  • Poi ci esercitiamo ad analizzare. Analizzeremo di cosa è composto questo momento specifico e così via. Non possiamo farlo quando interagiamo con qualcuno ma più tardi, quando siamo in riflessione, ci sediamo e analizziamo cosa è successo e lo decostruiamo.
  • Una volta che ci siamo familiarizzati con quella decostruzione, allora la pratica di shamata consiste nel concentrarci su una situazione particolare con la comprensione che è sorta in dipendenza di una quantità enorme di parti e cause.

Ci sono quattro livelli di origine interdipendente. Quello dei dodici anelli dell’origine interdipendente, questo sistema molto complesso di felicità e infelicità, karma e così via. Poi c’è la dipendenza dalle cause, tutte le piccole parti di ciò che abbiamo sperimentato provengono da cause diverse e dipendono anche da parti. Poi è un “problema” in termini di etichettatura mentale, a cosa si riferisce l’etichetta “problema”. Non c’è alcunché dalla parte di tutte queste parti e cause che lo abbia stabilito dalla sua parte come un problema.

Quindi, abbiamo capito questo e con shamatha ci concentriamo su quella situazione con la comprensione che è sorta in modo dipendente in termini dei dodici anelli, cause e parti ed etichettatura mentale, ma senza discernere alcun dettaglio; solo sulla comprensione che è sorta in modo dipendente. È solo quando realizziamo quel contenitore di concentrazione perfetta che possiamo discernere tutti i dettagli e non perdere la nostra concentrazione: questo è vipashyana. Ma se abbiamo praticato più e più volte e coltivando questa abitudine benefica attraverso la meditazione - questo è il significato della meditazione - di shamatha nel concentrarsi sul problema in termini di origine interdipendente, allora nella nostra vita quotidiana possiamo applicare quella comprensione in una situazione, anche prima di aver raggiunto lo stato completo di shamatha e concentrazione perfetta.

In altre parole, ecco una situazione: sono felice, ma poi inizio a innervosirmi per qualcosa. A quel punto applichiamo la consapevolezza, la colla mentale per ricordare ciò che abbiamo sviluppato nella meditazione. Vediamo, ci concentriamo, comprendiamo che questa situazione è sorta in base ai dodici anelli, cause, parti ed etichettatura mentale. Non dobbiamo analizzarne i dettagli; non importa a questo punto. Ma abbiamo bisogno di comprensione; dire semplicemente che è un’origine interdipendente non significa nulla, è solo una categoria audio, una parola, ma non le è associato alcun significato. Abbiamo bisogno di una corretta comprensione di cosa significhi origine interdipendente in quel momento, anche se non discerniamo tutti i dettagli. Potremmo distinguerne alcuni se volessimo, ma non in quel momento; non è rilevante. Quindi, solo con quella comprensione possiamo dissolvere la nostra difficoltà e ottenere la calma. Poi usiamo la nostra intelligenza per fare ciò che è adatto in quella situazione, senza agire in modo compulsivo.

Quindi, la vera meditazione di consapevolezza è cercare di tenere sempre questa comprensione nella nostra mente il che significa ricordarla - colla mentale - così che in ogni situazione, non importa cosa stia succedendo, comprendiamo che è sorta in modo dipendente. Potremmo analizzarla se volessimo ma, anche senza un’analisi dettagliata, capiamo di cosa si tratta. Se ci evolviamo davvero molto con vipashyana allora in ogni momento saremo in grado di discernere anche tutte le cause, ma questo è un livello molto avanzato.

È la stessa cosa in termini di comprensione del sé che sta sperimentando questo momento. Di nuovo, se abbiamo capito questo e le due verità che sono coinvolte - se l’abbiamo capito e ci abbiamo lavorato - allora in quel momento siamo in grado di mantenere anche la consapevolezza di quello. Questo è shamatha sulla vacuità. Non dobbiamo effettivamente discernere tutti quei dettagli; dobbiamo discernerli prima, ma poi in quel momento semplicemente eliminiamo tutta la confusione.

Il pericolo, naturalmente, è che diventiamo negligenti e poi dimentichiamo il significato. Quindi dobbiamo familiarizzarci con il significato più e più volte, il che significa continuare a praticare ripetutamente, fare uno sforzo eroico a causa dell’abitudine alla confusione e compulsività. Queste abitudini sono molto radicate da tempo senza inizio, ricordate? Il sé e il continuum mentale non hanno inizio, quindi hanno accumulato una forza incredibile che deve essere superata. Ecco perché dobbiamo costruire questa rete di forza positiva attraverso la meditazione e agendo effettivamente per aiutare gli altri. Ciò accumula la forza positiva di contrasto per superare la forza negativa delle nostre precedenti abitudini negative.

Domande

Gestire le situazioni che riguardano il sé

Se ti trovi in una situazione che riguarda te stesso, forse è utile prendere le distanze dalla situazione immaginando che stia accadendo a un amico anziché a noi?

Se abbiamo una visione falsa e scorretta del sé e analizziamo la situazione immaginando che accada a me o a qualcun altro, è la stessa cosa. Probabilmente la forza del turbamento sarà minore se è con qualcun altro. Quindi, in un certo senso potrebbe essere più facile da analizzare, ma devi comunque analizzare.

Trovo che un modo più utile di gestirla sia, invece di pensare “questo sta succedendo a me o questo sta succedendo a te”, cambiarla analizzandola impersonalmente. Dobbiamo capire cosa significa “impersonale”. C’è sempre un sé coinvolto, ma non la prendi sul personale in termini di “io, io, io”, questo falso “io” e “Perché sta succedendo a me?”.

Faccio un esempio: sei al lavoro e il tuo capo ti urla “Lavora più velocemente, abbiamo tutto questo lavoro da fare, perché sei così lento?” e così via. Non prenderla sul personale. In altre parole, non vedere tutto come se fosse concentrato su di te e non pensare solo “io”. Questo è prenderla sul personale “Perché mi sta urlando contro?”. Piuttosto, prendila impersonalmente: questa è la situazione, il capo è influenzato da questa e quella condizione, da cosa gli è successo la mattina con la sua famiglia, dall’economia e un milione di cause agenti. Ma analizziamo anche dal nostro punto di vista: forse sto facendo qualcosa di sbagliato, forse sto lavorando troppo lentamente, forse sono stato distratto da e-mail, Facebook, Twitter o chissà cosa sta succedendo sul computer e sullo schermo allo stesso tempo. Il sé è ancora coinvolto nella situazione ma vede cosa si può fare per migliorarla e cosa sta succedendo con il capo; quindi, capisci e poi affronti la situazione in modo intelligente. Questo è ciò che intendo con prenderla impersonalmente: sei ancora coinvolto, ma non ruota tutto attorno a “me”.

Pensiero concettuale e idee

Nel corso della nostra vita abbiamo certi concetti che cambiano, per esempio il concetto di uomo o donna. È l’avere questi concetti, in particolare al momento della morte, che causa prima la sete dell’ottenere un certo tipo di rinascita e la sete di non ottenere alcun tipo di rinascita, e poi produce la rinascita effettiva?

Stai parlando del pensiero concettuale che ha categorie. Un’idea è qualcosa che rappresenta la categoria. Quindi, hai una categoria di uomo o di donna e hai qualcosa che la rappresenta: questa è la tua idea di cosa dovrebbe essere un uomo o una donna.

Sta cambiando?

Puoi cambiare ciò che rappresenta la categoria. L’idea cambierà, la categoria no, è ancora la categoria di “uomo” o “donna”. Vedi come il Buddhismo analizzerebbe ciò che dici? C’è la categoria “uomo” o “donna”, e poi c’è la tua idea di cosa siano e questo rappresenta la categoria. Quella rappresentazione può cambiare e svilupparsi nel corso della tua vita. Quindi ora la domanda è: cosa provoca la sete e uno di questi atteggiamenti di ottenimento? E se ho un particolare attaccamento a un certo tipo di vita - vorrei rinascere come uomo o come donna - come influisce sull’intero processo? Questo diventa un po’ complicato.

Diciamo che hai un’idea di ciò che per te rappresenta una donna o la femminilità, ne esageri le buone qualità e identifichi la femminilità con le qualità positive e ignori quelle negative. Sulla base di ciò, sviluppi attaccamento per essere una donna e ciò influenza il tuo comportamento, il modo in cui parli e così via. Ciò accumula potenziali e tendenze karmiche.

Al momento della morte abbiamo qualche sensazione, felice o infelice - abbiamo sete rispetto a quella – “Voglio questa sensazione” o “Non voglio questa sensazione”; e poi la grande enfasi su “io, io, io” – “Io non la voglio” o “Io la voglio”, “Non voglio morire”; pensieri simili attiveranno un intero gruppo di tendenze karmiche. Una di queste che potrebbe essere attivata è la tendenza karmica del tuo comportamento basato sull’attaccamento all’essere una donna. Ciò influenzerà il tipo di rinascita che hai, se è davvero dominante, e allora rinascerai come donna.

Ora, non deve essere un processo samsarico. Se pensi al racconto di Tara, questo Buddha in forma di donna che, senza quell’attaccamento e quell’esagerazione, per aiutare le donne fece voto “Possa io rinascere sempre come donna” per incoraggiare le donne nel loro percorso spirituale e, sulla base di quel desiderio di rinascere come donna, è sempre rinata come donna dopo di ciò, ma non in un modo di tipo samsarico.

La differenza importante è se abbiamo una visione irrealistica dell’essere donna o uomo, in cui si guarda solo il lato positivo e si ignorano i difetti oppure se abbiamo una visione realistica che non è un problema, tutto ha aspetti positivi e difetti.

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