La relazione tra l'oggetto di negazione nella vacuità e la facilità di comprendere la vacuità come origine interdipendente
Tsenshap Serkong Rinpoce II: [Nel contesto della cognizione della verità convenzionale] poiché ci sono menti conoscenti (shes-pa) ci sono oggetti conosciuti (shes-bya), e poiché ci sono oggetti conosciuti ci sono menti conoscenti. Tutte queste menti conoscenti e oggetti conosciuti provengono da una mente che si afferra all'esistenza veramente stabilita. Quindi, il mio insegnante pensa che sia per questo che forse a volte è meglio, per ottenere la comprensione della vacuità, interrompere tutte le fabbricazioni concettuali.
D'altra parte, se guardi questo pezzo di carta sul tavolo, allora un ghelugpa dirà: "Non sto realmente confutando il foglio ma la sua esistenza veramente stabilita". Quindi, cerchi di prendere e confutare l'oggetto da confutare, ma senti che non sto confutando l'oggetto che esiste. Con questo tipo di sensazione, non proverai mai la paura di cui parlano i testi quando una persona che non ha una buona connessione karmica o non ha grandi meriti cerca di investigare la vacuità prova molta paura. Ma per i ghelugpa, credo, non ci sarà alcuna paura perché avranno sempre la sensazione di confutare questo oggetto da confutare [l'esistenza veramente stabilita], non questo [l'oggetto].
Ma poi, se guardi la storia della vita di Lama Tzong Khapa, egli meditò sulla vacuità e provò così tanta paura che pensò di averla forse compresa. Ma quando lo disse a Manjushri, egli rispose: "Non la chiamerò consapevolezza discriminante della vacuità, perché non c'è una singola comprensione dell'origine interdipendente con questo modo di comprendere". Quindi, Lama Tzong Khapa cambiò metodo.
Se prendiamo in esame la storia di Lama Tsongkhapa, ad esempio il suo Rosario dorato della spiegazione eccellente (Legs-bshad gser-’phreng), vedremo che lì egli parla della completa separazione dalla fabbricazione concettuale dai quattro estremi (mtha’-bzhi spros-bral). Ecco perché i non ghelugpa dicono che, prima, Lama Tzong Khapa era bravo. Ma poi lentamente è cambiato, soprattutto nella sua "Breve presentazione di uno stato mentale eccezionalmente percettivo" (Lhag-mthong chung-ngu) – credo che queste siano le ultime annotazioni sull'argomento – lì dice che non dovremmo dire che una brocca è priva di essere una brocca (bum-pa bum-pa’i stong-pa). Dovrebbe essere più come "una brocca è priva di essere auto stabilita come brocca" (bum-pa bum-pa rang-bzhin-gyi stong-pa).
Ora, forse la gente si chiederà perché Lama Tzong Khapa fornisca tutte queste informazioni. Forse si sta inventando tutto con Manjushri. Ma, se leggete il 18° capitolo molto lentamente, lì Nagarjuna spiegherà come, in totale assorbimento, gli arya vedono o sperimentano la visione. Poi, nella parte successiva [del suo commento a questo capitolo], Chandrakirti fa un'affermazione molto cruciale: "Tutto ciò che è stato detto finora riguarda i tratti caratteristici individuali che definiscono la natura stessa della realtà (vacuità) per gli arya. Ora parlerò dei tratti caratteristici individuali che definiscono la natura stessa della realtà per le persone mondane ". Quindi, ci sono due cose diverse spiegate.
Poi, lì, si occupa maggiormente di causa ed effetto, e menziona fenomeni come un seme e un germoglio. Questo riguarda più la comprensione che non concerne solo la vacuità, ma anche la preparazione alla comprensione della vacuità. Dobbiamo prepararci a raggiungere una solida comprensione dell'origine interdipendente.
Dott. Berzin: Quindi, comprendere l'origine interdipendente è la causa per comprendere la vacuità e ti prepara anche a comprendere la vacuità nel senso di origine interdipendente?
Questa è la parte difficile perché Tsongkhapa afferma nel suo Grande commentario a "Strofe radice sulla via di mezzo" di Nagarjuna (rTsa-shes tik-chen): "Dopo aver preso la posizione che non c'è nulla che esista o sia stabilito di per sé, allora sostenere la posizione su come funzionano le cose è la parte più difficile".
Supplemento del dott. Berzin per completare la discussione
Gli oggetti convenzionali hanno un'esistenza auto stabilita e le menti che li conoscono vi si afferrano. Pertanto, i nyingma sostengono che, per ottenere anche solo la cognizione concettuale della vacuità in meditazione, è meglio prendere gli oggetti convenzionali come oggetto di negazione e non avere nemmeno l'apprendimento implicito degli oggetti convenzionali nella meditazione. Questo perché anche l'apprendimento implicito degli oggetti convenzionali implica l'afferrarsi all'esistenza auto stabilita, che è l'antitesi della conoscenza della vacuità.
La comprensione della vacuità, tuttavia, non è completa a meno che non sia intesa nel senso di origine interdipendente, e l’origine interdipendente è intesa nel senso di vacuità. Quando la vacuità è intesa come la confutazione degli oggetti convenzionali, come "una brocca è priva di essere una brocca", il pericolo è che si senta che nulla esista e, di conseguenza, si possa provare una forte paura di "anch'io non esisto". Se, d'altra parte, come affermò Tsongkhapa nell'ultima parte della sua vita, una brocca è semplicemente priva di essere auto stabilita come brocca ma non priva dell’essere una brocca, allora non si stanno confutando gli oggetti convenzionali. Si comprende che una brocca e così via esistono come mere convenzionalità e, in quanto tali, funzionano in accordo con l’origine interdipendente di causa ed effetto. Pertanto, non si avrà alcun timore di comprendere la vacuità.
Comprendere la vacuità come origine interdipendente in questo modo, tuttavia, è estremamente difficile e richiede un enorme accumulo di potenziale positivo (merito) che si accumula sviluppando amore, compassione e bodhicitta e aiutando gli altri il più possibile. Per fare ciò è necessario relazionarsi con gli esseri mondani e ordinari nei termini del modo in cui sperimentano gli oggetti convenzionali e il mondo in generale.
Chandrakirti spiegò che la natura della realtà che appare agli arya e quella che appare alle persone mondane e ordinarie sono diverse. Le persone comuni e mondane non possono relazionarsi con l'assenza di tutti gli oggetti convenzionali che gli arya riconoscono nel loro totale assorbimento nella vacuità.Queste persone continuano a conoscere e ad afferrarsi alle apparenze di oggetti convenzionali auto stabiliti. Pertanto, rispetto al metodo nyingma di meditare concettualmente sulla vacuità, dove non c'è apparenza né apprendimento di oggetti convenzionali, meditare nel metodo ghelugpa, dove si ha una comprensione implicita degli oggetti convenzionali, può rendere più facile entrare in relazione con il modo in cui le persone comuni e mondane sperimentano il mondo e quindi più facile sviluppare compassione per loro e aiutarle. In questo modo, diventa più facile sviluppare il potenziale positivo necessario come preparazione alla comprensione dell’origine interdipendente di causa ed effetto e di come la vacuità supporti anziché impedire la funzionalità.
La comprensione nyingma dell'origine interdipendente
Dott. Berzin: Questa è una corretta comprensione dell'origine interdipendente secondo i prasanghika? Ci sono un milione di cose che interagiscono con tutto il resto e non si fermano mai. Tutte queste cose, ovviamente, non sono auto stabilite, perché si stabiliscono sulla base di cause, parti ed etichettature mentali. Afferrarsi a un'esistenza veramente stabilita è come cercare di farne una fotografia statica in cui, poi, appare ogni singola cosa – come la brocca e tutto il resto. Ma non esistono cose come fotografie statiche. Questo è ciò che fa la concettualizzazione. E quindi, in effetti, la vacuità è l'assenza di fotografie statiche corrispondenti a qualcosa di reale. Non ci sono "cose" di riferimento (btags-don) rintracciabili; nulla esiste come una fotografia statica. Ma d'altronde tutto funziona perché ci sono un'infinità di cose che interagiscono tra loro.
Tsenshap Serkong Rinpoce II: Questo è più il punto di vista svatantrika.
Come è possibile, svatantrika? La scuola Svatantrika direbbe che tutto ciò che interagisce è auto stabilito. Questa spiegazione significa che nessuna di queste cose è auto stabilita.
Esattamente, ma cosa significa? L'esistenza auto stabilita asserita dagli svatantrika non è una "cosa" solida lì. Il punto è come loro riconoscono l'oggetto da confutare. L'esempio è un'illusione (sgyu-ma), dicono che tutti i fenomeni sono come un'illusione. Spiegano che le cose, le apparenze – per esempio, l'apparenza di qualcosa di simile a una persona – sono come l'illusione di un elefante che le persone vedono quando un mago fa un incantesimo su una sostanza. Quella sostanza magica non deve fare molto: quando le persone illuse e ingannate la guardano, la loro illusione la fa funzionare e vedono un elefante.
Guardano quella sostanza magica che è lì, ma non è per niente come ciò che vedono eppure è lì. Ma cosa fa apparire loro questo elefante? Se guardano molto attentamente ciò che vedono, la parte che è questa sostanza magica è lì e, se iniziano a esaminare, non vedranno l’elefante. Vedranno un elefante solo da lontano. Poiché questa sostanza magica svolge una funzione dalla sua parte, allora la persona illusa la usa per vedere l'elefante.
È la stessa cosa con tutti i fenomeni. Bhavaviveka, che appartiene a questa scuola Svatantrika, usa come esempio tutti i fenomeni: tutti sono imputati in modo dipendente (chos thams-cad ltas-nas btags-pa), che significa che sorgono in modo interdipendente. Ma come lo ha detto? Nel suo "Fulmine del ragionamento " (rTog-ge ’bar-ba, sanscr. Tarkajvāla), dice che tutti i fenomeni sono come una foresta. Un albero non è una foresta. Due alberi non sono una foresta. Il tutto insieme è una foresta. Così sono tutti i fenomeni. O come un esercito: non si chiama esercito un soldato, o due, o tre, ma raggruppandoli tutti insieme, si ottiene un esercito. Allo stesso modo, dico che è così che funzionano tutti i fenomeni.
Supplemento del dott. Berzin per completare la discussione
Nella scuola Prasanghika, l'oggetto da confutare è un elefante illusorio la cui esistenza è stabilita esclusivamente dal potere dell'etichettatura mentale di una persona illusa sulla base della sostanza magica. Invece, Svatantrika afferma che l'esistenza dell'elefante illusorio è stabilita dall'etichettatura mentale di una persona illusa in congiunzione con il potere di una base per l'etichettatura – la sostanza magica – e non da quella etichettatura mentale da sola. Dal punto di vista nyingma, che la sostanza magica abbia o meno un'esistenza auto stabilita non fa differenza se l'esistenza dell'elefante illusorio è stabilita dall'etichettatura mentale in congiunzione con il potere di una sostanza magica.
Lo stesso vale se sostituiamo oggetti convenzionali all'elefante illusorio e un'infinità di fattori interagenti con la sostanza magica. Dopotutto, analogamente alla base per l'etichettatura che consiste in un'infinità di fattori interconnessi, Bhavaviveka spiega che la base per etichettare una foresta non è semplicemente uno o due alberi, ma un vasto gruppo di alberi presi insieme, e lo stesso vale per un esercito e un vasto gruppo di soldati. Che si parli di un oggetto convenzionale e di un'infinità di fattori interconnessi, o di una foresta e di un vasto gruppo di alberi interconnessi, o di un esercito e di un vasto gruppo di soldati interconnessi, non fa differenza se la base per l'etichettatura ha un'esistenza auto stabilita o ne sia priva. Affermare che è in congiunzione con il funzionamento di un'infinità di fattori non auto stabiliti che interagiscono come base per l'etichettatura che un oggetto convenzionale può essere etichettato mentalmente come derivante in modo dipendente da questi fattori, è ancora un'affermazione svatantrika. Questo perché asserisce che l'esistenza di un oggetto convenzionale non è stabilita semplicemente dall'etichettatura mentale, ma richiede il funzionamento di un'infinità di fattori non auto stabiliti che interagiscono come base per l'etichettatura. La posizione Nyingma Prasanghika, tuttavia, è che gli oggetti convenzionali nascono e funzionano in base al fatto che non ci sono miliardi di fattori che interagiscono, indipendentemente dal fatto che tali fattori siano auto stabiliti o meno.
Secondo la scuola Nyingma, l'origine interdipendente e la funzionalità si verificano senza che vi siano oggetti convenzionali funzionanti
Tsenshap Serkong Rinpoce II: Bhavaviveka ne parla, ma la peculiarità prasanghika non riguarda solo questo. Secondo la posizione nyingma, la visione prasanghika ferma ogni fenomeno – "Tu non sei Alex, ecco perché ti chiamo Alex". Qualcosa del genere. Prasanghika dovrebbe funzionare più o meno così. Quindi, questa non è una brocca. Penso che questa sia una brocca, lo dico perché sembra una brocca ma è totalmente sbagliato. Perché non è una brocca, allora sembra una brocca. È qualcosa su cui riflettere.
Dott. Berzin: Quindi, è a causa dell'inconsapevolezza e dell'ignoranza che, sebbene non sia una brocca, appare come tale. Non appare così dalla parte dell’oggetto, giusto?
Sì, sì. Qui dice che io sono una brocca, ma poi quando provi a cercare una brocca, non riesci a trovarla. Dopo aver tolto tutti i pezzi... come lo chiamiamo?... dopo aver confutato tutti gli oggetti da confutare, allora è completamente spoglia. Non riesci proprio a trovare nulla.
Ora, Lama Tzong Khapa sta dicendo che questa non è la visione prasanghika. La visione prasanghika è che, anche se le cose non funzionano in base a qualcosa di solido dalla loro parte, è proprio per questo che funzionano.
Quindi, secondo la spiegazione nyingma, non c'è letteralmente nulla che funzioni, giusto?
Giusto.
Allora non c'è nemmeno una funzione.
Esatto. Se non riesci a trovare una "cosa", allora non riesci a trovare una "cosa funzionante". Ma allora potresti solo sentirti depresso perché pensi che questa cosa funzioni, che sia utile, che questo sia io. Automaticamente, ci sarà qualche problema personale al riguardo. Dovrebbe esserci, perché è qualcosa che Buddha disse che sarebbe successo. Disse: "Ho trovato qualcosa di straordinario, qualcosa di nascosto, ma se lo condivido con gli altri, non lo capiranno".
Impazziranno.
Impazziranno. Normalmente, non impazziamo. Se ci fosse qualcosa per cui dovremmo davvero impazzire sarebbe questo. Nel commento, si chiede quali siano le fabbricazioni concettuali che vengono cessate dalla vacuità. È la totalità di tutto ciò che vediamo. E allora sorgerà per noi la domanda più importante.
Potrebbe essere un po' contro Lama Tzong Khapa, ma qualunque cosa vediamo sembra veramente esistente. Anche se la mente dice che non è così, ti guardo e sembri veramente esistente. Quindi, tutto ciò che stai guardando e vedendo è veramente esistente. Lama Tzong Khapa dice di non prenderla così. In Illuminare l’intento: una spiegazione a Impegnarsi nella via di mezzo (di Chandrakirti) (dBu-ma dgongs-pa rab-gsal), nella sua discussione sui tre tipi di compassione, afferma: “A volte le persone qualificano gli esseri senzienti con la vacuità, a volte non li caratterizzano, a volte li caratterizzano come non statici, a volte non li caratterizzano. Ma a volte c'è una mente in cui sorge semplicemente una brocca”. Questo ha detto.
Se lo comprendiamo in questo modo, allora [dovrebbe essere che] non c'è alcuna possibilità per noi di non aver mai visto qualcosa che non sia veramente esistente. [Avremmo dovuto vederla, ma] ogni cosa per noi ha un'esistenza veramente stabilita. L'unico momento in cui vediamo la vera vacuità è nell'assorbimento totale; quello è il momento in cui la vedremo. Questa è l'affermazione di come funziona. Allora è davvero bello. Il mio insegnante ha scritto una poesia dal suo punto di vista.
Se dobbiamo affermare che, nella nostra vita normale, come dice Lama Tzong Khapa, abbiamo visto una brocca che non è qualificata come veramente esistente o non veramente esistente, com'è possibile? Dato che si tratta di un argomento davvero complicato, entriamo in un esempio molto semplice. Se non avessimo mai visto il nostro volto in uno specchio, ogni volta che ne vediamo il riflesso penseremmo: "È il mio volto". E se non avessimo visto la vacuità del nostro volto lì, ogni giorno, quando ci guardiamo allo specchio, dovremmo comunque sentire che questo è il mio volto. Quindi, allo stesso modo, fino ad ora, anche se con la mente diciamo che questo non è veramente esistente, tuttavia, poiché non abbiamo visto la vacuità, non è possibile per noi non vedere le cose come se sembrassero veramente esistenti. Lo diceva sempre il mio maestro.
Supplemento del dott. Berzin per completare la discussione
Sia i nyingma che i ghelugpa concordano sul fatto che gli oggetti convenzionali, come una brocca, sembrano avere un'esistenza auto stabilita, sia che vengano conosciuti concettualmente che non concettualmente. Ciononostante, quando li analizziamo in termini di verità superficiale o profonda, non c'è nulla che possa essere trovato. Non ci sono "cose" di riferimento rintracciabili che le supportino. La domanda quindi è: come mai causa ed effetto, in particolare causa ed effetto karmici, sono validi e funzionano?
I ghelugpa affermano che funzionano sulla base di mere convenzionalità. Questo è ciò a cui si riferiva Tsongkhapa quando affermava che, in occasioni in cui non è vero che le persone caratterizzano o non caratterizzano gli oggetti convenzionali come privi di esistenza auto stabilita, può accadere che vedano mere convenzionalità come una brocca. Pertanto, sebbene non ci siano oggetti convenzionali auto stabiliti, tuttavia causa ed effetto funzionano sulla base di oggetti come mere convenzionalità.
I nyingma si chiedono come sia possibile che si verifichi un'occasione in cui le persone non caratterizzano né non caratterizzano gli oggetti convenzionali come privi di esistenza auto stabilita. Quando vediamo il nostro riflesso in uno specchio, o riconosciamo che non è il nostro vero volto o non lo riconosciamo. Come può esserci una terza possibilità? Quindi, i nyingma affermano che non esistono cose come mere convenzionalità. Non ci sono oggetti convenzionali, e quindi non c'è alcun funzionamento degli oggetti convenzionali, e causa ed effetto funzionano sulla base dell'assenza di oggetti convenzionali.
Spiegare che non ci sono oggetti convenzionali, tuttavia, è un'idea così radicale che il Buddha esitò a insegnarla pubblicamente, poiché non solo le persone non l'avrebbero capita ma sarebbero anche impazzite. Per evitarlo Tzong Khapa insegna che, sebbene non ci siano oggetti convenzionali auto stabiliti, esistono mere convenzionalità e causa ed effetto funzionano sulla base di esse.