La definizione di mente: considerazioni generali
Dopo aver discusso i preliminari, passiamo ora alla pratica vera e propria di mahamudra – la meditazione sulla natura della mente. Quando solleviamo questo tema dobbiamo prima esplorare cosa intendiamo per “mente” perché, se ci viene chiesto di concentrarci e meditare sulla natura della mente o sulla mente stessa, potremmo trovare non molto ovvio ciò che intendiamo fare. Pertanto dobbiamo esaminare la definizione di “mente” nel Buddhismo.
Se guardiamo la definizione classica scopriamo che il Buddhismo parla di qualcosa di molto diverso da ciò che intendiamo con qualsiasi delle nostre corrispondenti parole occidentali. Anche nelle lingue occidentali non c'è accordo sul significato di “mente”; solo se consideriamo l’inglese e il tedesco, c'è una grande differenza tra la parola inglese “mind” e quella tedesca “Geist”. “Geist” ha anche la connotazione di “spirito” che non è presente nel concetto inglese di “mente”. Le lingue buddhiste asiatiche classiche, il sanscrito e il tibetano, parlano di qualcosa di molto diverso da entrambe e la differenza tra ciò che chiamano “mente” e ciò a cui si riferiscono i corrispondenti termini occidentali è molto maggiore di quello tra i referenti dei termini equivalenti inglese e tedesco. Il problema di come tradurre il concetto buddhista in una parola occidentale è, ovviamente, molto impegnativo.
Nelle lingue occidentali distinguiamo chiaramente tra mente e cuore, o intelletto e sentimenti. Pensiamo al lato intellettuale e razionale come “mente” e al lato emotivo e intuitivo come “cuore”, qualcosa di completamente diverso dalla mente. Molti occidentali direbbero che sebbene un cane abbia emozioni, non ha mente. Nel Buddhismo, tuttavia, non esiste un divario così ampio tra intelletto ed emozioni, le funzioni di entrambi sono incorporate in un'unica parola – “citta” in sanscrito o “sem” in tibetano – e includiamo nell'ambito del suo significato anche tutte le percezioni sensoriali, come la vista, l'udito, l'olfatto e così via. Così, anche se “citta” e “sem” sono entrambe tradotte con la parola “mente”, “mind” in inglese o “Geist” in tedesco, i termini sanscrito e tibetano racchiudono una portata di significato molto più ampia di quella della loro traduzione italiana, inglese o tedesca.
Il problema non si limita alle lingue occidentali, anche il mongolo distingue tra il lato intellettuale e quello emotivo ma, a differenza dell'inglese, nei testi buddhisti usa il termine “setgil” per il secondo. Anche i traduttori cinesi scelsero una parola che significa cuore, “xin”, che anche i giapponesi accettarono e usarono. La questione di cosa sia la mente fa emergere molte differenze fondamentali nelle visioni culturali del mondo.
Se vogliamo trovare un sinonimo migliore per i termini indo-tibetani nelle lingue europee, forse l'equivalente più vicino è la parola "esperienza", sebbene anche questa parola non sia del tutto precisa. Non includiamo qui nel suo significato l'esperienza nel senso di familiarità e competenza attraverso la ripetizione, come in “Questo medico ha molta esperienza”. Inoltre, nelle lingue occidentali, sperimentare qualcosa implica spesso provare emozioni al riguardo, sia positive che negative. Sentiamo di non aver realmente sperimentato qualcosa di profondo a meno che non ne siamo stati consapevolmente commossi a livello emotivo. Anche questo non è incluso nella nozione buddhista, né vi è alcuna connotazione di valutazione come in “Ho imparato molto da quell'esperienza”. Nel contesto buddhista l’esperienza è ciò che ci accade, qualunque cosa.
Nella discussione buddhista sulla mente, quindi, non si parla di una sorta di “cosa” o di un organo che si trova nella nostra testa, come il cervello, né di uno spazio, come suggerisce l’espressione occidentale “Immagina nella tua mente questo o quello” – come se la mente fosse un palcoscenico o una stanza nella nostra testa attraverso la quale sfilano i pensieri o in cui sono immagazzinati i ricordi. Si intende piuttosto una sorta di evento che avviene a livello del cervello e del sistema nervoso.
Cosa succede quando vediamo, sentiamo o pensiamo qualcosa? Anche se possiamo descrivere l'evento dal punto di vista biochimico o elettrochimico, possiamo anche descriverlo soggettivamente. Quest'ultimo è ciò che nel Buddhismo si intende con “mente”. Quando vediamo, ascoltiamo, pensiamo o sentiamo emotivamente qualcosa, c'è un'esperienza momento dopo momento, è ciò che accade. Inoltre, l'esperienza ha sempre dei contenuti, in altre parole, la mente ha sempre un oggetto. Infatti, “mente” in sanscrito e tibetano è anche chiamata “ciò che ha un oggetto”.