Introduzione
Questo fine settimana parleremo di negazioni (dgag-pa) e affermazioni (sgrub-pa). Sebbene esistano spiegazioni piuttosto diverse secondo le diverse tradizioni tibetane, qui presenteremo solo quella che troviamo in quella Ghelug, in particolare l'opinione della maggioranza così come formulata nei libri di testo di Jetsunpa. Esiste un'opinione minoritaria nei libri di testo di Kunkyen, ma tutti gli altri seguono la visione elaborata da Jetsunpa che spiegherò qui, poiché è ciò che ho studiato.
Prima di addentrarci in questo argomento devo dirvi che, sebbene ne avessi una vaga comprensione durante gli insegnamenti ricevuti molto tempo fa, ho ricevuto ulteriori istruzioni quest'estate, quando ero in India dal giovane Serkong Rinpoce e dal suo maestro, ghesce Tenzin Zangpo, considerato il migliore nel dibattito in tutti i monasteri ghelug. Devo dire che sto ancora lavorando su questo argomento, quindi non posso garantire di averne raggiunto la comprensione più profonda. È piuttosto impegnativo se lo si studia al livello approfondito che viene offerto nel programma completo dei ghesce. Ciononostante, possiamo lavorarci insieme. Lo spiegherò al meglio delle mie capacità, secondo la mia attuale comprensione.
Comprendere le negazioni è importante per molti argomenti, ad esempio, riguardanti il karma, il passato e il futuro, ciò che un Buddha sa – ciò che chiunque potrebbe sapere – sul passato e sul futuro. Per comprendere in profondità questi argomenti è necessaria la comprensione delle negazioni. Negazioni come il non-accadere-più (’das-pa) di qualcosa, di un'azione e come questo si trasformi in un-accadere-nel-presente (da-lta-ba) dell'azione, e cose come gli accadimenti passati e il non-ancora-accaduto (zhig-pa ma-’ong-pa) di qualcosa. Come si verifica il non-ancora-accadere di qualcosa? Inoltre, come possiamo impedire che il non-accadere-più di qualcosa si ripeta? Sono tutte domande molto interessanti e importanti, ma prima dobbiamo imparare le basi.
Capire cosa siano negazioni e affermazioni e come la nostra mente le pensi e le conosca in modo valido è cruciale per quanto riguarda la meditazione sulla non staticità (impermanenza), che è una negazione di qualcosa. Come meditiamo sulla vacuità? A cosa pensiamo quando pensiamo alla vacuità, che è anch'essa una negazione? Come la pensiamo? Se non conosciamo queste cose con precisione, è davvero difficile meditare correttamente sulla non staticità o sulla vacuità. Potremmo provarci in qualche modo, ma non sappiamo veramente cosa stiamo facendo.
Lo stesso vale per la bodhicitta (sanscr. bodhicitta). Se ci stiamo concentrando sulla nostra futura illuminazione e vogliamo raggiungerla, beh, su cosa ci stiamo concentrando? Quella futura illuminazione non è ancora accaduta. Il non-accadere dell'illuminazione – quell'illuminazione stessa – esiste da qualche parte là fuori? Su cosa ci stiamo concentrando in realtà? Cosa c'è davanti alla nostra mente quando ci concentriamo sulla bodhicitta? Tutto si basa sulla comprensione di cosa sia una negazione e di un fenomeno di negazione, e di come ci concentriamo su essi. È fondamentale per la maggior parte delle meditazioni che potremmo voler fare.
Nella nostra discussione su non-staticità e vacuità, non entreremo nei dettagli di cosa significhino effettivamente, ne abbiamo già parlato in precedenza. Qui discuteremo come ci concentriamo su di essi, e non tanto come meditiamo sul significato, quanto come li pensiamo effettivamente per analizzarli, per comprenderli, per concentrarci su di essi, una volta che li abbiamo compresi. È di questo che ci occuperemo. Sebbene questo materiale possa sembrare molto intellettuale e teorico, non lo è. Tratta molto direttamente della meditazione e di come meditiamo. Quindi, non lasciatevi distrarre dai dettagli tecnici, che ci impediscono di capire perché dobbiamo studiare questo argomento.
Fenomeni esistenti e inesistenti
Innanzitutto, dobbiamo sapere che tipo di fenomeni esistono. Ci sono fenomeni esistenti (yod-pa), definiti come quei fenomeni che sono validamente conoscibili. Se esistono, possono essere validamente conoscibili. Se sono validamente conoscibili, esistono. Includono sia fenomeni statici (rtag-pa) che non statici (mi-rtag-pa). Il motivo per cui preferisco "statico" e "non statico" è perché, almeno in italiano, le parole "permanente" e "impermanente" sono un po' fuorvianti.
Sia i fenomeni statici che quelli non statici possono essere di quattro tipi: avere un inizio e una fine, avere un inizio ma non una fine, non avere un inizio ma una fine, oppure nessun inizio e nessuna fine. Alcuni durano solo un breve periodo, altri durano per sempre – in entrambe le categorie. Alcuni non hanno inizio ma poi finiscono. Altri hanno un inizio ma poi non hanno fine: continuano per sempre dopo essere iniziati. Per questo motivo, preferisco "statico" e "non statico". Ciò implica che, finché esiste, se è non statico, cambia in ogni momento - è influenzato da cause e condizioni. Se è statico, per tutto il tempo in cui esiste, non cambia; non fa nulla.
Abbiamo parlato a lungo di alcuni di questi fenomeni statici, come le categorie con cui pensiamo i fenomeni. Le categorie non fanno nulla, come "tavolo", attraverso cui possiamo identificare molti elementi diversi come tavoli. Entrambi questi tipi di fenomeni, statici e non statici, esistono; possono essere conosciuti in modo valido. Inoltre, i fenomeni non statici non solo cambiano di momento in momento e non solo sono influenzati da cause e condizioni, ma influenzano anche altre cose, producono effetti, funzionano. I fenomeni statici non funzionano. Ecco perché a volte abbiamo i sinonimi "fenomeno funzionante" (dngos-po) e "fenomeno non funzionante" (dngos-med).
Ora, i fenomeni inesistenti (med-pa) sono quelli che non possono essere conosciuti in modo valido, né convenzionalmente né a livello ultimo, da una mente che si concentra su verità superficiali o profonde. Prendiamo, ad esempio, un fenomeno inesistente classico come le corna di un coniglio, le labbra di un pollo o i peli di una tartaruga: non possono essere conosciuti in modo valido da una mente che si concentra sulla verità superficiale, in altre parole, sulle apparenze. Potrebbero essere conosciuti in modo non valido, potremmo avere un'allucinazione di peli di tartaruga. Tuttavia, è un fenomeno inesistente perché non può essere conosciuto in modo valido.
Allo stesso modo, un altro fenomeno inesistente è la vera esistenza, l'esistenza veramente stabilita come definita dalla scuola Madhyamaka (sanscr. Mādhyamaka), che non può essere conosciuta da una mente che si concentra validamente sulla verità più profonda. Tuttavia, potrebbe essere conosciuta in modo non valido, distorto, perché a causa della nostra abitudine di afferrarci all'esistenza veramente stabilita, pensiamo di vederla. Pensiamo che sia così che le cose esistono, ma questo non è conosciuto in modo valido, quindi è inesistente. Non può essere conosciuta da una mente valida che si concentra validamente sulla verità più profonda delle cose.
Noi conosciamo sia cose esistenti che inesistenti, ma conosciamo validamente solo le cose esistenti. La discussione sulle cose inesistenti è incredibilmente rilevante, così come l'intera discussione su cosa sia la cognizione valida.
L'intera questione di ciò che causa la nostra sofferenza e di come uscirne dipende dalla distinzione tra fenomeni esistenti e fenomeni inesistenti, e tra cognizione valida e cognizione non valida. Normalmente, abbiamo una cognizione non valida di modi di esistere inesistenti; questa è la causa dei nostri problemi e della nostra sofferenza. Dobbiamo acquisire una cognizione valida di ciò che esiste realmente e di come esiste realmente.
Le verità superficiali sono ciò che esiste, e le verità più profonde sono il modo in cui esistono o, più tecnicamente, ciò che stabilisce e prova che esistono. Se ci pensiamo, le cause per conoscere qualcosa che non esiste – vedere o immaginare qualcosa – potrebbero essere una causa interna, fisica, come qualcosa che non va nel cervello; potrebbe essere qualcosa di esterno che assumiamo, come l'LSD, o il fatto che siamo ubriachi; potrebbe essere a causa del sole intenso, o qualsiasi altra cosa. Oppure, nel caso della percezione di un'esistenza realmente stabilita, ciò deriva dalla causa delle abitudini dell’afferrarsi a un’esistenza realmente stabilita. Le cose inesistenti non nascono da veri e propri elefanti rosa che vediamo quando siamo ubriachi o abbiamo allucinazioni, né provengono da un'esistenza realmente stabilita. Non è come vedere un tavolo in cui l'oggetto focale è in realtà un tavolo ed esiste realmente. Le negazioni non sono fenomeni inesistenti, possono essere conosciute in modo valido.
E che dire delle emozioni disturbanti che ci portano a considerare qualcuno un idiota?
Sì, ma gli idioti esistono. Considerare qualcuno un idiota equivale a confondere una cosa esistente con un'altra, ed è come confondere un cane con un gatto. C'è differenza tra confondere un cane con un gatto e confondere un cane con un invasore dalla quinta dimensione. Sono due cose diverse. Il gatto esiste. L'invasore dalla quinta dimensione non esiste. L'esempio più comune è quello delle persone che portano gli occhiali. Ci togliamo gli occhiali e vediamo una macchia sfocata. Non esiste, è causata da un difetto fisico.
Fenomeni di affermazione e negazione statici e non statici
I fenomeni esistenti validamente conoscibili possono essere affermazioni o negazioni, ed entrambe possono essere sia non statiche sia statiche. Quindi, si tratta di un modo diverso di suddividere i fenomeni esistenti. Ci sono affermazioni non statiche e affermazioni statiche. Ci sono negazioni non statiche e negazioni statiche.
Un esempio? Un'affermazione non statica è, ad esempio, il tavolo. Il tavolo è influenzato dalle cose e ne può influenzare altre; ha un inizio, una fine, cambia di momento in momento e, in ogni istante, si avvicina alla sua fine. Un fenomeno di affermazione statico è il corpo essenziale della natura di un Buddha; è un'affermazione, è statica – svabhavakaya (sanscr. svabhāvakāya) – è un'affermazione statica.
Una negazione non statica sarebbe, secondo i prasanghika (sanscr. prāsaṅgika), il domani che non si verifica ancora, che si avvicina sempre di più e può trasformarsi in un domani che si verifica nel presente. È un presente che si verifica oggi, in realtà; è in questo che si trasforma. Oppure, diciamo, il non ancora sciolto può trasformarsi in sciolto. Una negazione statica sarebbe "non esiste un invasore dalla quinta dimensione". Non cambierà mai a meno che non venga ad esistere. Un'altra negazione non statica sarebbe: "Simone non è qui". Il Simone non presente può trasformarsi nel Simone presente – può venire qui – questo non è statico. L'anno passato, che è sempre più lontano, è una negazione non statica. È passato, se n'è andato.
Cognizione concettuale e non concettuale dei fenomeni di affermazione e negazione
Ora, le definizioni di affermazioni e negazioni che Serkong Rinpoce mi ha insegnato, tratte dai suoi libri di testo di un maestro di nome Purciog, autore dei testi utilizzati nella tradizione di Jetsunpa. Sia le affermazioni che le negazioni possono essere validamente conosciute, sia concettualmente che non concettualmente. Le definizioni sono formulate in termini del modo in cui sono validamente conosciute concettualmente. Il motivo per cui la distinzione tra un fenomeno di affermazione e uno di negazione viene qui fatta in termini di come sono conosciuti concettualmente, nonostante entrambi possano essere conosciuti concettualmente o non concettualmente, è perché, quando sono conosciuti concettualmente, lo sono attraverso il mezzo delle parole. Le parole hanno molto a che fare con la definizione e con il modo in cui comprendiamo cosa siano un fenomeno di negazione e un fenomeno di affermazione.
In realtà, il ruolo del linguaggio e delle parole in questo caso è un punto controverso, dibattuto tra i diversi libri di testo utilizzati nelle università monastiche, e ne parleremo più avanti. Inoltre, vorrei sottolineare che nella definizione qui presentata, deve essere aggiunto il termine "validamente" perché, sebbene non sia esplicitamente menzionato nella definizione, è implicitamente inteso.
Facciamo alcuni esempi di come un fenomeno di affermazione e un fenomeno di negazione possano essere conosciuti in modo non concettuale o concettuale. Possiamo vedere che Christian è qui, in modo non concettuale, e possiamo pensare concettualmente "Christian è qui". Possiamo anche vedere in modo non concettuale che Simone non è qui, e possiamo anche pensare concettualmente: "Simone non è qui".
Come puoi vederlo in modo non concettuale?
Non vedi che Simon non è qui?
Forse è una questione concettuale.
No, quello è quando pensiamo. Vediamo e basta che non è qui, no? Concettualmente è pensare. Vedere, per definizione, è non concettuale. Attraverso i nostri occhi, attraverso il potere degli occhi, questo è vedere.
Quindi, a livello non concettuale, sono solo puntini?
No, no, no. Questa è un'altra cosa. Questo rientra in una teoria non ghelugpa secondo cui in realtà vediamo solo pixel, ed è la posizione di Shakya Ciogden. Ci sono tre posizioni. Una è che vediamo pixel, una è che vediamo forme colorate e l'altra è che vediamo forme. Quando ti guardo, secondo Shakya Ciogden, vedo pixel. È la cognizione concettuale che la traduce in forme colorate, e poi traduce le forme colorate in un corpo, e poi lo traduce in "Christian". La visione di Gorampa – che è la visione sakya e della maggior parte dei nyingma e dei kagyu – è che vediamo solo forme colorate, e il corpo è concettuale. Secondo i ghelugpa, in realtà vediamo un corpo intero – un corpo, un oggetto – e anche la persona.
Credo che la confusione sia nata qui perché, quando vediamo che Christian è qui, vediamo un corpo e vediamo anche una persona. Ora, quella persona è Christian. Quando vediamo la persona, non pensiamo "Christian"; in realtà, non sappiamo nemmeno che sia lui, ma ciò che vediamo effettivamente è Christian. Per sapere che è lui, dovremmo pensare: "Questo è Christian", e questo è concettuale. Per essere più precisi, possiamo dire che vediamo in modo non concettuale una persona, che è Christian, e pensiamo concettualmente: "Questo è Christian". Allo stesso modo, possiamo vedere in modo non concettuale che Simone non è qui, che non c'è Simone qui. Ciò che stiamo vedendo è una stanza con uno spazio vuoto, una stanza senza Simone. Quello spazio vuoto è un'assenza di Simone, quello è l'oggetto. Per sapere che l'assenza di un oggetto qui, che è Simone, è in realtà un'assenza di Simone, dobbiamo pensare concettualmente: "Simone non è qui". A livello non concettuale, vediamo oggetti e vediamo l'assenza di certi oggetti. Concettualmente, sappiamo che si tratta della presenza di Christian, per esempio, e dell'assenza di Simone.
La definizione di fenomeno di affermazione
La definizione di fenomeno di tipo affermativo è un fenomeno validamente conoscibile, ovvero concettualmente conosciuto in un modo in cui un oggetto da negare non è già stato "effettivamente" negato dai suoni che esprimono il fenomeno. In altre parole, il pensare validamente questo tipo di fenomeno non implica l’aver prima "effettivamente" negato un oggetto da negare, e non implica che tale negazione sia stata prima "effettivamente" espressa dai suoni delle parole che esprimono il fenomeno.
Ci sono due punti nella definizione: (1) per conoscere un fenomeno di affermazione non è necessario prima rifiutare qualcosa, eliminarlo; (2) il suono delle parole che lo esprimono non elimina nulla, non sono suoni di negazione. Affermazione non si riferisce alla mente che afferma qualcosa ma un fenomeno. Possiamo chiamarlo "affermativo" e "negativo", ma non mi piace, perché "negativo" ha un’implicazione troppo morale e ha altri usi nel nostro vocabolario tecnico.
Qual è un esempio di fenomeno di affermazione? Una mela. Una mela è qualcosa a cui possiamo pensare con il termine e la categoria di significato "mela". Esiste una parola per la categoria "mela" e la troviamo nel dizionario. Quando pensiamo a "mela", esiste anche la categoria di significato "mele", a cui pensiamo.
Quando pensiamo validamente "mela", non abbiamo bisogno prima di pensare "non mela" o "arancia" o "cane" e poi effettivamente negarlo, o eliminarlo, per poi pensare "mela". Non dobbiamo negare nulla. Qui non c'è negazione di "non mela" o "arancia" o qualsiasi altra cosa per pensare "mela": pensiamo semplicemente "mela". Inoltre, non c'è suono di una parola di negazione come "non" che debba prima negare o eliminare qualcosa, come il suono di "non" che nega un'arancia nel suono delle parole "non arancia", e solo allora possiamo pensare "mela". Pensiamo semplicemente "mela". Non dobbiamo sapere cos'è un'arancia e poi negare che "questa è un'arancia" per pensare "mela", e non c'è parola di negazione quando pensiamo "mela".
La definizione di fenomeno di negazione
La definizione di fenomeno di tipo negativo è un fenomeno validamente conoscibile, ovvero concettualmente conosciuto in un modo in cui un oggetto da negare è già stato "effettivamente" negato dalla cognizione concettuale che assume cognitivamente il fenomeno. A differenza del caso dei fenomeni di affermazione, pensare validamente a un fenomeno di negazione implica aver prima negato un oggetto da negare, e implica che tale negazione sia prima stata "effettivamente" effettuata dalla cognizione concettuale stessa.
Notiamo che queste definizioni sono molto complicate in questo caso. Nella prima parte la differenza tra i due tipi di fenomeni è piuttosto chiara: c'è sempre stato un oggetto da negare, effettivamente negato o effettivamente negato in precedenza. Questo è piuttosto chiaro. Nel caso di un'affermazione, si parla del suono delle parole, non di una negazione effettiva; la parola "effettivamente" è molto importante in questo caso. Nella seconda parte, nel caso di una negazione, la cognizione "effettivamente" lo ha negato. Lo approfondiremo tra poco, ma questa differenza è molto significativa.
Permettetemi di fare un esempio di un fenomeno di tipo negativo come "non una mela". Quando pensiamo concettualmente in modo valido "non una mela", questo deve essere preceduto dalla sequenza cognitiva del pensiero "mela", poi della sua effettiva negazione, e solo allora possiamo pensare "non una mela". È il processo concettuale. Non possiamo pensare "Questa non è una mela" senza prima pensare "mela", negarla – concettualmente, con la mente – e poi pensare "Questa non è una mela". Ovviamente, dobbiamo sapere cos'è una mela per poter pensare correttamente "Questa non è una mela".
Come facciamo a capire se non c'è latte nel frigorifero? Dobbiamo prima sapere cos'è il latte, pensarlo, negarlo e poi "Non c'è latte nel frigorifero". Altrimenti, non possiamo sapere che non c'è latte nel frigorifero. Senza sapere cos'è il latte, quando guardiamo un frigorifero senza latte, vedremmo solo un frigorifero vuoto. Non vediamo "senza latte" nel frigorifero.
Giusto. Ma è lo stesso con Simone?
Sì. Dobbiamo conoscere Simone per sapere che non è qui. È concettuale. La definizione è concettuale perché riguarda le parole e il loro ruolo. Le parole sono solo concettuali.
Nessun denominatore comune tra un fenomeno di affermazione e uno di negazione
Non esiste un denominatore comune tra un'affermazione e una negazione. "Denominatore comune" (gzhi-mthun) significa un elemento che è entrambe le cose. Nessun fenomeno validamente conoscibile è entrambe le cose. Ricorda, non stiamo parlando qui di un modo di conoscere che può conoscere qualcosa sia in modo affermativo che in modo negativo perché, ovviamente, la cognizione concettuale può conoscere le cose sia in modo affermativo che in modo negativo. Piuttosto, stiamo parlando di un oggetto che è validamente conosciuto. Deve essere un oggetto conosciuto in modo affermativo oppure conosciuto in modo negativo. Deve essere l'uno o l'altro, non esiste un oggetto che possa essere entrambe le cose.
Affermazioni e negazioni formano una vera e propria dicotomia (dngos-’gal). I fenomeni esistenti sono o affermazioni o negazioni. Non c'è nulla che sia entrambi, e non c'è nulla che non sia nessuno dei due. Questo secondo i ghelugpa. Altre scuole direbbero che la vacuità è al di là di tutte le affermazioni e le negazioni, ma non stiamo parlando di questo. Per esempio, il bianco e il nero non formano una vera dicotomia perché c'è il grigio, anche se si potrebbe pensare che sia una dicotomia. Molte persone la pensano così, no? O è bianco o è nero. Tuttavia, questa non è una vera dicotomia, mentre affermazione e negazione lo sono. Non c'è nulla a metà strada che sia un po' l'uno e un po' l'altro.
Ciò che non è una vera dicotomia sono le due estremità di un polo o di un asse; sono l'opposto, ma non formano una vera dicotomia. Tutto questo, tra l'altro, è ciò che i tibetani studiano all’età di nove anni, giusto per ridimensionarci!
Conoscere validamente la base della negazione e l'oggetto negato
Prima di concludere la serata, vorrei introdurre gli argomenti che affronteremo domani. Giusto per anticipare:
Per quanto riguarda il fenomeno di negazione, l'oggetto da confutare o negare deve essere effettivamente negato. Ho un bell'esempio: voglio presentare il mio nuovo amico a mia madre e lui non sa che aspetto abbia. Andiamo a casa mia e mia zia apre la porta. Penso "non madre" e anche il mio amico pensa "non madre". Qual è la differenza? Entrambe le cognizioni concettuali sono corrette, ma sono la stessa cosa? Quale è la negazione effettiva? Quale è una negazione verbale e quale è una negazione cognitiva effettiva? La negazione verbale è solo pensare "non madre". L'altra è cognitiva perché so che aspetto abbia. Questo è molto importante quando parliamo di non vera esistenza; è la stessa cosa.
Consideriamo che io e il mio amico guardiamo questa donna (che è mia zia), e io penso "non madre", e anche lui pensa "non madre". Uso qui la terminologia "non madre" perché non voglio addentrarmi nella complessità del pronome possessivo – non mia madre, non sua madre – è la stessa cosa. Dal punto di vista del principio in questione, entrambi stiamo pensando lo stesso oggetto, "non madre", ma è lo stesso oggetto solo in termini delle parole che lo esprimono, "non madre". Qui dobbiamo esaminare le definizioni di affermazioni e negazioni per capire se stiamo effettivamente pensando lo stesso oggetto in termini di negazione.
Stiamo pensando a entrambe queste negazioni? Questa è una domanda più difficile. Il nostro modo di conoscerle è completamente diverso. Nel mio caso, so che aspetto ha mia madre, quindi il mio pensare "non madre" è una cognizione valida, un pensiero valido. Mentre il mio amico non ha idea di che aspetto abbia e quindi sta pensando "non madre", questa è solo una supposizione corretta, non è una cognizione valida. Non ha alcun tipo di certezza. Non è un "accertamento" (nges-pa) come diremmo nella terminologia buddhista. Ciò che so, attraverso una cognizione valida, è "non madre". Questo è un fenomeno di negazione che conosco validamente, ma ciò che il mio amico sta pensando sono solo le parole "non madre". Questa non è una cognizione valida di "non madre" come fenomeno di negazione ma è in realtà la cognizione di un fenomeno di affermazione, le parole "non madre". Tuttavia, poiché non accerta l'oggetto, non è una cognizione valida. È solo una supposizione corretta. È ciò che è chiamata "supposizione" (yid-dpyod).
Ora, una cosa molto simile potrebbe accadere quando ci concentriamo sulla vacuità. Possiamo concentrarci su di essa con una cognizione valida come un fenomeno di negazione, "non esiste una cosa come la vera esistenza trovabile", basandoci sul sapere effettivamente cosa sia la vera esistenza trovabile e negandola. Oppure potremmo concentrarci su di essa con supposizione, pensando solo alle parole "non esiste una cosa come la vera esistenza", ma senza accertarlo veramente, perché non capiamo cosa significhi realmente "vera esistenza", e quindi non l'abbiamo effettivamente negata.
Inoltre, c'è un altro punto in questo esempio, che ho usato qui, del vedere la zia e pensare "non madre". So che questa è la zia, mentre il mio amico non lo sa. È simile a quando ci concentriamo sulla vacuità. C'è una grande differenza tra qualcuno che sa cosa appare davanti ai suoi occhi, vale a dire un'apparenza di vera esistenza – riconosce cos'è correttamente – e qualcuno che non sa cos'è, non la riconosce. Entrambi possono pensare "nessuna vera esistenza", ma la loro cognizione è anche influenzata da come riconoscono ciò che appare, qual è la base di questo fenomeno di negazione.
Poiché entrambi questi punti sono rilevanti qui, in termini di analogia con la focalizzazione sulla vacuità – ovvero, il mio amico non sa né che aspetto abbia mia madre né che questa sia mia zia – ho scartato il seguente esempio che stavo pensando prima: porto il mio amico in India e lui non sa cosa sia una mangusta, ed entrambi vediamo un gatto. Io penso "non mangusta", e lui pensa "non mangusta". Tuttavia, ho scartato quell'esempio perché è leggermente diverso. Capite la differenza? Tu non hai idea di cosa sia una mangusta, che aspetto abbia, e vedi un gatto. Io so cos'è una mangusta. Penso "quella non è una mangusta", e tu pensi "quella non è una mangusta". In che cosa differisce dal vedere mia zia e sapere "quella non è mia madre", e dal vedere la zia e pensare "quella non è la madre" del mio amico? Qual è la differenza?
La differenza è che entrambi sappiamo cos'è un gatto. Nel caso della madre e della zia, il mio amico vede qualcuno o qualcosa e non sa cosa sia, e intuisce che non sia qualcos'altro, cosa che nemmeno lui sa. Mentre nel caso della mangusta e del gatto, il mio amico vede qualcosa che sa cos'è, vede un gatto. Quindi, attraverso la conoscenza di qualcosa – che la Mimamsaka (sanscr. Mīmāṃsaka), un'altra scuola di filosofia indiana, chiama "non percezione" (mi-dmigs-pa) – sa di non vedere una mangusta, pur non avendo idea di cosa sia, ma sa di non vedere qualcos'altro; sa di vedere un gatto, e quindi, in base a questo non vedere qualcos'altro che, se fosse presente, vedrebbe, sa che quel qualcos'altro non è presente, in questo caso la mangusta. La scuola Mimamsaka definisce questo un modo valido di conoscere un fenomeno di negazione – ovvero, attraverso la non percezione – e il Buddhismo non lo accetta come un modo valido di conoscere qualcosa. Per evitare tale confusione, ho scartato l'esempio del gatto e della mangusta. L'esempio della madre e della zia è molto più chiaro per illustrare una conoscenza valida di un fenomeno di negazione.